Tacito, Annales: Libro 01 - Parte 01, pag 2

Tacito, Annales: Libro 01 - Parte 01

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 01 - Parte 01
quod postquam Sallustius Crispus particeps secretorum (is ad tribunum miserat codicillos) comperit, metuens ne reus subderetur, iuxta periculoso ficta seu vera promeret, monuit Liviam ne arcana domus, ne consilia amicorum, ministeria militum vulgarentur, neve Tiberius vim principatus resolveret cunta ad senatum vocando: eam condicionem esse imperandi, ut non aliter ratio constet quam si uni reddatur

[7] At Romae ruere in servitium consules, patres, eques

quanto quis inlustrior, tanto magis falsi ac festinantes, vultuque composito, ne laeti excessu principis neu tristiores primordio, lacrimas gaudium, questus adulationem miscebant
Quando lo venne a sapere, Sallustio Crispo, bene informato di ogni trama segreta (proprio lui aveva inviato al tribuno l'ordine scritto), temendo di essere indicato come il responsabile e consapevole di correre lo stesso pericolo sia rivelando la verità sia mentendo, suggerì a Livia di non divulgare i segreti della famiglia, i consigli degli amici e i servizi resi dai militari, e a Tiberio di non sgretolare la forza del principato col rimettere ogni cosa al senato: condizione essenziale del potere è che si renda conto di tutto solo ed esclusivamente ad un'unica persona

7 A Roma intanto si precipitavano in gesti servili consoli, senatori, cavalieri

Quanto più elevati di rango, tanto più ipocriti e pronti a correre; e col volto divenuto una maschera, per non sembrare lieti della morte di un principe né tristi ai primi passi di un altro, mescolavano lacrime e gioia, lamenti e adulazione
Sex Pompeius et Sex Appuleius consules primi in verba Tiberii Caesaris iuravere, apudque eos Seius Strabo et C Turranius, ille praetoriarum cohortium praefectus, hic annonae; mox senatus milesque et populus

Nam Tiberius cuncta per consules incipiebat, tamquam vetere re publica et ambiguus imperandi: ne edictum quidem, quo patres in curiam vocabat, nisi tribuniciae potestatis praescriptione posuit sub Augusto acceptae

verba edicti fuere pauca et sensu permodesto: de honoribus parentis consulturum, neque abscedere a corpore, idque unum ex publicis muneribus usurpare

sed defuncto Augusto signum praetoriis cohortibus ut imperator dederat; excubiae, arma, cetera aulae; miles in forum, miles in curiam comitabatur
I consoli Sesto Pompeo e Sesto Appuleio furono i primi a giurare fedeltà a Tiberio e, dopo di loro, Seio Strabone e Gaio Turranio, prefetto delle coorti pretorie il primo, responsabile degli approvvigionamenti il secondo; poi il senato, l'esercito, il popolo

Tiberio infatti prendeva ogni iniziativa attraverso i consoli, quasi che esistesse la vecchia repubblica, ancora insicuro del potere; E anche l'editto, con cui convocava i senatori nella curia, lo pubblicò, richiamando nell'intestazione solo la sua potestà tribunicia, conferitagli sotto Augusto

Sobrio il testo dell'editto e improntato a chiara modestia: intendeva consultarli sulle onoranze funebri del padre e non voleva allontanarsi dalla salma: era l'unico ufficio pubblico che si assumeva

Però, alla morte di Augusto, aveva dato la parola d'ordine alle guardie pretorie come imperator; le sentinelle, le guardie armate e tutto il resto richiamavano la realtà di una vera corte; soldati lo accompagnavano nel foro, soldati lo scortavano nella curia
litteras ad exercitus tamquam adepto principatu misit, nusquam cunctabundus nisi cum in senatu loqueretur

causa praecipua ex formidine, ne Germanicus, in cuius manu tot legiones, immensa sociorum auxilia, mirus apud populum favor, habere imperium quam exspectare mallet

dabat et famae, ut vocatus electusque potius a re publica videretur quam per uxorium ambitum et senili adoptione inrepsisse

postea cognitum est ad introspiciendas etiam procerum voluntates inductam dubitationem: nam verba vultus in crimen detorquens recondebat

[8] Nihil primo senatus die agi passus [est] nisi de supremis Augusti, cuius testamentum inlatum per virgines Vestae Tiberium et Liviam heredes habuit
Inviò messaggi agli eserciti, come se avesse in pugno il principato, e l'esitazione traspariva solo quando parlava in senato

E la ragione principale stava nel timore che Germanico, a capo di tante legioni e immensi contingenti di alleati e forte di un eccezionale favore popolare, preferisse prendersi subito l'impero, anziché aspettare

Non trascurava neanche la pubblica opinione e ci teneva ad apparire come prescelto e chiamato dallo stato e non invece arrampicatosi al potere, grazie agli intrighi di una moglie e all'adozione compiuta da un vecchio

In seguito fu chiaro che aveva indossato la maschera dell'esitazione, per scrutare anche i sentimenti dei cittadini più autorevoli; Fissava infatti nella mente parole ed espressioni del volto, per distorcerle poi in elementi di accusa

8 Nella prima seduta del senato, Tiberio non volle discutere d'altro che delle ultime volontà e delle estreme onoranze ad Augusto, il cui testamento, recato dalle vestali, nominava eredi Tiberio e Livia

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Tacito, Annales: Libro 14, 01-19
Tacito, Annales: Libro 14, 01-19

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 14, 01-19

Livia in familiam Iuliam nomenque Augustum adumebatur; in spem secundam nepotes pronepotesque, tertio gradu primores civitatis scripserat, plerosque invisos sibi, sed iactantia gloriaque ad posteros

legata non ultra civilem modum, nisi quod opulo et plebi quadringentiens triciens quinquiens, praetoriarum cohortium militibus singula nummum milia, [urbanis quingenos], legionariis aut cohortibus civium Romanorum trecenos nummos viritim dedit

tum conultatum de honoribus; ex quis [qui] maxime insignes visi, ut porta triumphali duceretur funus, Gallus Asinius, ut legum latarum tituli, victarum ab eo gentium vocabula anteferentur, L Arruntius censuere
Livia, assumendo il nome di Augusta, entrava a far parte della famiglia Giulia; Come eredi di secondo grado erano indicati i nipoti e i pronipoti; come eredi di terzo grado aveva nominato i romani più autorevoli, invisi i più a lui, ma ci teneva a far bella figura e alla gloria presso i posteri

I lasciti rientravano nei limiti di un cittadino privato, a parte i quarantatré milioni e mezzo di sesterzi donati al popolo e alla plebe, i mille sesterzi a testa ai soldati delle coorti pretorie, i cinquecento a quelli delle coorti urbane e trecento a ciascuno dei legionari e degli appartenenti alle coorti di cittadini romani

Poi si presero decisioni sulle onoranze funebri, e, tra esse, quelle risultate più significative furono di far passare il feretro sotto un arco di trionfo, secondo la proposta di Asinio Gallo, e quella di mettere in testa al corteo le denominazioni delle leggi fatte approvare da Augusto e i nomi dei popoli da lui vinti, secondo la proposta di Lucio Arrunzio
addebat Messalla Valerius renovandum per annos sacramentum in nomen Tiberii; interrogatusque a Tiberio num se mandante eam sententiam prompsisset, sponte dixisse respondit, neque in iis quae ad rem publicam pertinerent consilio nisi suo usurum, vel cum periculo offensionis: ea sola species adulandi supererat

conclamant patres corpus ad rogum umeris senatorum ferendum

remisit Caesar adroganti moderatione, populumque edicto monuit ne, ut quondam nimiis studiis funus divi Iulii turbassent, ita Augustum in foro potius quam in campo Martis, sede destinata, cremari vellent
In aggiunta Valerio Messalla chiedeva un giuramento di fedeltà a Tiberio da rinnovarsi di anno in anno; E, alla domanda di Tiberio se egli avesse avanzato la proposta dietro suo incarico, egli rispose trattarsi di iniziativa del tutto personale e che sugli affari di stato non intendeva seguire altro consiglio che il proprio, anche a rischio di farsi dei nemici: era quella l'unica forma di adulazione ancora inedita

I senatori propongono, per acclamazione, che siano essi a portare, sulle proprie spalle, la salma di Augusto al rogo

Lasciò fare Cesare con arrogante modestia e, attraverso un editto, invitò il popolo, che già in passato aveva turbato, per eccesso di esaltazione, il funerale del divo Giulio, a non voler pretendere di cremare il corpo di Augusto nel foro, anziché nel Campo Marzio, sede a ciò destinata

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die funeris milites velut praesidio stetere, multum inridentibus qui ipsi vierant quique a parentibus acceperant diem illum crudi adhuc servitii et libertatis inprospere repetitae, cum occisus dictator Caesar aliis pessimum, aliis pulcherrimum facinus videretur: nunc senem principem, longa potentia, provisis etiam heredum in rem publicam opibus, auxilio scilicet militari tuendum, ut sepultura eius quieta foret

[9] Multus hinc ipso de Augusto sermo, plerisque vana mirantibus, quod idem dies accepti quondam imperii princeps et vitae supremus, quod Nolae in domo et cubiculo in quo pater eius Octavius vitam finivisset
Il giorno delle esequie ci fu uno spiegamento di soldati in servizio d'ordine, tra l'irrisione di quanti avevano visto di persona o avevano appreso dai padri quell'indimenticabile giorno di una servitù ancora acerba e di una libertà riaffermata senza successo, quando l'uccisione del dittatore Cesare sembrava ad alcuni gesto tremendo e ad altri sublime: adesso - pensavano - un vecchio principe, con alle spalle un lungo potere, dopo aver lasciato i mezzi di dominio sullo stato già collaudati anche per gli eredi, si trovava nella condizione di essere protetto dall'aiuto dei soldati, perché la sua sepoltura avvenisse senza incidenti

9 Si fece, da allora, un gran parlare di Augusto, e i più sottolineavano banali coincidenze: lo stesso giorno era stato, tempo addietro, il primo della ascesa al potere e adesso l'ultimo della vita; era spirato a Nola, nella stessa casa e nello stesso letto di suo padre Ottavio
numerus etiam consulatuum celebrabatur, quo Valerium Corvum et G Marium simul aequaverat, continuata per septem et triginta annos tribunicia potestas, nomen imperatoris semel atque viciens partum aliaque honorum mutiplicata aut nova

at apud prudentes vita eius varie extollebatur arguebaturve

hi pietate erga parentem et necessitudine rei publicae, in qua nullus tunc legibus locus ad arma civilia actum, quae neque parari possent neque haberi per bonas artes

multa Antonio, dum interfectores patris ulcisceretur, mula Lepido concessisse

postquam hic socordia senuerit, ille per libidines pessum datus sit, non aliud discordantis patriae remedium fuisse quam [ut] ab uno regeretur
Si dava molto peso anche al numero dei suoi consolati, con cui aveva eguagliato quelli di Valerio Corvo e di Gaio Mario sommati insieme; alla potestà tribunicia esercitata per trentasette anni ininterrottamente; al titolo di imperator conferitogli per ventun volte; e alle altre cariche e titoli, o ripetuti o nuovi

Le persone esperte di politica invece facevano la sua vita oggetto di esaltazioni o di attacchi con disparate valutazioni

Sostenevano gli uni che alle guerre civili, non organizzabili né praticabili nel rispetto delle leggi, era stato costretto dall'amore per il padre e dalla situazione di emergenza dello stato, quando, allora, la legalità era scomparsa

Pur di vendicarsi degli uccisori del padre, molto aveva concesso ad Antonio, molto a Lepido

Sprofondato quest'ultimo nell'indolenza senile e rovinatosi l'altro con folli passioni, nessun rimedio restava a una patria lacerata se non il governo di uno solo

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non regno tamen neque dictatura, sed principis nomine constitutam rem publicam; mari Oceano aut amnibus longinquis saeptum imperium; legiones, provincias, classes, cuncta inter se conexa; ius apud cives, modestiam apud socios; urbem ipsam magnificio ornatu; pauca admodum vi tractata quo ceteris quies esset L'ordinamento dello stato peraltro non fu quello di un regno o di una dittatura, ma si resse sul nome e l'autorità di un principe; E ricordavano che l'impero aveva come confini l'Oceano e fiumi remoti; lo stretto collegamento tra legioni, province, flotte in un unico sistema unitario; che erano assicurati il rispetto della legge nei confronti dei cittadini e un corretto rapporto con gli alleati; ricordavano la stessa Roma splendidamente abbellita; i pochi casi di ricorso alla forza, per garantire a tutti gli altri la pace
[10] Dicebatur contra: pietatem erga parentem et tempora rei publicae obtentui sumpta: ceterum cupidine dominandi concitos per largitionem veteranos, paratum ab adulescente privato exercitum, corruptas consulis legiones, simulatam Pompeianarum gratiam partium; mox ubi decreto patrum fasces et ius praetoris invaserit, caesis Hirtio et Pansa, sive hostis illos, seu Pansam venenum vulneri adfusum, sui milites Hirtium et machinator doli Caesar abstulerat, utriusque copias ocupavisse; extortum invito senatu consulatum, armaque quae in Antonium acceperit contra rem publicam versa; proscriptionem civium, divisiones agrorum ne ipsis quidem qui fecere laudatus 10 A ciò si opponeva: che l'amore per il padre e l'emergenza dello stato erano serviti come puro pretesto; che aveva invece, per sete di dominio, mobilitato, con distribuzione di denaro, i veterani, e, ancor giovane e semplice cittadino, si era allestito un esercito; che aveva corrotto le legioni agli ordini del console e simulato simpatie per il partito pompeiano; ma che poi, quando, grazie a un decreto del senato, poté mettere le mani sulle prerogative e il potere di pretore, tolti di mezzo Irzio e Pansa,- uccisi dai nemici o a Pansa sparsero del veleno sulla ferita e Irzio venne ucciso dai suoi soldati e per macchinazione dello stesso Augusto - si era impadronito delle loro truppe; che aveva estorto il consolato a un senato riluttante e rivolto le armi, avute per combattere Antonio, contro lo stato; che per le proscrizioni dei cittadini e le distribuzioni di terre era mancata l'approvazione di quegli stessi che le avevano volute

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sane Cassii et Brutorum exitus paternis inimicitiis datos, quamquam fas sit privata odia publicis utilitatibus remittere: sed Pompeium imagine pacis, sed Leidum specie amicitiae deceptos; post Antonium, Tarentino Brundisinoque foedere et nuptiis sororis inlectum, subdolae adfinitatis poenas morte exsolvisse

pacem sine dubio post haec, verum cruentam: Lollianas Varianasque clades, interfectos Romae Varrones, Egnatios, Iullos

nec domesticis abstinebatur: abducta Neroni uxor et consulti per ludibrium pontifices an concepto necdum edito partu rite nuberet; Q +Tedii+ et Vedii Pollionis luxus; postremo Livia gravis in rem publicam mater, gravis domui Caesarum noverca

nihil deorum honoribus relictum, cum se templis et effigie numinum per flamines et sacerdotes coli vellet
Passi la morte di Cassio e dei Bruti, immolati alla vendetta paterna, benché sia un dovere sacrificare l'odio personale al pubblico bene: ma Sesto Pompeo fu tratto in inganno con la prospettiva di pace, e Lepido con una falsa amicizia; più tardi Antonio, adescato dagli accordi di Taranto e di Brindisi e dalle nozze con la sorella, scontò con la morte una subdola parentela

Sì, certo, dopo questo, venne la pace, ma a prezzo di quanto sangue: le disfatte di Lollio e di Varo; gli assassinii, a Roma, di uomini come Varrone, Egnazio, Iullo

E non gli si risparmiava la vita privata; s'era preso la moglie di Nerone, per poi consultare, per scherno, i pontefici sulla legittimità delle nozze con una donna già incinta; e le esibizioni di ricchezza di Q Tedio e di Vedio Pollione; Passavano infine a Livia, madre nefasta allo stato e matrigna ancor più nefasta alla casa dei Cesari

Deploravano che non ci fosse più spazio per il culto degli dèi, perché Augusto aveva voluto essere onorato con templi e con statue divine da flamini e sacerdoti

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