Tacito, Annales: Libro 01 - Parte 01, pag 3

Tacito, Annales: Libro 01 - Parte 01

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 01 - Parte 01
ne Tiberium quidem caritate aut rei publicae cura successorem adscitum, sed quoniam adrogantiam saevitiamque eius introspexerit, comparatione deterrima sibi gloriam quaesivisse

etenim Augustus paucis ante annis, cum Tiberio tribuniciam potestatem a patribus rursum postularet, quamquam honora oratione quaedam de habitu cultuque et institutis eius iecerat, quae velut excusando exprobraret

ceterum sepultura more perfecta templum et caelestes religiones decernuntur

[11] Versae inde ad Tiberium preces

et ille varie diserebat de magnitudine imperii sua modestia

solam divi Augusti mentem tantae molis capacem: se in partem curarum ab illo vocatum experiendo didicisse quam arduum, quam subiectum fortunae regendi cuncta onus
Del resto aveva designato Tiberio come successore non certo per affetto o per il bene dello stato, ma perché, percepita l'arroganza e la crudeltà di lui, voleva assicurarsi la gloria dall'odioso confronto

Infatti Augusto, pochi anni prima, nel chiedere ai senatori il rinnovo della potestà tribunicia per Tiberio, aveva lasciato cadere, pur in un discorso elogiativo, accenni alla sua persona e alle sue abitudini, per farne, parendo scusarli, oggetto di deplorazione

In ogni caso, conclusa la cerimonia della sepoltura, Augusto si vide decretare un tempio e onori divini

11 Le preghiere furono quindi rivolte a Tiberio

Ma lui si dilungava sulla grandezza dell'impero e sulla propria modestia

Solo la mente del divo Augusto - spiegava - poteva sostenere tanta mole; quanto a sé, chiamato da Augusto a una parte delle responsabilità, aveva, con l'esperienza, appreso quanto arduo e quanto soggetto ai capricci della sorte fosse il grave compito di reggere tutto
proinde in civitate tot inlustribus viris subnixa non ad unum omnia deferrent: plures facilius munia rei publicae sociatis laboribus exsecuturos

plus in oratione tali dignitatis quam fidei erat; Tiberioque etiam in rebus quas non occuleret, seu natura sive adsuetudine, suspensa semper et obscura verba: tunc vero nitenti ut sensus suos penitus abderet, in incertum et ambiguum magis implicabantur

at patres, quibus unus metus si intellegere viderentur, in questus lacrimas vota effundi; ad deos, ad effigiem Augusti, ad genua ipsius o manus tendere, cum proferri libellum recitarique iussit

opes publicae continebantur, quantum civium sociorumque in armis, quot classes, regna, provinciae, tributa aut vectigalia, et necessitates ac largitiones
Non dovevano perciò, in uno stato che poteva contare su tanti uomini illustri, trasferire tutto il potere nelle mani di uno solo: più persone, uniti i loro sforzi, avrebbero meglio assolto alle responsabilità di governo

In tale discorso c'era più decoro formale che sincerità; A Tiberio, anche là dove nulla intendeva nascondere, sia per natura sia per abitudine, le parole riuscivano sempre evasive e oscure; in quell'occasione poi, nello sforzo di dissimulare il suo vero sentire, tanto più si avviluppavano in un equivoco intrico di ambiguità

Tuttavia i senatori, dominati dalla sola paura di lasciar trasparire che capivano, si effondevano in lamenti, lacrime e preghiere; tendevano le mani agli dèi, alla statua di Augusto, alle ginocchia di Tiberio, quando questi ordinò che si portasse e si leggesse il bilancio dell'impero steso da Augusto

Vi erano registrate le risorse dello stato, il numero dei cittadini e degli alleati sotto le armi, quante le flotte, i regni, le province, le tassazioni dirette e indirette, le spese ordinarie e i donativi
quae cuncta sua manu perscripserat Augustus addideratque consilium coercendi intra terminos imperii, incertum metu an per invidiam

[12] Inter quae senatu ad infimas obtestationes procumbente, dixit forte Tiberius se ut non toti rei publicae parem, ita quaecumque pars sibi mandaretur eius tutelam suscepturum

tum Asinius Gallus ' interrogo ' inquit, 'Caesar, quam partem rei publicae mandari tibi velis

' perculsus inprovisa interrogatione paulum reticuit: dein collecto animo respondit nequaquam decorum pudori suo legere aliquid aut evitare ex eo cui in universum excusari mallet

rursum Gallus (etenim vultu offensionem coniectaverat) non idcirco interrogatum ait, ut divideret quae separari nequirent sed ut sua confessione argueretur unum esse rei publicae corpus atque unius animo regendum
Tutto ciò Augusto aveva steso di suo pugno, con aggiunto il consiglio di non estendere i confini dell'impero, non si sa se per paura o per invidia

12 Il senato si abbassava alle suppliche più umilianti, quando scappò detto a Tiberio che, mentre non si sentiva all'altezza di reggere tutto lo stato, avrebbe però accettato il governo di quella parte che gli fosse affidata

Allora Asinio Gallo: Ti chiedo, o Cesare, quale parte dello stato vuoi che ti sia affidata

Sconcertato dalla improvvisa domanda, per un po' rimase in silenzio; poi, ripresosi, rispose che non si addiceva affatto al suo riserbo scegliere o ricusare ciò a cui preferiva sottrarsi del tutto

Replicò Gallo (aveva infatti dalla espressione del volto intravisto il dispetto di Tiberio) che la domanda non mirava a dividere ciò che era inseparabile, bensì a rendere evidente, per sua stessa dichiarazione, che il corpo dello stato era uno e andava guidato dalla mente di uno solo

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Tacito, Annales: Libro 14, 01-19
Tacito, Annales: Libro 14, 01-19

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 14, 01-19

addidit laudem de Augusto Tiberiumque ipsum victoriarum suarum quaeque in toga per tot annos egregie fecisset admonuit

nec ideo iram eius lenivit, pridem invisus, tamquam ducta in matrimonium Vipsania M

Agrippae filia, quae quondam Tiberii uxor filerat, plus quam civilia agitaret Pollionisque Asinii patris foreciam retineret

[13] Post quae L Arruntius haud multum discrepans a Galli oratione perinde offendit, quamquam Tiberio nulla vetus in Arruntium ira: sed divitem, promptum, artibus egregiis et pari fama publice, suspectabat
Aggiunse parole di lode per Augusto e ricordò allo stesso Tiberio le sue vittorie e l'ottima prova data di sé in tanti anni di attività politica

Ma non per questo riuscì a placarne l'ira

già da tempo era inviso a Tiberio, il quale pensava che Gallo, dopo il matrimonio con Vipsania, figlia di Marco Agrippa e già moglie di Tiberio, avesse ambizioni superiori a quelle di semplice cittadino e conservasse la fierezza del padre Asinio Pollione

13 Dopo di che, Lucio Arrunzio, con un intervento non molto diverso da quello di Gallo, lo urtò allo stesso modo, benché Tiberio non avesse precedenti motivi di rancore verso Arrunzio: ma lo aveva in sospetto perché ricco, deciso, pieno di doti e, conseguentemente, stimato da tutti
quippe Augustus supremis sermonibus cum tractaret quinam adipisci principem locum suffecturi abnuerent aut inpares vellent vel idem possent cuperentque, M Lepidum dixerat capacem sed aspernantem, Gallum Asinium avidum et minorem, L Arruntium non indignum et si casus daretur ausurum

de prioribus consentitur, pro Arruntio quidam Cn Pisonem tradidere; omnesque praeter Lepidum variis mox criminibus struente Tiberio circumventi sunt

etiam Q Haterius et Mamercus Scaurus suspicacem animum perstrinxere, Haterius cum dixis set 'quo usque patieris, Caesar, non adesse caput rei publicae'

Scaurus quia dixerat spem esse ex eo non inritas fore senatus preces quod relationi consulum iure tribuniciae potestatis non intercessisset
Il fatto è che Augusto, discorrendo nelle sue ultime conversazioni su chi, pur avendo le capacità di assumere il ruolo di principe, l'avrebbe rifiutato, o su chi, non all'altezza, pure vi aspirasse, e ancora su chi avesse capacità e disponibilità, aveva definito Marco Lepido capace ma indifferente, Asinio Gallo voglioso ma insieme impari, Lucio Arrunzio non indegno e, all'occasione, capace di osare

C'è accordo sui nomi dei primi due, ma altre fonti parlano di Gneo Pisone al posto di Lucio Arrunzio; e tutti, salvo Lepido, furono poi oggetto di varie accuse: trappole tese da Tiberio

Anche Quinto Aterio e Mamerco Scauro ferirono quell'animo sospettoso: Aterio per aver detto Fin quando, Cesare, consentirai che lo stato non abbia un capo;

Scauro, per aver dichiarato di nutrire la speranza che le preghiere del senato non sarebbero cadute nel vuoto, proprio dal fatto che Tiberio non aveva opposto il suo veto, come pure poteva in forza della potestà tribunicia, alla proposta dei consoli

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Tacito, Annales: Libro 11, 01-38
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Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 11, 01-38

in Haterium statim invectus est; Scaurum, cui inplacabilius irascebatur, silentio tramisit

fessusque clamore omnium, expostulatione singulorum flexit paulatim, non ut fateretur suscipi a se imperium, sed ut negare et rogari desineret

constat Haterium, cum deprecandi causa Palatium introisset ambulantisque Tiberii genua advolveretur, prope a militibus interfectum quia Tiberius casu an manibus eius inpeditus prociderat

neque tamen periculo talis viri mitigatus est, donec Haterius Augustam oraret eiusque curatissimis precibus protegeretur

[14] Multa patrum et in Augustam adulatio

alii parentem, alii matrem patriae appellandam, plerique ut nomini Caesaris adscriberetur 'Iuliae filius' censebant
Contro Aterio reagì subito duramente; Scauro, contro cui covava un rancore più implacabile, lo ignorò senza degnarlo di una parola

Infine, stanco delle grida di tutti, si piegò poco a poco alle insistenze dei singoli fino al punto, non di ammettere di voler prendere il potere, ma se non altro di smettere di rifiutare e di farsi pregare

Si dà per certo che Aterio, entrato nel palazzo imperiale per chiedere perdono, nel tentativo di abbracciare le ginocchia di Tiberio mentre stava passando, per poco non fu ucciso dai soldati, perché Tiberio, o accidentalmente oppure perché impedito dalle mani di Aterio, era caduto

Neppure il rischio corso da un uomo così importante valse a placarlo, finché Aterio non andò a pregare Livia Augusta, la quale, dietro premurosa intercessione, riuscì a proteggerlo

14 L'adulazione dei senatori si sprecava anche verso Augusta

alcuni proponevano di chiamarla genitrice, altri madre della patria, la maggior parte suggeriva che al nome di Cesare si aggiungesse figlio di Giulia
ille moderandos feminarum honores dictitans eademque se temperantia usurum in iis quae sibi tribuerentur, ceterum anxius invidia et muliebre fastigium in deminutionem sui accipiens ne lictorem quidem ei decerni passus est aramque adoptionis et alia huiusce modi prohibuit

at Germanico Caesari pro consulare imperium petivit, missique legati qui deferrent, simul maestitiam eius ob excessum Augusti solarentur

quo minus idem pro Druso postularetur, ea causa quod designatus consul Drusus praesensque erat

candidatos praeturae duodecim nominavit, numerum ab Augusto traditum; et hortante senatu ut augeret, iure iurando obstrinxit se non excessurum
Tiberio insisteva nel ripetere che con gli onori alle donne bisognava essere cauti e che egli avrebbe fatto un uso discreto di quelli che gli avessero attribuito; in realtà, roso dalla gelosia, considerando una diminuzione di sé l'esaltazione di una donna, non tollerò che le fosse assegnato neppure un littore, e vietò l'ara dell'adozione e consimili onori

Chiese invece per Germanico l'impero proconsolare a vita, e gli mandò dei messi che, nel portargli il decreto, confortassero il suo dolore per la morte di Augusto

A impedire una identica richiesta per Druso concorreva il fatto che Druso era console designato e lì presente

Stilò i nomi dei candidati alla pretura, in numero di dodici, come già fissato da Augusto; sollecitato dal senato ad aumentare tale numero, si impegnò, e dietro giuramento, a non superarlo

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[15] Tum primum e campo comitia ad patres translata sunt: nam ad eam diem, etsi potissima arbitrio principis, quaedam tamen studiis tribuum fiebant

neque populus ademptum ius questus est nisi inani rumore, et senatus largitionibus ac precibus sordidis exsolutus libens tenuit, moderante Tiberio ne plures quam quattuor candidatos commendaret sine repulsa et ambitu designandos

inter quae tribuni plebei petivere ut proprio sumptu ederent ludos qui de nomine Augusti fastis additi Augustales vocarentur

sed decreta pecunia ex aerario, utque per circum triumphali veste uterentur: curru vehi haud permissum

mox celebratio annua ad praetorem translata cui inter civis et peregrinos iurisdictio evenisset
15 Allora per la prima volta le elezioni dei magistrati passarono dal Campo Marzio al senato: infatti fino a quel giorno, benché le cariche più elevate dipendessero dall'arbitrio del principe, alcune scelte si facevano rispettando le indicazioni delle tribù

Il popolo, espropriato di questo diritto, non protestò se non con sterili mormorii, e il senato, libero dalla necessità di ricorrere a donativi ed esentato da umilianti preghiere, fu ben contento di esercitarlo, anche perché Tiberio si poneva il limite di non raccomandare più di quattro candidati, designabili senza rischio di sconfitta e senza bisogno di brogli elettorali

Frattanto i tribuni della plebe chiesero di poter celebrare, a proprie spese, dei giochi che, introdotti nel calendario, si chiamassero, dal nome di Augusto, Augustali

ma si decise di organizzarli a carico dello stato, e che, nel circo, i tribuni indossassero la veste trionfale: non fu invece autorizzato l'uso del cocchio

In seguito la celebrazione annuale passò, per competenza, a quel pretore cui fosse toccata la giurisdizione delle controversie tra cittadini e stranieri
[16] Hic rerum urbanarum status erat, cum Pannonicas legiones seditio incessit, nullis novis causis nisi quod mutatus princeps licentiam turbarum et ex civili bello spem praemiorum ostendebat

castris aestivis tres simul legiones habebantur, praesidente Iunio Blaeso, qui fine Augusti et initiis Tiberii auditis ob iustitium aut gaudium intermiserat solita munia

eo principio lascivire miles, discordare, pessimi cuiusque sermonibus praebere auris, denique luxum et otium cupere, disciplinam et laborem aspernari

erat in castris Percennius quidam, dux olim theatralium operarum, dein gregarius miles, procax lingua et miscere coetus histrionali studio doctus
16 Questa era la situazione politica a Roma, quando cominciò a dilagare la rivolta tra le legioni della Pannonia: nessun fatto nuovo ne stava all'origine, se non che il cambiamento del principe consentiva alla massa di abbandonarsi al disordine e faceva balenare la speranza di profitti da una guerra civile

Tre legioni occupavano congiuntamente gli accampamenti estivi, al comando di Giunio Bleso, il quale, informato della fine di Augusto e dell'inizio del governo di Tiberio, per solennizzare tali eventi, aveva sospeso le solite mansioni della vita militare

Da qui, allentamento della disciplina, risse tra i soldati, disponibilità a dare ascolto ai discorsi dei più facinorosi e, infine, la pretesa di svaghi e di ozio e il rifiuto della disciplina e della fatica

C'era nel campo un certo Percennio, in passato capo-claque nei teatri, poi soldato semplice, una linguaccia, esperto, grazie alla sua esperienza di teatro, nel sobillare la folla

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is imperitos animos et quaenam post Augustum militiae condicio ambigentis inpellere paulatim nocturnis conloquiis aut flexo in vesperam die et dilapsis melioribus deterrimum quemque congregare

[17] Postremo promptis iam et aliis seditionis ministris velut contionabundus interrogabat cur paucis centurionibus paucioribus tribunis in modum servorum oboedirent

quando ausuros exposcere remedia, nisi novum et nutantem adhuc principem precibus vel armis adirent

satis per tot annos ignavia peccatum, quod tricena aut quadragena stipendia senes et plerique truncato ex vulneribus corpore tolerent

ne dimissis quidem finem esse militiae, sed apud vexillum tendentis alio vocabulo eosdem labores perferre
Costui, poco a poco, in colloqui notturni o tenuti sul far della sera, si diede a eccitare quegli animi ingenui e inquieti sul destino riservato ai soldati dopo la morte di Augusto, e, al ritirarsi dei migliori, iniziò a raccogliere attorno a sé gli elementi meno raccomandabili della truppa

17 Infine, quando ormai gli animi dei soldati erano pronti ed egli poteva contare su altri disponibili alla rivolta, con toni da comizio, chiedeva ai soldati perché obbedissero come degli schiavi a pochi centurioni e ad ancor più pochi tribuni

Quando - arringava - avrebbero avuto il coraggio di chiedere miglioramenti, se non si facevano sentire, con le richieste e con le armi, da un principe nuovo e ancora insicuro

Per troppi anni avevano peccato di viltà, poiché accettavano di prestar servizio per trenta o quarant'anni, fino a diventare vecchi, e i più col corpo mutilato dalle ferite

E neanche dopo il congedo il servizio era finito: schierati come vexillarii, cambiavano nome ma affrontavano gli stessi rischi

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