IX Fecit et nova opera templum Pacis foro proximum, Divique Claudii in Caelio monte coeptum qvidem ab Agrippina, sed a Nerone prope funditus destructum; item amphitheatrum urbe media, ut destinasse compererat Augustum Amplissimos ordines et exhaustos caede varia et contaminatos veteri neglegentia, purgavit supplevitque recenso senatu et equite, summotis indignissimis et honestissimo quoque Italicorum ac provincialium allecto Atque uti notum esset, utrumque ordinem non tam libertate inter se quam dignitate differre, de iurgio quodam senatoris equitisque R ita pronuntiavit, non oportere maledici senatoribus, remaledici civile fasque esse |
9 Costruì anche nuovi monumenti: un tempio della Pace, molto vicino al foro, un altro sul monte Celio, consacrato al divino Claudio, già iniziato da Agrippina, ma quasi completamente demolito da Nerone, e pure un anfiteatro nel centro della città, come sapeva che Augusto lo aveva progettato I grandi ordini dello Stato erano sfiniti dalle continue esecuzioni e contaminati da una lunga trascuratezza: allo scopo di purificarli e completarli, procedette ad un nuovo censimento del Senato e dell'ordine equestre, ne escluse i membri più indegni e vi fece entrare tutte le persone più onorevoli dell'Italia e delle province E per fare ben conoscere che questi due ordini si distinguevano l'uno dall'altro non tanto per i diritti, quanto per il rango, troncò in questi termini il disaccordo di un senatore e di un cavaliere romano: 'Non è lecito ingiuriare i senatori, ma ogni cittadino ha il diritto di rispondere ad un'ingiuria |
X Litium series ubique maiorem in modum excreverant, manentibus antiquis intercapedine iuris dictionis, accedentibus novis ex condicione tumultuque temporum; sorte elegit per quos rapta bello restitverentur quique iudicia centumviralia, quibus peragendis vix suffectura litigatorum videbatur aetas, extra ordinem diiudicarent redigerentque ad brevissimum numerum XI Libido atque luxuria coercente nullo invalverant; auctor senatui fuit decernendi, ut quae se alieno servo iunxisset, ancilla haberetur; neve filiorum familiarum faeneratoribus exigendi crediti ius umquam esset, ne post patrum qvidem mortem |
10 Poiché le liste dei processi si erano allungate dappertutto in modo eccessivo, dal momento che i vecchi restavano in sospeso a causa dell'interruzione della giustizia, e nuovi se ne aggiungevano, originati dalle circostanze e dalle perturbazioni, Vespasiano scelse per sorteggio alcuni magistrati che ricevettero l'incarico di far restitvire i beni rapinati durante la gverra e di risolvere a titolo straordinario, riducendoli al minor numero possibile, gli affari che erano di competenza dei centumviri e che sembrava si potessero concludere a malapena prima che le parti in causa morissero 11 Nessuno si era curato di arginare la dissolutezza e il lusso e questi si erano accresciuti; Vespasiano fece decretare dal Senato che ogni donna che avesse avuto rapporti con uno schiavo estraneo alla sua casa, sarebbe stata considerata come una serva, e che gli usurai che prestassero ai figli di famiglia, non avrebbero più avuto il diritto di pretendere il loro credito, nemmeno dopo la morte dei padri |
XII Ceteris in rebus statim ab initio principatus usque ad exitum civilis et clemens, mediocritatem pristinam neque dissimulavit umquam ac frequenter etiam prae se tulit Quin et conantis quosdam originem Flavii generis ad conditores Reatinos comitemque Herculis, cuius monimentum exstat Salaria via, referre irrisit ultro Adeoque nihil ornamentorum extrinsecus cupide appetivit, ut triumphi die fatigatus tarditate et taedio pompae non reticverit, merito se plecti, qui triumphum, quasi aut debitum maioribus suis aut speratum umquam sibi, tam inepte senex concupisset Ac ne tribuniciam qvidem potestatem et patris patriae appellationem nisi sero recepit Nam consuetudinem scrutandi salutantes manente adhuc bello civili omiserat |
12 Nel resto della sua condotta, dall'inizio fino alla fine del suo principato, fu semplice come un cittadino e clemente, non nascose mai la mediocrità delle sue origini, e spesso anzi se ne glorio Per di più quando alcuni tentarono di far risalire le origini della famiglia Flavia ai fondatori di Rieti e a un compagno di Ercole, la cui tomba si trova ancora sulla via Salaria, egli fu il primo a farsi beffe di loro Lungi dal ricercare con avidità qualche pompa esteriore, il giorno del suo trionfo, affaticato dalla lentezza e dalla monotonia della sfilata, non esitò a confessare 'di essere giustamente punito perché, già vecchio, era stato così folle da desiderare il trionfo, come se fosse dovuto ai suoi antenati o l'avesse mai sperato' Inoltre accettò soltanto molto tardi il potere tribunizio e il titolo di padre della patria Quanto all'uso di far perquisire qvelli che venivano a salutarlo, l'aveva soppresso quando ancora imperversava la gverra civile |
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XIII Amicorum libertatem, causidicorum figuras ac philosophorum contumaciam lenissime tulit Licinium Mucianum notae impudicitiae, sed meritorum fiducia minus sui reverentem, numquam nisi clam et hactenus retaxare sustinuit, ut apud communem aliquem amicum qverens adderet clausulam: Ego tamen vir sum Salvium Liberalem in defensione divitis rei ausum dicere: Quid ad Caesarem, si Hipparchus sestertium milies habet et ipse laudavit Demetrium Cynicum in itinere obvium sibi post damnationem, ac neque assurgere neque salutare se dignantem, oblatrantem etiam nescio quid, satis habuit canem appellare XIV Offensarum inimicitiarumque minime memor executorve, Vitelli hostis sui filiam splendidissime maritavit, dotavit etiam et instruxit |
13 Sopportò con estrema indulgenza le libertà che si prendevano i suoi amici, le allusioni degli avvocati e l'insolenza dei filosofi Licinio Muciano, notoriamente scostumato, si credeva autorizzato, in cambio dei servizi resi, a mancargli di rispetto, e Vespasiano ebbe la costanza di non rimproverarlo mai apertamente e, lamentandosi di lui con un amico comune, si limitò a concludere: 'Dopo tutto sono un uomo anch'io Quando Salvio Liberale osò dire, per difendere un cliente ricco: 'Che importa a Cesare se Ipparco possiede cento milioni di sesterzi ' lui stesso lo lodò Quando si incontrò per la strada con Demetrio il Cinico, dopo che era stato condannato, questo non si degnò né di alzarsi, né di salutarlo e mormorò perfino non so quale ingiuria: Vespasiano si accontentò di chiamarlo 'cane' 14 Pronto a dimenticare le offese e gli insulti e per niente incline alla vendetta, accasò splendidamente la figlia del suo nemico Vitellio, le fornì anche una dote e le mise su casa |
Trepidum eum interdicta aula sub Nerone quaerentemque, quidnam ageret aut quo abiret, quidam ex officio admissionis simul expellens, abire Morboviam iusserat In hunc postea deprecantem haud ultra verba excanduit, et qvidem totidem fere atque eadem Nam ut suspicione aliqua vel metu ad perniciem cuiusquam compelleretur tantum afuit, ut monentibus amicis cavendum esse Mettium Pompusianum, quod vulgo crederetur genesin habere imperatoriam, insuper consulem fecerit, spondens quandoque beneficii memorem futurum XV Non temere quis punitus insons reperietur, nisi absente eo et ignaro aut certe invito atque decepto |
Quando, sotto il principato di Nerone, gli fu interdetta la corte, poiché, timoroso, domandava ciò che doveva fare e dove dovesse andarsene, uno degli uscieri dell'imperatore gli aveva detto, scacciandolo, 'di andare alla malora' Più tardi non inveì contro quest'uomo che implorava il suo perdono, ma si accontentò di ripetergli, quasi parola per parola, la sua stessa espressione Ben lungi dal decidersi a far morire chicchessia, o per un sospetto o per timore, quando i suoi amici lo invitarono a diffidare di Mettio Pompusiano, perché un'opinione generale gli attribuiva un oroscopo che presagiva l'Impero, egli lo innalzò perfino al consolato, assicurando che Mettio si sarebbe ricordato un giorno di questo beneficio 15 Non si troverà mai un innocente che sia stato punito, se non in sua assenza e a sua insaputa, o per lo meno contro la sua volontà e in seguito ad un errore |
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Helvidio Prisco, qui et reversum se ex Syria solus privato nomine Vespasianum salutaverat et in praetura omnibus edictis sine honore ac mentione ulla transmiserat, non ante succensuit quam altercationibus insolentissimis paene in ordinem redactus Hunc quoque, quamvis relegatum primo, deinde et interfici iussum, magni aestimavit servare quoquo modo, missis qui percussores revocarent; et servasset, nisi iam perisse falso renuntiatum esset Certum neque caede cuiusquam umquam laetatus, iustis suppliciis inlacrimavit etiam et ingemuit XVI Sola est, in qua merito culpetur, pecuniae cupiditas |
Elvidio Prisco, dopo essere stato il solo a salutarlo con il semplice nome di Vespasiano, al suo ritorno dalla Siria, in tutti gli editti della sua pretura, si era ancora astenuto dal rendergli il minimo omaggio o anche di menzionarlo, e ciò nonostante Vespasiano non si adirò prima che costui, presolo da parte con estrema insolenza, quasi lo trattasse in modo sprezzante Anche dopo averlo condannato all'esilio, poi a morte, tentò di tutto per salvarlo, inviando un contrordine agli esecutori, e probabilmente lo avrebbe salvato se non avesse ricevuto la falsa notizia che era già morto Per altro non si rallegrò mai della morte di qualcuno e anche le esecuzioni più giuste lo facevano piangere e gemere 16 Il solo difetto che gli si può rimproverare con ragione è l'avidità del denaro |
Non enim contentus omissa sub Galba vectigalia revocasse, novas et gravia addidisse, auxisse, tributa provinciis, nonnullis et duplicasse, negotiationem quoque vel privato pudendas propalam exercuit, coemendo quaedam, tantum ut pluris postea distraheret Ne candidatis qvidem honores, reisve tam innoxiis quam nocentibus absolutione venditare cunctatus est Creditur etiam procuratorum rapacissimus quemque ad ampliora officia ex industria solitus promovere, quo locupletiores mox condemnaret; quibus qvidem vulgo pro spongiis dicebatur uti, quod quasi et siccos madefaceret et exprimeret umentis Quidam natura cupidissimum tradunt, idque exprobratum ei a sene bubulco, qui negata sibi gratuita libertate, quam imperium adeptum suppliciter orabat, proclamaverit vulpem pilum mutare, non mores |
Infatti non contento di aver reclamato le imposte che non erano state pagate sotto Galba, di averne aggiunte di nuove e assai gravose, di aver aumentato, e talvolta raddoppiato, i tributi delle province, si diede anche apertamente a speculazioni disonorevoli perfino per un semplice cittadino, acquistando merci all'ingrosso, con il solo scopo di venderle in seguito, più care, al dettaglio Non esitò neppure a vendere le magistrature ai candidati e le grazie agli accusati, tanto innocenti, quanto colpevoli Si crede anche che, volutamente, innalzasse agli impieghi più importanti gli agenti del tesoro più rapaci, proprio per condannarli quando si fossero arricchiti; così si diceva che li utilizzava come le spugne, che si bagnano quando sono secche e che si spremono quando sono piene d'acqua Alcuni sostengono che questa sua estrema avidità faceva parte della sua natura e citano il rimprovero di un vecchio bovaro che, non potendo ottenere da lui, nonostante le suppliche, la libertà a titolo gratuito, dopo che aveva conquistato il potere, gridò: 'La volpe cambia il pelo, ma non il vizio |
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Sunt contra qui opinentur ad manubias et rapinas necessitate compulsum summa aerarii fiscique inopia; de qua testificatus sit initio statim principatus, professus quadringenties milies opus esse, ut res P stare posset Quod et veri similius videtur, quando et male partis optime usus est XVII In omne hominum genus liberalissimus explevit censum senatorium, consulares inopes quingenis sestertiis annuis sustentavit, plurimas per totum orbem civitates terrae motu aut incendio afflictas restituit in melius, ingenia et artes vel maxime fovit |
Altri, al contrario, pensano che fu costretto al saccheggio e alla rapina a causa dell'estrema povertà del tesoro e del fisco, che egli segnalò fin dall'inizio del suo principato: 'Lo Stato, perché possa sopravvivere, ha bisogno di quaranta miliardi di sesterzi Questa seconda opinione è resa ancora più verosimile dal fatto che fece buon uso di ciò che aveva male acquisito 17 Fu di estrema generosità nei confronti di tutte le categorie di persone, completò il patrimonio di alcuni senatori, assegnò agli ex consoli poveri una pensione annua di cinquecentomila sesterzi, ricostruì secondo progetti più belli, in tutto l'Impero, numerose città distrutte o da terremoti o da incendi e soprattutto incoraggiò gli ingegni e le arti |
XVIII Primus e fisco Latinis Graecisque rhetoribus annua centena constituit; praestantis poetas, nec non et artifices, Coae Veneris, item Colossi refectorem, insigni congiario magnaque mercede donavit; mechanico quoque, grandis columnas exigua impensa perducturum in Capitolium pollicenti, praemium pro commento non mediocre optulit, operam remisit, praefatus sineret se plebiculam pascere XIX Ludis, per quos scaena Marcelliani theatri restituta dedicabatur, vetera quoque acroamata revocaverat Apollinari tragoedo quadringenta, Terpno Diodoroque citharoedis ducena, nonnullis centena, quibus minimum, quadragena sestertia insuper plurimas coronas aureas dedit Sed et convivabatur assidue, ac saepius recta et dapsile, ut macellarios adiuvaret |
18 Per primo assegnò, attingendo alle risorse del fisco, una pensione annua di centomila sesterzi per ciascuno, ai professori di greco e di latino, i poeti, ma anche gli artisti di valore, il restauratore della Venere di Cos e pure qvello del Colosso, ricevettero da lui doni magnifici e un alto salario; poiché un ingegnere gli promise di trasportare in Campidoglio, con poca spesa, alcune enormi colonne, egli gli offrì una somma considerevole per la sua invenzione, ma rifiutò di utilizzarla, dicendogli di 'consentire a lui di nutrire il povero popolo' 19 In occasione dei giochi celebrati per l'inaugurazione della scena nuovamente restaurata del teatro di Marcello, aveva anche richiamato vecchi artisti Donò all'attore tragico Apollinare quattrocentomila sesterzi, ai citaredi Terpno e Diodoro duecentomila ciascuno, ad alcuni centomila, agli altri per lo meno quarantamila, senza contare le numerose corone d'oro Per di più offriva spesso banchetti, la maggior parte sontuosi e completi, per far guadagnare i mercanti di commestibili |
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Dabat sicut Saturnalibus viris apophoreta, ita per Kal Mart feminis Et tamen ne sic qvidem pristina cupiditatis infamia caruit Alexandrini Cybiosacten eum vocare perseveraverunt, cognomine unius e regibus suis turpissimarum sordium, Sed et in funere Favor archimimus personam eius ferens imitansque, ut est mos, facta ac dicta vivi, interrogatis palam procuratoribus, quanti funus et pompa constaret, ut audiit, sestertio centiens, exclamavit, centum sibi sestertia darent, ac se vel in Tiberim proicerent XX Statura fuit quadrata, compactis firmisque membris, vultu veluti nitentis: de quo quidam urbanorum non infacete, siqvidem petenti, ut et in se aliquid diceret: 'Dicam,' inquit, 'cum ventrem exonerare desieris |
Distribuiva doni non soltanto agli uomini, durante i Saturnali, ma anche alle donne per le calende di marzo E nonostante queste elargizioni, la sua antica reputazione di avidità non si affievolì Gli abitanti di Alessandria continuarono a chiamarlo 'Cibiosacte', soprannome di uno dei loro re che era stato della più sordida avarizia Per di più, in occasione dei suoi funerali, Favore, il capo dei mimi, che portava la maschera dell'imperatore e, secondo l'usanza, imitava i suoi gesti e le sue parole, domandò pubblicamente ai procuratori quanto costavano il convoglio e le esequie, e poiché qvelli avevano risposto: 'Dieci milioni di sesterzi' gridò 'di dargliene centomila e poi di buttarlo anche nel Tevere' 20 Fu di statura massiccia, di membra saldamente compatte, di volto quasi contratto dallo sforzo: a proposito di questo un cittadino molto spiritoso, al quale aveva chiesto di dire una battuta su di lui, rispose: 'Lo farò, quando avrai smesso di alleggerire il tuo ventre |