Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 03; 26-30

Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 03; 26-30

Latino: dall'autore Seneca, opera Naturales Quaestiones parte Libro 03; 26-30

[26][1] Aestate quaedam flumina augentur ut Nilus, cuius alias ratio reddetur

Theophrastus est auctor in Ponto quoque quosdam amnes crescere tempore aestiuo

Quattuor esse iudicant causas: aut quia tunc maxime in umorem mutabilis terra sit, aut quia maiores in remoto imbres sint, quorum aqua per secretos cuniculos reddita tacite suffunditur

[2] Tertia, si crebrioribus uentis ostium caeditur et reverberatus fluctu amnis resistit, qui crescere videtur, quia non effunditur

Quarta siderum ratio est: haec enim quibusdam mensibus magis urgent et exhauriunt flumina; cum longius recesserunt, minus consumunt atque trahunt: ita quod impendio solebat, id incremento accidit

[3] Quaedam flumina palam in aliquem specum decidunt et sic ex oculis auferuntur
[26][1] Destate certi fiumi si ingrossano, come il Nilo, di cui si renderà conto altrove

Teofrasto assicura che anche nel Ponto alcuni corsi dacqua crescono nella stagione estiva

Si attribuisce questo fenomeno a quattro cause: o la terra è soprattutto in quel periodo trasformabile in acqua, o le piogge sono più abbondanti in regioni lontane e la loro acqua, penetrata in cunicoli nascosti, si spande sotto inavvertitamente

[2] La terza causa è se la foce è battuta da venti piuttosto insistenti e la corrente, respinta dalle onde, si arresta il fiume che sembra crescere perché non trova sfogo

La quarta causa è legata agli astri: essi, infatti, in certi mesi sono più attivi e prosciugano i fiumi; quando si ritirano più lontano, consumano e assorbono meno: così ciò che soleva risolversi in danno ora si risolve in guadagno

[3] Certi fiumi cadono manifestamente in qualche cavità sotterranea e si sottraggono così al nostro sguardo
Quaedam consumuntur paulatim et intercidunt; eadem ex intervallo revertuntur recipiuntque et nomen et cursum

Causa manifesta est: sub terra vacat locus, omnis autem natura umor ad inferius et ad marie defertur

Illo itaque recepta flumina cursus egere secreto, sed cum primum aliquid solidi quod obstaret occurrit, perrupta parte, quae minus ad exitum repugnavit, repetiere cursum suum

[4] "Sic ubi terreno Lycus est potatus hiatu, existit procul hinc alioque renascitur ore

Sic modo combibitur, tacito modo gurgite lapsus redditur Argolicis ingens Erasinus in undis

" Idem et in Oriente Tigris facit: absorbetur et desideratus diu tandem longe remoto loco, non tamen dubius an idem sit, emergit

[5] Quidam fontes certo tempore purgamenta eiectant, ut Arethusa in Sicilia quinta quaque aestate per Olympia
Altri diminuiscono a poco a poco e scompaiono; gli stessi ricompaiono dopo un po e riprendono il loro nome e il loro corso

La causa è chiara: sottoterra ci sono delle cavità e tutti i liquidi tendono per natura verso il basso e verso il vuoto

Pertanto, i fiumi raccoltisi in esse seguono invisibilmente il loro corso, ma appena incontrano qualche ostacolo solido, sfondata la zona che oppone meno resistenza, riprendono il loro corso

[4] Così il Lico, inghiottito da una spaccatura del terreno, fuoriesce lontano e riappare da unaltra sorgente

Così il grande Erasino prima viene assorbito, poi, infiltratosi in un abisso silenzioso, ritorna alla superficie nelle acque dellArgolide

La stessa cosa in Oriente fa anche il Tigri: viene assorbito e sparisce a lungo, finché non riemerge in un luogo molto lontano, senza però che si possa dubitare della sua identità

[5] Certe fonti espellono in determinati periodi le loro scorie, come fa lAretusa in Sicilia ogni quattro anni destate durante i giochi olimpici
Inde opinio est Alpheon ex Achaia eo usque penetrare et agere sub mare cursum nec ante quam in Syracusano litore emergere, ideoque his diebus, quibus Olympia sunt, victimarum stercus secundo traditum flumini illic redundare

[6] Hoc et a te creditum est, ut in prima parte , Lucili carissime, et a Vergilio, qui alloquitur Arethusam: "sic tibi, cum fluctus subter labere Sicanos, Doris amara suas non intermisceat undas

" Est in Chersoneso Rhodiorum fons, qui post magnum interuallum temporis foeda quaedam turbidus ex intimo fundat, donec liberatus eliquatusque est

[7] Hoc quibusdam locis fontes faciunt, ut non tantum lutum sed folia testasque et quicquid putre iacuit expellant

Ubique autem facit mare, cui haec natura est, ut omne immundum stercorosumque litoribus impingat
Da qui è sorta la credenza che lAlfeo arrivi dallAcaia fin là, segua un percorso sotterraneo e non emerga prima delle coste siracusane; perciò, nei giorni in cui si svolgono i giochi olimpici su di esse si riversano gli escrementi delle vittime trasportati dal favore della corrente

[6] Anche tu hai creduto a questo, come nella prima parte, carissimo Lucilio, e vi ha creduto anche Virgilio, che così si rivolge ad Aretusa: e che, quando scorrerai sotto i flutti di Sicilia, Doride amara non mescoli le sue onde alle tue

Nel Chersoneso che appartiene ai Rodiesi cè una fonte che dopo un lungo intervallo di tempo diventa torbida e vomita dalle sue viscere rifiuti vari, finché non si è svuotata e purificata

[7] In certi luoghi le fonti fanno in modo di espellere non solo il fango, ma anche le foglie, pezzi di terracotta e tutte le sostanze in putrefazione

Il mare, invece, fa così dappertutto, perché ha una natura tale da rigettare contro le coste ogni immondizia e ogni rifiuto

Maybe you might be interested

Seneca, Naturales Quaestiones: Prefatio 01 - 17
Seneca, Naturales Quaestiones: Prefatio 01 - 17

Latino: dall'autore Seneca, opera Naturales Quaestiones parte Prefatio 01 - 17

Quaedam vero partes maris certis temporibus hoc faciunt, ut circa Messenen et Mylas fimo quiddam simile turbulenta vis maris profert fervetque et aestuat non sine colore foedo, unde illic stabulare Solis boves fabula est

[8] Sed difficilis ratio est quorundam, utique ubi tempus eius rei, de qua quaeritur, inobservatum incertum est

Itaque proxima quidem inveniri et vicina non potest causa; ceterum publica est illa: omnis aquarum stantium clausarumque natura se purgat

Nam in his, quibus cursus est, non possunt vitia consistere, quae secunda vis defert et exportat; illae, quae non emittunt quicquid insedit, magis minusue aestuant
In realtà, certi tratti di mare fanno così periodicamente, come per esempio nei pressi di Messina e di Milazzo, quando arrivano i giorni tempestosi , il mare vomita delle sostanze simili a sterco, ribolle e si agita, assumendo un colore repellente, per cui esiste la leggenda che lì abbiano la stalla i buoi del Sole

[8] Ma è difficile dare una spiegazione del comportamento di certi mari, soprattutto quando il momento in cui si verifica quel fenomeno di cui ci occupiamo, se è sfuggito a tutte le osservazioni, è tuttavia incerto

Non si può, pertanto, trovarne la causa prossima e diretta; daltra parte, vale questa regola generale: tutte le acque immobili e rinchiuse si depurano per natura

Infatti, anche nelle acque che scorrono, le impurità non possono fermarsi, perché la corrente favorevole le porta lontano verso valle; quelle che non espellono tutto ciò che vi si è introdotto, sono più o meno agitate
Mare vero cadavera stramentaque et naufragorum reliqua similia ex intimo trahit, nec tantum tempestate fluctuque sed tranquillum quoque placidumque purgatur

[27][1] Sed monet me locus, ut quaeram, cum fatalis dies diluvii venerit, quemadmodum magna pars terrarum undis obruatur: utrum oceani viribus fiat et externum in nos pelagus exurgat, an crebri sine intermissione imbres et elisa aestate hiems pertinax immensam vim aquarum ruptis nubibus deiciat, an flumina tellus largius fundat aperiatque fontes novos, an non sit una tanto malo causa sed omnis ratio consentiat et simul imbres cadant, flumina increscant, maria sedibus suis excita procurrant et omnia uno agmine ad exitium humani generis incumbant
Il mare, invece, trae dalle sue profondità cadaveri, lettiere e tutte le altre cose appartenute ai naufraghi, e si depura non solo con le tempeste e le onde, ma anche quandè calmo e tranquillo

[27][1] Ma largomento mi consiglia di ricercare in che modo, quando sarà arrivato il giorno fatale del diluvio, gran parte delle terre verrà sommersa dalle acque: se avverrà per azione delle masse oceaniche e il mare esterno si solleverà contro di noi, oppure piogge fitte e ininterrotte e un inverno tenace che non lascerà spazio allestate rovescerà dalle nubi squarciate unenorme massa dacqua, oppure la terra alimenterà più abbondantemente i fiumi e farà sgorgare nuove fonti, oppure non sarà unica la causa di un così grande cataclisma, ma vi concorreranno tutte le cause possibili e insieme cadranno le piogge, si ingrosseranno i fiumi, i mari, fatti uscire dalle loro sedi, si riverseranno su di noi e tutti gli elementi si getteranno in schiera compatta a distruggere il genere umano

Maybe you might be interested

Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 02; 56-59
Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 02; 56-59

Latino: dall'autore Seneca, opera Naturales Quaestiones parte Libro 02; 56-59

[2] Ita est: nihil difficile naturae est, utique ubi in finem sui properat

Ad originem rerum parce utitur viribus dispensatque se incrementis fallentibus; subito ad ruinam toto impetu venit

Quam longo tempore opus est, ut conceptus ad puerperium perduret infans, quantis laboribus tener educatur, quam diligenti nutrimento obnoxium nouissime corpus adolescit

At quam nullo negotio solvitur

Urbes constituit aetas, hora dissolvit; momento fit cinis, diu silva; magna tutela stant ac vigent omnia, cito ac repente dissiliunt

[3] Quicquid ex hoc statu rerum natura flexerit, in exitium mortalium satis est

Ergo cum affuerit illa necessitas temporis, multas simul fata causas movent
[2] proprio così: niente è difficile per la natura, soprattutto quando si affretta verso la propria fine

Per dare origine alle cose, si serve con moderazione delle sue forze e dispensa favori con aumenti impercettibili; per distruggere, assale allimprovviso con tutto il suo impeto

Quanto tempo ci vuole perché un feto si sviluppi dal concepimento al parto, con quante fatiche si fa crescere il bambino fin dalla più tenera età, con quanta cura, infine, si nutre quel fragile corpo perché cresca

Ma un nonnulla lo distrugge

Generazioni sono occorse per costruire una città, unora la abbatte; in un attimo si riduce in cenere una foresta cresciuta a poco a poco; tutte le cose si mantengono in vita a prezzo di grandi precauzioni, si disgregano in un istante allimprovviso

[3] La minima alterazione apportata dalla natura a questo equilibrio del mondo è sufficiente a sterminare lumanità

Dunque, quando giungerà quel momento inevitabile, i fati metteranno in moto molte cause contemporaneamente
Neque enim sine concussione mundi tanta mutatio est, ut quidam putant, inter quos Fabianus est

[4] Primo immodici cadunt imbres et sine ullis solibus triste nubilo caelum est nebulaque continua et ex umido spissa caligo numquam exiccantibus ventis

Inde vitium satis est, segetum sine fruge surgentium marcor

Tunc corruptis quae seruntur manu, palustris omnibus campis herba succrescit

[5] Mox iniuriam et validiora sensere: solutis quippe radicibus arbusta procumbunt, et vitis atque omne virgultum non tenetur solo, quod molle fluidumque est

Iam nec gramina aut pabula laeta aquis sustinet

Fame laboratur et manus ad antiqua alimenta porrigitur: qua ilex est et quercus excutitur et quaecumque in arduis arbor commissura astricta lapidum stetit
Infatti una trasformazione di tale portata non avviene senza scuotere il mondo, come ritengono alcuni, tra i quali Fabiano

[4] Dapprima cadono piogge eccessive, il cielo è nuvoloso e intristito dalla completa mancanza di sole e cè una fitta nebbia e una caligine densa di umidità che i venti non riescono a dissipare

Poi si rovinano le piantagioni, le messi crescono senza frutto e marciscono

Allora, guastatesi le piante che luomo ha seminato con le sue mani, unerba palustre cresce in tutti i campi

[5] Ben presto anche le piante più robuste avvertono il danno: allentatesi le radici, gli alberi cadono a terra, la vite e i ramoscelli di ogni tipo non vengono trattenuti dal suolo, che è molle e privo di consistenza

Ormai non riesce a sostenere neppure le erbe o i pascoli fecondi grazie alle acque

Si patisce la fame e si allungano le mani verso gli antichi alimenti: vengono scrollati i lecci e le querce e tutti gli alberi rimasti in piedi stretti fra due rocce su qualche altura

Maybe you might be interested

Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 07; 21-25
Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 07; 21-25

Latino: dall'autore Seneca, opera Naturales Quaestiones parte Libro 07; 21-25

[6] Labant ac madent tecta, et in imum usque receptis aquis fundamenta desidunt ac tota humus stagnat

Frustra titubantium fultura temptatur; omne enim firmamentum in lubrica figitur et lutosa humo; nihil stabile est

[7] Postquam magis magisque ingruunt nimbi et congestae saeculis tabuerunt nives, devolutus torrens altissimis montibus rapit siluas male haerentes et saxa resolutis remissa compagibus rotat, abluit villas et intermixtos dominis greges devehit, vulsisque minoribus tectis, quae in transitu abduxit, tandem in maiora violentus aberrat, urbes et implicitos trahit moenibus suis populos, ruinam an naufragium querantur incertos (adeo simul et quod opprimeret et quod mergeret venit)
[6] I tetti stanno per cadere e sono fradici, e le fondamenta sprofondano per lacqua che si è raccolta fin nelle parti più basse, e il terreno è interamente allagato

Inutilmente si tenta di puntellare ciò che vacilla, poiché ogni sostegno si pianta in un terreno sdrucciolevole e fangoso; non cè niente di stabile

[7] Dopo che le nuvole si sono ammassate sempre più e si sono sciolte le nevi accumulate dai secoli, un torrente che scorre giù a precipizio da monti altissimi sradica le foreste malferme e fa rotolare le pietre che si sfaldano per lallentarsi dei loro legami, investe le fattorie e trascina le greggi insieme con i loro padroni e, sradicati gli edifici più piccoli che ha portato via passando, attacca infine con violenza quelli più grandi, travolge città e popoli in una accozzaglia di uomini e mura, senza che essi sappiano se disperarsi per il crollo o per il naufragio (tanto contemporaneamente è giunto ciò che li schiaccia e ciò che li sommerge)
Auctus deinde processu aliis quoque in se torrentibus raptis plana passim populatur; novissime [in] materia magna gentium elatus onustusque diffunditur

[8] Flumina vero suapte natura uasta et tempestatibus rapida alveos reliquerunt

Quid tu esse Rhodanum, qui putas Rhenum atque Danuvim, quibus torrens etiam in canali suo cursus est, cum superfusi novas sibi fecere ripas ac scissa humo simul excessere alveo
E poi, accresciuto ancora nella sua corsa dai torrenti di cui assorbe impetuosamente le acque, devasta le pianure in lungo e in largo; infine, sollevato dalla gran massa di popoli di cui è pieno, dilaga

[8] I fiumi poi, già potenti per loro stessa natura e resi impetuosi dalle tempeste, sono usciti dai loro letti

Come pensi che diventino il Rodano, il Reno e il Danubio, che hanno un corso impetuoso anche nel loro letto, quando sono straripati, si sono creati nuove rive e hanno abbandonato il loro alveo dopo essersi aperti a forza un passaggio nel terreno

Maybe you might be interested

Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 06; 21-25
Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 06; 21-25

Latino: dall'autore Seneca, opera Naturales Quaestiones parte Libro 06; 21-25

[9] Quanta cum praecipitatione voluuntur, ubi per campestria fluens Rhenus ne spatio quidem languit, sed latissimas velut per angustum aquas impulit; cum Danuvius non iam radices nec media montium stringit, sed iuga ipsa sollicitat ferens secum madefacta montium latera rupesque disiectas et magnarum promontoria regionum, quae fundamentis laborantibus a continenti recesserunt, deinde non inveniens exitum (omnia enim ipse sibi praecluserat), in orbem redit, ingentemque terrarum ambitum atque urbium uno vertice involuit

[10] Interim permanent imbres, fit caelum gravius ac sic diu malum ex malo colligit: quod olim fuerat nubilum, nox est et quidem horrida ac terribilis intercursu luminis diri
[9] Con quale caduta precipitosa si rovesciano le sue acque, quando il Reno scorre attraverso la campagna senza perdere forza neppure in una distesa così ampia, ma gettando le sue acque su uno spazio molto vasto come attraverso uno stretto passaggio; e il Danubio quando non lambisce più le montagne ai piedi o a mezza costa, ma scuote persino le vette, portando con sé i fianchi dei monti impregnati dacqua e rocce ridotte in pezzi e promontori di grandi dimensioni che, per lerosione delle loro basi, si sono staccati dal continente, e poi, non trovando via duscita (poiché si è sbarrato da sé ogni passaggio), gira su se stesso e inghiotte in un solo vortice un vasta distesa di terre e di città

[10] Nel frattempo continua a piovere, il cielo diventa più cupo e così accumula ininterrottamente disastri su disastri: alle nubi di prima subentra la notte, e per di più terribile e paurosa per una luce sinistra che compare di tanto in tanto

Maybe you might be interested

Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 01; 15-17
Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 01; 15-17

Latino: dall'autore Seneca, opera Naturales Quaestiones parte Libro 01; 15-17

Tags: #seneca
Seneca, De Constantia Sapientis: 05; 01-07

Seneca, De Clementia: 01; 01-04

Seneca, De Otio: 01; 01 - 04

Seneca, De Otio: 01; 05 - 08

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 17-18 (parte 01)

Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 03; 01-05