Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 11-12-13 Parte 01, pag 2

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 11-12-13 Parte 01

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 11-12-13 Parte 01
Plus potest quamvis mediocrium turba quam posset unius magni violentia

Habet pecuniae cupiditatem, sed modicam; habet ambitionem, sed non concitatam; habet iracundiam, sed placabilem; habet inconstantiam, sed minus vagam ac mobilem; habet libidinem, sed non insanam

Melius cum illo ageretur qui unum vitium integrum haberet quam cum eo qui leviora quidem, sed omnia

Deinde nihil interest quam magnus sit adfectus: quantuscumque est, parere nescit, consilium non accipit

Quemadmodum rationi nullum animal optemperat, non ferum, non domesticum et mite (natura enim illorum est surda suadenti), sic non sequuntur, non audiunt adfectus, quantulicumque sunt

Tigres leonesque numquam feritatem exuunt, aliquando summittunt, et cum minime expectaveris exasperatur torvitas mitigata

Numquam bona fide vitia mansuescunt
Una massa di passioni, anche se moderate, ha più forza di un'unica, violenta passione

avido, ma non troppo; è ambizioso, ma non in maniera esagerata; è collerico, ma si calma sùbito; è incostante, ma non eccessivamente volubile e mutevole; è lussurioso, ma non maniaco

Si tratterebbe meglio con un individuo caratterizzato da un unico vizio completo che con chi li ha tutti, anche se più leggeri

Inoltre, non importa quanto è grande una passione: per piccola che sia, non sa obbedire, non accetta consigli

Nessun animale, sia feroce, sia domestico e mansueto, obbedisce alla ragione: la loro natura è sorda ai moniti che da essa provengono; così le passioni, per quanto piccole siano, non seguono la ragione, non le dànno ascolto

Le tigri e i leoni non si spogliano mai della loro ferocia, certe volte la placano, ma, quando meno te l'aspetti, la loro ferinità, momentaneamente lenita, esplode

Non c'è mai sicura garanzia che i vizi siano domati
Deinde, si ratio proficit, ne incipient quidem adfectus; si invita ratione coeperint, invita perseverabunt

Facilius est enim initia illorum prohibere quam impetum regere

Falsa est itaque ista mediocritas et inutilis, eodem loco habenda quo si quis diceret modice insaniendum, modiceaegrotandum

Sola virtus habet, non recipiunt animi mala temperamentum; facilius sustuleris illa quam rexeris

Numquid dubium est quin vitia mentis humanae inveterata et dura, quae morbos vocamus, inmoderata sint, ut avaritia, ut crudelitas, ut inpotentia impietas Ergo inmoderati sunt et adfectus; ab his enim ad illa transitur

Deinde, si das aliquid iuris tristitiae, timori, cupiditati, ceteris motibus pravis, non erunt in nostra potestate

Quare

quia extra nos sunt quibus inritantur; itaque crescent prout magnas habuerint minoresve causas quibus concitentur
E poi, se la ragione viene in aiuto, le passioni non nascono nemmeno; ma se cominciano a dispetto della ragione, a dispetto della ragione continueranno

più facile impedirne la nascita che dominarne la violenza

Parlare di una via di mezzo è perciò sbagliato e inutile, come se uno dicesse che ci si può ammalare o impazzire solo un po'

Solo la virtù conosce la moderazione, i vizi no; è più facile eliminarli che dominarli

I vizi radicati e incalliti dell'anima umana, quelli che noi definiamo malattie, come l'avarizia, la crudeltà, la prepotenza, sono senza dubbio smodati Quindi, smodate sono anche le passioni; giacché da quelli si passa a queste

E poi, se riconosciamo un qualche diritto alla tristezza, alla paura, alla cupidigia, e agli altri impulsi perversi, non riusciremo più a dominarli

Perché

Perché le forze che li eccitano sono fuori di noi, e perciò essi cresceranno a seconda che a suscitarli siano cause più o meno grandi
Maior erit timor, si plus quo exterreatur aut propius aspexerit, acrior cupiditas quo illam amplioris rei spes evocaverit

Si in nostra potestate non est an sint adfectus, ne illud quidem est, quanti sint: si ipsis permisisti incipere, cum causis suis crescent tantique erunt quanti fient

Adice nunc quod ista, quamvis exigua sint, in maius excedunt; numquam perniciosa servant modum; quamvis levia initia morborum serpunt et aegra corpora minima interdum mergit accessio

Illud vero cuius dementiae est, credere quarum rerum extra nostrum arbitrium posita principia sunt, earum nostri esse arbitri terminos

Quomodo ad id finiendum satis valeo ad quod prohibendum parum valui, cum facilius sit excludere quam admissa conprimere
Se uno guarda più a lungo o più da vicino quello che lo atterrisce, la sua paura sarà maggiore; così la cupidigia sarà più acuta se la stimola la speranza di una cosa più preziosa

Se non siamo in grado di impedire l'insorgere delle passioni, non saremo neppure in grado di regolarle

Se hai permesso loro di nascere, cresceranno con le loro cause e la loro forza sarà proporzionale al loro sviluppo, Aggiungi poi che le passioni, per quanto possano essere moderate, tendono ad aumentare; le cose nocive non mantengono mai una giusta misura; per quanto all'inizio siano leggeri, i mali serpeggiano e a volte un attacco lievissimo abbatte un organismo malato

Che pazzia è credere di poter mettere fine a nostro piacimento a quelle passioni di cui non siamo in grado di contrastare gli inizi

Come posso avere forza sufficiente per mettere fine a una cosa che non ho avuto la forza di impedire, quando è più facile respingere che mettere freno a quello cui si è lasciato via libera

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Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 17-18 (parte 01)

Quidam ita distinxerunt ut dicerent, 'temperans ac prudens positione quidem mentis et habitu tranquillus est, eventu non est

Nam, quantum ad habitum mentis suae, non perturbatur nec contristatur nec timet, sed multae extrinsecus causae incidunt quae illi perturbationem adferant

' Tale est quod volunt dicere: iracundum quidem illum non esse, irasci tamen aliquando; et timidum quidem non esse, timere tamen aliquando, id est vitio timoris carere, adfectu non carere

Quod si recipitur, usu frequenti timor transibit in vitium, et ira in animum admissa habitum illum ira carentis animi retexet

Praeterea si non contemnit venientes extrinsecus causas et aliquid timet, cum fortiter eundum erit adversus tela, ignes, pro patria, legibus, libertate, cunctanter exibit et animo recedente

Non cadit autem in sapientem haec diversitas mentis
Certi filosofi hanno fatto questa distinzione: L'uomo moderato e saggio è sereno per disposizione e abito mentale, ma non lo è di fronte ad avvenimenti improvvisi

Per abito mentale non si turba, non si rattrista, non ha paura, ma a turbarlo possono intervenire molte cause esterne

Precisiamo quello che vogliono dire: costui non è collerico, ma qualche volta si infuria; non è un vigliacco, ma qualche volta ha paura, in lui, cioè, la paura non è un vizio, ma un'affezione momentanea

Se ammettiamo questo, la paura a lungo andare può trasformarsi in vizio, e l'ira, una volta penetrata nell'animo, può modificare quella fisionomia propria di un animo che ne è esente

Inoltre, se uno non disprezza le cause esterne e teme qualcosa, esiterà a muoversi e sarà riluttante quando dovrà affrontare con coraggio le armi, il fuoco per difendere la patria, le leggi, la libertà

Ma il saggio non è soggetto a questi sentimenti contrastanti
Illud praeterea iudico observandum, ne duo quae separatim probanda sunt misceamus; per se enim colligitur unum bonum esse quod honestum, per se rursus ad vitam beatam satis esse virtutem

Si unum bonum est quod honestum, omnes concedunt ad beate vivendum sufficere virtutem; e contrario non remittetur, si beatum sola virtus facit, unum bonum esse quod honestum est

Xenocrates et Speusippus putant beatum vel sola virtute fieri posse, non tamen unum bonum esse quod honestum est

Epicurus quoque iudicat, cum virtutem habeat, beatum esse, sed ipsam virtutem non satis esse ad beatam vitam, quia beatum efficiat voluptas quae ex virtute est, non ipsa virtus

Inepta distinctio: idem enim negat umquam virtutem esse sine voluptate

Ita si ei iuncta semper est atque inseparabilis, et sola satis est; habet enim secum voluptatem, sine qua non est etiam cum sola est
Ritengo, inoltre, che bisogna fare attenzione a non mescolare due questioni che vanno esaminate separatamente; in un modo si argomenta che l'unico bene è l'onesto, in un altro che la virtù basta alla felicità

Se l'unico bene è l'onesto, tutti ammettono che la virtù basta alla felicità; viceversa, se è solo la virtù a rendere felici, non si concederà che l'unico bene è l'onesto

Senocrate e Speusippo giudicano che si può diventare felici anche per la sola virtù, ma non che l'unico bene è l'onesto

Anche secondo Epicuro, avendo la virtù, si è felici, ma la virtù non basta alla felicità, perché a rendere felici è il piacere che deriva dalla virtù, non la virtù in se stessa

una distinzione che non vale niente: lo stesso Epicuro sostiene infatti che la virtù si accompagna sempre al piacere

Così se vi è sempre strettamente unita e ne è inseparabile, basta anche da sola; difatti, anche quando è sola, ha con sé il piacere, senza il quale non esiste

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Illud autem absurdum est, quod dicitur beatum quidem futurum vel sola virtute, non futurum autem perfecte beatum; quod quemadmodum fieri possit non reperio

Beata enim vita bonum in se perfectum habet, inexsuperabile; quod si est, perfecte beata est

Si deorum vita nihil habet maius aut melius, beata autem vita divina est, nihil habet in quod amplius possit attolli

Praeterea, si beata vita nullius est indigens, omnis beata vita perfecta est eademque est et beata et beatissima

Numquid dubitas quin beata vita summum bonum sit

ergo si summum bonum habet, summe beata est

Quemadmodum summum bonum adiectionem non recipit quid enim supra summum erit, ita ne beata quidem vita, quae sine summo bono non est

Quod si aliquem 'magis' beatum induxeris, induces et 'multo magis'; innumerabilia discrimina summi boni facies, cum summum bonum intellegam quod supra se gradum non habet
poi assurdo affermare che si sarà felici anche con la sola virtù, ma non perfettamente felici; non capisco come ciò sia possibile

La felicità ha in sé il bene perfetto e insuperabile; e se è così, la felicità è perfetta

Se non c'è niente di più grande o di migliore della vita degli dèi, e la vita degli dèi è felice, essa non può innalzarsi a vertici più alti

Inoltre, se la felicità non ha bisogno di niente, ogni felicità è perfetta ed è, al tempo stesso, felice e la più felice

Dubiti forse che la felicità sia il sommo bene

E allora, se possiede il sommo bene, è felice al massimo grado

Il sommo bene non ammette aumenti, perché non c'è niente al di sopra del sommo; analogamente non ne ammette neppure la felicità, che non esiste senza il sommo bene

Perché se postuli uno più felice, postulerai anche uno molto più felice; farai innumerevoli distinzioni del sommo bene, mentre io intendo come sommo bene ciò che non ha gradi sopra di sé
Si est aliquis minus beatus quam alius, sequitur ut hic alterius vitam beatioris magis concupiscat quam suam; beatus autem nihil suae praefert

Utrumlibet ex his incredibile est, aut aliquid beato restare quod esse quam quod est malit, aut id illum non malle quod illo melius est

Utique enim quo prudentior est, hoc magis se ad id quod est optimum extendet et id omni modo consequi cupiet

Quomodo autem beatus est qui cupere etiamnunc potest, immo qui debet

Dicam quid sit ex quo veniat hic error: nesciunt beatam vitam unam esse

In optimo illam statu ponit qualitas sua, non magnitudo; itaque in aequo est longa et brevis, diffusa et angustior, in multa loca multasque partes distributa et in unum coacta

Qui illam numero aestimat et mensura et partibus, id illi quod habet eximium eripit

Quid autem est in beata vita eximium

quod plena est

Finis, ut puto, edendi bibendique satietas est
Se uno è meno felice di un altro, ne consegue che il primo preferisce alla sua la vita dell'altro più felice; ma l'uomo felice non preferisce niente alla sua vita

Entrambi i casi sono inverosimili: sia che per l'uomo felice ci sia qualcosa da preferire al suo stato, sia che non preferisca uno stato migliore del suo

Più uno è saggio, più tenderà al meglio e desidererà conseguirlo a ogni costo

Ma come può essere felice uno che può anzi deve, avere ancora dei desideri

Ti spiegherò l'origine di questo errore: non sanno che una sola è la felicità

La sua qualità, non la sua grandezza, la mette nella condizione migliore; perciò è uguale sia lunga, sia breve, sia estesa, sia ristretta, distribuita in molti luoghi e in parti diverse o costretta in un unico posto

Chi la valuta in base a numeri, misure e parti, la priva della sua singolare caratteristica

E qual è questa caratteristica

La completezza

Saziarsi è secondo me lo scopo del mangiare e del bere

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Hic plus edit, ille minus: quid refert

uterque iam satur est

Hic plus bibit, ille minus: quid refert

uterque non sitit

Hic pluribus annis vixit, hic paucioribus: nihil interest si tam illum multi anni beatum fecerunt quam hunc pauci

Ille quem tu minus beatum vocas non est beatus: non potest hoc nomen inminui

'Qui fortis est sine timore est; qui sine timore est sine tristitia est; qui sine tristitia est beatus est

' Nostrorum haec interrogatio est

Adversus hanc sic respondere conantur: falsam nos rem et controversiosam pro confessa vindicare, eum qui fortis est sine timore esse

'Quid ergo

' inquit 'fortis inminentia mala non timebit

istuc dementis alienatique, non fortis est

Ille vero' inquit 'moderatissime timet, sed in totum extra metum non est
Uno mangia di più, un altro di meno: che importa

Si sono saziati entrambi

Uno beve di più, un altro di meno: che importa

Nessuno dei due ha sete

Uno ha vissuto più a lungo, un altro meno: non importa, se i numerosi anni di vita hanno reso felice l'uno quanto l'altro i pochi

Quell'uomo che tu definisci meno felice, non è felice: questo aggettivo non può venire limitato

Chi è forte non ha paura; chi non ha paura non è triste; chi non è triste è felice

Questo è un sillogismo stoico

tentano di confutarlo dicendo che noi vogliamo far passare per vera un'affermazione falsa e controversa, cioè che l'uomo forte non ha paura

E come dicono

L'uomo forte non temerà i mali che lo sovrastano

Questo è l'atteggiamento di un pazzo, di un demente, non di una persona forte

Egli riesce a dominare la sua paura, ma non ne è del tutto immune
' Qui hoc dicunt rursus in idem revolvuntur, ut illis virtutum loco sint minora vitia; nam qui timet quidem, sed rarius et minus, non caret malitia, sed leviore vexatur

'At enim dementem puto qui mala inminentia non extimescit

' Verum est quod dicis, si mala sunt; sed si scit mala illa non esse et unam tantum turpitudinem malum iudicat, debebit secure pericula aspicere et aliis timenda contemnere

Aut si stulti et amentis est mala non timere, quo quis prudentior est, hoc timebit magis

'Ut vobis' inquit 'videtur, praebebit se periculis fortis

' Minime: non timebit illa sed vitabit; cautio illum decet, timor non decet

'Quid ergo

' inquit 'mortem, vincula, ignes, alia tela fortunae non timebit

' Non; scit enim illa non esse mala sed videri; omnia ista humanae vitae formidines putat
Quelli che la pensano così ricadono di nuovo nello stesso errore: considerano virtù i vizi meno accentuati; se uno ha paura, ma più raramente e meno degli altri, non è che non abbia questo vizio, solo ne è affetto in misura minore

Ma per me è un pazzo chi non teme i mali che lo minacciano

Ciò che dici sarebbe vero se si trattasse di mali, ma se egli sa che quelli non sono mali e giudica un male soltanto la disonestà, dovrà guardare i pericoli senza paura e disprezzare i timori degli altri

Oppure, se non temere i mali è da sciocchi o da pazzi, più uno è saggio più ne avrà timore

Secondo voi, continuano, l'uomo forte deve esporsi ai pericoli

Niente affatto: non ne avrà paura, ma cercherà di evitarli; gli si addice la cautela, non la paura

Ma come

chiedono Non avrà paura della morte, della prigione, del fuoco e degli altri colpi della fortuna

No; sa che non sono mali, ne hanno solo l'apparenza; tutti questi li giudica spauracchi della vita umana

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Describe captivitatem, verbera, catenas, egestatem et membrorum lacerationes vel per morbum vel per iniuriam et quidquid aliud adtuleris: inter lymphatos metus numerat

Ista timidis timenda sunt

An id existimas malum ad quod aliquando nobis nostra sponte veniendum est

Quaeris quid sit malum

cedere iis quae mala vocantur et illis libertatem suam dedere, pro qua cuncta patienda sunt: perit libertas nisi illa contemnimus quae nobis iugum inponunt

Non dubitarent quid conveniret forti viro si scirent quid esset fortitudo

Non est enim inconsulta temeritas nec periculorum amor nec formidabilium adpetitio: scientia est distinguendi quid sit malum et quid non sit

Diligentissima in tutela sui fortitudo est et eadem patientissima eorum quibus falsa species malorum est

'Quid ergo
Descrivigli la prigionia, le frustate, le catene, la povertà, le membra straziate dalle malattie o dalla violenza e qualunque altro tormento vorrai aggiungere: le considera paure degne di una mente malata

Solo i deboli ne hanno timore

Oppure giudichi un male quello che a volte dobbiamo affrontare volontariamente

Chiedi qual è il male

Cedere ai cosiddetti mali e consegnare ad essi la propria libertà, in nome della quale bisogna sopportare ogni sofferenza: la libertà finisce, se non disprezziamo le cose che ci impongono un giogo

Se sapessero cos'è il coraggio, non avrebbero dubbi sull'atteggiamento conveniente a un uomo coraggioso

E il coraggio non è temerità sconsiderata o amore del pericolo o ricerca di situazioni spaventose: è la capacità di distinguere cos'è male e che cosa non lo è

L'uomo coraggioso è molto attento alla sua difesa e nello stesso tempo sopporta con grande fermezza gli eventi che hanno la falsa apparenza di mali

E allora

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