Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 11-12-13 Parte 01, pag 3

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 11-12-13 Parte 01

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 11-12-13 Parte 01
si ferrum intentatur cervicibus viri fortis, si pars subinde alia atque alia suffoditur, si viscera sua in sinu suo vidit, si ex intervallo, quo magis tormenta sentiat, repetitur et per adsiccata vulnera recens demittitur sanguis, non timet

istum tu dices nec dolere

' Iste vero dolet sensum enim hominis nulla exuit virtus, sed non timet: invictus ex alto dolores suos spectat

Quaeris quis tunc animus illi sit

qui aegrum amicum adhortantibus

'Quod malum est nocet; quod nocet deteriorem facit; dolor et paupertas deteriorem non faciunt; ergo mala non sunt

' 'Falsum est' inquit 'quod proponitis; non enim, si quid nocet, etiam deteriorem facit

Tempestas et procella nocet gubernatori, non tamen illum deteriorem facit
Se l'uomo forte lo minaccia una spada, se è colpito ripetutamente in più parti del corpo, se dal ventre squarciato vede le sue viscere, se viene torturato a intervalli perché senta di più i tormenti e nuovo sangue esce dalle ferite rimarginate

dirai forse che non ha paura, né tanto meno prova dolore

Soffre, sì (nessuna virtù toglie all'uomo la sensibilità), ma non ha paura: incrollabile guarda dall'alto le sue sofferenze

Vuoi sapere qual è il suo stato d'animo in quel momento

Quello di chi conforta un amico ammalato

Ciò che è male nuoce; ciò che nuoce rende peggiori, il dolore e la povertà non rendono peggiori; quindi, non sono mali

Sillogismo falso, sostengono, quello che nuoce non è detto che renda anche peggiori

Tempeste e burrasche nuocciono al timoniere, ma non lo rendono peggiore
' Quidam e Stoicis ita adversus hoc respondent: deteriorem fieri gubernatorem tempestate ac procella, quia non possit id quod proposuit efficere nec tenere cursum suum; deteriorem illum in arte sua non fieri, in opere fieri

Quibus Peripateticus 'ergo' inquit 'et sapientem deteriorem faciet paupertas, dolor, et quidquid aliud tale fuerit; virtutem enim illi non eripiet, sed opera eius inpediet'

Hoc recte diceretur nisi dissimilis esset gubernatoris condicio et sapientis

Huic enim propositum est in vita agenda non utique quod temptat efficere, sed omnia recte facere: gubernatori propositum est utique navem in portum perducere

Artes ministrae sunt, praestare debent quod promittunt, sapientia domina rectrixque est; artes serviunt vitae, sapientia imperat
Qualche Stoico controbatte così: tempeste e burrasche rendono peggiore il timoniere perché non può realizzare i suoi propositi e non può mantenere la rotta; non diventa peggiore nella sua arte, ma nel realizzarla

A questi filosofi i Peripatetici rispondono: Dunque, la povertà, il dolore e qualunque altra disgrazia del genere, renderanno peggiore anche il saggio; non gli toglieranno la virtù, ma ne impediranno l'attuazione

Questa affermazione sarebbe giusta se la condizione del timoniere e quella del saggio non fosse diversa

Il saggio non si propone di realizzare a ogni costo nel corso della vita i suoi scopi, ma di agire sempre con rettitudine: il timoniere, invece, si propone di condurre a ogni costo la nave in porto

Le arti sono strumenti, devono mantenere quello che promettono, la saggezza è signora e padrona; le arti sono al servizio della vita, la saggezza la comanda
Ego aliter respondendum iudico: nec artem gubernatoris deteriorem ulla tempestate fieri nec ipsam administrationem artis

Gubernator tibi non felicitatem promisit sed utilem operam et navis regendae scientiam; haec eo magis apparet quo illi magis aliqua fortuita vis obstitit

Qui hoc potuit dicere, 'Neptune, numquam hanc navem nisi rectam', arti satis fecit: tempestas non opus gubernatoris inpedit sed successum

'Quid ergo

' inquit 'non nocet gubernatori ea res quae illum tenere portum vetat, quae conatus eius inritos efficit, quae aut refert illum aut detinet et exarmat

' Non tamquam gubernatori, sed tamquam naviganti nocet: alioqui Gubernatoris artem adeo non inpedit ut ostendat; tranquillo enim, ut aiunt, quilibet gubernator est

Navigio ista obsunt, non rectori eius, qua rector est
Ritengo, quindi, che si debba rispondere diversamente: nessuna burrasca rende peggiore l'arte del timoniere o la sua attuazione pratica

Il timoniere non ti promette un esito fortunato, ma un servizio utile e la capacità di condurre la nave; e questa risulta tanto più evidente quanto maggiori sono le forze impreviste che lo ostacolano

Chi ha potuto dire: Nettuno, non avrai mai questa nave, se non sulla giusta rotta, ha fatto abbastanza per l'arte sua: La tempesta non impedisce il lavoro del timoniere, ma il successo

Come

chiedono Al timoniere non nuoce una cosa che gli impedisce di arrivare in porto, che rende vani i suoi tentativi, che lo spinge indietro oppure non lo fa avanzare e distrugge l'attrezzatura dell'imbarcazione

Non gli nuoce come timoniere, ma come navigante: per altri aspetti egli non è un timoniere

Non impedisce la sua arte, anzi la mette in risalto; col mare tranquillo - dice il proverbio - tutti sono bravi piloti

Queste difficoltà danneggiano la nave, non il timoniere, in quanto timoniere

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Duas personas habet gubernator, alteram communem cum omnibus qui eandem conscenderunt navem: ipse quoque vector est; alteram propriam: gubernator est

Tempestas tamquam vectori nocet, non tamquam gubernatori

Deinde gubernatoris ars alienum bonum est: ad eos quos vehit pertinet, quomodo medici ad eos quos curat: commune bonum est: et eorum cum quibus vivit et proprium ipsius

Itaque gubernatori fortasse noceatur cuius ministerium aliis promissum tempestate inpeditur: sapienti non nocetur a paupertate, non a dolore, non ab aliis tempestatibus vitae

Non enim prohibentur opera eius omnia, sed tantum ad alios pertinentia: ipse semper in actu est, in effectu tunc maximus cum illi fortuna se opposuit; tunc enim ipsius sapientiae negotium agit, quam diximus et alienum bonum esse et suum

Praeterea ne aliis quidem tunc prodesse prohibetur cum illum aliquae necessitates premunt
Il timoniere riveste due ruoli: uno comune a tutti i passeggeri della nave: anch'egli è un passeggero; l'altro suo proprio: è il timoniere

La tempesta gli nuoce come passeggero, non come timoniere

Inoltre l'arte del timoniere è un bene per gli altri: riguarda i passeggeri, come quella del medico riguarda i pazienti: l'arte del saggio è un bene comune, sia di coloro con cui vive, sia suo proprio

Perciò forse il timoniere subisce un danno quando la tempesta gli impedisce di compiere un servizio promesso ad altri: al saggio, invece, non nuocciono la povertà, il dolore e le altre vicissitudini della vita

non gli impediscono ogni attività, ma solo quelle che riguardano gli altri; egli è sempre in azione e realizza i suoi intenti soprattutto quando la sorte gli è sfavorevole; allora agisce nell'interesse della stessa saggezza che, come abbiamo detto, è un bene suo e degli altri

Il saggio, inoltre, può giovare agli altri anche se è oppresso dalle difficoltà
Propter paupertatem prohibetur docere quemadmodum tractanda res publica sit, at illud docet, quemadmodum sit tractanda paupertas

Per totam vitam opus eius extenditur

Ita nulla fortuna, nulla res actus sapientis excludit; id enim ipsum agit quo alia agere prohibetur

Ad utrosque casus aptatus est: bonorum rector est, malorum victor

Sic, inquam, se exercuit ut virtutem tam in secundis quam in adversis exhiberet nec materiam eius sed ipsam intueretur; itaque nec paupertas illum nec dolor nec quidquid aliud inperitos avertit et praecipites agit prohibet

Tu illum premi putas malis

utitur

Non ex ebore tantum Phidias sciebat facere simulacra; faciebat ex aere

Si marmor illi, si adhuc viliorem materiam obtulisses, fecisset quale ex illa fieri optimum posset
La povertà gli può impedire di insegnare come governare lo stato, ma egli insegna come governare la povertà

La sua opera dura per tutta la vita

L'attività del saggio non la impediscono così nessun caso, nessuna circostanza: egli si occupa di quella stessa faccenda che gli impedisce di occuparsi d'altro

pronto a entrambe le evenienze: essere padrone del bene e saper vincere il male

Si è preparato, dico, a dimostrare la sua virtù sia nella buona che nella cattiva fortuna e a guardare non alla materia in cui la virtù si esplica, ma direttamente ad essa; perciò non lo ferma la povertà, né il dolore, né qualunque altro caso che distoglie e mette in fuga gli ignoranti

Pensi che i mali lo abbattano

Al contrario, se ne serve

Fidia non sapeva scolpire solo statue d'avorio, le faceva anche di bronzo

Se avesse avuto a disposizione marmo o un materiale ancòra meno pregiato, avrebbe fatto il meglio che la materia consentiva

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Sic sapiens virtutem, si licebit, in divitiis explicabit, si minus, in paupertate; si poterit, in patria, si minus, in exilio; si poterit, imperator, si minus, miles; si poterit, integer, si minus, debilis

Quamcumque fortunam acceperit, aliquid ex illa memorabile efficiet

Certi sunt domitores ferarum qui saevissima animalia et ad occursum expavescenda hominem pati subigunt nec asperitatem excussisse contenti usque in contubernium mitigant: leonis faucibus magister manum insertat, osculatur tigrim suus custos, elephantum minimus Aethiops iubet subsidere in genua et ambulare per funem

Sic sapiens artifex est domandi mala: dolor, egestas, ignominia, carcer, exilium ubique horrenda, cum ad hunc pervenere, mansueta sunt

Vale

In ipsa Scipionis Africani villa iacens haec tibi scribo, adoratis manibus eius et ara, quam sepulchrum esse tanti viri suspicor
Così il saggio dimostrerà la sua virtù - se sarà possibile - nella ricchezza, se no, in povertà; se potrà, in patria, se no, in esilio; come comandante supremo, se no, come soldato; sano, se no storpio

Qualunque sia il suo destino, ne ricaverà cose memorabili

Ci sono domatori che ammaestrano bestie ferocissime e spaventose a trovarsele davanti, e non si accontentano di averle private della loro fierezza, le ammansiscono fino ad averne familiarità: il domatore caccia la mano nelle fauci del leone, il sorvegliante bacia la tigre; un giovanissimo etiope fa inginocchiare l'elefante e lo fa passeggiare sulla fune

Così il saggio è capace di domare i mali: il dolore, la miseria, il disonore, il carcere, l'esilio, spaventosi sempre, davanti a lui diventano mansueti

Stammi bene

Ti scrivo mentre me ne sto in riposo proprio nella villa di Scipione l'Africano, dopo aver reso onore al suo spirito e all'ara che - immagino - è il sepolcro di un così grande uomo
Animum quidem eius in caelum ex quo erat redisse persuadeo mihi, non quia magnos exercitus duxit (hos enim et Cambyses furiosus ac furore feliciter usus habuit), sed ob egregiam moderationem pietatemque, quam magis in illo admirabilem iudico cum reliquit patriam quam cum defendit

Aut Scipio Romae esse debebat aut Roma in libertate

'Nihil' inquit 'volo derogare legibus, nihil institutis; aequum inter omnes cives ius sit

Utere sine me beneficio meo, patria

Causa tibi libertatis fui, ero et argumentum: exeo, si plus quam tibi expedit crevi

' Quidni ego admirer hanc magnitudinem animi, qua in exilium voluntarium secessit et civitatem exoneravit

Eo perducta res erat ut aut libertas Scipioni aut Scipio libertati faceret iniuriam
Sono convinto che la sua anima è ritornata in cielo, sua origine, non perché comandò grandi eserciti (lo fece anche quel pazzo di Cambise, e con successo nella sua pazzia), ma per la sua straordinaria moderazione e per il suo amore di patria, che - penso - fu in lui più ammirevole quando lasciò la sua città che quando la difese

Doveva scegliere, o Scipione a Roma, o Roma libera

Non voglio, disse, derogare alle leggi, né alle istituzioni; tutti i cittadini abbiano uguali diritti

Goditi, o patria, senza di me il bene che ti ho fatto

Sono stato l'artefice della tua libertà, ne sarò anche la prova: me ne vado, se la mia autorità è cresciuta più di quanto ti è utile

E perché non dovrei ammirare questa grandezza d'animo che lo spinse ad andare volontariamente in esilio e a liberare la città da un peso

La situazione era arrivata a un punto tale che o la libertà avrebbe fatto violenza a Scipione, o Scipione alla libertà

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Neutrum fas erat; itaque locum dedit legibus et se Liternum recepit tam suum exilium rei publicae inputaturus quam Hannibalis

Vidi villam extructam lapide quadrato, murum circumdatum silvae, turres quoque in propugnaculum villae utrimque subrectas, cisternam aedificiis ac viridibus subditam quae sufficere in usum vel exercitus posset, balneolum angustum, tenebricosum ex consuetudine antiqua: non videbatur maioribus nostris caldum nisi obscurum

Magna ergo me voluptas subiit contemplantem mores Scipionis ac nostros: in hoc angulo ille 'Carthaginis horror', cui Roma debet quod tantum semel capta est, abluebat corpus laboribus rusticis fessum

Exercebat enim opere se terramque ut mos fuit priscis ipse subigebat

Sub hoc ille tecto tam sordido stetit, hoc illum pavimentum tam vile sustinuit: at nunc quis est qui sic lavari sustineat
In entrambi i casi sarebbe stato un sacrilegio; egli, perciò obbedì alle leggi e si ritirò a Literno, imputando allo stato tanto il suo esilio, quanto quello di Annibale

Ho visto la villa costruita con massi quadrati, il muro che delimita il bosco, e anche le torri edificate a difesa della casa su i due lati, la cisterna, nascosta da fabbricati e piante, che potrebbe bastare persino al fabbisogno di un esercito, il bagno angusto e buio secondo le abitudini antiche: per i nostri antenati non era caldo, se non era oscuro

Ho provato un grande piacere a confrontare i costumi di Scipione e i nostri: in questo cantuccio il terrore di Cartagine, a cui Roma è debitrice di essere stata invasa una sola volta, lavava via la stanchezza della fatica nei campi

Si dedicava ai lavori agricoli e vangava la terra di sua mano, come era costume degli antichi

Abitò sotto questo tetto così squallido e calpestò questo pavimento tanto rustico: ma adesso chi sopporterebbe di fare il bagno in questo modo
Pauper sibi videtur ac sordidus nisi parietes magnis et pretiosis orbibus refulserunt, nisi Alexandrina marmora Numidicis crustis distincta sunt, nisi illis undique operosa et in picturae modum variata circumlitio praetexitur, nisi vitro absconditur camera, nisi Thasius lapis, quondam rarum in aliquo spectaculum templo, piscinas nostras circumdedit, in quas multa sudatione corpora exsaniata demittimus, nisi aquam argentea epitonia fuderunt

Et adhuc plebeias fistulas loquor: quid cum ad balnea libertinorum pervenero

Quantum statuarum, quantum columnarum est nihil sustinentium sed in ornamentum positarum impensae causa

quantum aquarum per gradus cum fragore labentium

Eo deliciarum pervenimus ut nisi gemmas calcare nolimus
Ci sembra di essere poveri e meschini se le pareti non risplendono di grandi e preziosi specchi, se i marmi alessandrini non sono adornati di rivestimenti numidici e la vernice, data con perizia e varia come un dipinto, non li ricopre da ogni parte, se il soffitto non è rivestito di vetro, se il marmo di Taso, che un tempo si ammirava, e di rado, in qualche tempio, non circonda le vasche, in cui immergiamo il corpo snervato dall'abbondante sudorazione, se l'acqua non sgorga da rubinetti d'argento

E ancora parlo di bagni plebei: che dovrei dire arrivando ai bagni dei liberti

Quante statue, quante colonne che non sostengono niente, ma sono solo un elemento ornamentale e una dimostrazione della spesa sostenuta

Che volume d'acqua viene giù fragorosamente dai gradini

Siamo arrivati a un lusso tale che vogliamo avere sotto i piedi solo pietre preziose

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In hoc balneo Scipionis minimae sunt rimae magis quam fenestrae muro lapideo exsectae, ut sine iniuria munimenti lumen admitterent; at nunc blattaria vocant balnea, si qua non ita aptata sunt ut totius diei solem fenestris amplissimis recipiant, nisi et lavantur simul et colorantur, nisi ex solio agros ac maria prospiciunt

Itaque quae concursum et admirationem habuerant cum dedicarentur, ea in antiquorum numerum reiciuntur cum aliquid novi luxuria commenta est quo ipsa se obrueret

[9] At olim et pauca erant balnea nec ullo cultu exornata: cur enim exornaretur res quadrantaria et in usum, non in oblectamentum reperta

Non suffundebatur aqua nec recens semper velut ex calido fonte currebat, nec referre credebant in quam perlucida sordes deponerent
In questo bagno di Scipione più che finestre ci sono delle piccolissime feritoie praticate nel muro di pietra, perché la luce entri senza compromettere la solidità della casa: ma ora dicono che i bagni sono pieni di scarafaggi, se non sono fatti in modo da ricevere il sole tutto il giorno da finestre grandissime, se non ci si lava e ci si abbronza nello stesso tempo, se dalla vasca non si vedono la campagna e il mare

Perciò quei bagni che all'inaugurazione furono ammirati da un concorso di folla, sono ora relegati tra le cose vecchie: il lusso ha escogitato altre novità con cui superare se stesso

Ma un tempo i bagni erano pochi e disadorni: perché si sarebbero dovuti abbellire edifici di scarso valore, destinati all'uso e non al piacere

L'acqua non sgorgava dal basso e non scorreva sempre nuova come da una fonte calda: per lavarsi dalla sporcizia secondo loro non aveva importanza che l'acqua fosse trasparente

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