Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 28, Paragrafi 15-29

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 28, Paragrafi 15-29

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 28, Paragrafi 15-29

[15] cum in Tarpeio fodientes delubro fundamenta caput humanum invenissent, missis ob id ad se legatis Etruriae celeberrimus vates Olenus Calenus, praeclarum id fortunatumque cernens, interrogatione in suam gentem transferre temptavit, scipione determinata prius templi imagine in solo ante se: Hoc ergo dicitis, Romani

hic templum Iovis optimi maximi futurum est, hic caput invenimus

constantissima annalium adfirmatione, transiturum fuisse fatum in Etruriam, ni praemoniti a filio vatis legati respondissent: [16] Non plane hic, sed Romae inventum caput dicimus

iterum id accidisse tradunt, cum in fastigium eiusdem delubri praeparatae quadrigae fictiles in fornace crevissent, iterum simili modo retentum augurium
[15] Avendo trovato un teschio umano quelli che scavavano le fondamenta nel tempio Tarpeo, Oleno di Cales il più famoso indovino dell'Etruria, mandati a lui gli ambasciatori per questo, considerando ciò una cosa importante e favorevole, tentò con una domanda di trasferirla fra la sua gente, dopo aver prima disegnato sul suolo con un bastone l'immagine del tempio davanti a sé (disse): "Questo dunque intendete, Romani

Qui sorgerà il tempio di Giove ottimo massimo, qui abbiamo trovato il teschio

" Con una certissima affermazione degli annali, il fato sarebbe stato trasferito in Etruria, se gli ambasciatori avvisati dal figlio dell'indovino non avessero risposto: [16] "Non certo qui, ma a Roma abbiamo detto ritrovato il teschio"

Tramandano che ciò sia accaduto di nuovo, quando le quadrighe di terracotta preparate per il fastigio dello stesso tempio erano cresciute nella fornace, l'auspicio fu conservato nello stesso modo
[17] Haec satis sint, exemplis ut appareat, ostentorum vires et in nostra potestate esse ac, prout quaeque accepta sint, ita valere

in augurum certe disciplina constat neque diras neque ulla auspicia pertinere ad eos, qui quamque rem ingredientes observare se ea negaverint, quo munere divinae indulgentiae maius nullum est

quid

non et legum ipsarum in duodecim tabulis verba sunt: [18] qui fruges excantassit, et alibi: qui malum carmen incantassit

Verrius Flaccus auctores ponit, quibus credat in obpugnationibus ante omnia solitum a Romanis sacerdotibus evocari deum, cuius in tutela id oppidum esset, promittique illi eundem aut ampliorem apud Romanos cultum

et durat in pontificum disciplina id sacrum, constatque ideo occultatum, in cuius dei tutela Roma esset, ne qui hostium simili modo agerent
[17] Siano sufficienti queste cose, come appare dagli esempi, che le forze dei presagi sono anche in nostro potere e, valere tanto, secondo come ciascuno sia recepito

Nella scienza degli auguri risulta certamente che né le imprecazioni né alcun auspicio riguardano quelli che, iniziando qualcosa abbiano affermato che essi non osservano queste cose, niente è più grande di questo dono dell'indulgenza divina

E che

Non sono anche nelle dodici tavole le parole delle stesse leggi: [18] chi avesse fatto incantesimi alle messi, e altrove: chi avesse recitato un carme malvagio

Verrio Flacco cita autori, a cui crede che durante gli assedi prima di tutto dai sacerdoti romani era solito essere evocato un dio, nella cui tutela c'era questa città, e che era promesso a quello lo stesso o un maggiore culto presso i Romani

E rimane nell'usanza dei pontefici questo rito sacro, e risulta perciò nascosto il nome, del dio nella cui tutela era Roma, affinché alcuni nemici non si comportassero nello stesso modo
[19] defigi quidem diris precationibus nemo non metuit

huc pertinet ovorum, quis exorbuerit quisque, calices coclearumque protinus frangi aut isdem coclearibus perforari

hinc Theocriti apud Graecos, Catulli apud nos proximeque Vergilii incantamentorum amatoria imitatio

multi figlinarum opera rumpi credunt tali modo, non pauci etiam serpentes, ipsas recanere et hunc unum illis esse intellectum, contrahique Marsorum cantu etiam in nocturna quiete

[20] iam parietes incendiorum deprecationibus conscribuntur

neque est facile dictu, externa verba atque ineffabilia abrogent fidem validius an Latina et inopinata, quae inridicula videri cogit animus semper aliquid inmensum exspectans ac dignum deo movendo, immo vero quod numini imperet
[19] Certo nessuno non teme di essere maledetto con formule malvagie

Questo si riferisce a ciascuno che abbia succhiato, che siano rotti subito o che siano perforati con i cucchiai stessi i gusci delle uova e delle lumache

Da qui l'imitazione amorosa degli incantesimi di Teocrito presso i Greci, di Catullo presso di noi e recentemente di Virgilio

Molti credono che in tal modo vengano rotti gli oggetti di terracotta, non pochi anche che i serpenti annullano gli stessi incantesimi e che questa per loro sia l'unica intelligenza, e che siano attirati dal canto dei Marsi anche durante la quiete notturna

[20] Si scrivono poi le pareti con gli scongiuri degli incendi

E non è facile a dirsi, se le parole straniere e incomprensibili scuotano più fortemente la fede o le latine e inaspettate, che l'animo che spera sempre qualcosa di immenso e degno nel commuovere il dio, anzi ciò che comandi la divinità, porta ad apparire ridicole

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Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 07, Paragrafi 01 - 16

[21] dixit Homerus profluvium sanguinis vulnerato femine Ulixen inhibuisse carmine, Theophrastus ischiadicos sanari, Cato prodidit luxatis membris carmen auxiliare, M Varro podagris

Caesarem dictatorem post unum ancipitem vehiculi casum ferunt semper, ut primum consedisset, id quod plerosque nunc facere scimus, carmine ter repetito securitatem itinerum aucupari solitum

[22] Libet hanc partem singulorum quoque conscientia coarguere

cur enim primum anni incipientis diem laetis precationibus invicem faustum ominamur

cur publicis lustris etiam nomina victimas ducentium prospera legimus

cur effascinationibus adoratione peculiari occurrimus, alii Graecam Nemesin invocantes, cuius ob id Romae simulacrum in Capitolio est, quamvis Latinum nomen non sit

[23] cur ad mentionem defunctorum testamur, memoriam eorum a nobis non sollicitari
[21] Omero disse che con una preghiera Ulisse aveva fermato il flusso del sangue dal femore ferito, Teofrasto che sono curati gli sciatici, Catone tramandò che una preghiera aiuta le membra lussate, M: Varrone le gotte

Dicono che il dittatore Cesare dopo una pericolosa caduta dal carro, appena si era seduto, sappiamo che la maggior parte fa ciò anche ora, era solito assicurarsi sempre la tranquillità dei viaggi con una preghiera ripetuta tre volte

[22] Piace che questa funzione scaturisca anche dalla consapevolezza di ciascuno

Perché infatti a vicenda auguriamo con formule favorevoli un primo giorno felice anno che comincia

Perché anche nei riti lustrali pubblici scegliamo i nomi augurali di quelli che conducono le vittime

Perché con una particolare invocazione ci opponiamo agli incantesimi, mentre altri invocano la greca Nemesi, di cui per questo c'è a Roma una statua in Campidoglio, sebbene il nome non sia latino

[23] Perché dichiariamo riguardo al ricordo dei defunti, che la loro memoria non viene sollecitata da noi
cur inpares numeros ad omnia vehementiores credimus, idque in febribus dierum observatione intellegitur

cur ad primitias pomorum haec vetera esse dicimus, alia nova optamus

cur sternuentes salutamus

quod etiam Tiberium Caesarem, tristissimum, ut constat, hominum, in vehiculo exegisse tradunt, et aliqui nomine quoque consalutare religiosius putant

[24] quin et absentes tinnitu aurium praesentire sermones de se receptum est

Attalus adfirmat, scorpione viso si quis dicat duo, cohiberi nec vibrare ictus

et quoniam scorpio admonuit, in Africa nemo destinat aliquid nisi praefatus Africam, in ceteris vero gentibus deos ante obtestatus, ut velint

nam si mensa adsit, anulum ponere translatitium videmus, quoniam etiam mutas religiones pollere manifestum est
Perché riteniamo i numeri dispari più efficaci verso tutto, e ciò si capisce dall'osservazione dei giorni durante le febbri

Perché riguardo alle primizie dei frutti diciamo che questi sono vecchi, desideriamo altri nuovi

Perché auguriamo salute a quelli che starnutiscono

Cosa che dicono che Tiberio Cesare il più triste degli uomini, come risulta, esigesse anche in carrozza, e alcuni ritengono salutare più rispettosamente anche col nome

[24] Anzi è risaputo che anche gli assenti avvertono i discorsi su di loro dal fischio delle orecchie

Attalo conferma che, visto uno scorpione se qualcuno dice due, il colpo viene fermato e non vibra

Ma poiché lo scorpione ammonisce, nessuno in Africa progetta qualcosa se non dopo aver detto Africa, invece fra le altre genti dopo aver prima invocato gli dei, affinchè approvino

Infatti se c'è una mensa, vediamo deporre l'anello di quelli che lo portano, poiché è chiaro che valgono anche i culti muti

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[25] alius saliva post aurem digito relata sollicitudinem animi propitiat

pollices, cum faveamus, premere etiam proverbio iubemur

in adorando dextram ad osculum referimus totumque corpus circumagimus, quod in laevum fecisse Galliae religiosius credunt

fulgetras popsymis adorare consensus gentium est

[26] incendia inter epulas nominata aquis sub mensam profusis abominamur

recedente aliquo ab epulis simul verri solum aut bibente conviva mensam vel repositorium tolli inauspicatissimum iudicatur

Servi Sulpicii principis viri commentatio est quamobrem mensa linquenda non sit, nondum enim plures quam convivae numerabantur

nam sternumento revocari ferculum mensamve, si non postea gustetur aliquid, inter diras habetur aut omnino inane esse
[25] Un altro propizia l'affanno dell'animo con la saliva messa col dito dietro l'orecchio

Consigliamo anche con un proverbio di premere i pollici, quando vogliamo favori

Nell'adorare portiamo la destra alla bocca e ruotiamo tutto il corpo, cosa che le Gallie credono essere fatta più religiosamente verso sinistra

Venerare i lampi con schiocco di labbra è una pratica dei popoli

[26] Evitiamo gli incendi nominati durante i banchetti con acque versate sotto la mensa

E' ritenuto molto sfavorevole che sia spazzato il pavimento mentre qualcuno contemporaneamente si allontana dai banchetti o che siano tolti la mensa e il vassoio mentre il convitato beve

C'è una relazione di Servio Sulpicio uomo notevole per cui la mensa non si debba lasciare, infatti una volta non erano più numerose dei convitati

Infatti che la mensa o la pietanza sia tolta durante uno starnuto, se poi non si assaggi qualcosa, è considerata fra le maledizioni o essere completamente inutile
[27] haec instituere illi, qui omnibus negotiis horisque interesse credebant deos et ideo placatos etiam vitiis nostris reliquerunt

quin et repente conticescere convivium adnotatum, set non nisi in pari praesentium numero, isque famae labor est ad quemcumque eorum pertinens

cibus etiam e manu prolapsus reddebatur utique per mensas, vetabantque munditiarum causa deflare, et sunt condita auguria, quid loquenti cogitantive id acciderit, inter execratissima, si pontific accidat dicis causa epulanti

in mensa utique id reponi adolerique ad Larem piatio est

[28] medicamenta, priusquam adhibeantur, in mensa forte deposita negant prodesse

ungues resecari nundinis Romanis tacenti atque a digito indice multorum persuasione religiosum est, capillum vero contra defluvia ac dolores capitis XVII luna atque XXVIIII
[27] Istituirono queste cose quelli, che credevano che gli dei interferissero in tutte le azioni e i momenti e perciò li resero concilianti anche con i nostri vizi

Inoltre notato anche l'ammutolire improvvisamente dei convitati, ma tranne con un numero pari di convitati, e questa è una minaccia pertinente alla fama verso ciascuno di loro

Anche il cibo caduto dalla mano era restituito almeno durante le mense, e vietavano il soffiare a motivo delle pulizie, e sono considerati auguri, ciò che capita a chi parla o pensa, fra i presagi molto sfavorevoli, se capita per così dire al pontefice mentre mangia

L'espiazione è che ciò sia riposto comunque sulla mensa e sia bruciato per i Lari

[28] Dicono che le medicine, poggiate per caso sulla mensa, prima che siano usate, non giovano

E' sfavorevole per convinzione di molti che le unghie siano tagliate nei giorni di mercato a Roma con la luna assente e a partire dal dito indice, invece (tagliare) il capello contro la caduta e i dolori di testa con la 17° e 29° luna

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pagana lege in plerisque Italiae praediis cavetur, ne mulieres per itinera ambulantes torqueant fusos aut omnino detectos ferant, quoniam adversetur id omnium spei, praecipue frugum

[29] M

Servilius Nonianus princeps civitatis non pridem in metu lippitudinis, priusquam ipse eam nominaret aliusve ei praediceret, duabus litteris Graecis ΡΑ chartam inscriptam circumligatam lino subnectebat collo, Mucianus ter consul eadem observatione viventem muscam in linteolo albo, his remediis carere ipsos lippitudine praedicantes

carmina quidem extant contra grandines contraque morborum genera contraque ambusta, quaedam etiam experta, sed prodendo obstat ingens verecundia in tanta animorum varietate

quapropter de iis ut cuique libitum fuerit opinetur

Secondo una legge campagnola in molti villaggi dell'Italia si bada, affinché le donne che camminano attraverso le strade non girino i fusi o li portino completamente scoperti, perché ciò ostacola la speranza di tutte le cose, specialmente delle messi

[29] M

Servilio Noniano uno ragguardevole della cittadinanza non da molto nel timore della cisposità, prima che egli stesso la nominasse o un altro gliela preannunciasse, metteva sotto il collo una carta legata con il lino scritta con le due lettere greche PA, Muciano tre volte console con lo stesso scrupolo una mosca viva in un fazzoletto bianco, dicendo che loro stessi con questi rimedi si riguardavano dalla cisposità

Ci sono poi formule contro le grandini e i tipi di malattie e contro le scottature, alcune anche sperimentate, ma s'oppone nel riferirle la grande discrezione in tanta varietà di pareri

Pertanto su tali cose si valuterà come a ognuno sia stato gradito

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