Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 22, Paragrafi 01-19

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 22, Paragrafi 01-19

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 22, Paragrafi 01-19

[1] Implesse poterant miraculum sui natura atque tellus reputantium vel prioris tantum voluminis dotes totque genera herbarum utilitatibus hominum aut voluptatibus genita

sed quanto plura restant quantoque mirabiliora inventu

illa enim maiore in parte cibi aut odore decorisve commendatio ad numerosa experimenta duxit; reliquarum potentia adprobat, nihil ab rerum natura sine aliqua occultiore causa gigni

[2] Equidem et formae gratia ritusque perpetui in corporibus suis aliquas exterarum gentium uti herbis quibusdam adverto animo

inlinunt certe aliis aliae faciem in populis barbarorum feminae; maresque etiam apud Dacos et Sarmatas corpora sua inscribunt

simili plantagini, glastum in Gallia vocatur, Britannorum coniuges nurusque toto corpore oblitae quibusdam in sacris nudae incedunt, Aethiopum colorem imitantes
[1] La natura e la terra potevano attirare nei propri confronti l'ammirazione di quelli che considerano anche solo i doni del precedente volume e i tanti tipi di erbe create per gli usi e i piaceri degli uomini

Ma quanto più ne restano e quanto più mirabili nella scoperta

Infatti per la maggior parte la lusinga della bellezza o del cibo o per il profumo indusse quelle a numerosi esperimenti; delle rimanenti l'efficacia dimostra, che niente è creato dalla natura senza qualche più nascosta ragione

[2] In verità mi accorgo che alcuni dei popoli stranieri usano talune erbe sui loro corpi anche per l'ornamento della bellezza e del rito perpetuo

Certamente fra i popoli dei barbari le donne si colorano il viso alcune con talune (erbe) alcune con altre; ed anche presso i Daci e i Sarmati i maschi si tingono i loro corpi

Con una simile alla piantaggine, in Gallia è chiamata guado, le spose e le nuore dei Britanni cosparse su tutto il corpo, imitando il colore degli Etiopi, procedono nude in alcuni riti sacri
[3] iam vero infici vestes scimus admirabili fuco, atque, ut sileamus Galatiae, Africae, Lusitaniae grani coccum imperatoriis dicatum paludamentis, transalpina Gallia herbis Tyria atque conchylia tinguit et omnes alios colores

nec quaerit in profundis murices seque obiciendo escam, dum praeripit, belvis marinis intacta etiam ancoris scrutatur vada, ut inveniat per quod facilius matrona adultero placeat, corruptor insidietur nuptae: [4] stans et in sicco carpit, quo frugem modo

sed culpant ablui usu; alioqui fulgentius instrui poterat luxuria, certe innocentius

Non est nunc propositum ista consectari, nec committemus, ut subiciendo viliora luxuriam utilitate circumscribamus, dicturi et alias herbis tingui parietes nec pingi lapide
[3] Già sappiamo in realtà che con una meravigliosa tintura sono colorate le vesti, come taciamo lo scarlatto dell'acino della Galazia, dell'Africa, della Lusitania destinato ai mantelli del comandante, la Gallia transalpina tinge con erbe le porpore di Tiro e tutti gli altri colori

E non cerca nelle profondità i murici offrendosi in pasto, mentre raccoglie, ai mostri marini, non perlustra i fondali sconosciuti anche dalle ancore, affinché scopra attraverso cosa più facilmente la matrona piaccia all'amante, il seduttore insidi la sposa: [4] Stando anche all'asciutto raccoglie come (si raccoglie) la messe

Ma criticano essere stinti con l'uso; diversamente il lusso poteva essere utilizzato più splendidamente, certo più semplicemente

Non è ora intenzione che siano considerate queste cose, e faremo in modo che, con l'esporre cose più umili delimitiamo il lusso con l'utilità, per dire anche che altrove con le erbe si tingono le pareti e che non vengono ornate col mosaico
nec tinguendi tamen rationem omisissemus, si umquam ea liberalium artium fuisset

[5] interim fortius agetur, auctoritasque, quanta debet, etiam surdis, hoc est ignobilibus, herbis perhibetur, siquidem auctores imperii Romani conditoresque immensum quiddam et hinc sumpsere, quoniam non aliunde sagmina in remediis publicis fuere et in sacris legationibusque verbenae

certe utroque nomine idem significatur, hoc est gramen ex arce cum sua terra evolsum, ac semper e legatis, cum ad hostes clarigatumque mitterentur, id est res captas clare repetitum, unus utique verbenarius vocabatur

[6] Corona quidem nulla fuit graminea nobilior in maiestate populi terrarum principis praemiisque gloriae

gemmatae et aureae, vallares, murales, rostratae, civicae, triumphales post hanc fuere suntque cunctae magno intervallo magnaque differentia
Tuttavia non avremmo trascurato l'argomento del tingere, se mai questa fosse stata una delle arti liberali

[5] Intanto si agisca più coraggiosamente, e sia dato riconoscimento, quanto serve, anche alle erbe silenziose, cioè alle sconosciute, se i creatori e i fondatori dell'impero romano anche da qui ricavarono qualcosa, poiché non altrove ci furono i ramoscelli per le cerimonie pubbliche e le verbene nei riti sacri e nelle legazioni

Certo con entrambi i nomi è indicata la stessa cosa, cioè l'erba strappata con la sua zolla dalla base, e sempre dagli ambasciatori, quando si mandavano ai nemici e per chiedere soddisfazione, cioè per chiedere chiaramente le cose sottratte, uno era comunque chiamato verbenario

[6] Nessuna corona poi fu più insigne di quella erbacea nella maestà del popolo dominatore delle terre e nei premi per la gloria

Gemmate e dorate, vallari, murali, rostrate, civiche, trionfali furono e sono tutte dopo questa a grande distanza e con grande differenza

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 11, Paragrafi 145-152
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 11, Paragrafi 145-152

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 11, Paragrafi 145-152

[7] ceteras omnes singuli, et duces ipsi imperatoresque, militibus aut aliquando collegis dedere, decrevit in triumphis senatus cura belli solutus et populus otiosus, graminea numquam nisi in desperatione suprema contigit, nulli nisi ab universo exercitu servato decreta

ceteras imperatores dedere, hanc solam miles imperatori

eadem vocatur obsidionalis liberatis obsidione abominandoque exitu totis castris

[8] quod si civicae honos uno aliquo ac vel humillimo cive servato praeclarus sacerque habetur, quid tandem existimari debet unius virtute servatus universus exercitus

dabatur haec viridi e gramine decerpto inde, ubi obsessos servasset aliquis

namque summum apud antiquos signum victoriae erat herbam porrigere victos, hoc est terra et altrice ipsa humo et humatione etiam cedere, quem morem etiam nunc durare apud Germanos scio
[7] I singoli assegnarono tutte le altre, e gli stessi comandanti e imperatori, ai soldati e talvolta ai colleghi, le assegnò il senato nei trionfi libero dalla preoccupazione della guerra e il popolo tranquillo, quella d'erba non fu mai data se non nella suprema difficoltà, a nessuno se non deciso da un intero esercito messo in salvo

I generali diedero le altre, il soldato questa sola al comandante

Questa stessa è chiamata ossidionale quanto un intero accampamento è liberato dall'assedio e da una fine disonorevole

[8] Che se l'onore civico a un qualche cittadino anche molto umile è considerato insigne e sacro, cosa dunque si deve pensare di un intero esercito salvato dal valore di uno solo

Questa veniva data con erba verde strappata da lì, dove qualcuno avesse salvato gli assediati

Infatti presso gli antichi sommo riconoscimento di vittoria era che i vinti offrissero l'erba, cioè cedere la terra e lo stesso suolo che dava nutrimento ed anche sepoltura, uso che so persistere anche ora presso i Germani
[9] Donatus est ea L

Siccius Dentatus semel, cum civicas quattuordecim meruisset depugnassetque centiens viciens semper victor

tanto rarius est servatorem unum a servatis donari

quidam imperatores et saepius donati sunt, veluti P

Decius Mus tribunus militum ab exercitu, altera ab his, qui in praesidio obsessi fuerant, quanta esset eius honoris auctoritas, confessus religione, siquidem donatus bovem album Marti inmolavit et centum fulvos, qui ei virtutis causa dati fuerant simul ab obsessis

hic Decius postea se consul Imperioso conlega pro victoria devovit
[9] Con questa fu premiato una volta L

Siccio Dentato, avendone meritato quattordici civiche e avendo combattuto centoventi volte sempre vincitore

Tanto più raramente accade che un salvatore sia premiato dai salvati

Alcuni generali anche più spesso furono premiati, come P

Decio Mure tribuno militare dall'esercito, un'altra da quelli, che erano stati liberati nel presidio, mostrò con sentimento religioso, quanto fosse il prestigio del suo onore, se premiato immolò a Marte un bue bianco e cento fulvi, che gli erano stati dati insieme a motivo del coraggio dagli assediati

Questo Decio in seguito console con il collega Imperioso si sacrificò per la vittoria

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 34, Paragrafi 19-65
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 34, Paragrafi 19-65

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 34, Paragrafi 19-65

[10] data est et a senatu populoque Romano, qua claritate nihil equidem in rebus humanis sublimius duco, Fabio illi, qui rem omnem Romanam restituit non pugnando; nec data, cum magistrum equitum exercitumque eius servasset, tunc satius fuit nomine novo coronari appellatum patrem ab his, quos servaverat, sed quo dictum est consensu honoratus est Hannibale Italia pulso, quae corona adhuc sola ipsius imperii manibus inposita est et, quod peculiare ei est, sola a tota Italia data

[11] Praeter hos contigit eius coronae honos M

Calpurnio Flammae tribuno militum in Sicilia, centurioni vero uni ad hoc tempus Cn

Petreio Atinati Cimbrico bello

primum pilum is capessens sub Catulo exclusam ab hoste legionem suam hortatus tribunum suum dubitantem per castra hostium erumpere interfecit legionemque eduxit
[10] Fu concessa anche dal senato e dal popolo romano, del cui splendore nulla certo trovo più insigne fra le cose umane, a quel Fabio, che ristabilì la sorte romana non combattendo; e concessa non, poiché aveva salvato il maestro dei cavalieri e il suo esercito, allora fu contento di essere incoronato con un titolo nuovo chiamato padre da quelli, che aveva salvato, ma fu onorato con quell'unanimità che ho detto dopo che Annibale era stato cacciato dall'Italia, corona che solo allora fu posta per mano dell'impero stesso e, cosa che gli è particolare, unica concessa dall'Italia intera

[11] Oltre a questi l'onore di tale corona toccò a M

Calpurnio Flamma tribuno militare in Sicilia, invece in quest'epoca al solo centurione G

Petreio Atinate durante le guerra cimbrica

Costui ricevendo il primo manipolo sotto Catulo avendo esortato la sua legione tagliata fuori dal nemico ad irrompere fra gli accampamenti dei nemici uccise il suo tribuno che esitava e portò fuori la legione
invenio apud auctores eundem praeter hunc honorem adstantibus Mario et Catulo coss praetextatum immolasse ad tibicinem foculo posito

[12] scripsit et Sulla dictator ab exercitu se quoque donatum apud Nolam legatum bello Marsico, idque etiam in villa sua Tusculana, quae fuit postea Ciceronis, pinxit

quod si verum est, hoc exsecrabiliorem eum dixerim, quandoquidem eam capiti suo proscriptione sua ipse detraxit, tanto paucioribus civium servatis quam postea occisis

addat etiamnum huic gloriae superbum cognomen Felicem, ipse tamen obsessis in toto orbe proscriptis hac corona Sertorio cessit

[13] Aemilianum quoque Scipionem Varro auctor est donatum obsidionali in Africa Manilio consule, III cohortibus servatis totidemque ad servandas eas eductis, quod et statuae eius in foro suo divus Augustus inscripsit
Trovo presso gli scrittori che oltre a questo onore egli stesso alla presenza dei consoli Mario e Catulo vestito con la toga pretesta fece sacrifici accanto a un flauto con un braciere messo vicino

[12] Anche il dittatore Silla scrisse che anch'egli era stato assegnato dall'esercito presso Nola nella guerra marsica un lascito, e dipinse questo anche nella sua villa tuscolana, quella che fu poi di Cicerone

Se questo è vero, lo avrò giudicato per questo più turpe, dal momento che egli stesso la tolse dal suo capo con la sua proscrizione, poiché quelli salvati dei cittadini tanto meno numerosi di quelli poi uccisi

Aggiunga pure a questo vanto il superbo soprannome di Felice, tuttavia egli stesso essendo i proscritti assediati in tutto il mondo cedette a Sertorio riguardo a questa corona

[13] Varrone testimonia che anche Scipione Emiliano fu premiato con quella ossidionale in Africa sotto il console Manilio, essendo state salvate tre coorti e portatene fuori altrettante da salvare, cosa che il divo Augusto nel suo foro incise sulla statua di quello

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 15, Paragrafi 37-51

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 15, Paragrafi 37-51

ipsum Augustum M

Cicerone filio consule idibus Septembribus senatus obsidionali donavit; adeo civica non satis videbatur

nec praeterea quemquam invenimus donatum

[14] Nullae ergo herbae fuere certae in hoc honore, sed quaecumque fuerant in periculi sede, quamvis ignobiles ignotaeque, honorem nobilem faciebant, quod latere apud nos minus quidem miror cernens neglegi ea quoque, quae ad valitudinem conservandam cruciatusque corporis propulsandos et mortem arcendam pertinent

sed quis non mores iure castiget

addidere vivendi pretia deliciae luxusque; numquam fuit vitae cupido maior nec minor cura

[15] aliorum hanc operae esse credimus ac ne mandato quidem nostro alios id agere, medicisque provisum esse pro morbis

ipsi fruimur voluptatibus et, quo nihil equidem probrosius duco, vivimus aliena fiducia
Il senato donò allo stesso Augusto sotto il console M

Cicerone figlio alle idi di Settembre quella ossidionale; tanto sembrava non sufficiente quella civica

Né troviamo inoltre che qualcuno ne sia statofornito

[14] Dunque nessuna erba fu stabilita per quest'onore, ma quelle che c'erano state nel luogo del pericolo, sebbene umili e sconosciute, rendevano nobile l'onore, certo mi meraviglio meno che questo si ignori presso di noi vedendo che sono trascurate anche quelle cose, che servono a conservare la salute e a respingere i dolori del corpo e a ritardare la morte

Ma chi non castiga giustamente i costumi

I piaceri e il lusso hanno aumentato i costi del vivere; non ci fu mai maggior voglia di vita e minor cura

[15] Pensiamo che questa spetti al compito di altri e che altri trattino ciò anche senza nostro incarico e che si sia provveduto per le malattie con i medici

Noi stessi usufruiamo dei piaceri e, cosa di cui nulla ritengo certo più vergognosa, viviamo con la fiducia altrui
immo vero plerisque ultro etiam inrisui sumus ista commentantes atque frivoli operis arguimur, magno quamquam inmensi laboris solatio, sperni cum rerum natura, quam certe non defuisse nobis docebimus et invisis quoque herbis inseruisse remedia, quippe cum medicinas dederit etiam aculeatis

[16] haec enim proxime restant ex iis, quas priore libro nominavimus, in quibus ipsis providentiam naturae satis mirari amplectique non est

dederat quas diximus molles cibisque gratas, pinxerat remedia in floribus visuque ipso animos invitaverat etiam deliciis auxilia permiscens
Anzi per i più siamo derisi ben oltre esaminando queste cose e siamo ritenuti frivoli d'impegno, sebbene di grande conforto dell'immensa fatica, essere disprezzati insieme con la natura, che dimostrano certo non averci abbandonato e aver messo rimedi anche nelle erbe odiate, poiché ha dato medicamenti anche a quelle spinose

[16] Infatti tali argomenti restano dopo di questi, che abbiamo indicato nel libro precedente, in questi stessi non è possibile che sia ammirata e apprezzata abbastanza la provvidenza della natura

Aveva dato quelle che abbiamo definito tenere e gradite ai cibi, aveva dipinto i rimedi nei fiori e con lo stesso aspetto aveva invitato gli animi unendo anche gli aiuti ai piaceri

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Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 28, Paragrafo 126-186

[17] en, excogitavit aliquas aspectu hispidas, tactu truces, ut tantum non vocem ipsius fingentis illas ramque reddentis exaudire videamur, ne scilicet depascat avida quadripes, ne procaces manus rapiant, ne neglecta vestigia obterant, ne insidens ales infringat, iis muniendo aculeis telisque armando, remediis ut tuta ac salva sint

ita hoc quoque, quod in iis odimus, hominum causa excogitatum est

[18] Clara in primis aculeatarum erynge est sive eryngion contra serpentes et venena omnia nascens

adversus ictus morsusque radix eius bibitur drachmae pondere in vino aut, si plerumque tales iniurias comitetur et febris, ex aqua

inlinitur plagis, peculiariter efficax contra chersydros ac ranas

omnibus vero contra toxica et aconita efficaciorem Heraclides medicus in iure anseris decoctam arbitratur

[19] Apollodorus adversus toxica cum rana decoquit, ceteri in aqua
[17] Ecco, inventò alcune ispide all'aspetto, orribili al tatto, tanto che sembriamo quasi udire la voce della stessa che le forma e che rende ragione, affinché naturalmente il quadrupede avido non pascoli, le mani insolenti non strappino, passi trascurati non calpestino, un uccello posandosi non spezzi, fornendo ad esse aculei ed armandole di punte, cosicché siano sicure e salve per i rimedi

Così anche ciò che odiamo in esse, fu escogitato a motivo degli uomini

[18] Famosa tra le prime di quelle aculeate c'è il cardo o eringion che nasce contro i serpenti e tutti i veleni

La sua radice è bevuta contro le ferite e i morsi con la dose di una dracma nel vino o, se anche la febbre accompagna per lo più tali malanni, con acqua

E' spalmata sulle piaghe, particolarmente efficace contro idre e rane

Il medico Eraclide cotta nel brodo d'oca la ritiene più efficace di tutto contro i veleni e le erbe velenose

[19] Apollodoro la cuoce con una rana contro i veleni, gli altri in acqua

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