Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 14, Paragrafi 112-137

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 14, Paragrafi 112-137

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 14, Paragrafi 112-137
[112]E fruticum vero genere cedri utriusque, cupressus, laurus, iunipiri, terebinthi, calami, lentisci bacae aut lignum recens in musto decocuntur, item chamelaeae et chamaepityis, chamaedryis lignum

eodem modo et ex flore, in congium musti decem pondere addito

[113]Fit vinum et ex aqua ac melle tantum

quinquennio ad hoc servari caelestem iubent

alii prudentiores statim ad tertias partes decocunt et tertiam veteris mellis adiciunt, dein XL diebus canis ortu in sole habent

alii diffusa ita decimo die obturant

hoc vocatur hydromeli et vetustate saporem vini adsequitur, nusquam laudatius quam in Phrygia

[114]quin et acetum melle temperabatur: adeo nihil intemptatum vitae fuit
[112] Del genere degli arbusti invece sono cotti nel mosto le bacche o il legno fresco di entrambi i cedri, del cipresso, del lauro, del ginepro, del terebinto, della canna, del lentisco, così della camelea e del camepito, del camedrio

Nello stesso modo anche dal fiore, avendo aggiunto dieci denari di peso in un orcio di mosto

[113] Si fa vino anche dall'acqua e solo dal miele

Consigliano che la piovana sia conservata per questo per cinque anni

Altri più attenti la fanno bollire subito fino alla terza parte e aggiungono un terzo di miele stagionato, poi la tengono per 40 giorni al sole all'inizio della canicola

Altri così stemperata la chiudono il decimo giorno

Questo è chiamato idromele e invecchiando prende il sapore del vino, in nessun luogo più pregevole che in Frigia

[114] Anzi anche l'aceto era stemperato col miele: certo nulla della vita fu tralasciato
oxymeli hoc vocarunt, mellis decem libris, aceti veteris heminis quinque, salis marini libra, aquae pluviae sextariis quinque suffervefactis deciens, mox elutriatis atque ita inveteratis

omnia ab Themisone summo auctore damnata

[115]et Hercules coactus usus eorum videri potest, nisi si quis naturae opus esse credit aromaten et ex unguentis vina conposita aut ut biberentur genuisse eam frutices

ita sunt cognitu iucunda sollertiae humanae nomine omnia exquirentis

nihil quidem ex iis anno durare, praeterquam quae vetustate ipsa fieri diximus, et plura ne tricenis quidem diebus, non erit dubium

[116]Sunt et in vino prodigia

dicitur in Arcadia fieri quod fecunditatem feminis inportet, viris rabiem, at in Achaia maxime circa Ceryniam abigi partum vino atque etiam si uvam edant gravidae, cum differentia in gustatu non sit
Chiamarono questo ossimele, con dieci libbre di miele, cinque emine di aceto vecchio, una libbra di sale marino, cinque sestiari di acqua piovana che si fanno bollire dieci volte, poi travasati e quindi invecchiati

Tutte queste cose condannate da Temisone sommo autore

[115] E per Ercole, il loro uso può sembrare forzato, a meno che qualcuno non crede essere opera della natura l'aromatite e i vini fatti con unguenti o che essa abbia creato gli arbusti perché fossero bevuti

Perciò sono tutti elementi piacevoli a sapersi a testimonianza dell'attività umana di chi ricerca

Comunque nessuno fra questi dura per un anno, eccetto quelli stessi che abbiamo detto prodursi per invecchiamento, e non ci sarà dubbio, diversi nemmeno per trenta giorni

[116] Anche nel vino ci sono fenomeni

Si dice che in Arcadia ci trovi quello che porta fecondità alle donne, rabbia agli uomini, e in Acaia soprattutto vicino a Cerinia che il parto viene evitato col vino ed anche se le gravide mangiano l'uva, non essendoci differenza nel sapore
[117]Troezenium vinum qui bibant negantur generare

Thasios duo genera vini diversa facere proditur, quo somnus concilietur, alterum vero quo fugetur

apud eosdem vitis theriaca vocatur, cuius et vinum et uva contra serpentium ictus medetur; libanodes turis odore, ex qua diis prolibant

e diverso aspendios damnata aris; ferunt eam nec ab alite ulla attingi

Thasiam uvam Aegyptus vocat apud se praedulcem, quae solvit alvum; est contra Lycia, quae solutam firmat

Aegyptus et ecbolada habet abortus facientem

[118]vina in apothecis canis ortu mutantur quaedam posteaque restituuntur sibi

sic et mari navigato, cuius iactatus iis quae duraverint tantum vetustatis adicere sentitur, quantum habuerint
[117] Dicono che quelli che bevono vino di Trezene non generano

Si dice che i Tasii producano due generi diversi di vino, con uno è conciliato il sonno, con l'altro invece è messo in fuga

Presso gli stessi una vite è detta teriaca, il cui vino e uva risana contro le ferite dei serpenti; le viti libanodi con odore d'incenso, con cui sacrificano agli dei

Al contrario l'aspendio vietato per gli altari; dicono che questo non viene toccato da nessun uccello

L'Egitto chiama un'uva molto dolce presso di sé Tasia, che libera il ventre; di contro c'è la Licia, che ferma la diarrea

L'Egitto ha anche l'ecbolada che procura l'aborto

[118] Alcuni vini nelle cantine fermentano all'inizio della canicola e poi sono resi come prima

Così anche per quello che ha navigato sul mare, il cui scuotimento per quelli che si conservarono è ritenuto aggiungere tanta età, quanta ne avevano

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 14, Paragrafi 01-50
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 14, Paragrafi 01-50

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 14, Paragrafi 01-50

[119]Et quoniam religione vita constat, prolibare diis nefastum habetur vina, praeter inputatae, vitis fulmine tactae quamque iuxta hominis mors laqueo pependerit aut vulneratis pedibus calcatae, et quod circumcisis vinaceis profluxerit, aut superne deciduo inmundiore lapsu aliquo polluta, item Graeca, quoniam aquam habeant

Vitis ipsa quoque manditur decoctis caulibus summis, qui et condiuntur in aceto ac muria

[120]Verum et de apparatu vini dixisse conveniat, cum Graeci privatim ea praecepta condiderint artemque fecerint, sicut Euphronius et Aristomachus et Commiades et Hicesius

Africa gypso mitigat asperitatem nec non aliquibus partibus sui calce

Graecia argilla aut marmore aut sale aut mari lenitatem excitat, Italiae pars aliqua crapulana pice, ac resina condire musta volgare ei est provinciisque finitimis
[119] E poiché la vita consta della religione, è ritenuto nefasto offrire agli dei vini di una vite, eccetto di quella non potata, toccata da un fulmine e vicino a cui la morte si era appesa al laccio di un uomo (si era impiccato un uomo) o pigiata con piedi feriti, e quello che era uscito da acini tagliati, o da una rovinata per qualcosa tagliata, caduta più sporca dall'alto, come quelli greci, poiché contengono acqua

Si mangia anche la vite stessa dopo aver cotto le cime più alte, che sono anche condite in aceto e salamoia

[120] Che certo convenga aver parlato anche della preparazione del vino, poiché i Greci per conto proprio dettero questi precetti e ne fecero un'arte, come Eufronio e Aristomaco e Commiade e Icesio

L'Africa mitiga l'asprezza col gesso e in alcune sue parti con la calce

La Grecia esalta la soavità con l'argilla o col marmo o col sale o acqua marina, qualche parte d'Italia con pece crapulana, ed è comune per essa e per le province confinanti trattare i mosti con resina
nonnusquam prioris vini faece acetove condiunt

nec non et ex ipso musto fiunt medicamina

[121]decoquitur ut dulcescat portione virum, nec durare ultra annuum spatium tale proditur

aliquibus in locis decocunt ad sapas musta infusisque iis ferociam frangunt

et in hoc tamen genere et in omni alio subministrant vasa ipsa condimentis picis, cuius faciendae ratio proximo dicetur volumine

[122]Arborum suco manantium picem resinamque aliae ortae in oriente, aliae in Europa ferunt

quae interest Asia utrimque quasdam habet

in oriente optimam tenuissimamque terebinthi fundunt, dein lentisci, quam et mastichen vocant, postea cupressi, acerrimam sapore, liquidam omnes et tantum resinam, crassiorem vero et ad pices faciendas cedrus
In qualche posto lo trattano con la feccia del vino precedente o con l'aceto

Dallo stesso mosto ricavano persino condimenti

[121] Viene cotto affinché si addolcisca in proporzione delle forze, e non si tramanda che tale mosto duri oltre il periodo di un anno

In alcuni luoghi fanno bollire i mosti fino alle sape e mirigano con queste infuse l'asprezza

Anche in questo genere tuttavia e in ogni altro usano gli stessi recipienti con elementi della pece, del cui metodo di costruzione si parlerà nel prossimo volume

[122] Degli alberi che emanano liquido alcuni nati in oriente, altri in Europa stillano pece e resina

L'Asia che sta in mezzo ha entrambe queste

In oriente i terebinti emettono una ottima e leggerissima, poi i lentischi, che chiamano anche mastice, poi i cipressi, molto aspra di sapore, tutte una liquida e solo resina, ma il cedro più grassa e per fare le peci

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 02, Paragrafi 01-13
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 02, Paragrafi 01-13

Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 02, Paragrafi 01-13

Arabica resina alba est, acri odore, difficilis coquenti, Iudaea callosior et terebinthina quoque odoratior, Syriaca Attici mellis similitudinem habet

[123]Cypria antecedit omnes, item melleo colore, carnosa

Colophonia, praeter ceteras fulva, si teratur, alba fit, gravior odore; ob id non utuntur ea unguentarii

in Asia quae fit e picea, admodum candida, psagdas vocatur

resina omnis dissolvitur oleo (quidam et creta figulinarum hoc fieri arbitrabantur), pudetque confiteri maximum iam honorem eius esse in evellendis virorum corpori pilis

[124]Ratio autem condiendi musta in primo fervore, qui novem diebus cum plurimum peragitur, adspersu picis, ut odor vino contingat et saporis quaedam acumina
La resina arabica è bianca, con odore acre, fastidiosa per chi la cuoce, la giudaica più callosa e la terebinta anche più profumata, la siriaca ha la somiglianza del miele attico

[123] Quella di Cipro supera tutte, anche per il colore di miele, carnosa

La colofonia, gialla più delle altre, se viene macinata, diventa bianca, più forte nell'odore; per ciò i profumieri non la usano

Quella che si forma in Asia dalla picea, oltremodo bianca, è detta psagda

Ogni resina viene sciolta con l'olio (alcuni ritenevano che ciò avvenisse anche con la creta dei vasi), e ci si vergogna confessare che ormai il suo massimo pregio consiste nello strappare i peli al corpo degli uomini

[124] Il metodo quindi di conciare i mosti alla prima ebollizione, che è effettuata al massimo per nove giorni, con uno spruzzo di pece, affinché passi al vino l'odore e una certa acutezza del sapore
vehementius id fieri arbitrabantur crudo flore resinae excitarique lenitatem, e diverso crapula conpesci feritatem nimiam frangique virus aut, ubi pigra lenitas torpeat, virus addi, Liguriae maxime Circumpadanisque mustis

[125]utilitas discernitur hoc modo: pugnacibus mustis crapulae plus inditur, lenibus parcius

sunt qui et utroque condiri velint, nec non alia simul et pice

Est et natura, vitiumque musto quibusdam in locis iterum sponte fervere, qua calamitate deperit sapor: vappae accipit nomen, probrosum etiam hominum, cum degeneravit animus

aceti enim nequitiae inest virtus magnos ad usus et sine quis mitior vita degi non possit
Pensavano che più fortemente accadesse ciò con il fiore crudo della resina e che sia esaltata la soavità, mentre con la crapula sia frenata la troppa durezza e sia spezzato il vigore o, quando la pigra soavità rallenta, viene aggiunto vigore, soprattutto con i mosti della Liguria e delle zone circumpadane

[125] L'utilità si distingue in questo modo: ai mosti vigorosi è introdotta più crapula, ai leggeri più scarsamente

Ci sono quelli che vogliono essere trattati con entrambi, ed altri anche con la pece

C'è anche la caratteristica, e in alcuni luoghi il difetto per il mosto di fermentare spontaneamente di nuovo, per il quale inconveniente il sapore si perde: prende il nome di vappa, ingiurioso anche degli uomini, quando l'animo degenerò

Infatti la corruzione dell'aceto contiene qualità per grandi usi e senza i quali la vita non può essere condotta più tranquilla

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 31, Paragrafi 08-41
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Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 31, Paragrafi 08-41

[126]cetero vinorum medicaminis tanta cura est, ut cinere apud quosdam, ceu gypso alibi et quibus diximus modis, instaurentur; sed cinerem e vitis sarmentis aut quercu praeferunt

quin et marinam aquam eiusdem rei gratia ex alto peti iubent servarique ab aequinoctio verno, aut certe nocte solstitio et aquilone flante hauriri vel, si circa vindemiam hauriatur, decoqui

[127]Pix in Italia ad vasa vino condendo maxime probatur Bruttia

fit e piceae resina, in Hispania autem e pinastris minime laudata

est enim resina earum amara et arida et gravi odore

differentiam rationemque faciendi proximo volumine demonstrabimus inter arbores feras

vitia praeter supra dicta acor aut fumidum virus, picis autem adustio; experimentum vero, si fragmenta subluceant ac sub dente lentescant acore iucundo
[126] Del resto è tanta la cura del condimento dei vini, che presso alcuni sono trattati con la cenere,o altrove con gesso e con quei metodi che abbiamo detto; ma preferiscono la cenere con sarmenti di vite o di quercia

Anzi ordinano che per effetto di ciò sia presa acqua marina dalla profondità e sia conservata dall'equinozio di primavera, o almeno sia attinta di notte nel solstizio e mentre soffia l'aquilone o, sia bollita se è attinta verso la vendemmia

[127] Per i vasi con il vino da conservare in Italia è consigliata soprattutto la pece del Bruzio

Si ottiene dalla resina della picea, invece in Spagna pochissimo apprezzata (quella) dai pinastri

Infatti la loro resina è amara e secca e di odore forte

Nel volume seguente riguardo agli alberi selvatici mostreremo la differenza e il metodo di ottenerla

Difetti oltre a quelli sopra citati l'acidità o il danno del fumo, oppure la bruciatura della pece; certo (ne è) prova, se i frammenti brillano e sotto il dente sono teneri con piacevole acidità
[128]Asia picem Idaeam maxime probat, Graecia Piericam, Vergilius Naryciam

diligentiores admiscent nigram mastichen, quae in Ponto bitumini similis gignitur, et iris radicem oleumque

nam ceram accipientibus vasis conpertum vina acescere

sed transferre in ea vasa, in quibus acetum fuerit, utilius quam in ea, in quibus dulce aut mulsum

[129]Cato iubet vina concinnari (hoc enim utitur verbo) cineris lixivi cum defruto cocti parte quadragesima in culleum vel salis sesquilibra, interim et tuso marmore

facit et sulpuris mentionem, resinae vero in novissimis

[130]super omnia addi maturescente iam vino iubet mustum, quod ille tortivum appellat, nos intellegimus novissime expressum

et addi scimus tinguendi gratia colores, ut pigmentum aliquod vini, atque ita pinguius fieri

tot veneficiis placere cogitur, et miramur noxium esse
[128] L'Asia apprezza soprattutto la pece dell'Ida, la Grecia la pierica, Virgilio la naricia

I più esigenti mescolano mastice nero, che si produce nel Ponto simile al bitume, e l'olio e la radice di iri

Infatti nei vasi che contengono cera è risaputo che i vini inacidiscono

Ma passarli in quei vasi, in cui ci sia stato aceto, più consigliabile che in quelli, in cui (c'era) il vino dolce o il mielato

[129] Catone suggerisce che i vini siano preparati (infatti usa questa parola) con una quarantesima parte di lisciva di cenere a sacco bollita con mosto o una mezza libbra di sale, talvolta anche con marmo pestato

Fa anche menzione dello zolfo, in ultimo anche della resina

[130] Quando ormai il vino matura richiede che sia aggiunto sopra ogni cosa il mosto, che egli chiama tortivo, noi intendiamo quello pigiato ultimamente

E sappiamo che vengono aggiunti colori per tingerlo, come un certo pigmento del vino, e così diventa più corposo

Si tenta di abbellirlo con tante falsificazioni, e ci meravigliamo che sia dannoso

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 11, Paragrafi 13 - 37
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Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 11, Paragrafi 13 - 37

in vitium inclinantis experimentum est lamnae plumbeae mutatus in eo colos

[131]Proprium autem inter liquores vino mucescere aut in acetum verti, extantque medicinae volumine

faex vini siccata recipit ignes ac sine alimento per sese flagrat

cinis eius nitri naturam habet easdemque vires, hoc amplius quod pinguior sentitur

[132]Magna et collecto iam vino differentia in caelo

circa Alpes ligneis vasis condunt tectisque cingunt atque etiam hieme gelida ignibus rigorem arcent

rarum dictu, sed aliquando visum, ruptis vasis sterere glaciatae moles, prodigii modo, quoniam vini natura non gelascit; alias ad frigus stupet tantum

[133]mitiores plagae doliis condunt infodiuntque terrae tota aut ad portionem situs
La prova del tendere verso il danno è il colore cambiato di una lastra di piombo (messa) in esso

[131] Tra le bevande caratteristico poi per il vino fare la muffa o essere cambiato in aceto, ed esistono i rimedi in un volume

La feccia del vino seccata prende fuoco e brucia di per sé senza materiale

La sua cenere ha la natura del nitro e le stesse forze, questo più ampiamente quanto più è ritenuta grassa

[132] Grandi anche le differenze secondo il clima dopo che il vino è ormai raccolto

Intorno alle Alpi li mettono in recipienti di legno e li cingono con ripari e anche nel rigido inverno allontanano il freddo con fuochi

Raro a dirsi, ma talvolta si è visto, che rotti i recipienti restarono masse ghiacciate, al modo di un prodigio, poiché la natura del vino non ghiaccia; al più al freddo ristagna soltanto

[133] Le zone più miti lo mettono nelle botti e coprono di terra tutte o secondo la disponibilità del luogo

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