Lucrezio, De rerum natura: Libro 04 Parte 01, pag 3

Lucrezio, De rerum natura: Libro 04 Parte 01

Latino: dall'autore Lucrezio, opera De rerum natura parte Libro 04 Parte 01
Umbra videtur item nobis in sole moveri et vestigia nostra sequi gestumque imitari, aëra si credis privatum lumine posse indugredi, motus hominum gestumque sequentem; nam nihil esse potest aliud nisi lumine cassus aër id quod nos umbram perhibere suëmus

ni mirum, quia terra locis ex ordine certis lumine privatur solis qua cumque meantes officimus, repletur item quod liquimus eius, propterea fit uti videatur, quae fuit umbra corporis, e regione eadem nos usque secuta

semper enim nova se radiorum lumina fundunt primaque dispereunt, quasi in ignem lana trahatur

propterea facile et spoliatur lumine terra et repletur item nigrasque sibi abluit umbras

Nec tamen hic oculos falli concedimus hilum
Similmente l'ombra sembra a noi che nel sole si muova e che segua i nostri passi ed imiti i gesti: se tu credi possibile che aria privata di luce cammini, seguendo i movimenti e i gesti degli uomini; in effetti non può essere altro che aria priva di luce ciò che noi siamo soliti chiamare ombra

Certo perché il suolo vien privato della luce del sole in certi luoghi successivamente, dovunque noi movendoci la intercettiamo, e similmente se ne riempie quella sua parte che abbiamo lasciata, perciò accade che quella che fu poc'anzi l'ombra del nostro corpo, sembri averci sempre seguiti identica, in linea dritta con noi

Sempre infatti nuovi raggi luminosi si spandono e i precedenti svaniscono, come se si fili lana entro una fiamma

Perciò facilmente la terra e si spoglia di luce e ugualmente se ne riempie e si deterge le nere ombre

Né tuttavia concediamo che qui gli occhi s'ingannino in nulla
nam quo cumque loco sit lux atque umbra tueri illorum est; eadem vero sint lumina necne, umbraque quae fuit hic eadem nunc transeat illuc, an potius fiat paulo quod diximus ante, hoc animi demum ratio discernere debet, nec possunt oculi naturam noscere rerum

proinde animi vitium hoc oculis adfingere noli

Qua vehimur navi, fertur, cum stare videtur; quae manet in statione, ea praeter creditur ire

et fugere ad puppim colles campique videntur, quos agimus praeter navem velisque volamus

Sidera cessare aetheriis adfixa cavernis cuncta videntur, et adsiduo sunt omnia motu, quandoquidem longos obitus exorta revisunt, cum permensa suo sunt caelum corpore claro

solque pari ratione manere et luna videtur in statione, ea quae ferri res indicat ipsa
Giacché vedere in quale luogo sia la luce e in quale l'ombra, è loro proprietà; ma se sia o non sia la stessa luce, e se la stessa ombra che fu qui, passi ora là, o piuttosto accada ciò che abbiamo detto poc'anzi, questo deve discernerlo soltanto il ragionare della mente, né possono gli occhi conoscere la natura delle cose

Dunque non attribuire falsamente agli occhi questo errore della mente

La nave da cui siamo trasportati, si muove, mentre sembra star ferma; quella che rimane immobile all'ormeggio, si crede che proceda oltre

E sembra che a poppa fuggano colline e pianure oltre le quali conduciamo la nave e con le vele voliamo

Gli astri sembrano tutti restare immobili, fissi alle eteree cavità, e tuttavia son tutti in assiduo movimento, giacché, dopo esser sorti, rivedono i lontani tramonti, quando hanno percorso il cielo col loro corpo lucente

E il sole e la luna parimenti sembra che rimangano immobili, essi che il fatto stesso mostra in movimento
Exstantisque procul medio de gurgite montis classibus inter quos liber patet exitus ingens, insula coniunctis tamen ex his una videtur

atria versari et circum cursare columnae usque adeo fit uti pueris videantur, ubi ipsi desierunt verti, vix ut iam credere possint non supra sese ruere omnia tecta minari

Iamque rubrum tremulis iubar ignibus erigere alte cum coeptat natura supraque extollere montes, quos tibi tum supra sol montis esse videtur comminus ipse suo contingens fervidus igni, vix absunt nobis missus bis mille sagittae, vix etiam cursus quingentos saepe veruti

inter eos solemque iacent immania ponti aequora substrata aetheriis ingentibus oris, interiectaque sunt terrarum milia multa, quae variae retinent gentes et saecla ferarum
E monti che s'innalzano lontano in mezzo alle onde, tra i quali si apre libero un vasto passaggio alle flotte, sembrano tuttavia fare, congiunti tra loro, un'unica isola

Ai fanciulli, quando hanno smesso di fare il girotondo essi stessi, paiono gli atri girare e rigirare, e le colonne correre intorno, a tal punto che a stento allora essi possono credere che non minacci la casa tutta di crollare sopra di loro

E ancora, quando la natura comincia a levare in alto il rosso fulgore del sole coi suoi tremuli fuochi e a innalzarlo sopra i monti, quei monti, sopra i quali a te allora sembra stia il sole, toccandoli esso stesso da vicino, ardente, col suo fuoco, distano da noi appena duemila tiri di freccia, anzi spesso appena cinquecento lanci di giavellotto

tra essi e il sole giacciono le smisurate distese del mare, che si estendono sotto le immense plaghe eteree, e sono interposte molte migliaia di terre, in cui dimorano varie genti e razze di fiere

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Lucrezio, De rerum natura: Libro 05 Parte 04
Lucrezio, De rerum natura: Libro 05 Parte 04

Latino: dall'autore Lucrezio, opera De rerum natura parte Libro 05 Parte 04

At coniectus aquae digitum non altior unum, qui lapides inter sistit per strata viarum, despectum praebet sub terras inpete tanto, a terris quantum caeli patet altus hiatus, nubila despicere et caelum ut videare videre, corpora mirande sub terras abdita caelo

Denique ubi in medio nobis ecus acer obhaesit flumine et in rapidas amnis despeximus undas, stantis equi corpus transversum ferre videtur vis et in adversum flumen contrudere raptim, et quo cumque oculos traiecimus omnia ferri et fluere adsimili nobis ratione videntur

Porticus aequali quamvis est denique ductu stansque in perpetuum paribus suffulta columnis, longa tamen parte ab summa cum tota videtur, paulatim trahit angusti fastigia coni, tecta solo iungens atque omnia dextera laevis donec in obscurum coni conduxit acumen
Ma una pozzanghera d'acqua non più profonda d'un dito, che tra le pietre stagna per le vie lastricate, offre una vista che tanto a fondo sotterra s'inabissa quanto la profonda voragine del cielo si stende su dalla terra; sì che ti pare di vedere laggiù le nuvole e scorgere il cielo, corpi mirabilmente immersi sotterra nel cielo

Ancora, quando l'ardente cavallo ci si è impuntato in mezzo a un fiume e guardiamo laggiù, nelle rapide onde della corrente, sembra che una forza trascini di traverso il corpo del cavallo immoto e rapidamente lo sospinga contro corrente e, ovunque volgiamo gli occhi, ogni cosa sembra essere trascinata e fluire come noi

Un portico, ancora, benché sia di tracciato uniforme e stia da un capo all'altro sorretto su colonne uguali, tuttavia, se vien guardato da un'estremità per tutta la lunghezza, a poco a poco si contrae nel vertice di un cono angusto, congiungendo il tetto al suolo e tutto il lato destro al sinistro, finché li unisce nell'oscura punta di un cono
In pelago nautis ex undis ortus in undis sol fit uti videatur obire et condere lumen; quippe ubi nil aliud nisi aquam caelumque tuentur; ne leviter credas labefactari undique sensus

at maris ignaris in portu clauda videntur navigia aplustris fractis obnitier undis

nam quae cumque supra rorem salis edita pars est remorum, recta est, et recta superne guberna; quae demersa liquore obeunt, refracta videntur omnia converti sursumque supina reverti et reflexa prope in summo fluitare liquore
In mare accade che ai naviganti il sole sembri sorgere dalle onde e nelle onde scomparire e nascondere la luce; ed è naturale, giacché nient'altro che acqua e cielo vedono; perché tu non creda alla leggera che i sensi cadano in fallo da ogni lato

E a coloro che non conoscono il mare, nel porto i navigli sembrano storpiati, con gli aplustri infranti, resistere agli urti delle onde

Giacché tutta la parte dei remi che sovrasta ai salsi flutti è diritta, e diritti sono di sopra i timoni Le parti, invece, che immerse s'affondano nell'acqua, sembrano, infrante, tutte rivolgersi e, rovesciate all'indietro, ritornare in su e ritorte quasi fluttuare alla superficie dell'acqua

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Raraque per caelum cum venti nubila portant tempore nocturno, tum splendida signa videntur labier adversum nimbos atque ire superne longe aliam in partem ac vera ratione feruntur At si forte oculo manus uni subdita supter pressit eum, quodam sensu fit uti videantur omnia quae tuimur fieri tum bina tuendo, bina lucernarum florentia lumina flammis binaque per totas aedis geminare supellex et duplicis hominum facies et corpora bina

Denique cum suavi devinxit membra sopore somnus et in summa corpus iacet omne quiete, tum vigilare tamen nobis et membra movere nostra videmur, et in noctis caligine caeca cernere censemus solem lumenque diurnum, conclusoque loco caelum mare flumina montis mutare et campos pedibus transire videmur, et sonitus audire, severa silentia noctis undique cum constent, et reddere dicta tacentes
E quando per il cielo i venti trasportano rade nuvole nottetempo, allora gli spendidi astri sembrano scorrere contro i nembi e andare nell'alto in una direzione di gran lunga diversa da quella in cui procedono veramente E se per caso una mano, posta sotto un occhio, di sotto lo preme, per una certa sensazione accade che tutte le cose che guardiamo sembrino farsi allora doppie al guardarle, doppie le luci delle lucerne che fioriscono di fiamme e doppia per tutta la casa farsi la suppellettile e duplici le facce degli uomini e doppi i corpi

Ancora, quando il sonno ha avvinto le membra con soave sopore, e il corpo giace tutto in somma quiete, allora ci sembra tuttavia di vegliare e di muovere le membra, e nella cieca caligine della notte crediamo di vedere il sole e la luce del giorno, e nella chiusa camera ci sembra di mutare cielo, mare, fiumi, monti, e attraversare a piedi pianure, e udire suoni mentre i severi silenzi della notte perdurano ovunque, e scambiare parole, mentre taciamo
Cetera de genere hoc mirande multa videmus, quae violare fidem quasi sensibus omnia quaerunt, ne quiquam, quoniam pars horum maxima fallit propter opinatus animi, quos addimus ipsi, pro visis ut sint quae non sunt sensibus visa

nam nihil aegrius est quam res secernere apertas ab dubiis, animus quas ab se protinus addit

Denique nil sciri siquis putat, id quoque nescit an sciri possit, quoniam nil scire fatetur

hunc igitur contra minuam contendere causam, qui capite ipse suo in statuit vestigia sese

et tamen hoc quoque uti concedam scire, at id ipsum quaeram, cum in rebus veri nil viderit ante, unde sciat quid sit scire et nescire vicissim, notitiam veri quae res falsique crearit et dubium certo quae res differre probarit
Altre cose di questa specie, mirabilmente numerose, vediamo, e tutte tendono quasi a fare scempio della fede nei sensi; invano: perché la maggior parte di esse inganna per le opinioni della mente che aggiungiamo noi stessi, sì che cose non vedute dai sensi contano come vedute

Infatti nulla è più malagevole che distinguere le cose manifeste dalle cose incerte, che l'animo da sé senz'altro aggiunge

Infine, se taluno crede che non si sappia nulla, anche questo non sa se si possa sapere, giacché ammette di non sapere nulla

Contro di lui dunque tralascerò di discutere, perché da sé stesso si mette col capo al posto dei propri piedi

E tuttavia voglio pure concedergli che sappia anche ciò; ma gli domanderò soltanto: se nel mondo egli non ha prima veduto mai nulla di vero, donde sa cosa sia sapere e, viceversa, non sapere Quale cosa ha prodotto il concetto di vero e di falso, e quale cosa ha provato che l'incerto differisce dal certo

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invenies primis ab sensibus esse creatam notitiem veri neque sensus posse refelli

nam maiore fide debet reperirier illud, sponte sua veris quod possit vincere falsa

quid maiore fide porro quam sensus haberi debet

an ab sensu falso ratio orta valebit dicere eos contra, quae tota ab sensibus orta est

qui nisi sunt veri, ratio quoque falsa fit omnis

Troverai che il concetto di vero è stato prodotto primamente dai sensi e che i sensi non possono essere contraddetti

Giacché maggiore credibilità dev'essere riconosciuta a ciò che di per sé col vero possa confutare il falso

Ma che cosa si deve giudicare maggiormente credibile che il senso

Forse, nata da un senso fallace, la ragione varrà ad oppugnare i sensi, essa che tutta da loro è nata

Se quelli non son veritieri, anche la ragione diventa tutta falsa

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