Regem ad ea primo accensum ira inclementer locutum, avaritiam superbiamque Romanis obicientem frementemque, quod alii super alios legati venirent speculatum dicta factaque sua, quod se ad nutum imperiumque eorum omnia dicere ac facere aecum censerent; postremo multum ac diu vociferatum reverti postero die iussisse: scriptum se responsum dare velle Tum ita sibi scriptum traditum esse: foedus cum patre ictum ad se nihil pertinere; id se renovari, non quia probaret, sed quia in nova possessione regni patienda omnia essent, passum Novom foedus si secum facere vellent, convenire prius de condicionibus debere; si in animum inducerent, ut ex aequo foedus fieret, et se visurum, quid sibi faciundum esset, et illos credere e re publica consulturos |
A questa requisitoria il re in un primo momento furibondo rispose con estrema durezza, tacciando i Romani di avidità e tracotanza e protestando che giungessero ambascerie, l'una dietro l'altra, a spiare le sue parole e le sue azioni, in quanto si pretendeva d'imporgli di fare e di dire sempre tutto conforme alla loro volontà ed arbitrio; alla fine dopo aver gridato a lungo e assai, ordinò che si ripresentassero 1'indomani: voleva consegnare una risposta scritta Allora fu loro rimessa una nota del seguente tenore: il patto di amicizia stretto con suo padre non lo impegnava minimamente; aveva consentito a rinnovarlo, non già perché gli piacesse, ma perché al momento di entrare in possesso del regno, aveva dovuto subire ogni sorta di imposizioni Se volevano stringer con lui un nuovo patto, prima dovevano intendersi sulle condizioni: se avevano intenzione che esso si ispirasse a criteri di assoluta parità, così lui si riservava di far proposte nel proprio interesse come era convinto che i Romani avrebbero provveduto a presentare le proprie nell'interesse della repubblica |
Atque ita se proripuisse, et summoveri e regia omnes coeptos Tum se amicitiam et societatem renuntiasse Qua voce eum accensum restitisse atque voce clara denuntiasse sibi, ut triduo regni sui decederent finibus Ita se profectos; nec sibi aut manentibus -aut abeuntibus- quidquam hospitaliter aut benigne factum Thessali deinde Aetolique legati auditi Senatui, ut scirent quam primum, quibus ducibus usura res publica esset, litteras mitti consulibus placuit, ut, uter eorum posset, Romam ad magistratus creandos veniret [26] Nihil magnopere, quod memorari adtineat, rei publicae eo anno consules gesserant Magis e re publica visum erat, conprimi ac sedari exasperatos Ligures |
E così il re si sottrasse al loro cospetto e si principiò a far sgomberare tutti dalla reggia Allora essi denunciarono il patto di amicizia e di alleanza con lui A tali parole, acceso d'ira, si arrestò un istante e a voce alta intimò che entro tre giorni avrebbero dovuto lasciare il territorio del regno Così se ne eran partiti, senza esser fatti segno durante la permanenza -o sul punto di andar via- ad alcuna manifestazione di ospitalità o benevolenza Poi furono ascoltati i legati dei Tessali e degli Etoli Per sapere al più presto di quali comandanti si sarebbe valsa la repubblica, il senato decise di mandare una lettera ai consoli con l'invito, a chi dei due fosse possibile, di venire a Roma, per creare i nuovi magistrati [26] Nulla assolutamente d'importante, che valga la pena d'esser ricordato, compirono in quell'anno i due consoli per la repubblica Era parso più utile agli interessi dello stato frenare e quietare gli animi esasperati dei Liguri |
Cum Macedonicum bellum expectaretur, Gentium quoque, Illyriorum regem, suspectum Issaei legati fecerunt, simul questi fines suos eum depopulatum, simul nuntiantes uno animo viuere Macedonum atque Illyriorum regem; communi consilio parare Romanis bellum; et specie legatorum Illyrios speculatores Romae esse Perse auctore missos, ut, quid ageretur, scirent Illyrii uocati in senatum; qui cum legatos se esse missos ab rege dicerent ad purganda crimina, si qua de rege Issaei deferrent, quaesitum est, quid ita non adissent magistratum, ut ex instituto loca, lautia acciperent, sciretur denique venisse eos et super qua re venissent |
In tale attesa della guerra contro i Macedoni anche Genzio, re degli Illiri, resero sospetto i legati di Issa, venuti a lamentarsi delle devastazioni subite per opera sua dal loro paese e insieme a riferire che il re di Macedonia e quello di Illiria erano di unanimi vedute, preparavano di comune accordo la guerra contro i Romani e con parvenza di legati si trovavano a Roma spie dell'Illiria, mandate su istigazione di Perseo, per informarsi di che cosa si stesse facendo Gli Illiri furono convocati in senato; e dicendo essi d'esser mandati come ambasciatori dal re, per discolparlo di quelle accuse che eventualmente gli avessero addossato gli Issci, fu loro richiesto perché mai allora non si erano annunciati al magistrato per ottenere alloggio e ospitalità, come d'ordinario, e infine per far sapere del loro arrivo e del motivo della loro venuta |
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Haesitantibus in responso, ut curia excederent, dictum; responsum tamquam legatis, qui ut adirent senatum non postulassent, dari non placuit; mittendosque ad regem legatos censuerunt, qui nuntiarent, quid socii quererentur; senatum existumare non aecum eum facere, qui ab sociis suis non abstineret iniuriam In hanc legationem missi A Terentius Varro C Plaetorius C Cicereius Ex Asia, qui circa socios reges missi erant, redierunt legati, qui rettulerunt Eumenen -Aeg-inae, Antiochum in Syria, Ptolemaeum Alexandriae sese convenisse Omnes sollicitatos legationibus Persei, sed egregie -in- fide permanere pollicitosque omnia, quae populus Romanus imperasset, praestaturos Et civitates socias adisse: ceteras satis fidas, Rhodios fluctuantis et inbutos Persei consiliis invenisse |
Poiché erano esitanti nel dar risposta, fu loro intimato di uscir dalla curia; non parve opportuno rispondere ad essi, in quanto legati che non avevano richiesto udienza al senato; e si giudicò di dover mandare ambasciatori al re per riferirgli le lagnanze del popolo alleato; il senato riteneva che il re male si comportava non astenendosi da atti di violenza contro i propri alleati Furono mandati in questa ambasceria A Terenzio Varrone, C Pletorio, G Cicereio Dall'Asia fecero ritorno i legati inviati alle corti dei monarchi alleati e riferirono di aver incontrato Eumene ad Egina, Antioco in Siria, Ptolemeo ad Alessandria Tutti erano stati tentati dai legati di Perseo, ma restavano saldamente fedeli e avevano promesso di dare tutto ciò che i Romani avessero sollecitato Si erano recati anche nelle libere città alleate: tutte le altre avevano trovate abbastanza salde, ma i Rodii indecisi e ripieni delle idee di Perseo |
Venerant Rhodii legati ad purganda ea, quae volgo iactari de civitate sciebant; ceterum senatum iis non -prius dari, quam no-vi consules magistratum inissent, placuit [27] Belli apparatum non differendum censuerunt C Licinio praetori negotium datur, ut ex veteribus quinqueremibus in navalibus Romae subductis, quae possent usui esse, reficeret pararetque naves quinquaginta Si quid ad eum numerum explendum deesset, C Memmio collegae in Siciliam scriberet, ut eas, quae in Sicilia naves essent, reficeret atque expediret, ut Brundisium primo quoque tempore mitti possent Socios navales libertini ordinis in viginti et quinque naves excivibus Romanis C Licinius praetor scribere iussus; in quinque et viginti parem numerum Cn Sicinius sociis imperaret; idem praetor peditum octo milia, quadringentos -equites- ab sociis Latini nominis exigeret |
Erano giunti i legati Rodii a giustificarsi delle accuse che sapevano circolar da ogni parte sul conto della loro città; ma fu deciso di non -dare- ad essi udienza in senato, -prima che- i nuovi consoli entrassero in carica [27] Fu stabilito di non rimandare i preparativi di guerra Si dà incarico al pretore G Licinio di riparare delle vecchie quinqueremi tirate in secco nell'arsenale, a Roma, quelle che potevano essere utilizzate e di armare cinquanta navi Se gliene mancasse qualcuna per completare quel numero scrivesse al collega C Memmio in Sicilia di riparare le navi che erano là e di allestirle, per poterle inviare a Brindisi nel più breve tempo Il pretore G Licinio ebbe ordine di arruolare socii navali di condizione libertina fra i cittadini romani per venticinque navi; per altrettante un pari contingente Gn Sicinio doveva imporre agli alleati; lo stesso pretore aveva incarico di richiedere ottomila fanti, quattrocento -cavalieri- ai socii di nome latino |
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Hunc militem qui Brundisi acciperet atque in Macedoniam mitteret, A Atilius Serranus, qui priore anno praetor fuerat, deligitur Cn Sicinius praetor ut exercitum paratum ad traiciendum haberet, C Popilio consuli ex auctoritate senatus C Licinius praetor scribit, ut et legionem secundam, quae maxume veterana in Liguribus erat, et -ex- sociis Latini nominis quattuor milia peditum, ducentos equites idibus Februariis Brundisi adesse iuberet Hac classe et hoc exercitu Cn Sicinius provinciam Macedoniam obtinere, donec successor veniret, iussus, prorogato in annum imperio Ea omnia, quae senatus censuit, inpigre facta sunt Duodequadraginta quinqueremes ex navalibus deductae; qui deduceret eas Brundisium, L Porcius Licinus praepositus; duodecim ex Sicilia missae |
Il compito di ricevere a Brindisi questi soldati e di trasferirli in Macedonia viene affidato ad A Atilio Serrano, pretore dell'anno avanti Perché il pretore Gn Sicinio avesse pronto l'esercito da trasferire via mare, d'ordine del senato il pretore G Licinio scrive al console G Popilio di far trova-re a Brindisi per le idi di Febbraio la seconda legione, che era di stanza in Liguria da più tempo, e quattromila fanti e duecento cavalieri dei socii di nome latino Con tale flotta e con tale esercito Gn Sicinio ebbe ordine di tenere la provincia di Macedonia, sin tanto che giungesse il successore, essendogli prorogato il potere militare per un anno Tutte queste disposizioni deliberate dal senato ebbero pronta esecuzione Trentotto quinqueremi scesero in mare dall'arsenale; L Porcio Licino fu preposto a condurle sino a Brindisi; dodici furono mandate dalla Sicilia |
Ad frumentum classi exercituique coemendum in Apuliam Calabriamque tres legati missi, Sex Digitius T Iuventius M Caecilius Ad omnia praeparata Cn Sicinius praetor, paludatus ex urbe profectus, Brundisium venit [28] Exitu prope anni C Popilius consul Romam redit aliquanto serius, quam -senatus- censuerat, cui primo quoque tempore magistratus creari, cum tantum bellum immineret, e re publica visum erat Itaque non secundis auribus patrum auditus est consul, cum in aede Bellonae de rebus in Liguribus gestis dissereret Succlamationes frequentes erant interrogationesque, cur scelere fratris oppressos Ligures in libertatem non restituisset Comitia consularia, in quam edicta erant diem, ante diem duodecimum kal Martias sunt habita Creati consules -P- Licinius Crassus C Cassius Longinus |
Per l'acquisto di frumento destinato ai marinai e all'esercito furono mandati in Apulia e in Calabria tre legati nelle persone di Ses Digizio, T Giovenzio, M Cecilio Il pretore Gn Sicinio, partito dalla città in tenuta di guerra, arrivò a Brindisi, trovandovi già tutto pronto [28] Quasi sul finire dell'anno il console G Popilio tornò a Roma, con un po' di ritardo rispetto alla data fissata -dal senato-, che riteneva utile agli interessi della repubblica, nell'imminenza di una guerra così grave, creare i nuovi magistrati al più presto Perciò con non benevola attenzione dei padri il console fu ascoltato quando nel tempio di Bellona espose le sue imprese in Liguria Si levarono frequenti clamori e interrogazioni, perché non avesse dato libertà ai Liguri, scelleratamente oppressi da suo fratello I comizi consolari ebbero luogo alla data stabilita, dodici giorni prima delle calende di Marzo Furono creati consoli -P- Licinio Crasso e G Cassio Longino |
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Postero die praetores facti C Sulpicius Galba L Furius Philus L Canuleius Dives C Lucretius -Gallus- C Caninius Rebilus L Villius Annalis His praetoribus provinciae decretae, duae iure Romae dicendo, Hispania et Sicilia et Sardinia, ut uni sors integra esset, quo senatus censuisset Consulibus designatis imperavit senatus, ut, qua die magistratum inissent, hostiis maioribus rite mactatis precarentur, ut, quod bellum populus Romanus in animo haberet gerere, ut id prosperum eveniret Eodem die decrevit senatus, C Popilius consul ludos per dies decem Iovi optumo maxumo -fieri- voveret donaque circa omnia pulvinaria dari, -si- res publica decem annos in eodem statu fuisset |
Il dì seguente furono fatti pretori G Sulpicio Galba, L Furio Filo, L Canuleio Divite, G Lucrezio - Gallo-, G Caninio Pebilo, L Villio Annale A questi pretori furono assegnate le province, due, per l'amministrazione della giustizia, a Roma, e poi la Spagna e la Sardegna e la Sicilia, così da rimaner per uno vacante l'ufficio, cui volesse destinarlo il senato Ai consoli designati il senato prescrisse che nel giorno in cui entravano in carica, dopo aver immolato secondo il rito vittime maggiori, elevassero una preghiera perché quella guerra che il popolo romano aveva intenzione di fare avesse esito felice Nello stesso giorno il senato dispose che il console C Popilio promettesse in voto che -si celebrassero- giuochi della durata di dieci giorni in onore di Giove ottimo massimo e che si dessero doni in tutti i templi, -se- il popolo romano per dieci anni si fosse mantenuto nella medesima condizione |
Ita ut censuerant, in Capitolio vovit consul, ludos fieri donaque dari, quanta ex pecunia decresset senatus, cum centum et quinquaginta non minus adessent Praeeunte verba Lepido pontifice maxumo id votum susceptum est Eo anno sacerdotes publici mortui L Aemilius Papus decemvir sacrorum et Q Fulvius Flaccus pontifex, qui priore anno fuerat censor Hic foeda morte perit Ex duobus filiis eius, qui tum in Illyrico militabant, nuntiatum alterum -mortuum, alterum- gravi et periculoso morbo aegrum esse Obruit animum simul luctus metusque: mane ingressi cubiculum servi laqueo dependentem invenere Erat opinio post censuram minus conpotem fuisse sui; vulgo Iunonis Laciniae iram ob spoliatum templum alienasse mentem ferebant |
Conforme a questa ordinanza il console fece promessa nel Campidoglio della celebrazione dei giuochi e dell'offerta dei doni, del valore stabilito dal senato in apposita seduta con la presenza di almeno centocinquanta senatori E il voto fu pronunciato secondo la formula che il pontefice massimo, Lepido, recitò In quell'anno morirono i sacerdoti addetti al culto dello stato L Emilio Papo, decemviro addetto ai sacrifici, ed il pontefice Q Fulvio Flacco, censore dell'anno precedente Costui finì di orribile morte Dei due suoi figli, che allora militavano nell'Illiria, gli fu annunziato che uno -era morto, l'altro- colpito da malattia grave e pericolosa Lutto e timore gli sconvolsero l'animo; la mattina dopo gli schiavi entrando nella sua stanza da letto lo trovarono appeso ad un laccio Ma era voce che dopo la censura non fosse più del tutto padrone di sé; e si diceva da ogni parte che l'ira di Giunone Lacinia, in seguito alla spoliazione del suo tempio, lo avesse fatto uscire di mente |
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Suffectus in Aemili locum decemvir M Valerius Messalla; in Fulvi pontifex Cn Domitius Ahenobarbus, oppido adulescens sacerdos, est lectus [29] P Licinio C Cassio consulibus non urbs tantum Roma nec terra Italia, sed omnes reges civitatesque, quae in Europa quaeque in Asia erant, converterant animos in curam Macedonici ac Romani belli Eumenen cum vetus odium stimulabat, tum recens ira, quod scelere regis prope ut victuma mactatus Delphis esset Prusias, Bithyniae rex, statuerat abstinere armis -et- eventum expectare; nam neque Romanos posse aequom censere, adversus fratrem uxoris -se- arma ferre, et apud Persea victorem veniam per sororem impetrabilem fore |
A1 posto di Emilio fu sostituito come decemviro M Valerio Messalla, al posto di Fulvio fu scelto come pontefice Gn Domizio Enobarbo, sacerdote che ancora era proprio un ragazzo [29] Nell'anno del consolato di P Licinio e C Cassio non soltanto la città di Roma né tutta l'Italia, ma tutti i regni e le libere città d'Europa e d'Asia, avevano rivolto ogni attenzione a considerare il conflitto romano-macedonico Eumene era eccitato come da un odio di antica data così dallo sdegno recente, per aver corso il rischio d'essere immolato quasi come vittima a Delfi dall'empietà del re Prusia, il re di Bitinia, era deciso ad astenersi dalle armi e ad aspettare tranquillo gli eventi; ché né i Romani potevano ritenere giusto che portasse le armi contro il fratello di sua moglie e da Perseo, in caso di vittoria, avrebbe potuto ottenere indulgenza per mediazione della sorella |