Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 21 - 40, pag 5

Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 21 - 40

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 32; 21 - 40

Ipsis quoque Aetolis eum plura socium quam hostem ademisse: Lysimachiam pulso praetore et praesidio Aetolorum occupasse eum; Cium, item suae dicionis urbem, funditus evertisse ac delesse; eadem fraude habere eum Thebas Phthias Echinum Larisam Pharsalum

[34] Motus oratione Alexandri Philippus navem ut exaudiretur propius terram adplicuit

Orsum eum dicere, in Aetolos maxime, violenter Phaeneas interfatus non in verbis rem verti ait: aut bello vincendum aut melioribus parendum esse

'Apparet id quidem' inquit Philippus 'etiam caeco', iocatus in valetudinem oculorum Phaeneae; et erat dicacior natura quam regem decet, et ne inter seria quidem risu satis temperans
Anche a loro Etoli aveva portato via da alleato più di quanto non avesse fatto da nemico: aveva cacciato da Lisimachia il pretore e la guarnigione di Etoli e l'aveva occupata; Cio, città parimenti in loro possesso, l'aveva distrutta dalle fondamenta, cancellandola; con la medesima slealtà teneva Tebe di Ftia, Echino, Larissa, Farsalo

[34] Scosso dalle parole di Alessandro Filippo fece accostare maggiormente la nave alla riva per essere ascoltato

Cominciò a parlare scagliandosi soprattutto contro gli Etoli, ma Fenea lo interruppe aspramente dicendo che la questione non andava risolta a parole: bisognava o vincere in guerra o obbedire ai più forti

Ciò è chiaro anche per un cieco, rispose Filippo, ironizzando sulla malattia agli occhi di Fenea; era per natura portato a motti di spirito più di quanto convenga ad un re e non riusciva a trattenersi dalle battute neppure nelle questioni serie
Indignari inde coepit Aetolos tamquam Romanos decedi Graecia iubere, qui quibus finibus Graecia sit dicere non possent; ipsius enim Aetoliae Agraeos Apodotosque et Amphilochos, quae permagna eorum pars sit, Graeciam non esse

An quod a sociis eorum non abstinuerim iustam querellam habent, cum ipsi pro lege hunc antiquitus morem servent ut adversus socios ipsi suos publica tantum auctoritate dempta iuventutem suam militare sinant, et contrariae persaepe acies in utraque parte Aetolica auxilia habeant

Neque ego Cium expugnavi, sed Prusiam socium et amicum oppugnantem adiuvi; et Lysimachiam ab Thracibus vindicavi, sed quia me necessitas ad hoc bellum a custodia eius auertit Thraces habent

Et Aetolis haec; Attalo autem Rhodiisque nihil iure debeo: non enim a me sed ab illis principium belli ortum est
Poi prese a sfogare la sua indignazione perché gli Etoli come i Romani volevano che abbandonasse la Grecia mentre non erano in grado di indicare i confini della Grecia: nella stessa Etolia ad esempio gli Agrei, gli Apodoti e gli Anfilochi, che ne costituivano parte notevole, non appartenevano alla Grecia

Possono forse giustamente lamentare che non ho rispettato i loro alleati, proprio loro che per legge osservano da lungo tempo l'usanza di permettere alla loro gioventù di combattere contro i propri alleati, purché una pubblica decisione non lo proibisca, così che spesso due schieramenti contrapposti hanno ausiliari etoli dall'una e dall'altra parte

Cio non sono stato io ad espugnarla, ma ho aiutato nell'attacco Prusia , mio alleato ed amico; Lisimachia l'ho liberata dai Traci e ora i Traci la occupano perché la necessità mi ha costretto ad abbandonare la sua difesa per occuparmi di questa guerra

Questo per gli Etoli; quanto ad Attalo e ai Rodiesi, nulla io debbo loro in linea di diritto: non da me, ma da loro è venuto l'inizio della guerra
Romanorum autem honoris causa et Peraean Rhodiis et naves Attalo cum captivis qui comparebunt restituam

Nam quod ad Nicephorium Venerisque templi restitutionem attinet, quid restitui ea postulantibus respondeam nisi, quo uno modo silvae lucique caesi restitui possunt, curam impensamque sationis me praestaturumquoniam haec inter se reges postulare et respondere placet
Tuttavia, per riguardo ai Romani, io restituirò la Perea ai Rodiesi e le navi, coi prigionieri che si ritroveranno, ad Attalo

Quanto alla restaurazione del Niceforio e del tempio di Venere, che cosa posso rispondere a coloro che la chiedono, visto che sono questi gli argomenti sui quali dei re devono interrogare e rispondere, se non che mi occuperò io di piantare nuovamente a mie spese foreste e boschetti abbattuti, dato che è questo l'unico modo per rimetterli a posto

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Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 11 - 14
Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 11 - 14

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 34; 11 - 14

'Eius oratio adversus Achaeos fuit, in qua orsus ab Antigoni primum suis deinde erga gentem eam meritis, recitari decreta eorum iussit omnes divinos humanosque honores complexa atque eis obiecit recens decretum quo ab se descivissent; invectusque graviter in perfidiam eorum Argos tamen se iis redditurum dixit: de Corintho cum imperatore Romano deliberaturum esse quaesiturumque ab eo simul utrum iisne urbibus decedere se aequum censeat quas ab se ipso captas iure belli habeat, an iis etiam quas a maioribus suis accepisset

[35] Parantibus Achaeis Aetolisque ad ea respondere, cum prope occasum sol esset, dilato in posterum diem conloquio Philippus in stationem ex qua profectus erat, Romani sociique in castra redierunt
La parte conclusiva del suo discorso fu contro gli Achei, in essa cominciò dai benefici fatti da Antigono a quella popolazione e parlò in séguito dei suoi, fece leggere i loro decreti che prevedevano per lui ogni sorta di onori divini e umani e rinfacciò loro la recente decisione con la quale si erano staccati da lui; pur scagliandosi violentemente contro il loro tradimento, disse che avrebbe tuttavia restituito loro Argo; quanto a Corinto ne avrebbe discusso col comandante romano e gli avrebbe chiesto se riteneva giusto che si ritirasse soltanto dalle città conquistate e tenute per diritto di guerra o se doveva ritirarsi anche da quelle ricevute dai suoi antenati

[35] Mentre Achei ed Etoli si apprestavano a replicare, poiché il sole era vicino al tramonto, il colloquio venne rimandato al giorno successivo e Filippo ritornò all'ormeggio donde era partito, i Romani con gli alleati all'accampamento
Quinctius postero die ad Nicaeamis enim locus placueratad constitutum tempus venit: Philippus nullus usquam nec nuntius ab eo per aliquot horas veniebat, et iam desperantibus venturum repente apparuerunt naves

Atque ipse quidem cum tam gravia et indigna imperarentur inopem consilii diem se consumpsisse deliberando aiebat: volgo credebant de industria rem in serum tractam ne tempus dari posset Achaeis Aetolisque ad respondendum, et eam opinionem ipse adfirmavit petendo ut submotis aliis, ne tempus altercando tereretur et aliqui finis rei imponi posset, cum ipso imperatore Romano liceret sibi conloqui
Il giorno seguente Quinzio giunse a Nicea (questoera il luogo convenuto) all'ora stabilita: di Filippo non c'era traccia, e per alcune ore non venne neppure un suo inviato: quando già si disperava della sua venuta apparvero improvvisamente alcune navi

Filippo diceva che viste le condizioni così pesanti e vergognose che gli si volevano imporre aveva passato l'intera giornata a deliberare, senza sapere quale decisione prendere; si pensava però in genere che avesse appositamente trascinato le cose fino a sera perché non fosse possibile dare ad Achei ed Etoli il tempo di rispondere, e fu lui stesso a confermare tale opinione chiedendo che venissero allontanati tutti gli altri per non perdere il tempo in litigi e poter così definire la questione, e che gli fosse consentito di parlare da solo a solo col generale romano

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Livio, Ab urbe condita: Libro 45; 23 - 44
Livio, Ab urbe condita: Libro 45; 23 - 44

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 45; 23 - 44

Id primo non acceptum, ne excludi conloquio viderentur socii, dein cum haud absisteret petere, ex omnium consilio Romanus imperator cum Ap Claudio tribuno militum ceteris submotis ad extremum litus processit: rex cum duobus quos pridie adhibuerat in terram est egressus

Ibi cum aliquamdiu secreto locuti essent, quae acta Philippus ad suos rettulerit minus compertum est; Quinctius haec rettulit ad socios: Romanis eum cedere tota Illyrici ora, perfugas remittere ac si qui sint captivi; Attalo naves et cum iis captos navales socios, Rhodiis regionem quam Peraean vocant reddere, Iaso et Bargyliis non cessurum; Aetolis Pharsalum Larisamque reddere, Thebas non reddere; Achaeis non Argis modo sed etiam Corintho cessurum
Sulle prime la richiesta non venne accolta, affinché non sembrasse che gli alleati erano esclusi dal colloquio, poi, siccome insisteva nella richiesta, per decisione unanime il comandante romano, insieme al tribuno militare Appio Claudio, avanzò fin sul bordo del mare mentre gli altri rimanevano in disparte: il re scese a terra con i due che lo avevano assistito il giorno prima

Dopo che ebbero qui parlato alquanto privatamente, che cosa Filippo abbia riferito ai suoi sulle conversazioni si ignora; Quinzio agli alleati disse che Filippo cedeva ai Romani tutte le coste dell'Illiria e restituiva i disertori e i prigionieri che vi potevano essere; ad Attalo restituiva le navi e con esse i marinai alleati fatti prigionieri, ai Rodiesi cedeva la regione chiamata Perea, ma non laso e Bargilie; agli Etoli rendeva Farsalo e Larisa, non Tebe; agli Achei avrebbe lasciato non solo Argo ma anche Corinto
Nulli omnium placere partium quibus cessurus aut non cessurus esset destinatio: plus enim amitti in iis quam adquiri nec unquam, nisi tota deduxisset Graecia praesidia, causas certaminum defore

[36] Cum haec toto ex concilio certatim omnes vociferarentur, ad Philippum quoque procul stantem vox est perlata

Itaque a Quinctio petit ut rem totam in posterum diem differret: profecto aut persvasurum se aut persuaderi sibi passurum

Litus ad Thronium conloquio destinatur

Eo mature conventum est

Ibi Philippus primum et Quinctium et omnes qui aderant rogare ne spem pacis turbare vellent, postremo petere tempus quo legatos mittere Romam ad senatum posset: aut iis condicionibus se pacem impetraturum aut quascumque senatus dedisset leges pacis accepturum
A nessuno piacque la definizione fatta da Filippo dei luoghi che avrebbe o no abbandonato: in quel modo le perdite avrebbero superato i guadagni e non sarebbero mai state eliminate le cause di conflitto se non avesse ritirato le sue truppe dalla Grecia intera

[36] Poiché dall'intera assemblea si levavano a gara simili grida di protesta, il suono delle voci giunse fino a Filippo, che pure era lontano

Perciò disse a Quinzio di rimandare l'intera questione al giorno seguente: di certo sarebbe riuscito a convincerli oppure si sarebbe lasciato convincere

Si fissa come luogo di riunione la costa presso Tronfio

Ci si incontrò assai per tempo

Filippo pregò dapprima sia Quinzio sia tutti i presenti di non voler cancellare le speranze di pace, poi chiese il tempo di mandare una ambasceria a Roma al senato: o avrebbe ottenuto la pace alle condizioni da lui proposte, o avrebbe accettato tutte quelle condizioni di pace che il senato avesse imposto

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 30; 11 - 12

Id ceteris haudquaquam placebat: nec enim aliud quam moram et dilationem ad colligendas vires quaeri; Quinctius verum id futurum fuisse dicere si aestas et tempus rerum gerendarum esset: nunc hieme instante nihil amitti dato spatio ad legatos mittendos; nam neque sine auctoritate senatus ratum quicquam eorum fore quae cum rege ipsi pepigissent, et explorari dum bello necessariam quietem ipsa hiems daret senatus auctoritatem posse

In hanc sententiam et ceteri sociorum principes concesserunt; indutiisque datis in duos menses et ipsos mittere singulos legatos ad senatum edocendum ne fraude regis caperetur placuit; additum indutiarum pacto ut regia praesidia Phocide ac Locride extemplo deducerentur
Tale richiesta non piaceva per nulla agli interlocutori: null'altro egli cercava, dicevano, che un ritardo, un rinvio per raccogliere truppe; Quinzio però diceva che ciò sarebbe stato possibile in estate, al tempo delle operazioni militari; ora che stava sopraggiungendo l'inverno non si perdeva nulla concedendo il tempo di mandare degli ambasciatori; inoltre senza la sanzione del senato nulla di quanto avessero convenuto col re sarebbe stato ratificato e, mentre la stagione invernale imponeva di per se stessa una pausa ai combattimenti, si potevano sondare gli intendimenti del senato

Anche i capi degli alleati divennero tutti di questo avviso: venne concessa una tregua di due mesi e vollero anch'essi inviare singolarmente una ambasceria al senato per renderlo edotto della situazione e impedire che fosse tratto in inganno dal re; al patto di tregua si aggiunse che le truppe del re dovevano essere ritirate immediatamente dalla Focide e dalla Locride
Et ipse Quinctius cum sociorum legatis Amynandrum Athamanum regem, ut speciem legationi adiceret, et Q Fabiumuxoris Quincti sororis filius eratet Q Fulvium et Ap Claudium misit

[37] Ut uentum Romam est, prius sociorum legati quam regis auditi sunt

Cetera eorum oratio conviciis regis consumpta est: moverunt eo maxime senatum demonstrando maris terrarumque regionis eius situm ut omnibus appareret si Demetriadem in Thessalia, Chalcidem in Euboea, Corinthum in Achaia rex teneret, non posse liberam Graeciam esse et ipsum Philippum non contumeliosius quam verius compedes eas Graeciae appellare

Legati deinde regis intromissi; quibus longiorem exorsis orationem brevis interrogatio cessurusne iis tribus urbibus esset sermonem incidit, cum mandati sibi de iis nominatim negarent quicquam
Quinzio poi mandò insieme agli ambasciatori degli alleati, per accrescere il prestigio dell'ambasceria, il re degli Atamani Aminandro, Quinto Fabio, figlio di una sorella della moglie di Quinzio, Q Fulvio e Ap Claudio

[37] Come furono giunti a Roma, vennero ascoltati gli ambasciatori degli alleati prima di quelli del re

Gran parte del loro discorso fu occupata da invettive contro il re: soprattutto però impressionarono il senato descrivendo la topografia delle terre e dei mari di quella regione in modo che apparisse a tutti evidente che se il re avesse continuato ad occupare Demetriade in Tessaglia, Calcide nell'Eubea e Corinto nell'Acaia la Grecia non poteva essere libera e che lo stesso Filippo non era meno veritiero che offensivo quando chiamava quelle città i ceppi della Grecia

Furono poi introdotti gli ambasciatori del re; essi cominciarono un lungo discorso ma una breve domanda troncò le loro parole: avrebbe il re abbandonato le tre città, essi risposero che non avevano alcun mandato che specialmente le riguardasse

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Sic infecta pace regii dimissi: Quinctio liberum arbitrium pacis ac belli permissum

Cui ut satis apparvit non taedere belli senatum, et ipse victoriae quam pacis auidior neque conloquium postea Philippo dedit neque legationem aliam quam quae omni Graecia decedi nuntiaret admissurum dixit

[38] Philippus cum acie decernendum videret et undique ad se contrahendas vires, maxime de Achaiae urbibus, regionis ab se diversae, et magis tamen de Argis quam de Corintho sollicitus, optimum ratus Nabidi eam Lacedaemoniorum tyranno velut fiduciariam dare ut victori sibi restitueret, si quid adversi accidisset ipse haberet, Philocli, qui Corintho Argisque praeerat, scribit ut tyrannum ipse conveniret
Così i rappresentanti del re vennero rimandati senza aver concluso la pace: Quinzio venne lasciato libero di decidere per la pace o per la guerra

Come gli apparve chiaro che il senato non era contrario alla guerra, desideroso come era della vittoria più ancora che della pace, non concesse più a Filippo alcun colloquio e dichiarò che non avrebbe più ricevuto alcuna ambasceria all'infuori di quella che gli annunziasse il ritiro di Filippo da tutta la Grecia

[38] Filippo, vedendo che avrebbe dovuto combattere e riunire da ogni parte le proprie forze, preoccupato soprattutto per le città dell'Acaia, regione opposta alla sua, e per Argo, tuttavia, ancor più che per Corinto, ritenne che il partito migliore fosse quello di affidarla come in deposito al tiranno spartano Nabide, con l'intesa che se fosse stato vincitore gliela avrebbe restituita, se gli fosse toccato un insuccesso l'avrebbe conservata

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