Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 21 - 40, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 21 - 40

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 32; 21 - 40

[22] Secundum orationem praetoris murmur ortum aliorum cum adsensu, aliorum inclementer adsentientes increpantium; et iam non singuli tantum sed populi universi inter se altercabantur

Tum inter magistratus gentis- damiurgos vocant, decem numero creanturcertamen nihilo segnius quam inter multitudinem esse

Quinque relaturos de societate Romana se aiebant suffragiumque daturos; quinque lege cautum testabantur ne quid quod adversus Philippi societatem esset aut referre magistratibus aut decernere concilio ius esset

Is quoque dies iurgiis est consumptus

Supererat unus iusti concilii dies; tertio enim lex iubebat decretum fieri; in quem adeo exarsere studia ut vix parentes ab liberis temperaverint

Pisias Pellenensis erat: filium damiurgum nomine Memnonem habebat, partis eius quae decretum recitari perrogarique sententias prohibebat
[22] Dopo il discorso del pretore si levò un mormorio: alcuni approvavano, altri riprendevano aspramente coloro che approvavano; e già non più solo i singoli, ma intere comunità disputavano tra loro

Tra i capi degli Achei - li chiamano damiurghi e ne vengono eletti dieci - il dibattito non era meno acceso che tra la folla

Cinque dicevano che avrebbero posto in discussione e messo ai voti la proposta di alleanza con Roma; cinque sostenevano che la legge proibiva ai magistrati di porre in discussione, e all'assemblea di sanzionare, qualsiasi provvedimento che fosse contrario all'alleanza con Filippo

Anche quel giorno andò perduto in dispute

Rimaneva un solo giorno per l'assemblea regolare: la legge infatti stabiliva che al terzo giorno si doveva decidere; per quel giorno gli animi si infiammarono al punto che a stento i padri si trattennero dal percuotere i figli

C'era un certo Pisia di Pellene che aveva un figlio damiurgo, di nome Memnone, schieratosi con coloro che volevano impedire di leggere e mettere ai voti la proposta di alleanza
Is diu obtestatus filium ut consulere Achaeos communi saluti pateretur neu pertinacia sua gentem universam perditum iret, postquam parum proficiebant preces, iuratus se eum sua manu interempturum nec pro filio sed pro hoste habiturum minis pervicit ut postero die coniungeret iis se qui referebant

Qui cum plures facti referrent, omnibus fere populis haud dubie adprobantibus relationem ac prae se ferentibus quid decreturi essent, Dymaei hac Megalopolitani et quidam Argivorum, priusquam decretum fieret, consurrexerunt ac reliquerunt concilium neque mirante ullo nec improbante
Il padre, dopo aver a lungo scongiurato il figlio perché permettesse agli Achei di provvedere alla comune salvezza, per impedire che la sua ostinazione causasse la rovina di tutto quanto il popolo, visto che le preghiere giovavano a poco giurò che lo avrebbe ucciso di propria mano e che lo avrebbe considerato non figlio ma nemico; con tali minacce lo convinse ad unirsi, il giorno seguente, ai sostenitori della proposta

Questi, divenuti maggioranza, misero in discussione la proposta, mentre quasi tutti i popoli approvavano senza esitare la loro decisione e mostravano chiaramente come avrebbero votato, gli abitanti di Dime e di Megalopoli ed alcuni Argivi, prima della deliberazione, si alzarono ed abbandonarono l'assemblea, senza che nessuno si stupisse o li rimproverasse
Nam Megalopolitanos avorum memoria pulsos ab Lacedaemoniis restituerat in patriam Antigonus, et Dymaeis captis nuper direptisque ab exercitu Romano, cum redimi eos ubicumque servirent Philippus iussisset, non libertatem modo sed etiam patriam reddiderat; iam Argivi, praeterquam quod Macedonum reges ab se oriundos credunt, privatis etiam hospitiis familiarique amicitia plerique inligati Philippo erant

Ob haec concilio quod inclinaverat ad Romanam societatem iubendam excesserunt veniaque iis huius secessionis fuit et magnis et recentibus obligatis beneficiis
Difatti gli abitanti di Megalopoli, come i loro anziani ricordavano, scacciati dagli Spartani erano stati ristabiliti nella loro patria da Antigono, ed agli abitanti di Dime, recentemente conquistata e saccheggiata dall'esercito romano, Filippo, dopo aver ordinato di riscattarli dovunque si trovassero in schiavitù, aveva restituito non solo la libertà ma anche la patria, gli Argivi infine, oltre a credere che i re dei Macedoni fossero originari di Argo, erano in gran parte legati a Filippo da privati vincoli di ospitalità e da amicizie domestiche

Per questo si erano allontanati da un'assemblea che si era mostrata propensa ad approvare l'alleanza con Roma, e questa secessione venne ammessa in considerazione dei loro legami dovuti a benefici grandi e recenti

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Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 13 - 14
Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 13 - 14

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 30; 13 - 14

[23] Ceteri populi Achaeorum cum sententias perrogarentur, societatem cum ac Rhodiis praesenti decreto confirmarunt: cum Romanis, quia iniussu populi non poterat rata esse, in id tempus quo Romam mitti legati possent dilata est; in praesentia tres legatos ad L Quinctium mitti placuit et exercitum omnem Achaeorum ad Corinthum admoveri captis Cenchreis iam urbem ipsam Quinctio oppugnante

Et hi quidem e regione portae quae fert Sicyonem posuerunt castra

Romani Cenchreas versam partem urbis, Attalus traducto per Isthmum exercitu ab Lechaeo alterius maris portu oppugnabant, primo segnius, sperantes seditionem intus fore inter oppidanos ac regium praesidium
[23] Le altre popolazioni achee, quando dovettero esprimere il loro voto, stabilirono con un decreto di immediata applicazione l'alleanza con Attalo e con i Rodiesi: quella con i Romani, dato che non poteva essere ratificata senza l'approvazione del popolo, venne rinviata al momento in cui si potessero inviare degli ambasciatori a Roma; per il momento si decise di inviare a L Quinzio tre ambasciatori e di spostare verso Corinto tutto l'esercito acheo dato che, dopo aver espugnato Cencree, Quinzio già stava assediando quella città

Si accamparono in direzione della porta verso Sicione

I Romani attaccavano la parte della città verso a Cencree, Attalo invece, che aveva fatto traversare l'istmo al suo esercito, attaccava dalla parte di Lecheo, il porto di Corinto sull'altro mare, in principio l'attacco era debole, poiché speravano scoppiassero delle ostilità all'interno tra i cittadini e il presidio macedone
Postquam uno animo omnes et Macedones tamquam communem patriam tuebantur et Corinthii ducem praesidii Androsthenen haud secus quam civem et suffragio creatum suo imperio in se uti patiebantur, omnis inde spes pugnantibus in vi et armis et operibus erat

Undique aggeres haud facili aditu ad moenia admovebantur

Aries ex ea parte quam Romani oppugnabant aliquantum muri diruerat; in quem locum, quia nudatus munimento erat, protegendum armis cum Macedones concurrerent, atrox proelium inter eos ac Romanos ortum est

Ac primo multitudine facile expellebantur Romani; adsumptis deinde Achaeorum Attalique auxiliis aequabant certamen, nec dubium erat quin Macedonas Graecosque facile loco pulsuri fuerint
Quando si accorsero che erano tutti concordi, che i Macedoni difendevano la città come se fosse la loro patria e i Corinzi lasciavano che Androstene, il comandante del presidio macedone, li comandasse come se fosse loro concittadino, eletto dai loro voti, gli assedianti a riposero tutte le loro speranze nella forza delle armi e nelle opere d'assedio

Da ogni parte, malgrado le difficoltàdi accesso, si spingevano dei terrapieni verso le mura

Dalla parte attaccata dai Romani i colpi di ariete avevano diroccato per un certo tratto il muro; poiché i Macedoni accorrevano a difendere questo punto sprovvisto di fortificazioni, si accese una sanguinosa battaglia tra essi e i Romani

Sulle prime i Romani venivano facilmente respinti grazie alla superiorità numerica dei difensori, poi, ricevuti rinforzi dagli Achei e da Attalo, equilibrarono le sorti della battaglia e senza dubbio Macedoni e Greci sarebbero stati facilmente respinti dalla loro posizione

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Livio, Ab urbe condita: Libro 45; 23 - 44
Livio, Ab urbe condita: Libro 45; 23 - 44

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 45; 23 - 44

Transfugarum Italicorum magna multitudo erat, pars ex Hannibalis exercitu metu poenae a Romanis Philippum secuta, pars navales socii relictis nuper classibus ad spem honoratioris militiae transgressi: hos desperata salus, si Romani vicissent, ad rabiem magis quam audaciam accendebat

Promunturium est adversus Sicyonem Iunonis quam vocant Acraeam, in altum excurrens; traiectus inde Corinthum septem fere milium passuum

Eo Philocles regius et ipse praefectus mille et quingentos milites per Boeotiam duxit; praesto fuere ab Corintho lembi qui praesidium id acceptum Lechaeum traicerent

Auctor erat Attalus incensis operibus omittendae extemplo oppugnationis: pertinacius Quinctius in incepto perstabat

Is quoque ut pro omnibus portis disposita videt praesidia regia nec facile erumpentium impetus sustineri posse, in Attali sententiam concessit
C'era però un gran numero di disertori italici, alcuni dell'esercito di Annibale, che avevano seguìto Filippo per timore di punizioni da parte di Roma, alcuni, marinai alleati, ché avevano da poco lasciato la flotta, passati a lui nella speranza di un servizio più onorato; la disperazione della salvezza, in casodi vittoria romana, li riempiva tutti quanti di rabbia più che di coraggio

C'è di fronte a Sicione un promontorio consacrato alla Giunone detta Acrea, che si avanza nel mare aperto; la distanza da Corinto è di circa settemila passi

Filocle, anch'egli prefetto del re, vi condusse attraverso la Beozia millecinquecento soldati; erano pronti dei battelli di Corinto che imbarcarono quel contingente e lo trasferirono a Lecheo

Attalo proponeva di bruciare le opere di assedio e di desistere sùbito dall'attacco, Quinzio insisteva più tenacemente nell'impresa

Anch'egli però, viste guarnigioni del re collocate a tutte le porte e considerato che non facilmente si poteva resistere alle sortite, divenne del parere di Attalo
Ita inrito incepto dimissis Achaeis reditum ad naves est: Attalus Piraeum, Romani Corcyram petierunt

[24] Dum haec ab navali exercitu geruntur, consul in Phocide ad Elatiam castris positis primo conloquiis rem per principes Elatensium temptavit

Postquam nihil esse in manu sua et plures validioresque esse regios quam oppidanos respondebatur, tum simul ab omni parte operibus armisque urbem est adgressus

Ariete admoto cum quantum inter turres muri erat prorutum cum ingenti fragore ac strepitu nudasset urbem, simul et cohors Romana per apertum recenti strage iter invasit, et ex omnibus oppidi partibus relictis suis quisque stationibus in eum qui premebatur impetu hostium locum concurrerunt
Così senza portare a compimento l'impresa furono congedati gli Achei e si tornò alle navi: Attalo si diresse al Pireo, i Romani a Corcira

[24] Mentre le truppe di marina compivano queste operazioni in Focide il console, posto il campo presso Elazia, tentò dapprima di ottenere il proprio scopo mediante colloqui con i capi degli Elatensi

Poiché gli rispondevano che non avevano nulla in proprio potere e che i Macedoni erano più numerosi e più forti dei cittadini, attaccò allora la città da ogni lato contemporaneamente con le armi e con le opere di assedio

L'ariete, spinto contro le mura, fece crollare con grande fracasso la parte di muro compresa tra due torri, aprendo un passaggio verso la città, mentre una coorte romana penetrava nel varco aperto dal recente crollo, da tutte le parti della città ciascun difensore, abbandonato il proprio posto, accorse nel luogo minacciato dall'incalzare dei nemici

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 34; 11 - 14

Eodem tempore Romani et ruinas muri supervadebant et scalas ad stantia moenia inferebant; et dum in unam partem oculos animosque hostium certamen averterat, pluribus locis scalis capitur murus armatique in urbem transcenderunt

Quo tumultu audito territi hostes relicto quem conferti tuebantur loco in arcem omnes, inermi quoque sequente turba, confugerunt

Ita urbe potitur consul; qua direpta missis in arcem qui vitam regiis si inermes abire vellent, libertatem Elatensibus pollicerentur fideque in haec data, post dies paucos arcem recipit

[25] Ceterum adventu in Achaiam Philoclis regii praefecti non Corinthus tantum liberata obsidione sed Argivorum quoque civitas per quosdam principes Philocli prodita est temptatis prius animis plebis
I Romani nel medesimo tempo in cui varcavano le rovine del muro accostavano delle scale alle mura ancora in piedi; e mentre la lotta aveva attirato in un sol punto gli sguardi e l'attenzione dei nemici, in diversi luoghi scavalcarono le mura con le scale e scesero armati in città

Atterriti nell'udire il tumulto provocato dagli invasori i nemici, abbandonata la posizione che stavano difendendo in massa, si rifugiarono tutti nella rocca, seguiti anche dalla folla inerme

Così il console si impadronì della città; dopo averla saccheggiata mandò alla rocca dei messi che promettessero la vita ai Macedoni se avessero voluto allontanarsi senza armi, e la libertà agli Elatensi; promise di rispettare queste condizioni e pochi giorni dopo ricevette la resa della rocca

[25] Però con l'arrivo in Acaia del prefetto del re Filocle non solo Corinto fu liberata dall'assedio ma anche la città degli Argivi venne consegnata da alcuni capi a Filocle, dopo aver sondato l'animo del popolo
Mos erat comitiorum die primo velut ominis causa praetores pronuntiare Iovem Apollinemque et Herculem: additum lege erat ut his Philippus rex adiceretur

Cuius nomen post pactam cum Romanis societatem quia praeco non adiecit, fremitus primo multitudinis ortus, deinde clamor subicientium Philippi nomen iubentiumque legitimum honorem usurpare, donec cum ingenti adsensu nomen recitatum est

Huius fiducia favoris Philocles arcessitus nocte occupat collem imminentem urbi- Larisam eam arcem vocantpositoque ibi praesidio cum lucis principio signis infestis ad subiectum arci forum vaderet, instructa acies ex adverso occurrit

Praesidium erat Achaeorum, nuper impositum, quingenti fere iuvenes delecti omnium civitatium; Aenesidemus Dymaeus praeerat
Era usanza nel primo giorno dei comizi che i pretori, come per buon augurio, pronunziassero i nomi di Giove, di Apollo e di Ercole; si era poi stabilito per legge che ad essi fosse aggiunto il nome del re Filippo

Poiché, dopo la conclusione dell'alleanza con i Romani, l'araldo non aggiunse il suo nome, si levò tra la folla dapprima un mormorio, poi grida di coloro che urlavano il nome di Filippo e volevano fargli rendere l'onore legittimo, finché tra vive approvazioni il suo nome venne pronunziato

Filocle, spinto dalla fiducia nel favore popolare così dimostrato, occupa di notte la collina che sovrasta la città (questa rocca è chiamata Larisa) e vi colloca un presidio; quando poi, sul far dell'alba, marcia in ordine di battaglia verso il foro posto sotto la rocca, una truppa schierata muove contro di lui

Era la guarnigione di Achei, stabilita da poco tempo, circa cinquecento giovani scelti in tutte le città; ne era a capo Enesidemo di Dime

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Ad hos orator a praefecto regio missus qui excedere urbe iuberetneque enim pares eos oppidanis solis, qui idem quod Macedones sentirent, nedum adiunctis Macedonibus esse, quos ne Romani quidem ad Corinthum sustinuissentprimo nihil nec ducem nec ipsos movit; post paulo, ut Argivos quoque armatos ex parte altera venientes magno agmine viderunt, certam perniciem cernentes omnem tamen casum, si pertinacior dux fuisset, videbantur subituri

Aenesidemus, ne flos Achaeorum iuventutis simul cum urbe amitteretur, pactus a Philocle ut abire illis liceret, ipse quo loco steterat armatus cum paucis clientibus non excessit

Missus a Philocle qui quaereret quid sibi vellet

Nihil moto tantummodo, cum proiecto prae se clipeo staret, in praesidio creditae urbis moriturum se armatum respondit
Ad essi venne mandato dal prefetto del re un parlamentare che intimasse loro di uscire dalla città- non erano neanche in numero uguale ai cittadini, da soli, i quali avevano gli stessi intendimenti dei Macedoni; tanto meno potevano uguagliarli ora che si aggiungevano i Macedoni ai quali, a Corinto, neppure i Romani avevano resistito- sulle prime queste parole non smossero né il comandante né i suoi uomini; poco dopo, come videro venire in armi dalla parte opposta anche degli Argivi in gran numero, pur ritenendo certa la propria fine, sembravano però decisi ad affrontare qualsiasi sorte, se il loro comandante si fosse ostinato nel suo atteggiamento

Enesidemo, perché con la città non andasse perduto il fiore della gioventù achea, ottenuto da Filocle che fosse loro consentito di andarsene, lui solo con pochi clienti rimase nel luogo che aveva occupato in armi

Filocle mandò a chiedergli che intenzioni avesse

Senza fare un movimento, collo scudo davanti a sé, rispose che sarebbe caduto in armi, in difesa della città a lui affidata

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