Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 01 - 20, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 01 - 20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 32; 01 - 20
Magna tormentorum etiam vis ut missilibus procul arcerent hostem idoneis locis disposita est

Tabernaculum regium pro vallo in conspecto maxime tumulo, ut terrorem hostibus suisque spem ex fiducia faceret, positum

[6] Consul per Charopum Epiroten certior factus quos saltus cum exercitu insedisset rex, et ipse, cum Corcyrae hibernasset, vere primo in continentem travectus ad hostem ducere pergit

Quinque milia ferme ab regiis castris cum abesset, loco munito relictis legionibus ipse cum expeditis progressus ad speculanda loca postero die consilium habuit, utrum per insessum ab hoste saltum, quamquam labor ingens periculumque proponeretur, transitum temptaret, an eodem itinere quo priore anno Sulpicius Macedoniam intraverat, circumduceret copias
Venne anche collocata in luoghi adatti una grande quantità di macchine da guerra per respingere da lontano i nemici con proiettili

La tenda del re venne posta davanti alla palizzata, sul rilievo più in vista, per destare timore nei nemici e speranza, con questo segno di fiducia, nei suoi

[6] Il console, informato dall'epirota Caropo dell'occupazione da parte del re dei luoghi montuosi, dopo aver trascorso l'inverno a Corcira passò lui pure sul continente all'inizío della primavera e guidò le sue truppe verso il nemico

Quando fu a circa cinque miglia di distanza dall'accampamento del re lasciò le legioni in un posto fortificato ed avanzò con le truppe leggere ad esplorare il terreno, il giorno seguente tenne consiglio per decidere se tentare il passaggio attraverso la forra tenuta dal nemico, nonostante la fatica notevole ed i pericoli che si presentavano, oppure condurre con un giro le truppe per lo stesso itinerario attraverso il quale l'anno precedente era entrato in Macedonia Sulpicio
Hoc consilium per multos dies agitanti ei nuntius venit T Quinctium consulem factum sortitumque provinciam Macedoniam maturato itinere iam Corcyram traiecisse

Valerius Antias intrasse saltum Villium tradit, quia recto itinere nequiverit omnibus ab rege insessis, secutum vallem per quam mediam fertur Aous amnis, ponte raptim facto in ripam in qua erant castra regia transgressum acie conflixisse; fusum fugatumque regem castris exutum; duodecim milia hostium eo proelio caesa, capta duo milia et ducentos et signa militaria centum triginta duo, equos ducentos triginta; aedem etiam Iovi in eo proelio votam, si res prospere gesta esset

Ceteri Graeci Latinique auctores, quorum quidem ego legi annales, nihil memorabile a Villio actum integrumque bellum insequentem consulem T Quinctium accepisse tradunt
Mentre da molti giorni discuteva sulla decisione da prendere gli giunse notizia che T Quinzio, creato console, aveva sorteggiato la Provincia di Macedonia e a tappe forzate era già passato a Corcira

Valerio Anziate riferisce che Villio penetrò nella gola; non potendo traversarla in linea retta, poiché tutte le posizioni erano occupate dal re, seguì la valle in mezzo alla quale scorre il fiume Aoo, gettato velocemente un ponte passò sulla sponda su cui era il campo del re e attaccò battaglia; il re fu sconfitto e volto in fuga e privato del suo campo; dodicimila nemici furono uccisi in quella battaglia, duemiladuecento furono catturati con centotrentadue insegne e duecentotrenta cavalli; durante quella battaglia venne anche offerto in voto un tempio a Giove, se l'esito fosse stato vittorioso

Gli altri autori greci e latini, quelli almeno dei quali ho letto gli annali, riferiscono che Villio non compì nulla di memorabile e che il console che venne dopo di lui, T Quinzio, prese il comando quando ancora le operazioni di guerra dovevano cominciare
[7] Dum haec in Macedonia geruntur, consul alter L Lentulus, qui Romae substiterat, comitia censoribus creandis habuit

Multis claris petentibus viris creati censores P Cornelius Scipio Africanus et P Aelius Paetus

Ii magna inter se concordia et senatum sine ullius nota legerunt et portoria venalicium Capuae Puteolisque, item Castrum portorium, quo in loco nunc oppidum est, fruendum locarunt colonosque eo trecentosis enim numerus finitus ab senatu erat- adscripserunt et sub Tifatis Capuae agrum vendiderunt

Sub idem tempus L Manlius Acidinus ex Hispania decedens, prohibitus a P Porcio Laeca tribuno plebis ne ovans rediret, cum ab senatu impetrasset, privatus urbem ingrediens sex milia pondo argenti, triginta pondo ferme auri in aerarium tulit
[7] Mentre in Macedonia si svolgevano questi avvenimenti, l'altro console, L Lentulo, che era rimasto a Roma, tenne i comizi per l'elezione dei censori

Molti uomini illustri erano candidati: vennero eletti censori P Cornelio Scipione Africano e P Elio Peto

Essi, in perfetto accordo, fecero la revisione del senato senza colpire nessuno con note negative, diedero in affitto le dogane sulle mercanzie di Capua e di Pozzuoli ed anche quella di Castro, dove ora sorge una città, e compilarono a tale scopo una lista di trecento coloni (tale era il numero stabilito dal senato); posero anche in vendita del terreno di Capua, ai piedi del monte Tifate

In quello stesso periodo di tempo L Manlio Acidino, di ritorno dalla Spagna, si vide proibire da parte del tribuno della plebe Publio Porcio Leca di rientrare a Roma con l'ovazione, pur avendo già ottenuto tale concessione dal senato, entrò in Roma come privato cittadino e versò alle casse dello stato seimila libbre d'argento e una trentina d'oro

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Livio, Ab urbe condita: Libro 27; 41 - 43

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 27; 41 - 43

Eodem anno Cn Baebius Tamphilus, qui ab C Aurelio consule anni prioris provinciam Galliam acceperat, temere ingressus Gallorum Insubrum fines prope cum toto exercitu est circumventus; supra sex milia et septingentos milites amisit: tanta ex eo bello quod iam timeri desierat clades accepta est

Ea res L Lentulum consulem ab urbe excivit; qui ut in provinciam venit plenam tumultus, trepido exercitu accepto praetorem multis probris increpitum provincia decedere atque abire Romam iussit
Nel medesimo anno Gn Bebio Tanfilo, che aveva ricevuto da C Aurelio, console l'anno precedente, la Provincia della Gallia, penetrò imprudentemente nel territorio dei Galli Insubri e fu circondato con quasi l'intero suo esercito; perse oltre seimilasettecento soldati: così grande fu la disfatta subita in quella guerra che non era ormai più considerata temibile

Questo disastro indusse il console L Lentulo a lasciare Roma; trovò al suo arrivo la provincia in subbuglio, l'esercito inquieto; rimproverò aspramente il pretore coprendolo di ingiurie e gli ordinò di lasciare la Provincia e di andarsene a Roma
Neque ipse consul memorabile quicquam gessit, comitiorum causa Romam revocatus; quae ipsa per M Fulvium et M Curium tribunos plebis impediebantur, quod T Quinctium Flamininum consulatum ex quaestura petere non patiebantur: iam aedilitatem praeturamque fastidiri nec per honorum gradus, documentum sui dantes, nobiles homines tendere ad consulatum, sed transcendendo media summa imis continuare

Res ex campestri certamine in senatum pervenit

Patres censuerunt qui honorem quem sibi capere per leges liceret peteret, in eo populo creandi quem velit potestatem fieri aequum esse

In auctoritate patrum fuere tribuni

Creati consules Sex Aelius Paetus et T Quinctius Flamininus

Inde praetorum comitia habita
Neppure il console compì imprese memorabili, anche perché richiamato a Roma per i comizi; i tribuni M Fulvio e M Curio ne impedivano lo svolgimento, poiché non volevano permettere che T Quinzio Flaminino, uscendo di carica quale questore, ponesse la sua candidatura al consolato: ormai si disprezzavano l'edilità e la pretura, i nobili puntavano al consolato senza più passare attraverso i vari gradi di cariche pubbliche, ove potevano dare prova di sé; saltando le posizioni intermedie, volevano passare direttamente dalle cariche più basse a quelle più alte

Dopo dibattiti al Campo Marzio la questione giunse in senato

I senatori stabilirono che quando una persona poneva la propria candidatura ad una carica che le leggi le consentivano era giusto, a suo riguardo, lasciare al popolo la facoltà di eleggere chi volesse

I tribuni si rimisero alla decisione dei senatori

Furono creati consoli Ses Elio Peto e T Quinzio Flaminino

Vennero poi tenuti i comizi per l'elezione dei pretori

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 40; 16 - 20

Creati L Cornelius Merula, M Claudius Marcellus, M Porcius Cato, C Helvius, qui aediles plebis fuerant

Ab iis ludi plebeii instaurati; et epulum Iovis fuit ludorum causa

Et ab aedilibus curulibus C Valerio Flacco, flamine Diali, et C Cornelio Cethego ludi Romani magno apparatu facti

Ser et C Sulpicii Galbae pontifices eo anno mortui sunt: in eorum locum M Aemilius Lepidus et Cn Cornelius Scipio pontifices suffecti sunt

[8] Sex Aelius Paetus T Quinctius Flamininus consules magistratu inito senatum in Capitolio cum habuissent, decreverunt patres ut provincias Macedoniam atque Italiam consules compararent inter se sortirenturue: utri eorum Macedonia evenisset, in supplementum legionum tria milia militum Romanorum scriberet et trecentos equites, item sociorum Latini nominis quinque milia peditum, quingentos equites; alteri consuli novus omnis exercitus decretus
Furono eletti L Cornelio Merula, M Claudio Marcello, M Porcio Catone e C Elvio, che erano stati edili plebei

Essi fecero ricominciare i ludi plebei; si tenne anche l'Epulum Iovis, in concomitanza con i giochi

Gli edili curuli C Valerio Flacco, flamine di Giove, e C Cornelio Cetego organizzarono con grande pompa i ludi romani

Morirono in quell'anno i pontefici Ser e C Sulpicio Galba; al loro posto furono nominati pontefici M Emilio Lepido e Gn Cornelio Scipione

[8] Ses Elio Peto e T Quinzio Flaminino, entrati in carica, riunirono il senato in Campidoglio e i senatori stabilirono che i consoli si dividessero di comune accordo le Province dell'Italia e della Macedonia, oppure le sorteggiassero: quello cui fosse toccata la Macedonia doveva arruolare, per completare le sue legioni, tremila soldati romani e trecento cavalieri, e inoltre, tra gli alleati di diritto latino, cinquemila fanti e cinquecento cavalieri; all'altro console si decretò che venisse affidato un esercito completamente nuovo
L Lentulo prioris anni consuli prorogatum imperium vetitusque aut ipse provincia decedere prius aut veterem deducere exercitum quam cum legionibus novis consul venisset

Sortiti consules provincias: Aelio Italia, Quinctio Macedonia evenit

Praetores L Cornelius Merula urbanam, M Claudius Siciliam, M Porcius Sardiniam, C Helvius Galliam est sortitus

Dilectus inde haberi est coeptus; nam praeter consulares exercitus praetoribus quoque iussi scribere milites erant, Marcello in Siciliam quattuor milia peditum socium et Latini nominis et trecentos equites, Catoni in Sardiniam ex eodem genere militum duo milia peditum, ducentos equites, ita ut ii praetores ambo cum in provincias venissent veteres dimitterent pedites equitesque

Attali deinde regis legatos in senatum consules introduxerunt
Venne prorogato il comando a L Lentulo, console l'anno precedente, e gli si vietò di abbandonare la provincia o di condurre via il vecchio esercito prima che fosse giunto il console con le nuove legioni

I consoli estrassero a sorte le Province: ad Elio toccò l'Italia, a Quinzio la Macedonia

Quanto ai pretori, L Cornelio Merula ebbe in sorte la Provincia urbana, M Claudio la Sicilia, M Porcio la Sardegna, C Elvio la Gallia

Cominciò poi la leva dei soldati; difatti, oltre agli eserciti consolari, anche per alcuni pretori avevano avuto ordine di arruolare soldati, per Marcello, per la Sicilia, quattromila fanti, alleati e latini, e trecento cavalieri, per Catone, per la Sardegna, duemila fanti e duecento cavalieri della stessa provenienza, in modo che entrambi i pretori, una volta giunti nelle loro province, potessero rimandare i veterani, fanti e cavalieri

I consoli introdussero poi in senato degli ambasciatori del re Attalo

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Ii regem classe sua copiisque omnibus terra marique rem Romanam iuvare quaeque imperarent Romani consules impigre atque oboedienter ad eam diem fecisse cum exposuissent, vereri dixerunt ne id praestare ei per Antiochum regem ultra non liceret: vacuum namque praesidiis navalibus terrestribusque regnum Attali Antiochum invasisse

Itaque Attalum orare patres conscriptos, si sua classi suaque opera uti ad Macedonicum bellum vellent, mitterent ipsi praesidium ad regnum eius tutandum; si id nollent, ipsum ad sua defendenda cum classe ac reliquis copiis redire paterentur
Essi mostrarono come il re, con la sua flotta e con tutte le sue truppe, avesse difeso per terra e per mare la causa di Roma, ed avesse eseguito fino ad allora con zelo ed obbedienza gli ordini dei consoli romani, dissero poi che temeva di non poter continuare a fornire il suo aiuto a causa del re Antioco: difatti Antioco aveva invaso il regno di Attalo sguarnito di truppe sia di terra che di mare

Perciò Attalo pregava i senatori di mandare un contingente di truppe a difendere il suo regno, se volevano continuare a valersi della sua flotta e dei suoi ausiliari per la guerra macedonica; in caso contrario gli consentissero di tornare con la sua flotta e con le altre truppe a difendere il suo territorio
Senatus legatis ita responderi iussit: quod rex Attalus classe copiisque aliis duces Romanos iuvisset, id gratum senatui esse; auxilia nec ipsos missuros Attalo adversus Antiochum, socium et amicum populi Romani, nec Attali auxilia retenturos ultra quam regi commodum esset; semper populum Romanum alienis rebus arbitrio alieno usum; et principium et finem in potestatem ipsorum qui ope sua velint adiutos Romanos esse; legatos ad Antiochum missuros qui nuntient Attali naviumque eius et militum opera adversus Philippum communem hostem uti populum Romanum: gratum eum facturum senatui si regno Attali abstineat belloque absistat; aequum esse socios et amicos populi Romani reges inter se quoque ipsos pacem servare Il senato fece così rispondere agli ambasciatori: il senato era riconoscente al re Attalo per l'aiuto fornito ai comandanti romani con la flotta e con le altre truppe; quanto alle forze ausiliarie i Romani non ne avrebbero inviate ad Attalo contro Antíoco, alleato ed amico del popolo romano, ma non avrebbero trattenuto quelle di Attalo più di quanto questi ritenesse opportuno; il popolo romano si era sempre servito delle cose altrui col consenso del loro proprietario; coloro che con i loro mezzi volevano aiutare i Romani potevano sempre liberamente stabilire l'inizio ed il termine di tale aiuto; i Romani avrebbero inviato ad Antioco degli ambasciatori per riferirgli che il popolo romano si valeva dell'opera di Attalo, delle sue navi e dei suoi soldati contro Filippo, nemico comune; avrebbe fatto cosa gradita al senato rispettando i confini del regno di Attalo e desistendo dalla guerra: era giusto che dei re alleati ed amici del popolo romano mantenessero anche tra di loro la pace

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[9] Consulem T Quinctium ita habito dilectu ut eos fere legeret qui in Hispania aut Africa meruissent spectatae virtutis milites, properantem in provinciam prodigia nuntiata atque eorum procuratio Romae tenuerunt

De caelo tacta erant via publica Veis, forum et aedes Iovis Lanuvi, Herculis aedes Ardeae, Capuae murus et turres et aedes quae Alba dicitur; caelum ardere visum erat Arreti; terra Velitris trium iugerum spatio caverna ingenti desederat; Suessae Auruncae nuntiabant agnum cum duobus capitibus natum et Sinuessae porcum humano capite
[9] Il console T Quinzio fece la leva in modo da scegliere quasi soltanto coloro che avevano già militato in Ispagna o in Africa, soldati di provato valore; mentre poi si stava affrettando per raggiungere la sua Provincia venne trattenuto a Roma dall'annunzio di alcuni prodigi e dalla necessità di stornarne gli effetti

Erano stati colpiti dal fulmine la via pubblica a Veio, il foro e il tempio di Giove a Lanuvio, il tempio di Ercole ad Ardea, la cinta di mura a Capua, con le torri e il cosiddetto tempio bianco, ad Arezzo era sembrato che il cielo ardesse; a Velletri la terra era sprofondata formando un grande baratro largo tre iugeri;a Suessa Aurunca si annunziava la nascita di un agnello con due teste, ed a Sinuessa di un maiale con la testa umana

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