Livio, Ab urbe condita: Libro 25; 01-10, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 25; 01-10

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 25; 01-10
nec procul dimicatione res erat cum Fuluius consul tribunis nonne uidetis, inquit, uos in ordinem coactos esse et rem ad seditionem spectare, ni propere dimittitis plebis concilium

(4) Plebe dimissa senatus uocatur et consules referunt de concilio plebis turbato ui atque audacia publicanorum: M Furium Camillum, cuius exsilium ruina urbis secutura fuerit, damnari se ab iratis ciuibus passum esse; decemuiros ante eum, quorum legibus ad eam diem uiuerent, multos postea principes ciuitatis iudicium de se populi passos

Postumium Pyrgensem suffragium populo Romano extorsisse, concilium plebis sustulisse, tribunos in ordinem coegisse, contra populum Romanum aciem instruxisse, locum occupasse ut tribunos a plebe intercluderet, tribus in suffragium uocari prohiberet
Poco mancò che si giungesse ad una zuffa, quando il console Fulvio, rivolto ai tribuni, disse: Non vedete che voi siete stati fatti rientrare nei ranghi e che ormai la situazione volge al tumulto se voi non vi affrettate a rimandare l'assemblea del popolo

4 Allontanato il popolo e convocato il senato, i consoli riferirono che l'assemblea del popolo era stata turbata dalla violenza e dall'arroganza dei pubblicani; M Furio Camillo, all'esilio del quale sarebbe seguita la rovina della città, aveva pur accettato la condanna a lui inflitta dai suoi concittadini adirati; prima di lui, i decemviri, sotto le leggi dei quali Roma viveva tuttora, e dopo di loro molti capi della città avevano accettato senza ribellarsi il giudizio del popolo

Postumio da Pirgi, invece, aveva voluto strappare il voto al popolo romano, ne aveva resa vana l'assemblea, aveva costretto i tribuni a perdere la dignità della loro carica, aveva dato battaglia al popolo romano, aveva occupato lo spazio dell'adunanza, in modo da separare i tribuni dal popolo, aveva impedito così che le tribù fossero chiamate a votare
nihil aliud a caede ac dimicatione continuisse homines nisi patientiam magistratuum, quod cesserint in praesentia furori atque audaciae paucorum uincique se ac populum Romanum passi sint et comitia, quae reus ui atque armis prohibiturus erat, ne causa quaerentibus dimicationem daretur, uoluntate ipsi sua sustulerint

haec cum ab optimo quoque pro atrocitate rei accepta essent uimque eam contra rem publicam et pernicioso exemplo factam senatus decresset

confestim Caruilii tribuni plebis omissa multae certatione rei capitalis diem Postumio dixerunt ac ni uades daret prendi a uiatore atque in carcerem duci iusserunt

Postumius uadibus datis non adfuit
Null'altro aveva trattenuto i cittadini dal conflitto e dalla strage se non la tolleranza dei magistrati, che per il momento avevano ceduto al furore ed all'audacia di pochi ed avevano sopportato di essere sopraffatti essi stessi ed il popolo romano; di propria volontà, per non favorire coloro che cercavano pretesti di litigi, avevano sciolto i comizi, che il colpevole voleva impedire con la violenza e con le armi

Queste comunicazioni furono accolte da tutti i migliori come richiedeva la gravità del fatto; il senato decretò che quella violenza contro la repubblica costituiva un esempio nefasto

Subito i tribuni della plebe Spurio e Lucio Carvilio, lasciata da parte la contestazione della multa, denunciarono Postumio per delitto capitale ed ordinarono che fosse arrestato dal messo dei magistrati e gettato in carcere, se non avesse offerto dei mallevadori

Postumio, pur essendosi procurato dei mallevadori, non si presentò al processo
tribuni plebem rogauerunt plebesque ita sciuit, si M Postumius ante kalendas Maias non prodisset citatusque eo die non respondisset neque excusatus esset, uideri eum in exsilio esse bonaque eius uenire, ipsi aqua et igni placere interdici; singulis deinde eorum qui turbae ac tumultus concitatores fuerant, rei capitalis diem dicere ac uades poscere coeperunt

primo non dantes, deinde etiam eos qui dare possent in carcerem coniciebant; cuius rei periculum uitantes plerique in exsilium abierunt

(5) Hunc fraus publicanorum, deinde fraudem audacia protegens exitum habuit

comitia inde pontifici maximo creando sunt abita

ea comitia nouus pontifex M Cornelius Cethegus habuit
I tribuni proposero al popolo, che così decretò, che, se Postumio alla fine d'aprile non si fosse presentato e, dietro citazione, non si fosse fatto vivo entro quel giorno senza giustificazione alcuna, venisse trattato come fosse in esilio, le sue sostanze fossero vendute all'asta e fosse decretato per lui il bando; i tribuni, inoltre, cominciarono a denunciare per delitto capitale ciascuno di coloro che avevano eccitato la folla ed erano stati i promotori del tumulto; anche a costoro i tribuni chiesero mallevadori

Dapprima gettarono in carcere quelli che non li davano, poi anche coloro che li potevano dare; perciò, per evitare un tale pericolo, molti se ne andarono in esilio

5 Questo risultato ebbe prima la frode degli appaltatori, poi l'audacia arrogante che voleva difenderla

Si tennero in seguito i comizi per eleggere il pontefice massimo

Qusti comizi furono presieduti dal nuovo pontefice M Cornelio Cetego

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Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 31-45
Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 31-45

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 01, 31-45

tres ingenti certamine petierunt, Q Fuluius Flaccus consul, qui et ante bis consul et censor fuerat, et T Manlius Torquatus, et ipse duobus consulatibus et censura insignis, et P Licinius Crassus, qui aedilitatem curulem petiturus erat

hic senes honoratosque iuuenis in eo certamine uicit

ante hunc intra centum annos et uiginti nemo praeter P Cornelium Calussam pontifex maximus creatus fuerat qui sella curuli non sedisset
Con una gara accanita tre cittadini aspiravano a quellacarica: il console Q Fulvio Fiacco, che era stato già per due volte console e censore; Tito Manlio Torquato, anch'egli famoso per due consolati e per la censura; P Licinio Crasso che si preparava a chiedere l'edilità curule

In quella gara, prevalse questo giovane sugli anziani che avevano già rivestito alte cariche

Prima di lui in centovent'anni, nessuno che non avesse esercitato una magistratura curule era stato eletto pontefice massimo, tranne P Cornelio Calussa
consules dilectum cum aegre conficerent, quod inopia iuniorum non facile in utrumque ut et nouae urbanae legiones et supplementum ueteribus scriberetur sufficiebat, senatus absistere eos incepto uetuit et triumuiros binos creari iussit, alteros qui citra, alteros qui ultra quinquagesimum lapidem in pagis forisque et conciliabulis omnem copiam ingenuorum inspicerent et, si qui roboris satis ad ferenda arma habere uiderentur, etiamsi nondum militari aetate essent, milites facerent

tribuni plebis, si iis uideretur, ad populum ferrent ut, qui minores septendecim annis sacramento dixissent, iis perinde stipendia procederent ac si septendecim annorum aut maiores milites facti essent
Poiché i consoli procedevano a fatica nel fare gli arruolamenti, in quanto la scarsezza di giovani non permetteva facilmente sia di costituire le legioni urbane, sia di procurare rinforzi alle antiche legioni, il senato ordinò che essi non desistessero dall'impresa, ma che eleggessero, una per ciascuno, una commissione di triumviri; la prima avrebbe dovuto perlustrare la zona al di qua di cinquanta miglia da Roma, l'altra al di là di quella distanza; ambedue, nei villaggi, nelle piazze e nei mercati dovevano passare in rassegna ciascun gruppo di uomini liberi, arruolando come soldati coloro che apparivano abbastanza robusti per portare le armi, anche se non avevano ancora l'età per fare il soldato

I tribuni della plebe, qualora lo ritenessero giusto, dovevano far approvare dal popolo una legge che consentisse di pagare lo stipendio, come se fossero diventati soldati a diciassette anni o più, a coloro che avevano prestato giuramento militare ad un'età minore di diciassette anni

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Livio, Ab urbe condita: Libro 38; 11 - 16
Livio, Ab urbe condita: Libro 38; 11 - 16

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 38; 11 - 16

ex hoc senatus consulto creati triumuiri bini conquisitionem ingenuorum per agros habuerunt

Eodem tempore ex Sicilia litterae M Marcelli de postulatis militum qui cum P Lentulo militabant in senatu recitatae sunt

Cannensis reliquiae cladis hic exercitus erat, relegatus in Siciliam, sicut ante dictum est, ne ante Punici belli finem in Italiam reportarentur
In seguito a questo decreto del senato fu nominata presso ciascun console una commissione di triumviri per arruolare nelle campagne gli uomini liberi

In quel tempo fu letta pubblicamente in senato una lettera di M Marcello dalla Sicilia, con le richieste dei soldati che militavano con P Lentulo

Questo esercito era composto dai resti dell'esercito sconfitto a Canne, che erano stati relegati in Sicilia, come già abbiamo raccontato, e che non avrebbero dovuto essere riportati in Italia prima della fine della guerra punica
(6) Hi permissu Lentuli primores equitum centurionumque et robora ex legionibus peditum legatos in hiberna ad M Marcellum miserunt, e quibus unus potestate dicendi facta: consulem te, M Marcelle, in Italia adissemus, cum primum de nobis, etsi non iniquum, certe triste senatus consultum factum est, nisi hoc sperassemus in prouinciam nos morte regum turbatam ad graue bellum aduersus Siculos simul Poenosque mitti, et sanguine nostro uolneribusque nos senatui satisfacturos esse, sicut patrum memoria qui capti a Pyrrho ad Heracleam erant aduersus Pyrrhum ipsum pugnantes satisfecerunt

quamquam quod ob meritum nostrum suscensuistis, patres conscripti, nobis aut suscensetis
6 Questi soldati, col permesso di Lentulo, mandarono come ambasciatori a Marcello nei quartieri d'inverno i migliori cavalieri e centurioni e il fiore dei soldati di fanteria; uno di questi, avuto il permesso di parlare, così disse: Noi ci saremmo rivolti a te, o Marco Marcello, in Italia, quando eri console, appena il senato emanò contro di noi quel decreto, certamente severo, benché non ingiusto, se non avessimo sperato di essere mandati in una provincia sconvolta dalla morte dei suoi re per combattere contro Siciliani e Cartaginesi e dare soddisfazione al senato col nostro sangue e con le nostre ferite, così come avevano fatto i nostri maggiori che, prigionieri di Pirro ad Eraclea, pagarono la loro pena combattendo contro lo stesso Pirro

Pertanto, per quale nostro demerito, o padri coscritti, voi vi siete adirati e vi adirate ancora contro di noi

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Livio, Ab urbe condita: Libro 36; 16 - 20
Livio, Ab urbe condita: Libro 36; 16 - 20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 36; 16 - 20

ambo mihi consules et uniuersum senatum intueri uideor, cum te, M Marcelle, intueor, quem si ad Cannas consulem habuissemus, melior et rei publicae et nostra fortuna esset

sine, quaeso, priusquam de condicione nostra queror, noxam cuius arguimur nos purgare

si non deum ira nec fato, cuius lege immobilis rerum humanarum ordo seritur, sed culpa periimus ad Cannas, cuius tandem ea culpa fuit

militum an imperatorum

equidem miles nihil unquam dicam de imperatore meo, cui praesertim gratias sciam ab senatu actas quod non desperauerit de re publica, cui post fugam Cannensem per omnes annos prorogatum imperium; ceteros item ex reliquiis cladis eius, quos tribunos militum habuimus, honores petere et gerere et prouincias obtinere audiuimus
Mi sembra di scorgere davanti a me ambedue i consoli e tutto quanto il senato quando vedo te, o M Marcello; se noi avessimo avuto te come console a Canne, la nostra sorte e quella dello stato sarebbero state migliori

Lascia ti prego, che, prima di dolermi della nostra situazione, io possa difendere noi da quella accusa da cui siamo colpiti

Se non fu per l'ira degli dei e per quel fato avverso, sotto la cui legge si intreccia fisso ed immutabile l'ordine delle cose umane, per quale colpa fummo disfatti a Canne ed infine per colpa di chi

Dei soldati o del comandante

In verità, io semplice soldato non giudicherò per nulla il mio generale, soprattutto perché sono venuto a sapere che il senato gli ha rivolto un pubblico ringraziamento per non aver disperato della repubblica e che dopo la sua fuga da Canne, per tutti gli anni successivi, gli ha prorogato il comando; abbiamo saputo poi che gli altri superstiti di quella sconfitta, che noi avemmo come tribuni, hanno potuto aspirare alle cariche pubbliche, le hanno esercitate ed hanno governato delle province
an uobis uestrisque liberis ignoscitis facile, patres conscripti, in haec uilia capita saeuitis

et consuli primoribusque aliis ciuitatis fugere, cum spes alia nulla esset, turpe non fuit, milites utique morituros in aciem misistis

ad Alliam prope omnis exercitus fugit; ad Furculas Caudinas ne expertus quidem certamen arma tradidit hosti, ut alias pudendas clades exercituum taceam; tamen tantum afuit ab eo ut ulla ignominia iis exercitibus quaereretur ut et urbs Roma per eum exercitum qui ab Allia Ueios transfugerat reciperaretur, et Caudinae legiones quae sine armis redierant Romam armatae remissae in Samnium eundem illum hostem sub iugum miserint, qui hac sua ignominia laetatus fuerat
O padri coscritti, voi che facilmente perdonate a voi stessi e ai vostri figli vi compiacete, dunque, di incrudelire contro questi disgraziati

Quando non v'era più speranza alcuna non fu, dunque, per il console e per altri principali cittadini cosa turpe il fuggire, mentre i soldati erano da voi mandati sul campo di battaglia con l'ordine di morire ad ogni costo

Al fiume Allia quasi tutto l'esercito si diede alla fuga; alle Forche Caudine tutti, senza neppure tentare di combattere, consegnarono le armi al nemico, per tacere altre vergognose sconfitte di eserciti romani; tuttavia, si fu tanto lontani dal sottoporre quei soldati ad una sanzione infamante, che la città di Roma fu riconquistata da quello stesso esercito che dal fiume Allia si era rifugiato a Veio; le legioni di Caudio, poi, che senz'armi erano ritornate a Roma, riarmate e rimandate nel Sannio, fecero passare sotto il giogo quello stesso nemico che si era rallegrato della loro ignominia

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 31; 31 - 33

Cannensem uero quisquam exercitum fugae aut pauoris insimulare potest, ubi plus quinquaginta milia hominum ceciderunt, unde consul cum equitibus septuaginta fugit, unde nemo superest nisi quem hostis caedendo fessus reliquit

cum captiuis redemptio negabatur, nos uolgo homines laudabant quod rei publicae nos reseruassemus quod ad consulem Uenusiam redissemus et speciem iusti exercitus fecissemus; nunc deteriore condicione sumus quam apud patres nostros fuerunt captiui

quippe illis arma tantum atque ordo militandi locusque, in quo tenderent in castris, est mutatus, quae tamen semel nauata rei publicae opera et uno felici proelio reciperarunt
Potrebbe, dunque, qualcuno accusare l'esercito di Canne di essere vilmente fuggito, là dove caddero cinquantamila uomini e il console fuggì con settanta cavalieri e nessuno sopravvisse, se non coloro che furono abbandonati dal nemico stanco di uccidere

Mentre si negava il riscatto ai prigionieri, tutta la gente ci lodava perché ci eravamo conservati per la repubblica e, facendo ritorno presso il console a Venosa, avevamo costituito un esercito in apparenza regolare; ora, invece, ci troviamo in una condizione peggiore di quella in cui presso i nostri avi si erano trovati coloro che erano stati fatti prigionieri

A quelli, infatti, furono mutate soltanto le armi, nonché il posto di combattimento e il luogo negli accampamenti ove porre i propri quartieri; tutte cose, peraltro, che, servito con zelo lo stato, essi riacquistarono col felice esito di una sola battaglia

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