(11) Perpetratis quae ad pacem deum pertinebant, de re publica belloque gerendo et quantum copiarum et ubi quaeque essent consules ad senatum rettulerunt duodeuiginti legionibus bellum geri placuit; binas consules sibi sumere, binis Galliam Siciliamque ac Sardiniam obtineri; duabus Q Fabium praetorem Apuliae, duabus uolonum Ti Gracchum circa Luceriam praeesse; singulas C Terentio proconsuli ad Picenum et M Ualerio ad classem circa Brundisium relinqui, duas urbi praesidio esse hic ut numerus legionum expleretur, sex nouae legiones erant scribendae |
11 Condotte a termine quelle cerimonie propiziatorie che servivano a placare gli dei, i consoli presentarono alla discussione del senato delle proposte intorno alla situazione dello stato, alla condotta della guerra ed alla consistenza delle forze militari, informando dove ciascun reparto dell'esercito si trovasse fu decretato di condurre la guerra con diciotto legioni: i consoli dovevano comandarne due per ciascuno; si deliberò di tenere la Gallia, la Sicilia, la Sardegna con due legioni per ogni regione; Q Fabio, pretore in Apulia, doveva comandarne due, mentre Tiberio Gracco sarebbe stato a capo di altrettante legioni di schiavi volontari intorno a Luceria; una legione doveva essere lasciata al proconsole C Terenzio nel territorio Piceno ed un'altra a Marco Valerio per la flotta di Brindisi; due legioni restavano a difesa di Roma Qui, per completare il numero delle legioni, ne dovevano essere arruolate sei nuove |
eas primo quoque tempore consules scribere iussi et classem parare, ut cum eis nauibus quae pro Calabriae litoribus in statione essent, centum quinquaginta longarum classis nauium eo anno expleretur dilectu habito et centum nauibus nouis deductis Q Fabius comitia censoribus creandis habuit; creati M Atilius Regulus et P Furius Philus cum increbresceret rumor bellum in Sicilia esse, T Otacilius eo cum classe proficisci iussus est |
Fu comandato ai consoli di fare al più presto questo arruolamento e preparare la flotta, affinché con quelle navi che erano di guardia di fronte alle spiagge della Calabria, essa raggiungesse in quell'anno il numero di centocinquanta navi da guerra Fatta la leva e messe in mare cento nuove navi, Q Fabio indisse i comizi per l'elezione dei censori; furono eletti M Atilio Regolo e P Furio Filo Poiché era insistente la voce che vi fosse guerra in Sicilia, T Otacilio ricevette l'ordine di dirigersi colà con la flotta |
cum deessent nautae, consules ex senatus consulto edixerunt ut, qui L Aemilio C Flaminio censoribus milibus aeris quinquaginta ipse aut pater eius census fuisset usque ad centum milia aut cui postea tanta res esset facta, nautam unum cum sex mensum stipendio daret; qui supra centum milia usque ad trecenta milia, tres nautas cum stipendio annuo; qui supra trecenta milia usque ad deciens aeris, quinque nautas; qui supra deciens, septem; senatores octo nautas cum annuo stipendio darent ex hoc edicto dati nautae, armati instructique ab dominis, cum triginta dierum coctis cibariis naues conscenderunt tum primum est factum ut classis Romana sociis naualibus priuata impensa paratis compleretur |
Poiché mancavano i marinai, i consoli, in seguito ad una delibera del senato, disposero che colui la cui propria sostanza o quella di suo padre fosse dai censori L Emilio e C Flaminio valutata da cinquantamila a centomila assi, o che in seguito si fosse procurato tale patrimonio fino a cinquantamila assi, stipendiasse per sei mesi un marinaio; chi poi avesse una sostanza superiore a centomila assi fino a trecentomila, fornisse tre marinai con lo stipendio di un anno; chi superava la somma di trecentomila assi fino ad un milione, cinque marinai; chi superava il milione, sette marinai; i senatori poi dovevano fornire otto marinai stipendiati per un anno In virtù di questo decreto furono procurati gli equipaggi armati e riforniti dai loro padroni; essi si imbarcarono con una scorta di vettovaglie per trenta giorni Allora per la prima volta una flotta fu equipaggiata con marinai pagati e mantenuti con il denaro di privati cittadini |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 27; 01 - 02
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 27; 01 - 02
(12) Hic maior solito apparatus praecipue conterruit Campanos ne ab obsidione Capuae bellum eius anni Romani inciperent itaque legatos ad Hannibalem oratum miserunt ut Capuam exercitum admoueret: ad eam oppugnandam nouos exercitus scribi Romae nec ullius urbis defectioni magis infensos eorum animos esse id quia tam trepide nuntiabant, maturandum Hannibal ratus ne praeuenirent Romani, profectus Arpis ad Tifata in ueteribus castris super Capuam consedit inde Numidis Hispanisque ad praesidium simul castrorum simul Capuae relictis cum cetero exercitu ad lacum Auerni per speciem sacrificandi, re ipsa ut temptaret Puteolos quodque ibi praesidii erat, descendit |
12 A causa di questi preparativi più grandi del solito, i Campani, in particolare, furono presi dalla paura che i Romani in quell'anno cominciassero la guerra dall'assedio di Capua Pertanto, mandarono ambasciatori ad Annibale per pregarlo di avvicinarsi a Capua con l'esercito, avvertendolo che i Romani avevano arruolato nuovi eserciti per assalirla dato che le loro intenzioni contro nessuna città che aveva defezionato erano state più ostili Poiché i Campani apparivano molto spaventati nel dare questo annuncio, Annibale pensò che fosse il caso di affrettarsi perché i Romani non lo prevenissero e, partito da Arpi, pose il campo sopra Capua sul monte Tifata, nei vecchi alloggiamenti Di qui, lasciati i Numidi e gli Spagnoli a difesa degli accampamenti e della città, col resto dell'esercito, discese al lago d'Averno, col pretesto di fare un sacrificio; in realtà, invece, intendeva attaccare Pozzuoli ed il presidio romano che era colà |
Maximus, postquam Hannibalem Arpis profectum et regredi in Campaniam allatum est, nec die nec nocte intermisso itinere ad exercitum redit, et Ti Gracchum ab Luceria Beneuentum copias admouere, Q Fabium praetorem is filius consulis erat (ad) Luceriam Graccho succedere iubet in Siciliam eodem tempore duo praetores profecti, P Cornelius ad exercitum, T Otacilius qui maritimae orae reique nauali praeesset; et ceteri in suas quisque prouincias profecti, et quibus prorogatum imperium erat easdem quas priori anno regiones obtinuerunt (13) Ad Hannibalem, cum ad lacum Auerni esset, quinque nobiles iuuenes ab Tarento uenerunt, partim ad Trasumennum lacum, partim ad Cannas capti dimissique domos cum eadem comitate qua usus aduersus omnes Romanorum socios Poenus fuerat |
Fabio Massimo, dopo che venne a sapere che Annibale era partito da Arpi e ritornava in Campania, marciando notte e giorno ritornò all'esercito; comandò subito a Tiberio Gracco di muovere le sue truppe da Luceria a Benevento, e al pretore Quinto Fabio, suo figlio, di partire per Luceria per sostituirvi Gracco Nello stesso tempo partirono per la Sicilia due pretori, Publio Cornelio alla volta dell'esercito, mentre T Otacilio a capo della flotta doveva sorvegliare le coste; gli altri partirono ciascuno per la sua provincia e coloro ai quali il comando era stato prorogato, conservarono le stesse regioni dell'anno precedente 13 Ad Annibale che era nella zona del lago d'Averno giunsero da Taranto cinque giovani, che erano stati fatti prigionieri, parte al lago Trasimeno, parte a Canne e che erano stati rimandati da lui alle loro case, con quella generosità che il Cartaginese aveva sempre dimostrato verso tutti gli alleati dei Romani |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 16 - 45
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 30; 16 - 45
ei memores beneficiorum eius perpulisse magnam partem se iuuentutis Tarentinae referunt ut Hannibalis amicitiam ac societatem quam populi Romani mallent, legatosque ab suis missos rogare Hannibalem ut exercitum propius Tarentum admoueat si signa eius, si castra conspecta a Tarento sint, haud ullam intercessuram moram quin urbs; in potestate iuniorum plebem, in manu plebis rem Tarentinam esse Hannibal conlaudatos eos oneratosque ingentibus promissis domum ad coepta maturanda redire iubet; se in tempore adfuturum esse hac cum spe dimissi Tarentini ipsum ingens cupido incesserat Tarenti potiundi |
Quei giovani gli dichiararono che, memori della sua benevolenza, avevano indotto gran arte della gioventù tarentina a preferire l'amicizia e l'alleanza cartaginese a quella romana; erano poi stati mandati dai loro concittadini come messaggeri ad Annibale per pregarlo di avvicinarsi con l'esercito a Taranto Se da questa città fossero stati visti i suoi accampamenti e le sue insegne, senza alcun indugio Taranto si sarebbe arresa a lui; la plebe era in potere dei giovani e la situazione a Taranto era in mano della plebe Annibale, elogiati i giovani tarentini e colmatili di larghe promesse, li invitò a tornare a casa per accelerare l'esecuzione del piano, assicurando che egli sarebbe intervenuto al momento opportuno I Tarentini furono congedati con questa speranza Una grande brama di occupare Taranto si era impadronita dello stesso Annibale |
urbem esse uidebat cum opulentam nobilemque, tum maritimam et in Macedoniam opportune uersam regemque Philippum hunc portum, si transiret in Italiam, Brundisium cum Romani haberent, petiturum sacro inde perpetrato ad quod uenerat et, dum ibi moratur, peruastato agro Cumano usque ad Miseni promunturium Puteolos repente agmen conuertit ad opprimendum praesidium Romanum sex milia hominum erant et locus munimento quoque, non natura modo tutus triduum ibi moratus Poenus ab omni parte temptato praesidio, deinde, ut nihil procedebat, ad populandum agrum Neapolitanum magis ira quam potiundae urbis spe processit aduentu eius in propinquum agrum mota Nolana est plebs, iam diu auersa ab Romanis et infesta senatui suo |
egli, infatti, vedeva che quella era una città non solo ricca e nobile, ma anche posta sul mare a fronteggiare opportunamente la Macedonia, in modo che, se il re Filippo fosse passato in Italia, si sarebbe diretto verso questo porto, dal momento che Brindisi era in mano dei Romani Compiuto, quindi, quel sacrificio per il quale era venuto, durante la sosta saccheggiò il territorio di Cuma fino a capo Miseno; improvvisamente poi volse le sue schiere ad assalire la guarnigione romana di Pozzuoli Erano di presidio seimila uomini in quella località che era sicura, non solo per la posizione naturale, ma anche per le opere di difesa Annibale si trattenne là per tre giorni, cercando di assalire da ogni parte la guarnigione, quindi, poiché non concludeva nulla, si avviò a devastare le terre intorno a Napoli, mosso più dalla collera che dalla speranza di impadronirsi della città Al suo arrivo nel vicino territorio si ribellò la plebe di Nola, già da tempo nemica ai Romani ed ostile al suo senato |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 28; 38 - 40
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 28; 38 - 40
itaque legati ad arcessendum Hannibalem cum haud dubio promisso tradendae urbis uenerunt praeuenit inceptum eorum Marcellus consul a primoribus accitus die uno Suessulam a Calibus, cum Uolturnus amnis traicientem moratus esset, contenderai inde proxima nocte sex milia peditum, equites trecentos, qui praesidio senatui essent, Nolam intromisit et uti a consule omnia impigre facta sunt ad praeoccupandam Nolam, ita Hannibal tempus terebat, bis iam ante nequiquam temptata re segnior ad credendum Nolanis factus (14) Iisdem diebus et Q Fabius consul ad Casilinum temptandum, quod praesidio Punico tenebatur, uenit et ad Beneuentum uelut ex composito parte altera Hanno ex Bruttiis cum magna peditum equitumque manu, altera Ti Gracchus ab Luceria accessit |
Pertanto, vennero da Nola ambasciatori ad Annibale per chiamarlo con la promessa che certamente la città si sarebbe arresa Il console Marcello, a sua volta, chiamato dai capi della città, prevenne l'iniziativa della plebe in un sol giorno, infatti, da Cales si diresse a Suessula, dopo un breve indugio per attraversare il fiume Volturno Nella notte successiva fece entrare in Nola seimila fanti e trecento cavalieri, a difesa del senato Mentre il console si affrettava a compiere tutte le manovre per occupare per primo Nola, Annibale, invece, perdeva tempo essendo più restio a fidarsi dei Nolani, poiché già due volte l'impresa era fallita (14) In quei giorni il console Q Fabio giunse a Casilino per assalirla poiché era occupata da una guarnigione cartaginese; si avvicinarono anche a Benevento, come se si fossero accordati, da una parte Annone dal paese dei Bruzzi con una grande schiera di fanti e di cavalieri, dall'altra Tiberio Gracco dai dintorni di Luceria |
qui primo oppidum intrauit, deinde, ut Hannonem tria milia ferme ab urbe ad Calorem fluuium castra posuisse et inde agrum populari audiuit, et ipse egressus moenibus mille ferme passus ab hoste castra locat ibi contionem militum habuit legiones magna ex parte uolonum habebat, qui iam alterum annum libertatem tacite mereri quam postulare palam maluerant senserat tamen hibernis egrediens murmur in agmine esse quaerentium, en unquam liberi militaturi essent, scripseratque senatui non tam quid desiderarent quam quid meruissent: bona fortique opera eorum se ad eam diem usum neque ad exemplum iusti militis quicquam eis praeter libertatem deesse de eo permissum ipsi erat faceret quod e re publica duceret esse |
Questi dapprima entrò in Benevento; poi, come venne a sapere che Annone si era accampato a circa tre miglia dalla città presso il fiume Calore e di qui saccheggiava il territorio, uscito anch'egli fuor delle mura, collocò i suoi accampamenti a circa mille passi dal nemico e qui tenne un'assemblea di soldati Le sue legioni erano in gran parte composte di schiavi arruolati, che già da due anni avevano preferito meritarsi la libertà col silenzio, piuttosto che sollecitarla apertamente Tuttavia, Tiberio Gracco uscendo dai quartieri d'inverno si era accorto che serpeggiava nella schiera un mormorio di protesta, poiché i soldati si domandavano quando mai avrebbero potuto servire nell'esercito come liberi cittadini; Gracco aveva allora scritto al senato perché si sapesse non tanto ciò a cui i volontari aspiravano, quanto quello che avevano meritato; faceva sapere che egli si era servito fino a quel giorno della loro opera utile e coraggiosa e che nulla ad essi mancava perché si potessero dire veri soldati, se non la libertà Intorno a questo problema il senato aveva dato personalmente a Tiberio Gracco il permesso di fare ciò che riteneva utile al pubblico interesse |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 45; 23 - 44
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 45; 23 - 44
itaque priusquam cum hoste manum consereret, pronuntiat tempus uenisse eis libertatis quam diu sperassent potiundae postero die signis conlatis dimicaturum puro ac patenti campo, ubi sine ullo insidiarum metu uera uirtute geri res posset qui caput hostis rettulisset, eum se extemplo liberum iussurum esse; qui loco cessisset, in eum seruili supplicio animaduersurum; suam cuique fortunam in manu esse libertatis auctorem eis non se fore solum sed consulem M Marcellum, sed uniuersos patres, quos consultos ab se de libertate eorum sibi permisisse litteras inde consulis ac senatus consultum recitauit, ad quae clamor cum ingenti adsensu est sublatus pugnam poscebant signumque ut daret extemplo ferociter instabant |
Pertanto, egli, prima di attaccare battaglia, annunciò ai soldati che era venuto il momento di conseguire quella libertà che a lungo avevano sperato Il giorno dopo ad insegne spiegate si sarebbe combattuto in una pianura sgombra e spaziosa dove, senza paura di insidie, le sorti della battaglia potevano dipendere soltanto dal vero valore Colui che avesse riportato la testa di un nemico, per ordine suo avrebbe avuto subito la libertà; colui che avesse abbandonato il suo posto sarebbe stato punito col supplizio degli schiavi Ciascuno aveva nelle sue stesse mani la propria sorte; egli, Gracco, non sarebbe stato il solo mallevadore della loro libertà, ma anche il console Marcello e tutti quanti i senatori; essi, infatti, erano stati da lui consultati intorno al problema di dare libertà agli schiavi ed avevano conferito a lui la facoltà di concederla Gracco lesse poi pubblicamente la lettera del console e il decreto del senato, che furono accolti con grida di piena approvazione I soldati chiedevano di combattere e fieramente insistevano che si desse il segnale della battaglia |