Livio, Ab urbe condita: Libro 24; 11-20, pag 3

Livio, Ab urbe condita: Libro 24; 11-20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 24; 11-20
iusso deinde eo ceterisque eiusdem noxae reis causam dicere cum purgari nequissent, pronuntiarunt uerba orationemque eos aduersus rem publicam habuisse, quo coniuratio deserendae Italiae causa fieret

secundum eos citati nimis callidi exsoluendi iuris iurandi interpretes, qui captiuorum ex itinere regressi clam in castra Hannibalis solutum quod iurauerant redituros rebantur

his superioribusque illis equi adempti qui publicum equum habebant, tribuque moti aerarii omnes facti

neque senatu modo aut equestri ordine regendo cura se censorum tenuit

nomina omnium ex iuniorum tabulis excerpserunt qui quadriennio non militassent, quibus neque uacatio iusta militiae neque morbus causa fuisset
I censori invitarono a difendersi lui e gli altri egualmente colpevoli e, poiché costoro non avevano potuto trovare alcuna giustificazione a quanto era a loro contestato, i censori dichiararono che essi avevano fatto discorsi in privato ed in pubblico contro lo stato col proposito di ordire un complotto per abbandonare l'Italia

Dopo di loro, furono citati in giudizio quelli che con eccessiva furberia avevano interpretato il valore del giuramento, vale a dire quei prigionieri che ritennero di essere sciolti dall'impegno preso di ritornare negli accampamenti di Annibale, essendovi rientrati di nascosto durante il viaggio

A costoro ed agli altri di cui sopra si è parlato, se a spese dello stato tenevano un cavallo, furono tolti i cavalli; furono tolti i cavalli; furono poi tutti rimossi dalla loro tribù e ridotti allo stato di erari

Né la sollecitudine dei censori si fermò solo a regolare il senato o l'ordine equestre

ma essi si preoccuparono anche di cancellare dall'elenco dei giovani il nome di tutti coloro che nel quadriennio non avevano prestato servizio militare, senza che la causa di ciò fosse stata un legale esonero od una malattia
et ea supra duo milia nominum in aerarios relata tribuque omnes moti

additumque tam truci censoriae notae triste senatus consultum, ut ei omnes quos censores notassent pedibus mererent mitterenturque in Siciliam ad Cannensis exercitus reliquias, cui militum generi non prius quam pulsus Italia hostis esset finitum stipendiorum tempus erat

cum censores ob inopiam aerarii se iam locationibus abstinerent aedium sacrarum tuendarum curuliumque equorum praebendorum ac similium his rerum, conuenere ad eos frequentes qui hastae huius generis adsueuerant hortarique censores ut omnia perinde agerent locarent ac si pecunia in aerario esset

neminem nisi bello confecto pecuniam ab aerario petiturum esse
Perciò più di duemila persone furono degradate alla condizione di erari e furono allontanate dalla loro tribù

A questa dura nota di biasimo dei censori, si aggiunse anche un severo decreto del senato che stabiliva che tutti coloro che erano stati bollati di infamia dai censori, militassero a piedi e fossero mandati in Sicilia presso gli avanzi dell'esercito di Canne, presso quei soldati per i quali il servizio non avrebbe avuto fine se non quando il nemico fosse stato ricacciato fuori dell'Italia

Poiché i censori, a causa della mancanza di denaro pubblico, si astenevano dal bandire gli appalti per la manutenzione dei templi e la fornitura dei cavalli curuli nonché di altre cose simili a queste, molti di quelli che erano soliti partecipare ad aste di tal genere vennero a loro per pregarli di dare ugualmente corso ad ogni provvedimento e di aggiudicare gli appalti, come se nelle casse dello stato ci fosse del denaro

Assicurarono che nessuno di loro avrebbe chiesto all'erario alcuna somma se non a guerra finita
conuenere deinde domini eorum quos Ti Sempronius ad Beneuentum manu emiserat arcessitosque se ab triumuiris mensariis esse dixerunt ut pretia seruorum acciperent; ceterum non antequam bello confecto accepturos esse

cum haec inclinatio animorum plebis ad sustinendam inopiam aerarii fieret, pecuniae quoque pupillares primo, deinde uiduarum coeptae conferri, nusquam eas tutius sanctiusque deponere credentibus qui deferebant quam in publica fide

inde si quid emptum paratumque pupillis ac uiduis foret, a quaestore perscribebatur

manauit ea priuatorum benignitas ex urbe etiam in castra, ut non eques, non centurio stipendium acciperet, mercennariumque increpantes uocarent qui accepisset
Vennero dai censori anche i padroni di quegli schiavi che Tito Sempronio aveva liberati a Benevento; costoro, avendo detto di essere stati chiamati dai tre magistrati addetti alla custodia del denaro pubblico per ricevere il prezzo di vendita degli schiavi, affermarono che essi non avrebbero acconsentito a ricevere tali somme prima che la guerra fosse finita

Questo desiderio del popolo di porre rimedio allindigenza del pubblico erario fece sì che si portarono alle casse dello stato anche le sostanze dei pupilli, poi quelle delle vedove, dal momento che coloro che là le era esitavano erano certi che in nessun luogo quel denaro e più sicuro e protetto che affidato al pubblico credito

Se poi si fosse comprato o procurato qualche cosa in favore dei pupilli e delle vedove, il mandato di pagamento veniva emesso dal questore

Tale liberalità dei privati dalla città si diffuse anche negli accampamenti, in modo che nessun cavaliere e nessun centurione accettò di riscuotere lo stipendio, rimproverando aspramente e chiamando mercenari coloro che lo avessero percepito

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Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 16 - 45
Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 16 - 45

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 30; 16 - 45

(19) Q Fabius consul ad Casilinum castra habebat, quod duum milium Campanorum et septingentorum militum Hannibalis tenebatur praesidio

praeerat Statius Metius, missus ab Cn Magio Atellano, qui eo anno medix tuticus erat seruitiaque et plebem promiscue armarat ut castra Romana inuaderet intento consule ad Casilinum oppugnandum

nihil eorum Fabium fefellit

itaque Nolam ad collegam mittit: altero exercitu dum Casilinum oppugnatur opus esse qui Campanis opponatur

uel ipse relicto Nolae praesidio modico ueniret uel, si eum Nola teneret necdum securae res ab Hannibale essent, se Ti Gracchum proconsulem a Beneuento acciturum

hoc nuntio Marcellus duobus militum milibus Nolae in praesidio relictis cum cetero exercitu Casilinum uenit

aduentuque eius Campani iam mouentes sese quieuerunt
19 Il console Q Fabio aveva il campo presso Casilino, che era occupata da una guarnigione di duemila Campani e di settecento soldati di Annibale

Essa era comandata da Stazio Mezio, mandato da Cn Magio Atellano, che in quell'anno era il supremo magistrato; egli aveva armato tutti insieme schiavi e popolani, per assalire gli accampamenti romani, mentre il console era occupato ad assalire Casilino

Nulla di tutto ciò sfuggì a Fabio

Egli quindi, mandò a dire al suo collega a Nola che, mentre si attaccava Casilino, era necessario un altro esercito che tenesse fronte ai Campani

O venisse egli stesso, dopo aver lasciato a Nola una piccola guarnigione, oppure, se il collega fosse stato occupato a Nola e da parte di Annibale la situazione non fosse ancora sicura, egli stesso, Fabio, avrebbe chiamato da Benevento il proconsole Tiberio Gracco

A questa notizia Marcello, lasciato a Nola un presidio di duemila soldati, con il rimanente esercito venne a Casilino

Al suo arrivo i Campani che già stavano per muoversi, se ne stettero tranquilli
ita ab duobus consulibus Casilinum oppugnari coepit

ubi cum multa succedentes temere moenibus Romani milites acciperent uolnera neque satis inceptum succederet, Fabius omittendam rem paruam ac iuxta magnis difficilem abscedendumque inde censebat, cum res maiores instarent

Marcellus multa magnis ducibus sicut non adgredienda, ita semel adgressis non dimittenda esse dicendo, quia magna famae momenta in utramque partem fierent, tenuit ne inrito incepto abiretur

uineae inde omniaque alia operum machinationumque genera cum admouerentur Campanique Fabium orarent ut abire Capuam tuto liceret, paucis egressis Marcellus portam qua egrediebantur occupauit caedesque promiscue omnium circa portam primo, deinde inruptione facta etiam in urbe fieri coepta est
Così i due consoli cominciarono l'attacco a Casilino

Qui, poiché i soldati romani, spingendosi avventatamente sotto le mura, si coprivano di ferite, mentre l'impresa non accennava a volgersi favorevolmente Fabio decise di abbandonare 'azione di poco conto che, tuttavia, era difficile quanto una più impegnativa e di ritirarsi, poiché incombevano cose di maggior importanza

Marcello, invece, affermando che i grandi capitani non devono intraprendere molte imprese, ma che una volta che le abbiano cominciate non devono abbandonarle, perché esse, a seconda del loro esito buono o cattivo, sono molto importanti per la loro reputazione, ottenne che non ci si ritirasse, mandando vana l'impresa

Mentre si avvicinavano alle mura le vigne ed altre macchine da guerra, i Campani vennero a pregare Fabio che permettesse loro di allontanarsi per andare sicuri a Capua; Marcello si affrettò subito ad occupare quella porta dalla quale alcuni uscivano; cominciò allora una strage indiscriminata, prima intorno alla porta d'accesso poi, fatta un'irruzione, nell'interno della città stessa

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quinquaginta fere primo egressi Campanorum, cum ad Fabium confugissent, praesidio eius Capuam peruenerunt

Casilinum inter conloquia cunctationemque petentium fidem per occasionem captum est

captiuique Campanorum quique Hannibalis militum erant Romam missi atque ibi in carcere inclusi sunt: oppidanorum turba per finitimos populos in custodiam diuisa

(20) Quibus diebus a Casilino re bene gesta recessum est, eis Gracchus in Lucanis aliquot cohortes in ea regione conscriptas cum praefecto socium in agros hostium praedatum misit

eos effuse palatos Hanno adortus haud multo minorem quam ad Beneuentum acceperat reddidit hosti cladem atque in Bruttios raptim ne Gracchus adsequeretur concessit
I Campani che per primi erano usciti in numero di circa cinquanta, essendosi rifugiati presso Fabio, con il suo aiuto raggiunsero Capua

Casilino fu presa con un colpo di mano, favorito dai discorsi e dal ritardo causato da coloro che chiedevano il salvacondotto

I prigionieri sia Campani sia quelli che erano soldati di Annibale, furono mandati a Roma e qui chiusi in carcere; la massa dei cittadini fu distribuita fra le popolazioni confinanti per essere meglio sorvegliata

20 ei giorni in cui i Romani si ritirarono da Casilino, dopo l'esito felice dell'impresa, Gracco mandò nell'agro Lucano alcune coorti, che aveva arruolato in quella regione, a saccheggiare i campi dei nemici, sotto il comando del prefetto degli alleati

Mentre le coorti erano disperse per i campi furono assalite da Annone, che così inflisse al nemico una sconfitta non molto meno grave di quella che egli aveva ricevuto presso Benevento; in gran fretta poi si diresse verso i Bruzzi, per non essere inseguito da Gracco
consules Marcellus retro unde uenerat Nolam rediit, Fabius in Samnites ad populandos agros recipiendasque armis quae defecerant urbes processit

Caudinus Samnis grauius deuastatus: perusti late agri, praedae pecudum hominumque actae; oppida ui capta Compulteria, Telesia, Compsa inde, Fugifulae et Orbitanium ex Lucanis, Blanda et Apulorum Aecae oppugnatae

milia hostium in his urbibus uiginti quinque capta aut occisa et recepti perfugae trecenti septuaginta; quos cum Romam misisset consul, uirgis in comitio caesi omnes ac de saxo deiecti

haec a Q Fabio intra paucos dies gesta; Marcellum ab gerundis rebus ualetudo aduersa Nolae tenuit

et a praetore Q Fabio, cui circa Luceriam prouincia erat, Acuca oppidum per eos dies ui captum statiuaque ad Ardoneas communita
il console Marcello tornò indietro verso Nola da dove era venuto; l'altro console, Fabio, si diresse verso il Sannio per devastarne i campi e riprendere con le armi le città che erano passate al nemico

Il paese di Caudio nel Sannio fu più di tutti devastato violentemente; i campi furono incendiati in lungo e in largo; fu fatta riccapreda di bestiame e di uomini; le città di Compulteria, Telesia, Compsa, Fagifula e Orbitanio furono prese con la forza; in Lucania fu assalita la città di Blanda, in Apulia la città di Ece

In queste città furono presi ed uccisi venticinquemila nemici e ripresi centosettanta disertori; costoro, rimandati a Roma dal console, furono tutti nel comizio massacrati a colpi di verga e gettati giù dalla rupe Tarpeia

queste furono in pochi giorni le imprese di Fabio; Marcello, invece, dovette fermarsi a Nola a causa di una malattia, che lo mise nell'impossibilità di agire

In quei giorni fu presa con la forza la città di Acuca, da parte del pretore Q Fabio la cui provincia era intorno a Luceria; presso Erdonea furono fortificati gli accampamenti

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dum haec in aliis locis ab Romanis geruntur, iam Tarentum peruenerat Hannibal cum maxima omnium quacunque ierat clade; in Tarentino demum agro pacatum incedere agmen coepit

nihil ibi uiolatum neque usquam uia excessum est, apparebatque non id modestia militum aut ducis nisi ad conciliandos animos Tarentinorum fieri

ceterum cum prope moenibus accessisset, nullo ad conspectum primum agminis, ut rebatur, motu facto castra ab urbe ferme passus mille locat

Tarenti triduo ante quam Hannibal ad moenia accederet a M Ualerio propraetore, qui classi ad Brundisium praeerat, missus M Liuius impigre conscripta iuuentute dispositisque ad omnes portas circaque muros qua res postulabat stationibus, die ac nocte iuxta intentus neque hostibus neque dubiis sociis loci quicquam praebuit ad temptandum(que)
mentre i Romani nei diversi luoghi compivano tali imprese, Annibale era ormai giunto a Taranto, seminando grandi rovine ovunque passava; alla fine l'esercito cartaginese, senza offendere alcuno, cominciò ad attraversare il territorio di Taranto

Qui non vi fu alcuna devastazione, né mai i soldati uscirono di strada; era chiaro che tale comportamento derivava non dalla moderazione dei soldati, ma solo dal proposito di conciliarsi l'animo dei Tarantini

Tuttavia, Annibale collocò l'accampamento a circa mille passi dalla città, dopo essersi avvicinato fin quasi sotto le mura, senza che da parte dei Tarentini si facesse come egli pensava, alcun movimento alla vista prime schiere nemiche

In Taranto tre giorni prima che Annibale si avvicinasse alle mura, M Livio mandato dal propretore M Valerio, che comandava a Brindisi la flotta, aveva in gran fretta arruolato la gioventù ed aveva collocato dei presidi a tutte le porte e a tutte le mura, secondo le necessità; vigilando attentamente di giorno e di notte, non offrì né ai nemici né agli alleati malfidi alcuna possibilità di attaccare
diebus aliquot frustra ibi absumptis Hannibal, cum eorum nemo qui ad lacum Auerni adissent aut ipsi uenirent aut nuntium litterasue mitterent, uana promissa se temere secutum cernens castra inde mouit

tum quoque intacto agro Tarentino quamquam simulata lenitas nihildum profuerat, tamen spe labefactandae fidei haud absistens

Salapiam ut uenit, frumentum ex agris Metapontino atque Heracleensi, iam enim aestas exacta erat et hibernis placebat locus, comportat

praedatum inde Numidae Maurique per Sallentinum agrum proximosque Apuliae saltus dimissi; unde ceterae praedae haud multum, equorum greges maxime abacti, e quibus ad quattuor milia domanda equitibus diuisa
Perciò Annibale, consumati invano alcuni giorni, poiché nessuno di coloro che erano andati da lui al lago d'Averno né si presentava di persona, né si faceva vivo con notizie o lettere, accorgendosi che si era fidato avventatamente di vane promesse, tolse di là il campo

Anche allora lasciò il territorio di Taranto senza devastarlo, poiché, per quanto la sua finta mitezza non gli avesse portato alcun vantaggio, tuttavia, non voleva rinunciare alla speranza di poter scuotere la fedeltà dei Tarentini verso Roma

Come giunse a Salapia Annibale fece recare frumento dal territorio di Metaponto e di Eraclea, poiché, essendo ormai l'estate finita, egli considerava il luogo adatto ai quartieri d'inverno

Di qui i Numidi e i Mauri furono mandati a saccheggiare attraverso l'agro salentino e le vicine alture dell'Apulia; da questi luoghi se non si ricavò molto di altre prede, pure furono condotte via grandissime torme di cavalli, quattromila dei quali furono distribuiti ai cavalieri, perchéfossero domati

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