Annus hic erit insignis novi hominis consulatu, insignis novis duobus magistratibus, praetura et curuli aedilitate; hos sibi patricii quaesiuere honores pro concesso plebi altero consulatu Plebes consulatum L Sextio, cuius lege partus erat, dedit: patres praeturam Sp Furio M Filio Camillo, aedilitatem Cn Qvinctio Capitolino et P Cornelio Scipioni, suarum gentium viris, gratia campestri ceperunt L Sextio collega ex patribus datus L Aemilius Mamercus Principio anni et de Gallis, quos primo palatos per Apuliam congregari iam fama erat, et de Hernicorum defectione agitata mentio |
Questo anno verrà ricordato per il consolato raggiunto da un 'uomo nuovo' e per la creazione di due nuove magistrature, la pretura e l'edilità curule Cariche, queste, che i patrizi pretesero per sé a risarcimento del console concesso alla plebe Quest'ultima assegnò il consolato a Lucio Sestio, grazie alla cui legge esso era stato conquistato: I patrizi invece, in virtù dell'influenza che vantavano in Campo Marzio, ottennero la pretura per Spurio Furio Camillo, figlio di Marco, e l'edilizia per Gneo Quinzio Capitolino e Publio Cornelio Scipione, uomini appartenenti a famiglie della loro classe In qualità di collega di Lucio Sestio venne scelto dai patrizi Lucio Emilio Mamerco All'inizio dell'anno cominciarono a circolare voci circa i Galli (che, in un primo tempo dispersi in Apulia, pareva si stessero riorganizzando in gruppi) e una defezione da parte degli Ernici |
Cum de industria omnia, ne quid per plebeium consulem ageretur, proferrentur, silentium omnium rerum ac iustitio simile otium fuit, nisi quod non patientibus tacitum tribunis quod pro consule uno plebeio tres patricios magistratus curulibus sellis praetextatos tamquam consules sedentes nobilitas sibi sumpsisset, praetorem quidem etiam iura reddentem et collegam consulibus atque iisdem auspiciis creatum, verecundia inde imposita est senatui ex patribus iubendi aediles curules creari Primo ut alternis annis ex plebe fierent conuenerat: postea promiscuum fuit Inde L Genucio et Q Servilio consulibus et ab seditione et a bello quietis rebus, ne quando a metu ac periculis vacarent, pestilentia ingens orta |
Visto che i patrizi cercavano a bella posta di rimandare ogni iniziativa per evitare che il console plebeo entrasse in azione, la calma generale dette l'impressione che fosse stata proclamata la sospensione dell'attività giudiziaria; senonché i tribuni non erano disposti a tollerare in silenzio che i nobili, a fronte di un unico console plebeo, si fossero assicurati tre magistrati patrizi che indossavano la pretesta e sedevano sugli scanni curuli quasi fossero consoli, e che il pretore amministrasse addirittura la giustizia e fosse stato eletto alla stregua di un collega dei consoli, con i medesimi auspici: per cui il senato non se la sentì di ordinare che gli edili venissero scelti tra i patrizi Così, in un primo tempo, si concordò di nominare, ad anni alterni, edili di provenienza plebea In séguito l'elezione avvenne senza distinzioni Il consolato successivo toccò a Lucio Genucio e Quinto Servilio La pace non era minacciata né da scontri tra fazioni né da guerre Ma, come se i Romani non potessero mai essere liberi da paure e da minacce incombenti, ecco che scoppiò una terribile pestilenza |
Censorem, aedilem curulem, tres tribunos plebis mortuos ferunt, pro portione et ex multitudine alia multa funera fuisse; maximeque eam pestilentiam insignem mors quam matura tam acerba M Furi fecit Fuit enim uere vir unicus in omni fortuna, princeps pace belloque priusquam exsulatum iret, clarior in exsilio, vel desiderio civitatis quae capta absentis implorauit opem vel felicitate qua restitutus in patriam secum patriam ipsam restituit; par deinde per quinque et viginti annos -- tot enim postea uixit -- titulo tantae gloriae fuit dignusque habitus quem secundum a Romulo conditorem urbis Romanae ferrent Et hoc et insequenti anno C Sulpicio Petico C Licinio Stolone consulibus pestilentia fuit |
Le fonti riferiscono che morirono un censore, un edile curule e tre tribuni della plebe, e che il numero delle vittime nel resto della popolazione fu analogamente elevato Ma ciò che rese degna di menzione qvella pestilenza fu la morte di Marco Furio, dolorosissima per tutti non ostante lo avesse raggiunto in età molto avanzata Egli fu infatti uomo assolutamente impareggiabile in qualunque circostanza della vita Eccezionale tanto in pace quanto in guerra prima di essere bandito da Roma, si distinse ancor più nei giorni dell'esilio: lo testimoniano sia il rimpianto di un'intera città che, una volta caduta in mani nemiche, ne implorò l'intervento mentre era assente, sia il trionfo con il quale, riammesso in patria, ristabilì nel contempo le proprie sorti e il destino della patria stessa Mantenutosi poi per venticinque anni - quanti ancora ne visse da qvel giorno - all'altezza di una simile fama, fu ritenuto degno di essere nominato secondo fondatore di Roma dopo Romolo La pestilenza infuriò tanto in questo quanto nell'anno successivo, durante il consolato di Gaio Sulpicio Petico e Gaio Licinio Stolone |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 21; 11-20
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 21; 11-20
Eo nihil dignum memoria actum, nisi quod pacis deum exposcendae causa tertio tum post conditam urbem lectisternium fuit Et cum uis morbi nec humanis consiliis nec ope diuina levaretur, uictis superstitione animis ludi quoque scenici, noua res bellicoso populo -- nam circi modo spectaculum fuerat -- inter alia caelestis irae placamina instituti dicuntur; ceterum parua quoque, ut ferme principia omnia, et ea ipsa peregrina res fuit Sine carmine ullo, sine imitandorum carminum actu ludiones ex Etruria acciti, ad tibicinis modos saltantes, haud indecoros motus more Tusco dabant Imitari deinde eos iuventus, simul inconditis inter se iocularia fundentes versibus, coepere; nec absoni a voce motus erant |
Di conseguenza non accadde nulla che sia degno di essere menzionato, se non il fatto che, proprio per placare l'ira degli dèi, venne celebrato un lettisternio, il terzo dalla fondazione di Roma Ma siccome non c'erano iniziative umane né aiuti divini che riuscissero a frenare la violenza dell'epidemia, mentre già gli animi erano in preda alla superstizione, si dice che tra i tanti tentativi fatti per placare l'ira dei celesti vennero anche istituiti degli spettacoli teatrali, fatto del tutto nuovo per un popolo di guerrieri i cui unici intrattenimenti erano stati fino ad allora i giochi del circo Ma a dir la verità si trattò anche di una cosa modesta, come per lo più accade all'inizio di ogni attività, e per giunta importata dall'esterno Senza parti in poesia, senza gesti che riproducessero i canti, degli istrioni fatti venire dall'Etruria danzavano al ritmo del flauto, con movenze non scomposte e caratteristiche del mondo etrusco In séguito i giovani cominciarono a imitarli, lanciandosi nel contempo delle battute reciproche con versi rozzi e muovendosi in accordo con le parole |
Accepta itaque res saepiusque usurpando excitata Vernaculis artificibus, quia ister Tusco verbo ludio vocabatur, nomen histrionibus inditum; qui non, sicut ante, Fescennino versu similem incompositum temere ac rudem alternis iaciebant sed impletas modis saturas descripto iam ad tibicinem cantu motuque congruenti peragebant Livius post aliquot annis, qui ab saturis ausus est primus argumento fabulam serere, idem scilicet -- id quod omnes tum erant -- suorum carminum actor, dicitur, cum saepius revocatus vocem obtudisset, venia petita puerum ad canendum ante tibicinem cum statuisset, canticum egisse aliquanto magis vigente motu quia nihil uocis usus impediebat Inde ad manum cantari histrionibus coeptum diverbiaque tantum ipsorum voci relicta |
Qvel divertimento entrò così nell'uso, e fu praticato sempre più frequentemente Agli attori professionisti nati a Roma venne dato il nome di istrioni, da ister che in lingua etrusca vuol dire attore Essi non si scambiavano più, come un tempo, versi rozzi e improvvisati simili al Fescennino, ma rappresentavano satire ricche di vari metri, eseguendo melodie scritte ora per l'accompagnamento del flauto e compiendo gesti appropriati Livio fu il primo, alcuni anni dopo, ad abbandonare la satira e ad avventurarsi nella composizione di un'opera dotata di trama unitaria Attore egli stesso delle proprie opere - come allora erano tutti -, pare che, colpito da un abbassamento di voce per le ripetute chiamate in scena, dopo aver chiesto e ottenuto di far cantare un ragazzo davanti al flautista, eseguì la sua monodia con gesti di gran lunga più espressivi proprio perché non era impedito dal dover usare la voce Da allora gli attori cominciarono ad accompagnare le parti cantate con gesti, riservando all'uso della voce soltanto le parti dialogate |
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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 35; 36 - 40
Postquam lege hac fabularum ab risu ac soluto ioco res avocabatur et ludus in artem paulatim verterat, iuventus histrionibus fabellarum actu relicto ipsa inter se more antiquo ridicula intexta versibus iactitare coepit; unde exorta quae exodia postea appellata consertaque fabellis potissimum Atellanis sunt; quod genus ludorum ab Oscis acceptum tenuit iuventus nec ab histrionibus pollui passa est; eo institutum manet, ut actores Atellanarum nec tribu moueantur et stipendia, tamquam expertes artis ludicrae, faciant Inter aliarum parua principia rerum ludorum quoque prima origo ponenda uisa est, ut appareret quam ab sano initio res in hanc uix opulentis regnis tolerabilem insaniam venerit |
Ma quando, grazie a questo tipo di messe in scena, la rappresentazione si scostò dallo scherzo spontaneo e dal lazzo gratuito e il teatro si trasformò a poco a poco in una manifestazione artistica, la gioventù abbandonò le recite agli attori di professione e riprese l'abitudine di un tempo scambiando rozze battute in versi Di qui nacqvero qvelle che in séguito vennero chiamate farse finali e per lo più aggiunte alle Atellane Queste ultime, un tipo di rappresentazione importato dagli Osci, i giovani romani le tennero per sé e non permisero che fossero contaminate dagli attori professionisti Di qui la norma per cui gli attori di Atellane non possono essere rimossi dalla tribù di appartenenza e prestano servizio militare, come se non avessero rapporti con il mondo della scena Tra gli inizi modesti di molte altre cose è parso opportuno collocare anche i primi passi del teatro, perché si potesse vedere quanto fossero sobri i primordi di un'arte che al giorno d'oggi ha raggiunto tali vertici di scostumatezza da essere a malapena tollerata anche in regni ricchissimi |
Nec tamen ludorum primum initium procurandis religionibus datum aut religione animos aut corpora morbis leuauit; quin etiam, cum medios forte ludos circus Tiberi superfuso inrigatus impedisset, id vero, velut aversis iam dis aspernantibusque placamina irae, terrorem ingentem fecit Itaque Cn Genucio L Aemilio Mamerco iterum consulibus, cum piaculorum magis conquisitio animos quam corpora morbi adficerent, repetitum ex seniorum memoria dicitur pestilentiam quondam clauo ab dictatore fixo sedatam Ea religione adductus senatus dictatorem claui figendi causa dici iussit; dictus L Manlius Imperiosus L Pinarium magistrum equitum dixit |
Tuttavia neppure l'introduzione degli spettacoli teatrali destinata a placare l'ira degli dèi riuscì a liberare le menti dalla superstizione o i corpi dal contagio Tutt'altro Proprio mentre gli spettacoli erano in pieno svolgimento, uno straripamento del Tevere rese impraticabile il Circo Massimo, il che causò il panico, come se gli dèi avessero ormai voltato le spalle e disprezzassero i tentativi fatti per placare la loro ira E così, durante il consolato di Gneo Genucio e di Lucio Emilio Mamerco (entrambi eletti per la seconda volta), dato che la ricerca di rimedi praticabili preoccupava le menti più di quanto la pestilenza non stremasse i corpi, si dice che i cittadini più anziani richiamassero alla memoria il fatto di una pestilenza un tempo placata da un chiodo infisso dal dittatore E il senato, spinto da questa credenza, ordinò di nominare un dittatore al fine di piantare il chiodo La scelta cadde su Lucio Manlio Imperioso il quale si scelse come maestro di cavalleria Lucio Pinario |
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Lex vetusta est, priscis litteris verbisque scripta, ut qui praetor maximus sit idibus Septembribus clavum pangat; fixa fuit dextro lateri aedis Iouis optimi maximi, ex qua parte Mineruae templum est Eum clavum, quia rarae per ea tempora litterae erant, notam numeri annorum fuisse ferunt eoque Mineruae templo dicatam legem quia numerus Mineruae inventum sit -- Volsiniis quoque clauos indices numeri annorum fixos in templo Nortiae, Etruscae deae, comparere diligens talium monumentorum auctor Cincius adfirmat -- M Horatius consul ea lege templum Iouis optimi maximi dedicauit anno post reges exactos; a consulibus postea ad dictatores, quia maius imperium erat, sollemne claui figendi translatum est |
C'è un'antica legge, scritta con parole e caratteri arcaici, la quale stabilisce che il più alto magistrato in carica pianti un chiodo alle idi di Settembre Questa legge era affissa sul lato destro del tempio di Giove Ottimo Massimo, nel punto in cui c'è il santuario di Minerva Data la rarità della scrittura in quei tempi, pare che il chiodo servisse per segnare il numero degli anni e che la legge fosse stata consacrata nel santuario di Minerva perché il numero è un'invenzione della dea Lo storico Cincio, attento studioso di qvel tipo di testimonianze, afferma che anche a Volsinii nel tempio della dea etrusca Nortia si possono ancora vedere dei chiodi piantati per indicare il numero degli anni Il console Marco Orazio, attenendosi a qvella legge, consacrò il tempio di Giove Ottimo Massimo l'anno successivo alla cacciata dei re In séguito la cerimonia solenne del piantare il chiodo passò dai consoli ai dittatori, in quanto rappresentavano un'autorità più alta |
Intermisso deinde more digna etiam per se uisa res propter quam dictator crearetur Qua de causa creatus L Manlius, perinde ac rei gerendae ac non soluendae religionis gratia creatus esset, bellum Hernicum adfectans dilectu acerbo iuventutem agitauit; tandemque omnibus in eum tribunis plebis coortis seu ui seu uerecundia uictus dictatura abiit Neque eo minus principio insequentis anni, Q Servilio Ahala L Genucio consulibus, dies Manlio dicitur a M Pomponio tribuno plebis |
Col passare del tempo l'usanza era stata abbandonata Ciò non ostante in qvel periodo sembrò essere di per se stessa motivo sufficiente per la nomina di un dittatore Per tale ragione venne eletto Lucio Manlio il quale, come se fosse stato nominato per condurre una guerra e non per assecondare una semplice superstizione, aspirando a portare guerra agli Ernici, suscitò il malcontento dei giovani bandendo una leva che non ammetteva esclusioni Ma alla fine, quando tutti i tribuni della plebe insorsero uniti contro di lui, si lasciò piegare dalla forza o dalla vergogna e rinunciò alla dittatura Tuttavia, all'inizio dell'anno seguente, durante il consolato di Quinto Servilio Aala e di Lucio Genucio, il tribuno della plebe Marco Pomponio non ebbe esitazioni a citare in giudizio Lucio Manlio |
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Acerbitas in dilectu, non damno modo ciuium sed etiam laceratione corporum lata, partim virgis caesis qui ad nomina non respondissent, partim in vincula ductis, inuisa erat, et ante omnia inuisum ipsum ingenium atrox cognomenque Imperiosi, graue liberae ciuitati, ab ostentatione saeuitiae adscitum quam non magis in alienis quam in proximis ac sanguine ipse suo exerceret Criminique ei tribunus inter cetera dabat quod filium iuvenem nullius probri compertum, extorrem urbe, domo, penatibus, foro, luce, congressu aequalium prohibitum, in opus servile, prope in carcerem atque in ergastulum dederit, ubi summo loco natus dictatorius iuvenis cotidiana miseria disceret uere imperioso patre se natum esse At quam ob noxam |
Il risentimento nei suoi confronti era dovuto alla severità dimostrata nella leva, per la quale i cittadini avevano subito non solo ammende pecuniarie ma anche violenze fisiche, alcuni essendo stati frustati per non aver risposto alla chiamata, altri essendo stati gettati in carcere Ma ciò che più irritava erano la crudeltà del carattere e il suo soprannome, Imperioso: era offensivo per un paese libero ed era stato assunto come ostentazione della ferocia da lui mostrata tanto nei confronti di estranei quanto verso gli amici più cari e i membri della sua stessa famiglia Tra le altre imputazioni il tribuno lo accusava del comportamento tenuto nei riguardi del figlio: quest'ultimo, benché non fosse stato riconosciuto colpevole di alcun reato, era stato bandito da Roma, dalla casa paterna e dai penati; Manlio lo aveva allontanato dal foro, privato della luce del giorno e della compagnia dei coetanei, costretto a un lavoro da schiavo, come in un carcere, in un ergastolo, dove un giovane di nobili natali e figlio di un dittatore potesse apprendere dalla quotidiana sofferenza quanto fosse veramente imperioso il padre che l'aveva generato E quale era stata la sua colpa |