Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 16-30, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 16-30

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 01, 16-30
Clauso eo cum omnium circa finitimorum societate ac foederibus iunxisset animos, positis externorum periculorum curis, ne luxuriarent otio animi quos metus hostium disciplinaque militaris continuerat, omnium primum, rem ad multitudinem imperitam et illis saeculis rudem efficacissimam, deorum metum iniciendum ratus est

Qui cum descendere ad animos sine aliquo commento miraculi non posset, simulat sibi cum dea Egeria congressus nocturnos esse; eius se monitu quae acceptissima dis essent sacra instituere, sacerdotes suos cuique deorum praeficere
Numa lo chiuse dopo essersi assicurato con trattati di alleanza la buona disposizione di tutte le popolazioni limitrofe ed eliminando le preoccupazioni di pericoli provenienti dall'esterno; così facendo, però, si correva il rischio che animi resi vigili dalla disciplina militare e dalla continua paura del nemico si rammollissero in un ozio pericoloso; per evitarlo, egli pensò che la prima cosa da fare fosse instillare in essi il timore reverenziale per gli dèi, espediente efficacissimo nei confronti di una massa ignorante e ancora rozza in quei primi anni

Dato che non poteva penetrare nelle loro menti senza far ricorso a qualche racconto prodigioso, si inventò di avere degli incontri notturni con la dea Egeria e riferì che quest'ultima lo aveva esortato a istituire dei rituali sacri particolarmente graditi agli dèi, nonché a preporre a ciascuno di essi certi officianti specifici
Atque omnium primum ad cursus lunae in duodecim menses discribit annum; quem quia tricenos dies singulis mensibus luna non explet desuntque sex dies solido anno qui solstitiali circumagitur orbe, intercalariis mensibus interponendis ita dispensavit, ut vicesimo anno ad metam eandem solis unde orsi essent, plenis omnium annorum spatiis dies congruerent

Idem nefastos dies fastosque fecit quia aliquando nihil cum populo agi utile futurum erat

[20] Tum sacerdotibus creandis animum adiecit, quamquam ipse plurima sacra obibat, ea maxime quae nunc ad Dialem flaminem pertinent
Prima di tutto, basandosi sul corso della luna, divide l'anno in dodici mesi; ma dato che i singoli mesi lunari non si compongono di trenta giorni e che ce ne sono undici di differenza rispetto a un intero anno calcolato in base alla rivoluzione del sole, egli aggiunse dei mesi intercalari in maniera tale che il ventesimo anno si trovassero rispetto al sole nella stessa posizione dalla quale erano partiti e che così la durata di tutti gli anni tornasse perfettamente

Stabilì anche i giorni fasti e quelli nefasti, poiché sarebbe stato utile, di quando in quando, sospendere ogni attività pubblica

[20] Quindi rivolse la sua attenzione ai sacerdoti: bisognava nominarli, nonostante egli stesso fosse preposto a parecchi riti sacri, soprattutto quelli che oggi sono di competenza del flamine Diale
Sed quia in civitate bellicosa plures Romuli quam Numae similes reges putabat fore iturosque ipsos ad bella, ne sacra regiae vicis desererentur flaminem Iovi adsiduum sacerdotem creavit insignique eum ueste et curuli regia sella adornavit

Huic duos flamines adiecit, Marti unum, alterum Quirino, virginesque Vestae legit, Alba oriundum sacerdotium et genti conditoris haud alienum

His ut adsiduae templi antistites essent stipendium de publico statuit; virginitate aliisque caerimoniis venerabiles ac sanctas fecit
Ma poiché riteneva che in un paese bellicoso i re del futuro sarebbero stati più simili a Romolo che non a Numa e sarebbero andati di persona a combattere, non voleva che passassero in secondo piano le attribuzioni sacerdotali del re, quindi designò un flamine a sacerdote unico e perpetuo di Giove, dotandolo di una veste speciale e della sedia curule, simbolo dell'autorità regale

A lui aggiunse altri due flamini, uno per Marte e uno per Quirino; inoltre sceglie delle vergini da porre al servizio di Vesta, sacerdozio questo di origine albana e in qualche modo connesso con la famiglia del fondatore

Per permettere loro di dedicarsi esclusivamente al servizio del tempio, fece assegnare a esse uno stipendio dallo stato e, a causa della verginità e di altre cerimonie rituali, le rese sacre e inviolabili

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 39; 06 - 10
Livio, Ab urbe condita: Libro 39; 06 - 10

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 39; 06 - 10

Salios item duodecim Marti Gradiuo legit, tunicaeque pictae insigne dedit et super tunicam aeneum pectori tegumen; caelestiaque arma, quae ancilia appellantur, ferre ac per urbem ire canentes carmina cum tripudiis sollemnique saltatu iussit

Pontificem deinde Numam Marcium Marci filium ex patribus legit eique sacra omnia exscripta exsignataque attribuit, quibus hostiis, quibus diebus, ad quae templa sacra fierent, atque unde in eos sumptus pecunia erogaretur
Scelse anche dodici Salii per Marte Gradivo e garantì loro la possibilità di distinguersi vestendo una tunica ricamata e provvista di una placca di bronzo sul petto; inoltre ordinò loro di portare gli scudi caduti dal cielo (noti come ancilia) e di compiere processioni in città cantando inni accompagnati da solenni passi di danza in tre tempi

Poi nomina pontefice un senatore, Numa Marcio, figlio di Marcio, cui fornisce dettagliate istruzioni scritte per tutte le cerimonie sacre: i tipi di vittime, i giorni prescritti, i templi in cui celebrare i vari riti e le risorse cui fare capo per mantenerne le spese
Cetera quoque omnia publica priuataque sacra pontificis scitis subiecit, ut esset quo consultum plebes veniret, ne quid divini iuris neglegendo patrios ritus peregrinosque adsciscendo turbaretur; nec caelestes modo caerimonias, sed iusta quoque funebria placandosque manes ut idem pontifex edoceret, quaeque prodigia fulminibus alIove quo visu missa susciperentur atque curarentur

Ad ea elicienda ex mentibus divinis Iovi Elicio aram in Aventino dicavit deumque consuluit auguriis, quae suscipienda essent
Subordinò all'autorità del pontefice anche tutte le altre cerimonie di natura pubblica e privata, in modo tale che la gente comune avesse un qualche punto di riferimento e che nessun elemento della sfera religiosa dovesse subire alterazioni di sorta, dovute a negligenze dei riti nazionali o all'adozione di culti di importazione; inoltre il pontefice doveva diventare un esperto e attento interprete non solo delle cerimonie legate alle divinità celesti, ma anche delle pratiche funerarie, di quelle di propiziazione dei mani e dell'interpretazione dei presagi legati ai fulmini o ad altre manifestazioni

Per desumere questi mistici segreti dallo spirito dei numi, innalzò sull'Aventino un altare in onore di Giove Eliio e fece consultare il dio attraverso degli auguri per vedere di quali prodigi si dovesse tener conto

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 48-52
Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 48-52

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 04, 48-52

[21] Ad haec consultanda procurandaque multitudine omni a vi et armis conversa, et animi aliquid agendo occupati erant, et deorum adsidua insidens cura, cum interesse rebus humanis caeleste numen videretur, ea pietate omnium pectora imbuerat ut fides ac ius iurandum [proximo] legum ac poenarum metu civitatem regerent

Et cum ipsi se homines in regis velut unici exempli mores formarent, tum finitimi etiam populi, qui antea castra non urbem positam in medio ad sollicitandam omnium pacem crediderant, in eam verecundiam adducti sunt, ut civitatem totam in cultum versam deorum violari ducerent nefas

Lucus erat quem medium ex opaco specu fons perenni rigabat aqua
[21] L'attenzione per questi fenomeni celesti e la loro continua ricerca avevano distolto il popolo intero dalla violenza delle armi, fornendogli sempre qualcosa con cui tenere occupata la mente: il pensiero incessante della presenza divina e l'impressione che le potenze ultraterrene partecipassero dei casi umani avevano permeato di pietà religiosa gli animi così profondamente che la città era governata più dal rispetto per la solennità della fede che dalla paura suscitata dalle leggi e dalle pene

E come in città i sudditi uniformavano il proprio comportamento a quello del re, in qualità di unico esempio a loro disposizione, allo stesso modo anche i popoli vicini, che in passato avevano sempre visto Roma non come una città ma come un accampamento situato in mezzo a loro e destinato a destabilizzare la pace di tutti, cominciarono a nutrire per Roma una venerazione tale da considerare una violazione sacrilega attaccare un centro urbano così integralmente votato al culto degli dèi

C'era un bosco con al centro una grotta buia dalla quale sprigionava una fonte di acqua perenne
Quo quia se persaepe Numa sine arbitris velut ad congressum deae inferebat, Camenis eum lucum sacravit, quod earum ibi concilia cum coniuge sua Egeria essent

Et [soli] Fidei sollemne instituit

Ad id sacrarium flamines bigis curru arcuato vehi iussit manuque ad digitos usque inuoluta rem divinam facere, significantes fidem tutandam sedemque eius etiam in dexteris sacratam esse

Multa alia sacrificia locaque sacris faciendis quae Argeos pontifices vocant dedicavit

Omnium tamen maximum eius operum fuit tutela per omne regni tempus haud minor pacis quam regni

Ita duo deinceps reges, alius alia via, ille bello, hic pace, civitatem auxerunt

Romulus septem et triginta regnavit annos, Numa tres et quadraginta
Poiché Numa vi si recava spessissimo senza testimoni e diceva di avere là i suoi appuntamenti con la dea, consacrò il bosco alle Camene sostenendo che queste ultime si vedevano in quella radura con la sua consorte Egeria

Istituì anche un culto solenne in onore della Fides

Prescrisse che i Flamini si recassero a questo santuario con un carro coperto trainato da due cavalli e che celebrassero la cerimonia con le mani coperte fino alle dita, per indicare che la Fides non deve essere violata e che ha il suo santuario anche nella mano destra

Stabilì inoltre molti altri culti sacrificali e i luoghi a essi demandati, luoghi cui i pontefici diedero il nome di Argei

Tuttavia, tra tutti i servizi resi allo Stato, il più significativo fu questo: per l'intera durata del suo regno, consacrò ogni attenzione non meno a mantenere la pace che a tutelare il paese

Così, due re di séguito, anche se ciascuno per strade diverse, l'uno infatti con la pace, l'altro con la guerra, contribuirono ala grandezza di Roma

Romolo regnò trentasette anni, Numa quarantatré

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 21; 31-40
Livio, Ab urbe condita: Libro 21; 31-40

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 21; 31-40

Cum ualida tum temperata et belli et pacis artibus erat civitas

[22] Numae morte ad interregnum res rediit

Inde Tullum Hostilium, nepotem Hostili, cuius in infima arce clara pugna adversus Sabinos fuerat, regem populus iussit; patres auctores acti

Hic non solum proximo regi dissimilis sed ferocior etiam quam Romulus fuit

Cum aetas viresque tum avita quoque gloria animum stimulabat

Senescere igitur civitatem otio ratus undique materiam excitandi belli quaerebat

Forte evenit ut agrestes Romani ex Albano agro, Albani ex Romano praedas in vicem agerent

Imperitabat tum Gaius Cluilius Albae

Utrimque legati fere sub idem tempus ad res repetendas missi
E Roma, tanto in caso di guerra quanto nella normalità della pace, non aveva più problemi di organizzazione interna e di esperienza

[22] Alla morte di Numa si tornò a un interregno

Poi il popolo elesse re - e il senato ratificò l'elezione - Tullo Ostilio, nipote di quell'Ostilio che si era distinto nella battaglia contro i Sabini ai piedi della cittadella

Il nuovo re non solo fu diversissimo rispetto al suo predecessore, ma fu anche più bellicoso di Romolo

La giovane età e la forza, unite all'aspirazione alla gloria ereditata dal nonno, erano un incentivo al suo ardore

Così, pensando che l'inattività prolungata avrebbe irreparabilmente sfiancato Roma, cercava dovunque pretesti per scatenare la guerra

Per puro caso successe che dei contadini romani andarono a fare razzia di bestiame in territorio albano e quelli della campagna di Alba gli restituirono subito il favore compiendo la stessa prodezza

In quell'epoca Alba era governata da Gaio Cluilio

Entrambe le parti in causa mandarono contemporaneamente degli inviati per riavere il maltolto
Tullus praeceperat suis ne quid prius quam mandata agerent; satis sciebat negaturum Albanum; ita pie bellum indici posse

Ab Albanis socordius res acta; excepti hospitio ab Tullo blande ac benigne, comiter regis conuiuium celebrant

Tantisper Romani et res repetiuerant priores et neganti Albano bellum in tricesimum diem indixerant

Haec renuntiant Tullo

Tum legatis Tullus dicendi potestatem quid petentes venerint facit

Illi omnium ignari primum purgando terunt tempus: se inuitos quicquam quod minus placeat Tullo dicturos, sed imperio subigi; res repetitum se venisse; ni reddantur bellum indicere iussos
Tullo aveva ordinato ai suoi di compiere prima di tutto la loro missione; era convinto che avrebbe ottenuto un rifiuto, in tal caso sarebbe stato suo diritto dichiarare guerra

I rappresentanti di Alba agirono invece con maggiore flemma; ricevuti con amabile cortesia da Tullo, onorano con simpatia il banchetto offerto dal re

Nel frattempo quelli di parte romana li avevano presi sul tempo: la richiesta di risarcimento era già stata presentata; di fronte a un secco rifiuto da parte albana avevano quindi avanzato una dichiarazione di guerra con decorrenza di lì a trenta giorni

Di ritorno a Roma ne riferiscono a Tullo

Questi allora invita i delegati albani a chiarire il motivo della loro missione

Ed essi, non essendo al corrente di nulla, cominciano perdendo tempo in formalità; si scusarono di dover pronunciare parole probabilmente spiacevoli alle orecchie di Tullo, ma dissero che gli ordini erano ordini; sostennero di esser venuti a rivendicare il maltolto e che gli era stato ingiunto di dichiarare guerra in caso di rifiuto

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 35; 06 - 10
Livio, Ab urbe condita: Libro 35; 06 - 10

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 35; 06 - 10

Ad haec Tullus 'Nuntiate' inquit, 'regi uestro regem Romanum deos facere testes, uter prius populus res repetentes legatos aspernatus dimiserit, ut in eum omnes expetant huiusce clades belli'

[23] Haec nuntiant domum Albani

Et bellum utrimque summa ope parabatur, civili simillimum bello, prope inter parentes natosque, Troianam utramque prolem, cum Lavinium ab Troia, ab Lavinio Alba, ab Albanorum stirpe regum oriundi Romani essent

Euentus tamen belli minus miserabilem dimicationem fecit, quod nec acie certatum est et tectis modo dirutis alterius urbis duo populi in unum confusi sunt

Albani priores ingenti exercitu in agrum Romanum impetum fecere
A queste parole Tullo replicò: Andate dal vosro re e ditegli che il re di Roma chiama in causa gli dèi a testimoniare quale dei due popoli abbia per primo sdegnosamente congedato gli ambasciatori inviati a rivendicare quanto razziato, in modo tale che facciano ricadere su di lui tutti i disastri di questa guerra

[23] I rappresentanti di Alba se ne tornano indietro a riferire questa risposta

Entrambi i popoli si preparano con grandissimo ardore alla guerra, che si presentava come una vera e propria guerra civile, addirittura quasi uno scontro tra padri e figli: gli uni e gli altri erano di origine troiana in quanto Lavinio era stata fondata da Troia, Alba da Lavinio e i Romani discendevano dai re albani

Tuttavia l'esito della guerra rese lo scontro meno deplorevole: infatti non si combatterono battaglie e, quando le abitazioni di una sola delle due città furono distrutte, i due popoli si fusero in uno

Gli Albani scesero in campo per primi e invasero il territorio romano con un massiccio schieramento di forze

Maybe you might be interested

Livio, Ab urbe condita: Libro 23; 31-40
Livio, Ab urbe condita: Libro 23; 31-40

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 23; 31-40

Livio, Ab urbe condita: Libro 27; 11 - 12
Livio, Ab urbe condita: Libro 27; 11 - 12

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 27; 11 - 12

Livio, Ab urbe condita: Livio 37; 56 - 60
Livio, Ab urbe condita: Livio 37; 56 - 60

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Livio 37; 56 - 60

Livio, Ab urbe condita: Libro 21; 01-10

Livio, Ab urbe condita: Libro 29; 18 - 20

Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 15 - 30

Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 01-15

Livio, Ab urbe condita: Libro 21; 11-20

Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 01 - 04