Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 01, 16-30
Centuriones armati Mettium circumsistunt; rex cetera ut orsus erat peragit: 'Quod bonum faustum felixque sit populo Romano ac mihi vobisque, Albani, populum omnem Albanum Romam traducere in animo est, civitatem dare plebi, primores in patres legere, unam urbem, unam rem publicam facere; ut ex uno quondam in duos populos divisa Albana res est, sic nunc in unum redeat' Ad haec Albana pubes, inermis ab armatis saepta, in variis voluntatibus communi tamen metu cogente, silentium tenet Tum Tullus 'Metti Fufeti' inquit, 'si ipse discere posses fidem ac foedera seruare, uiuo tibi ea disciplina a me adhibita esset; nunc quoniam tuum insanabile ingenium est, at tu tuo supplicio doce humanum genus ea sancta credere quae a te violata sunt |
Quindi i centurioni, armi alla mano, circondano Mezio, mentre il re, con lo stesso tono con cui aveva iniziato, riprese: Che la prosperità e la buona sorte siano col popolo romano, con me e anche con voi, o Albani; è mia intenzione trasferire tutta la gente di Alba a Roma, concedere la cittadinanza alle classi subalterne, eleggere senatori i nobili e avere una sola città e un solo stato; come un tempo la civiltà albana fu divisa in due popoli, possa oggi riacquistare la sua unità A queste parole, i giovani albani, disarmati e circondati da armati, benché divisi nelle reazioni individuali al discorso, erano tuttavia uniti nel silenzio dovuto alla paura unanime Allora Tullo disse: Mezio Fufezio, se tu fossi in grado di apprendere la lealtà e il rispeto dei trattati, ti lascerei in vita e potresti venire a lezione da me;ma siccome la tua è una disposizione caratteriale immodificabile, col tuo supplizio insegna al genere umano a mantenere i sacri vincoli che hai violato |
Ut igitur paulo ante animum inter Fidenatem Romanamque rem ancipitem gessisti, ita iam corpus passim distrahendum dabis' Exinde duabus admotis quadrigis, in currus earum distentum inligat Mettium; deinde in diuersum iter equi concitati, lacerum in utroque curru corpus, qua inhaeserant uinculis membra, portantes avertere omnes ab tanta foeditate spectaculi oculos Primum ultimumque illud supplicium apud Romanos exempli parum memoris legum humanarum fuit: in aliis gloriari licet nulli gentium mitiores placuisse poenas [29] Inter haec iam praemissi Albam erant equites qui multitudinem traducerent Romam Legiones deinde ductae ad diruendam urbem |
Pertanto, come poco fa la tua mente era divisa tra Fidene e Roma, ora tocca al tuo corpo essere diviso;quindi chiede due quadrighe e vi fa legare Mezio teso nel mezzo Poi incita i cavalli in direzioni diverse: ciascun carro si trascinò via pezzi del corpo maciullato, rimasti attaccati ai lacci che lo vincolavano da ambo le parti Tutti distolsero lo sguardo da uno spettacolo così orribile Quella fu la prima e ultima volta che i Romani ricorsero a un tipo di pena contraria a ogni umana legge; per il resto possiamo infatti vantarci di non essere secondi a nessun popolo nella clemenza delle pene inflitte [29] Frattanto, vennero mandati ad Alba dei cavalieri per trasferire a Roma la popolazione A essi seguirono poi le legioni per distruggere la città |
Quae ubi intravere portas, non quidem fuit tumultus ille nec pavor qualis captarum esse urbium solet, cum effractis portis stratisue ariete muris aut arce vi capta clamor hostilis et cursus per urbem armatorum omnia ferro flammaque miscet; sed silentium triste ac tacita maestitia ita defixit omnium animos, ut prae metu obliti quid relinquerent, quid secum ferrent deficiente consilio rogitantesque alii alios, nunc in liminibus starent, nunc errabundi domos suas ultimum illud visuri peruagarentur | Quando ne superarono le porte, non ci fu, a dire il vero, quel fuggi fuggi terrorizzato che è classico delle città conquistate, quando il nemico fa breccia negli ingressi, abbatte le mura a colpi d'ariete, assalta la cittadella e poi dilaga per le strade mettendo ogni cosa a ferro e fuoco in un boato di urla e di armi; niente di tutto questo: solo un lugubre silenzio e un dolore senza voce; tutti erano così depressi che, in balia della paura, non avevano più la lucidità di decidere cosa abbandonare lì e cosa portarsi dietro e si interpellavano a vicenda ora immobili di fronte alle porte, ora in un abulico vagare dentro le case che avrebbero visto per l'ultima volta |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 23; 31-40
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 23; 31-40
Ut vero iam equitum clamor exire iubentium instabat, iam fragor tectorum quae diruebantur ultimis urbis partibus audiebatur puluisque ex distantibus locis ortus velut nube inducta omnia impleverat, raptim quibus quisque poterat elatis, cum larem ac penates tectaque in quibus natus quisque educatusque esset relinquentes exirent, iam continens agmen migrantium impleverat vias, et conspectus aliorum mutua miseratione integrabat lacrimas, vocesque etiam miserabiles exaudiebantur, mulierum praecipue, cum obsessa ab armatis templa augusta praeterirent ac velut captos relinquerent deos Egressis urbe Albanis Romanus passim publica priuataque omnia tecta adaequat solo, unaque hora quadringentorum annorum opus quibus Alba steterat excidio ac ruinis dedit Templis tamen deum - ita enim edictum ab rege fuerat - temperatum est |
Poi, quando ormai i cavalieri gli urlavano di sbrigarsi a uscire, quando già si iniziava a sentire il fragore delle prime case demolite nei sobborghi e il polverone dei crolli nei quartieri lontani aveva coperto ogni cosa come una nuvola bassa e diffusa, allora ciascuno cercava di afferrare ciò che poteva uscendo dalla casa in cui era nato e cresciuto e in cui doveva lasciare lari e penati; subito le strade si riempirono di una fila interminabile di sfollati i quali, specchiandosi nello stato miserando dei propri consanguinei, ricominciarono a piangere e urla strazianti di dolore (erano soprattutto donne) si levarono quando passarono davanti ai templi piantonati dai soldati armati in quanto sembrò loro di lasciare le divinità in mano al nemico I Romani fanno uscire gli Albani dalla città e poi radono al suolo tutti gli edifici, pubblici e privati, e in un'ora soltanto azzerano i quattrocento anni di storia che Alba aveva alle spalle L'unica cosa risparmiata, secondo le disposizioni del re, furono i templi |
[30] Roma interim crescit Albae ruinis Duplicatur civium numerus; Caelius additur urbi mons, et quo frequentius habitaretur eam sedem Tullus regiae capit ibique habitavit Principes Albanorum in patres ut ea quoque pars rei publicae cresceret legit, Iulios, Seruilios, Quinctios, Geganios, Curiatios, Cloelios; templumque ordini ab se aucto curiam fecit quae Hostilia usque ad patrum nostrorum aetatem appellata est Et ut omnium ordinum viribus aliquid ex novo populo adiceretur equitum decem turmas ex Albanis legit, legiones et veteres eodem supplemento explevit et novas scripsit Hac fiducia virium Tullus Sabinis bellum indicit, genti ea tempestate secundum Etruscos opulentissimae viris armisque Utrimque iniuriae factae ac res nequiquam erant repetitae |
[30] Con la distruzione di Alba, Roma si espande, raddoppia la sua popolazione Il colle Celio viene inserito nella città e, per spingere la gente a sceglierlo come residenza, Tullo lo elegge a sede permanente della reggia da quel momento in poi La nobiltà albana (Giuli, Servili, Quinzi, Gegani, Curiazi e Cleli) ottenne nomine senatoriali, così che anche quella parte dello Stato potesse avere un incremento numerico; e come sede consacrata per questo strato sociale che egli stesso aveva aumentato di proporzioni creò la curia, che continuava ad avere il nome di Curia Ostilia ancora ai tempi dei nostri padri E perché tutte le classi potessero crescere numericamente grazie al nuovo popolo, arruolò dieci plotoni di cavalieri, completò i ranghi delle vecchie legioni e ne creò di nuove, sempre attingendo esclusivamente alle forze alleate Confidando in queste forze, Tullo dichiara guerra ai Sabini che, in quel tempo, eran secondi soltanto agli Etruschi per disponibilità di uomini e di armi Entrambe le parti avevano causato danni senza poi mai farvi seguire alcuna riparazione |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 39; 06 - 10
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 39; 06 - 10
Tullus ad Feroniae fanum mercatu frequenti negotiatores Romanos comprehensos querebatur, Sabini suos prius in lucum confugisse ac Romae retentos Hae causae belli ferebantur Sabini haud parum memores et suarum virium partem Romae ab Tatio locatam et Romanam rem nuper etiam adiectione populi Albani auctam, circumspicere et ipsi externa auxilia Etruria erat vicina, proximi Etruscorum Veientes Inde ob residuas bellorum iras maxime sollicitatis ad defectionem animis voluntarios traxere, et apud vagos quosdam ex inopi plebe etiam merces ualuit: publico auxilio nullo adiuti sunt ualuitque apud Veientes - nam de ceteris minus mirum est - pacta cum Romulo indutiarum fides |
Tullo lamentava la cattura di alcuni mercanti romani nel pieno di una fiera nei pressi del tempio di Ferocia; i Sabini sostenevano invece che tempo prima alcuni dei loro concittadini erano andati a rifugiarsi nel bosco sacro del santuario ed erano stati trattenuti a Roma Questi erano i pretesti addotti per la guerra I Sabini, però, non trascuravano che parte delle loro forze era stata trasferita a Roma da Tazio e che la potenza romana era cresciuta grazie alla recente annessione del popolo albano; per questi motivi, cominciarono anch'essi a cercare aiuti dall'estero Gli Etruschi erano vicini, ma ancora più vicini erano i Veienti Presso questi ultimi, essendo il rancore dovuto alle recenti guerre un incentivo fortissimo alla rivolta, riuscirono a mettere insieme dei volontari e ad assoldare degli avventurieri senza né arte né parte attratti soltanto dall'opportunità di fare due soldi; non venne fornito alcun aiuto ufficiale: Veio (e a maggior ragione gli Etruschi) restava fedele al suo trattato concluso con Romolo |
Cum bellum utrimque summa ope pararent vertique in eo res videretur utri prius arma inferrent, occupat Tullus in agrum Sabinum transire Pugna atrox ad siluam Malitiosam fuit, ubi et peditum quidem robore, ceterum equitatu aucto nuper plurimum Romana acies ualuit Ab equitibus repente inuectis turbati ordines sunt Sabinorum, nec pugna deinde illis constare nec fuga explicari sine magna caede potuit |
Mentre l'una e l'altra parte si preparavano scrupolosamente alla guerra e sembrava che avrebbe avuto la meglio chi avesse aggredito per primo, Tullo anticipa i nemici e invade il territorio dei Sabini Ci fu uno scontro tremendo presso la selva Maliziosa, i Romani ebbero la meglio grazie sì alla forza d'urto della loro fanteria, ma soprattutto grazie alla recente immissione di effettivi nella cavalleria Fu proprio una carica improvvisa di cavalieri a seminare il panico tra le fila sabine; da quel momento in poi non furono più in grado né di tenere la propria posizione in battaglia, né di districarsi con la fuga senza incappare in perdite massicce |