Cicerone, In Verrem: 02; 05-46-50, pag 2

Cicerone, In Verrem: 02; 05-46-50

Latino: dall'autore Cicerone, opera In Verrem parte 02; 05-46-50
Hic tam grandis natu Eubulida hoc tantum exacta aetate laboris itinerisque suscepit, non ut aliquid de suis bonis recuperaret, sed ut, quibus oculis cruentas cervices fili sui viderat, isdem te condemnatum videret

[129] Si per L Metellum licitum esset, iudices, matres illorum miserorum sororesque veniebant; quarum una, cum ego ad Heracleam noctu accederem, cum omnibus matronis eius civitatis et cum multis facibus mihi obviam venit, et ita,me suam salutem appellans, te suum carnificem nominans, fili nomen implorans,mihi ad pedes misera iacuit quasi ego eius excitare ab inferis filium possem

Faciebant hoc itidem ceteris in civitatibus grandes natu matres et item parvi liberi miserorum; quorum utrumque aetas laborem et industriam meam, fidem et misericordiam vestram requirebat
Ecco Eubulí da, che pur così anziano ha intrapreso questo viag gio tanto faticoso in età avanzata non per recuperare una qualche parte dei suoi beni, ma per vedere condannato te con quegli stessi occhi che avevano visto sanguinare la cervice del figlio suo

[129] Se Lucio Metello lo aves se consentito, o giudici, erano pronte a presentarsi qui le madri e le sorelle di quegli infelici; una di queste, mentre io mi stavo avvicinando di notte a Eraclea, mi venne incontro con tutte le donne sposate di quella città alla lu ce di molte fiaccole, e rivolgendosi a me con l'appellativo di salvatore, chiamando te suo carnefice, invocando fra le lacrime il nome del figlio, l'infelice si prostrò ai miei piedi, quasi che io potessi risuscitare suo figlio dai morti

La stessa cosa facevano in tutte le altre città le vecchie madri, non diversamente dai figlioletti di quegli infelici, e l'età di questi e di quelle sollecitava da me laboriosità e impegno assiduo, da voi tutela e pietà
[130] Itaque ad me, iudices, hanc querimoniam praeter ceteras Sicilia detulit; lacrimis ego huc, non gloria inductus accessi, ne falsa damnatio, ne carcer, ne catenae, ne verbera, ne secures, ne cruciatus sociorum, ne sanguis innocentium, ne denique etiam exsanguia corpora mortuorum, ne maeror parentum ac propinquorum magistratibus nostris quaestui posset esse

Hunc ego si metum Siciliae damnatione istius per vestram fidem et veritatem deiecero, iudices, satis officio meo, satis illorum voluntati qui a me hoc petiverunt factum esse arbitrabor
[130] Perciò, o giudici, la Sicilia grondante di lacrime mi ha presentato al di sopra degli altri questo lamento; io, spinto dalle la crime e non da ambizione professionale, sono venuto qui per evitare che le condanne basate su falsità, il carcere, le catene, le verghe, le scuri, le torture inflitte ai nostri al leati, il sangue degli innocenti e infine anche i corpi esan gui dei morti e lo strazio dei genitori e dei parenti, potes sero tramutarsi in una fonte di guadagno per i nostri ma gistrati

Se io riuscirò con la condanna di costui a scac ciare dalla Sicilia questo terrore per merito della vostra lealtà e severità, o giudici, riterrò di aver fatto abbastan za per adempiere il mio dovere e per corrispondere alla volontà di coloro che mi hanno rivolto questo appello
[L, 131] Quapropter si quem forte inveneris qui hoc navale crimen conetur defendere, is ita defendat illa communia quae ad causam nihil pertinent praetermittat, me culpae fortunam adsignare, calamitatem crimini dare, me amissionem classis obicere, cum multi viri fortes in communi incertoque periculo belli et terra et mari saepe offenderint

Nullam tibi obicio fortunam, nihil est quod ceterorum res minus commode gestas proferas, nihil est quod multorum naufragia fortunae colligas
[L, 131] Perciò, se per caso troverai qualcuno che voglia provare a discolparti da questa imputazione concernente la flotta, io gli consiglio questo sistema di difesa, che lasci da parte le solite scuse che non c'entrano per nulla col proces so e quindi non dica che io ti ritengo colpevole mentre sei stato solo sfortunato, che io trasformo una sciagura in un'imputazione e ti rinfaccio la perdita della flotta, no nostante che molti uomini valorosi abbiano spesso patito sconfitte per terra e per mare affrontando i pericoli di una guerra, che sono comuni a tutti e non offrono garan zie sul loro esito

No, io non ti rinfaccio la cattiva sorte, non c'è proprio bisogno che tu metta in evidenza le im prese poco fortunate degli altri, non c'è proprio bisogno che tu raccolga e citi i rovesci della fortuna subiti da mol ti

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Latino: dall'autore Cicerone, opera In Verrem parte 02; 02-01-05

Ego navis inanis fuisse dico, remiges nautasque dimissos, reliquos stirpibus vixisse palmarum; praefuisse classi populi Romani Siculum, perpetuo sociis atque amicis Syracusanum; te illo tempore ipso superioribusque diebus omnibus in litore cum mulierculis perpotasse dico; harum rerum omnium auctores testisque produco

[132] Num tibi insultare in calamitate, num intercludere perfugia fortunae, num casus bellicos exprobrare aut obicere videor

Tametsi solent ii fortunam sibi obici nolle qui se fortunae commiserunt, qui in eius periculis sunt ac varietate versati

Istius quidem calamitatis tuae fortuna particeps non fuit
Io sostengo che le navi erano prive di equipaggio, che rematori e marinai erano stati congedati, che quelli rima sti riuscivano a campare con le radici delle palme; che un siciliano fu messo a capo della flotta del popolo romano, un siracusano a capo di quanti furono costantemente fe deli alla nostra alleanza e amicizia; sostengo che proprio in quel momento e in tutti i giorni precedenti non la smettesti di bere trattenendoti in spiaggia con le tue donnine; di tutti questi fatti io sono in grado di produrre i garanti e i testimoni

[132] Ho forse l'aria di ingiuriarti nella sventura, di impedirti di trovar rifugio nell'argo mento della malasorte, di rimproverarti o di rinfacciarti le fatalità della guerra

Eppure quelli che alla sorte si so no effettivamente affidati e che si sono trovati coinvolti nei pericoli e nell'instabilità che essa determina, di solito non vogliono che si rinfacci loro la malasorte

Però nella sciagura che ti riguarda e di cui stiamo parlando adesso, la sorte non ha proprio avuto nessuna parte
Homines enim in proeliis, non in conviviis belli fortunam periclitari solent; in illa autem calamitate non Martem fuisse communem, sed Venerem possumus dicere

Quodsi fortunam tibi obici non oportet, cur tu fortunae illorum innocentium veniam ac locum non dedisti

[133] Etiam illud praecidas licet, te, quod supplicium more maiorum sumpseris securique percusseris, idcirco a me in crimen et in invidiam vocari
In fatti i rischi che le sorti di una guerra comportano sono affrontati di solito dagli uomini nelle battaglie, non nei banchetti; noi invece potremmo ben dire che in quella sciagura tu hai sperimentato un coinvolgimento non già con Marte, quanto piuttosto con Venere

Ma se a te non è il caso di rinfacciare le avversità della sorte, perché invece tu escludesti per quegli innocenti il ricorso all'ar gomento della malasorte e quindi non concedesti loro il perdono

[133] Dalla tua difesa puoi scartare decisa mente anche quest'altra scusa: che io ti accuso di una colpa odiosa precisamente perché tu hai condannato a morte e decapitato dei malfattori seguendo le consuetu dini fissate dai nostri antenati

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Non in supplicio crimen meum vertitur; non ego nego securi quemquam feriri debere, non ego metum ex re militari, non severitatem imperi, non poenam flagiti tolli dico oportere; fateor non modo in socios sed etiam in civis militesque nostros persaepe esse severe ac vehementer vindicatum L'accusa che io ti muovo non riguarda il tipo di condanna; non dico che a nessuno debba essere inflitta la decapitazio ne, non sono certo io a dire che bisogna cancellare dalla disciplina militare i motivi di timore, la severità del co mando, la punizione dei comportamenti disonoranti; riconosco che molto spesso si sono presi provvedimenti se veri e drastici non solo nei confronti degli alleati ma an che contro i cittadini romani e contro i nostri soldati

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