Cicerone, Filippiche: 08; 18-33, pag 2

Cicerone, Filippiche: 08; 18-33

Latino: dall'autore Cicerone, opera Filippiche parte 08; 18-33
quae non animis solum debet, sed etiam oculis servire civium

Domum recipere legatum hostium, in cubiculum admittere, etiam seducere hominis est nihil de dignitate, nimium de periculo cogitantis

Quod autem est periculum

Nam si maximum in discrimen venitur, aut libertas parata victori est aut mors proposita victo, quorum alterum optabile est, alterum effugere nemo potest

Turpis autem fuga mortis omni est morte peior

[30] Nam illud quidem non adducor ut credam, esse quosdam, qui invideant alicuius constantiae, qui labori eius, qui eius perpetuam in re publica adiuvanda voluntatem et senatui et populo Romano probari moleste ferant
non solo dei sentimenti dei cittadini bisogna tener conto, ma dei loro sguardi

Ricevere in casa l'inviato nemico,riceverlo nella propria stanza e parlargli disparte, significa comportarsi da persona che ha completamente la propria dignità e troppo si cupa del proprio pericolo

Ma di che pericolo tratta

Se si viene allo scontro estremo e decisivo libertà è riservata a chi vince, la morte a chi perde, e delle due, la prima è desiderabile, la seconda, è inevitab ile

Ma fuggire di fronte alla morte sarebbe viltà, cioè io di qualunque specie di morte

[30]Quello poi di cui riesco a persuadermi è che ci siano individui capac i di portare invidia all'attività di un cittadino e sopportare male l'approvazione che senato e popolo romano danno alla sua costante volontà di servire e aiutare lo Stato
Omnes id quidem facere debebamus, eaque erat non modo apud maiores nostros, sed etiam nuper summa laus consularium, vigilare, adesse animo, semper aliquid pro re publica aut cogitare aut facere aut dicere

[31] Ego, patres conscripti, Q Scaevolam augurem memoria teneo bello Marsico, cum esset summa senectute et perdita valetudine, cotidie, simul atque luceret, facere omnibus conveniendi sui potestatem; nec eum quisquam illo bello vidit in lecto, senexque et debilis primus veniebat in curiam

Huius industriam maxime equidem vellem ut imitarentur ii, quos oportebat, secundo autem loco, ne alterius labori inviderent
Ciò sarebbe, poi, quello che tutti avremmo dovuto fare, perché la piú grande gloria di chi è stato console era, non solo al tempo dei nostri maggiori ma ancora recentemente, quella di vigilare, di essere coraggioso, di pensare, operare, parlare per il bene della patria

[31]Mi ricordo, senatori, dell'augure Quinto Scevola, al tempo della guerra marsica,poiché era assai vecchio e malandato in salute, eppure ogni giorno, appena faceva luce, accordava udienze a tutti; durante quella guerra nessuno lo vide a letto, ma vec chio e debole era il primo a venire al senato

Vorrei che coloro che ne hanno il dovere, anzitutto prendessero a modello siffatta operosità, e in secondo luogo non guardassero con invidia alla operosità altrui
[XI ,32] Etenim, patres conscripti, cum in spem libertatis sexennio post sumus ingressi diutiusque servitutem perpessi, quam captivi servi frugi et diligentes solent, quas vigilias, quas sollicitudines, quos labores liberandi populi Romani causa recusare debemus

Equidem, patres conscripti, quamquam hoc honore usi togati solent esse, cum est in sagis civitas, statui tamen a vobis ceterisque civibus in tanta atrocitate temporis tantaque perturbatione rei publicae non differre vestitu
[XI, 32] Ed effet tivamente, o senatori, dopo una schiavitú durata piú a lungo di quanto per solito i prigionieri di guerra non la sopportino se sono buoni e diligenti, ora che dopo sei anni abbiamo recuperata la speranza della libertà, a quali sacrifici, a quali ansie, a quali sforzi potremmo noi sottrarci, pur di liberare il popolo ro mano

Senatori, è vero che chi ha rivestito la carica di console continua di solito a indossare la toga, quando resto della cittadinanza è in abito di guerra, ma io, cosí spaventosa situazione, in cosí enorme pertur bazione politica, ho deciso di non differire nel vestito voi e dagli altri cittadini

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Cicerone, Filippiche: 02; 26-30
Cicerone, Filippiche: 02; 26-30

Latino: dall'autore Cicerone, opera Filippiche parte 02; 26-30

Non enim ita gerimus nos hoc bello consulares, ut aequo animo populus Romanus visurus sit nostri honoris insignia, cum partim e nobis ita timidi sint, ut omnem populi Romani beneficiorum memoriam abiecerint, partim ita a re publica aversi, ut se hosti favere prae se ferant, legatos nostros ab Antonio despectos et inrisos facile patiantur, legatum Antoni sublevatum velint

Hunc enim reditu ad Antonium prohiberi negabant oportere et in eodem excipiendo sententiam meam corrigebant

Quibus geram morem

Redeat ad imperatorem suum Varius, sed ea lege, ne umquam Romam revertatur

Ceteris autem, si errorem suum deposuerint et cum re publica in gratiam redierint, veniam et inpunitatem dandam puto
Perché, in questa guerra, che siamo stati consoli non ci stiamo comportando maniera che il popolo romano possa guardare di buon occhio le insegne del nostro grado, dato che una parte di noi è cosí vile da aver calpestato ogni memoria dei benefici ricevuti dal popolo romano, altri sono cosí ostili alla repubblica da ostentare perfino la loro simpatia per il nemico, da tollerare con facilità il disprezzo e l'irritazione di cui i nostri ambasciatori sono stati oggetto da parte di Antonio, e volere invece che si aiuti l'inviato di Antonio

Essi infatti sostenevano che non bisogna impedire che questo inviato ritorni ad Antonio, e facendo un'eccezione per lui modificarono la mia mozione in proposito

Ma farò a modo loro

Se ne ritorni pure al suo generale, questo Vario Cotila, ma a condizione, che non ritorni mai piú a Roma

Quanto agli altri seguaci di Antonio, se riconosceranno di avere sbagliato e rientreranno nell'alveo della legalità repubblicana, penso che si debba accordare loro perdono e impunità
[33] Quas ob res ita censeo: 'Eorum, qui cum M Antonio sint, qui ab armis discesserint et aut ad C Pansam aut ad A Hirtium consules aut ad D Brutum imperatorem, consulem designatum, aut ad C Caesarem pro praetore ante Idus Martias primas adierint, iis fraudi ne sit, quod cum M Antonio fuerint

Si quis eorum, qui cum M Antonio sunt, fecerit, quod honore praemiove primo quoque die ad senatum referant

Si quis post hoc senatus consultum ad Antonium profectus esset praeter L Varium, senatum existimaturum eum contra rem publicam fecisse'
[33]Per le ragioni predette, ecco la mia proposta: Per i soldati che attualmente militano sotto Marco Antonio, ma che deporranno le armi prima del prossimo 15 mar zo e si presenteranno ad uno dei consoli, a Gaio Pansa o ad Aulo Irzio, oppure al comandante in capo, con sole designato Decimo Bruto, o al propretore Gaio Cesare, non costituirà colpa l'essere stati dalla parte di Antonio

Se qualcuno dei seguaci di Marco Antonio compirà un'azione degna di onore o di premio, facciano proposte al senato il più presto possibile

Se qualcuno dopo questo decreto del senato dovesse recarsi daAntonio, eccetto L Vario, sarà giudicato dal senato come chi agisce contro lo Stato

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