[VI] [20] Ac mea quidem sententia nemo poterit esse omni laude cumulatus orator, nisi erit omnium rerum magnarum atque artium scientiam consecutus: etenim ex rerum cognitione efflorescat et redundet oportet oratio | [VI][20] A mio parere, nessuno potrà essere un oratore colmo di ogni lode, se non avrà una profonda conoscenza di tutti gli importanti problemi e di tutte le discipline: la parola infatti deve sbocciare ed uscire dalla cognizione delle cose |
Quae, nisi res est ab oratore percepta et cognita, inanem quandam habet elocutionem et paene puerilem | Se loratore non conosce profondamente largomento, il suo discorso si riduce a un giro di parole vuoto e quasi puerile |
[21] Neque vero ego hoc tantum oneris imponam nostris praesertim oratoribus in hac tanta occupatione urbis ac vitae, nihil ut eis putem licere nescire, quamquam vis oratoris professioque ipsa bene dicendi hoc suscipere ac polliceri videtur, ut omni de re, quaecumque sit proposita, ornate ab eo copioseque dicatur | [21] Però io non sarò tanto esigente con gli oratori, soprattutto coi nostri, che vivono una vita così intensa in una città tanto ricca di distrazioni, da pretendere che essi debbano conoscere tutto, per quanto il nome stesso di oratore e larte stessa del ben parlare sembrino imporre lobbligo di saper discutere con eleganza e difinsamente su qualunque argomento venga proposto |
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[22] Sed quia non dubito quin hoc plerisque immensum infinitumque videatur, et quod Graecos homines non solum ingenio et doctrina, sed etiam otio studioque abundantis partitionem iam quandam artium fecisse video neque in universo genere singulos elaborasse, sed seposuisse a ceteris dictionibus eam partem dicendi, quae in forensibus disceptationibus iudiciorum aut deliberationum versaretur, et id unum genus oratori reliquisse; non complectar in his libris amplius, quam quod huic generi re quaesita et multum disputata summorum hominum prope consensu est tributum; [23] repetamque non ab incunabulis nostrae veteris puerilisque doctrinae quendam ordinem praeceptorum, sed ea, quae quondam accepi in nostrorum hominum eloquentissimorum et omni dignitate principum disputatione esse versata; non quo illa contemnam, quae Graeci dicendi artifices et doctores reliquerunt, sed cum illa pateant in promptuque sint omnibus, neque ea interpretatione mea aut ornatius explicari aut planius exprimi possint, dabis hanc veniam, mi frater, ut opinor, ut eorum, quibus summa dicendi laus a nostris hominibus concessa est, auctoritatem Graecis anteponam | [22] Poiché noon dubito che un tale compito sembrerà assai gravoso e difficile a molti e che i Greci, uomini forniti di forte ingegno e dottrina e studiosi appassionati e diligentissimi di tali problemi, hanno già fatto una divisione dei vari rami del sapere e non hanno studiato ciascuno per suo conto larte del dire nel suo complesso, ma hanno separato da tutte le altre parti delleloquenza quella che si riferisce alle discussioni forensi di carattere giudiziario o deliberativo, riservando alloratore solo questo genere di eloquenza; perciò in questi libri io non tratterò se non quei problemi che per consenso quasi unanime degli uomini più valenti, dopo lunghe indagini e ampie discussioni, sono stati riconosciuti propri di questo tipo di eloquenza; [23] e non ripeterò una serie di nozioni teoriche, dai primordi della mia vechia e giovanile dottrina, ma quei concetti che mi risulta essere stati una volta trattati in una discussione dagli uomini più eloquenti e più illustri, per le cariche ricoperte; non perché io disprezzi i trattati che ci hanno trasmesso i retori e i maestri greci, ma poiché quei trattati sono noti e accessibili a tutti, e daltra parte io non potrei illustrare quei concetti con più eleganza né esporli con maggiore chiarezza, mi permetterai, spero, o fratello, che io anteponga allautorità dei Greci lautorità di coloro che si sono acquistata presso di noi la più alta fama nelleloquenza |
[VII] [24] Cum igitur vehementius inveheretur in causam principum consul Philippus Drusique tribunatus pro senatus auctoritate susceptus infringi iam debilitarique videretur, dici mihi memini ludorum Romanorum diebus L Crassum quasi conligendi sui causa se in Tusculanum contulisse; venisse eodem, socer eius qui fuerat, Q Mucius dicebatur et M Antonius, homo et consiliorum in re publica socius et summa cum Crasso familiaritate coniunctus | [VII] [24] Al tempo in cui il console Filippo si scagliava con tutte le sue forze contro la politica degli ottiimati, e il tribunato di Druso, che era stato assunto in difesa dellautorità del Senato, sembrava essere scosso e indebolito, nei giorni in cui si celebravano i ludi Romani, L Crasso come ricordo di aver sentito si recò nella sua villa Tuscolana, allo scopo così almeno egli diceva - di rinfrancare le sue forze;lì giunsero anche Q Mucio, che era stato suo suocero e M Antonio, del medesimo partito politico di Crasso e a lui legato dalla più stretta amicizia |
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[25] Exierant autem cum ipso Crasso adulescentes et Drusi maxime familiares et in quibus magnam tum spem maiores natu dignitatis suae conlocarent, C Cotta, qui [tum] tribunatum plebis petebat, et P Sulpicius, qui deinceps eum magistratum petiturus putabatur | [25] In compagnia di Crasso erano partiti da Roma C Cotta, che era tra gli aspiranti al tribunato della plebe e P Sulpicio, che si credeva che avrebbe chiesto quella magistratura in séguito : giovani che erano molto amici di Druso e su cui allora gli anziani riponevano grandi speranze per la difesa del loro prestigio |
[26] Hi primo die de temporibus deque universa re publica, quam ob causam venerant, multum inter se usque ad extremum tempus diei conlocuti sunt; quo quidem sermone multa divinitus a tribus illis consularibus Cotta deplorata et commemorata narrabat, ut nihil incidisset postea civitati mali, quod non impendere illi tanto ante vidissent | [26] Il primo giorno sintrattennero a lungo, per lintera giornata, sulle circostanze particolari e sulla situazione generale dello Stato: il che costituiva il motivo della loro venuta; Cotta riferiva che nelle conversazioni di quei tre uomini consolari furono fatti amari accenni a molti fatti, con vero spirito profetico, tanto che nessun male piombò poi sullo Stato, che non fosse stato già da essi previsto tanto tempo prima |
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[27] Eo autem omni sermone confecto, tantam in Crasso humanitatem fuisse, ut, cum lauti accubuissent, tolleretur omnis illa superioris tristitia sermonis eaque esset in homine iucunditas et tantus in loquendo lepos, ut dies inter eos curiae fuisse videretur, convivium Tusculani; [28] postero autem die, cum illi maiores natu satis quiessent et in ambulationem ventum esset, [dicebat] tum Scaevolam duobus spatiis tribusve factis dixisse "cur non imitamur, Crasse, Socratem illum, qui est in Phaedro Platonis | [27] Esauriti tutti gli argomenti di quel colloquio, fu tanta la cortesia di Crasso, che quando, dopo il bagno, si misero a tavola, venne bandita quella pesante serietà del colloquio precedente e fu tanta la piacevolezza delluomo e tanto il suo brio nella conversazione, che la loro giornata si poteva definire una seduta del Senato, mentre il banchetto si rivelò degno della villa Tuscolana; [28] il giorno seguente, quando i più vecchi si furono riposati e tutti scesero per la passeggiata, allora Scevola, dopo che furono fatti due o tre giri, perché , disse non imitiamo, o Crasso, quel famoso Socrate, di cui si legge nei Fedro di Platone |
Nam me haec tua platanus admonuit, quae non minus ad opacandum hunc locum patulis est diffusa ramis, quam illa, cuius umbram secutus est Socrates, quae mihi videtur non tam ipsa acula, quae describitur, quam Platonis oratione crevisse, et quod ille durissimis pedibus fecit, ut se abiceret in herba atque ita [illa], quae philosophi divinitus ferunt esse dicta, loqueretur, id meis pedibus certe concedi est aequius | Questidea mi è venuta dal tuo platano, che distende i suoi ampi rami per ombreggiare questo luogo, non meno di quanto facesse quellaltro famoso platano, la cui ombra attrasse Socrate e che mi sembra essere cresciuto non tanto per lacqua del ruscello lì descritto, quanto per il dialogo di Platone e se quelluomo dai piedi durissimi poté sdraiarsi sullerba e, così sdraiato, tenere quel meraviglioso discorso che ci tramandano i filosofi, certamente è più giusto che ciò sia concesso ai miei piedi |
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" [29] Tum Crassum "immo vero commodius etiam"; pulvinosque poposcisse et omnis in eis sedibus, quae erant sub platano, consedisse dicebat | [29] E Crasso: Ma certo; anzi in modo più comodo ; chiese allora dei cuscini e tutti si sedettero sui sedili che vi erano allombra del platano |