Cicerone, De officiis: Libro 02 - Parte 01

Cicerone, De officiis: Libro 02 - Parte 01

Latino: dall'autore Cicerone, opera De officiis parte Libro 02 - Parte 01

Quemadmodum officia ducerentur ab honestate, Marce fili, atque ab omni genere virtutis, satis explicatum arbitror libro superiore

Sequitur ut haec officiorum genera persequar, quae pertinent ad vitae cultum et ad earum rerum, quibus utuntur homines, facultatem, ad opes, ad copias ; in quo tum quaeri dixi, quid utile, quid inutile, tum ex utilibus quid utilius aut quid maxime utile

De quibus dicere adgrediar, si pauca prius de instituto ac de iudicio meo dixero

Quamquam enim libri nostri complures non modo ad legendi, sed etiam ad scribendi studium excitaverunt, tamen interdum vereor ne quibusdam bonis viris philosophiae nomen sit invisum mirenturque in ea tantum me operae et temporis ponere

Ego autem quam diu res publica per eos gerebatur, quibus se ipsa commiserat, omnes meas curas cogitationesque in eam conferebam
In qual modo i doveri derivino dall'onesto, o Marco figlio mio, e da ogni genere di virtù, penso di averlo abbastanza spiegato nel libro precedente

Ne consegue la trattazione di questi generi di doveri che riguardano il tenor di vita e il possesso di quei mezzi di cui si servono gli uomini, la potenza e le richezze; a tal riguardo allora ho detto che ci si chiede che cosa è utile e cosa inutile, e tra due cose utili quale sia la più utile o cosa sia massimamente utile

Inizierò a trattare di tali argomenti; dopo aver detto poche cose sulle mie intenzioni e sul mio criterio

Benché, infatti, i miei libri abbiano stimolato parecchi non solo a leggerli ma anche a scrivere, tuttavia temo talora che ad alcuni uomini dabbene il nome di filosofia sia odioso e si meraviglino che io dedichi ad essa tanta applicazione e tanto tempo

In verità io, per tutto il tempo in cui lo Stato era governato da coloro ai quali da se stesso si era affidato, gli dedicavo ogni mia preoccupazione e pensiero
Cum autem dominatu unius omnia tenerentur neque esset usquam consilio aut auctoritati locus, socios denique tuendae rei publicae summos viros amisissem, nec me angoribus dedidi, quibus essem confectus, nisi iis restitissem, nec rursum indignis homine docto voluptatibus

Atque utinam res publica stetisset quo coeperat statu nec in homines non tam commutandarum quam evertendarum rerum cupidos incidisset

Primum enim, ut stante re publica facere solebamus, in agendo plus quam in scribendo operae poneremus, deinde ipsis scriptis non ea, quae nunc, sed actiones nostras mandaremus, ut saepe fecimus

Cum autem res publica, in qua omnis mea cura, cogitatio, opera poni solebat, nulla esset omnino, illae scilicet litterae conticuerunt forenses et senatoriae
Ma quando tutto il potere fu accentrato nelle mani di un solo uomo e non essendovi più posto per il consiglio e per l'autorità, avendo perso infine quanti erano stati miei colleghi nel proteggere la repubblica, tutti ottimi uomini, io non mi abbandonai al dolore, che mi avrebbe travolto, se non avessi resistito, ma d'altra parte non mi diedi ai piaceri, che sono indegni di un uomo dotto

Ah, se fosse rimasta in piedi la repubblica nello stato in cui aveva incominciato ad essere e non si fosse imbattuta in uomini desiderosi non tanto di mutare la situazione quanto di sovvertirla

In primo luogo mì sarei dedicato più all'azione come solevo fare quando vigeva ancora la repubblica che non allo scrivere, e poi avrei affidato agli scritti stessi non queste osservazioni, ma le nostre azioni come spesso ha fatto

Ma quando finì di esistere lo Stato, nel quale solevo riporre ogni mia cura, pensiero e attività, tacque anche quella mia forense e senatoria
Nihil agere autem cum animus non posset, in his studiis ab initio versatus aetatis existimavi honestissime molestias posse deponi, si me ad philosophiam retulissem

Cui cum multum adulescens discendi causa temporis tribuissem posteaquam honoribus inservire coepi meque totum rei publicae tradidi, tantum erat philosophiae loci, quantum superfuerat amicorum et rei publicae tempori; id autem omne consumebatur in legendo, scribendi otium non erat

Maximis igitur in malis hoc tamen boni assecuti videmur, ut ea litteris mandaremus, quae nec erant satis nota nostris et erant cognitione dignissima

Quid enim est, per deos, optabilius sapientia, quid praestantius, quid homini melius, quid homine dignius
Ma poiché il mio spirito non poteva rímanere inattivo ho ritenuto, poìché sono stato versato in questi studi sia dalla fanciullezza, che avrei potuto alleviare nel modo più onorevole il mio affanno se mi fossi rivolto alla filosofia

Da giovane le avevo dedicato molto tempo per imparare, ma quando incominciai a dedicarmi alla carriera politica e mi diedi tutto alla cura dello Stato, per la filosofia non c'era altro tempo se non quanto avanzava dagli amici e dallo Stato; e questo lo trascorrevo tutto leggendo, e non ne avevo un po' libero per scrivere

Dunque in queste sciagure così gravi, questo bene almeno mi sembra di aver conseguito, di affidare agli scritti quelle teorie filosofiche che non erano abbastanza note ai nostri concittadiní ed erano assai degne di conoscenza

Che cosa c'è infatti per gli dei di più deciderabile della saggezza, che cosa di più nobile e di più adatto all'uomo, che cosa di più degno di lui

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Cicerone, De officiis: Libro 01 - Parte 04
Cicerone, De officiis: Libro 01 - Parte 04

Latino: dall'autore Cicerone, opera De officiis parte Libro 01 - Parte 04

Hanc igitur qui expetunt, philosophi nominantur, nec quicquam aliud est philosophia, si interpretari velis, praeter studium sapientiae

Sapientia autem est, ut a veteribus philosophis definitum est, rerum divinarum et humanarum causarumque, quibus eae res continentur, scientia, cuius studium qui vituperat haud sane intellego quidnam sit quod laudandum putet

Nam sive oblectatio quaeritur animi requiesque curarum, quae conferri cum eorum studiis potest, qui semper aliquid anquirunt, quod spectet et valeat ad bene beateque vivendum

sive ratio constantiae virtutisque ducitur, aut haec ars est aut nulla omnino, per quam eas assequamur

Nullam dicere maximarum rerum artem esse, cum minimarum sine arte nulla sit, hominum est parum considerate loquentium atque in maximis rebus errantium
Dunque coloro che la ricercano sono chiamati filosofi, e la filosofìa altro non è, se tu vuoi attenerti al significato etimologico, che amore della sapienza

Ma la sapienza è secondo la definizione degli antichi filosofi la scienza del divino e dell'umano e dei nessi causali che li regolano; e se qualcuno biasima lo studio di tale scienza, invero non riesco a comprendere quale sia cosa quella che egli possa stimare degna di lode

E se si ricerca il diletto dell'animo e la tranquillità degli affanni, quale diletto e qua le tranquillìtà si possono paragonare con la co stante applicazione di coloro che ricercano sempre qualche cosa che riguardi e valga per vivere bene e felicemente

Se si ricerca la norma della coerenza e della virtù, o è questa l'arte filosofica per mezzo della quale poterle perseguire o non ve ne è affatto alcuna

Il sostenere che non esista alcuna scienza dei massimi problemi, mentre dei minimi non ve ne è alcuno senza la sua specifica regola, è considerazione degna di uomini che parlano senza riflettere e che sbagliano proprio sui massimi problemi
Si autem est aliqua disciplina virtutis, ubi ea quaeretur, cum ab hoc discendi genere discesseris

Sed haec cum ad philosophiam cohortamur, accuratius disputari solent, quod alio quodam libro fecimus

Hoc autem tempore tantum nobis declarandum fuit, cur orbati rei publicae muneribus, ad hoc nos studium potissimum contulissemus

Occuritur autem nobis, et quidem a doctis et eruditis quaerentibus, satisne constanter facere videamur, qui, cum percipi nihil posse dicamus, tamen et aliis de rebus disserere soleamus et hoc ipso tempore praecepta officii persequamur

Quibus vellem satis cognita esset nostra sententia

Non enim sumus ii, quorum vagetur animus errore nec habeat umquam quid sequatur

Quae enim esset ista mens vel quae vita potius, non modo disputandi, sed etiam vivendi ratione sublata
Se esiste una disciplina della virtù, dove la ricercheremmo, qualora ci allontanassimo da questo genere di studi

Ma queste tesi di solito sono più accuratamente dibattute, quando esortiamo alla filosofia; ciò che abbiamo fatto in un altro libro

Ma a questo punto volevo soltanto dichiarare, perchè privato delle cariche dello Stato mi fossi rivolto soprattutto a questo studio

Mi si obietta invero, e la richiesta è da parte di uomini dotti e eruditi, se mi sembra di agire con sufficiente coerenza, in quanto io, pur affermando che niente può esser conosciuto con certezza, tuttavia sono solito discutere intorno ad altre tesi, e proprio nello stesso momento miro a trattare i precetti del dovere

Vorrei che costoro conoscessero bene il mio pensiero

Io non sono tale che il mio animo se ne vada vagando nell'incertezza e non abbia mai una norma da seguire

Quale sarebbe codesto intelletto o piuttosto quale la nostra vita, se si eliminasse ogni regola non solo di discussione, ma anche di vita

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Cicerone, De officiis: Libro 03 - Parte 01
Cicerone, De officiis: Libro 03 - Parte 01

Latino: dall'autore Cicerone, opera De officiis parte Libro 03 - Parte 01

Nos autem, ut ceteri alia certa, alia incerta esse dicunt, sic ab his dissentientes alia probabilia, contra alia dicimus

Quid est igitur, quod me impediat ea, quae probabilia mihi videantur, sequi, quae contra improbare atque adfirmandi arrogantiam vitantem fugere temeritatem, quae a sapientia dissidet plurimum

Contra autem omnia disputantur a nostris, quod hoc ipsum probabile elucere non possit, nisi ex utraque parte causarum esset facta contentio

Sed haec explanata sunt in Academicis nostris satis, ut arbitror, diligenter

Tibi autem, mi Cicero, quamquam in antiquissima nobilissimaque philosophia Cratippo auctore versaris iis simillimo, qui ista praeclara pepererunt, tamen haec nostra, finituma vestris, ignota esse nolui

Sed iam ad instituta pergamus
Io, per parte mia, come alcuni sostengono esservi alcune cose certe ed altre incerte, esprimendo un'opinione diversa da questi, dico che alcune cose sono probabili, altre improbabili

Quale ragione mi potrebbe impedire di seguire quelle cose che mi paiono probabili e rigettare ciò che mi sembra improbabile, e, coll'evitare le affermazioni assolute, fuggire quella presunzione che è la più lontana dalla vera sapienza

Invece la nostra scuola pone in discussione tutto, perché questo stesso probabile non potrebbe esser palese se non si facesse un confronto delle ragioni dall'una e dall'altra parte

Ma questi criteri di metodo sono stati abbastanza diligentemente chiariti, come credo, nei miei Accademici

E invero, o mio Cicerone, benché tu, sotto la guida di Cratippo, dal pensiero assai affine a coloro che elaborarono queste teorie famose, ti stia dedicando a questa filosofia che è una delle più antiche e nobili, tuttavia non voglio che questa mia dottrina così vicina alla tua ti sia sconosciuta

Ma proseguiamo nel nostro proposito
Quinque igitur rationibus propositis officii persequendi, quarum duae ad decus honestatemque pertinerent, duae ad commoda vitae, copias, opes, facultates, quinta ad eligendi iudicium, si quando ea, quae dixi, pugnare inter se viderentur, honestatis pars confecta est, quam quidem tibi cupio esse notissimam

Hoc autem de quo nunc agimus, id ipsum est, quod utile appellatur

In quo verbo lapsa consuetudo deflexit de via sensimque eo deducta est, ut honestatem ab utilitate secernens constitueret esse honestum aliquid, quod utile non esset, et utile, quod non honestum, qua nulla pernicies maior hominum vitae potuit afferri
Sono cinque, dunque, i principi f issati per la ricerca del dovere, dei quali due riguardano il conveniente e l'onesto, due i beni della vita, le ricchezze, il potere, le risorse, il quinto il criterio di scelta, nel caso in cui quelle norme sopra menzionate sembrino contrastare tra di loro; la parte riguardante l'onestà è terminata; proprio essa desidero che ti sia notissima

Il tema del quale ora trattiamo è quello stesso che si chiama utile

Per questo termine l'uso comune, scivolando, deviò dalla retta via e a poco a poco giunse a tal punto che, dividendo nettamente l'onesto dall'utile, definì onesto ciò che non era utile e utile ciò non era onesto; nessun danno maggiore di questo poteva mai essere apportato alla vita umana

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Latino: dall'autore Cicerone, opera De officiis parte Libro 03 - Parte 02

Summa quidem auctoritate philosophi severe sane atque honeste haec tria genera confusa cogitatione distinguunt: quicquid enim iustum sit, id etiam utile esse censent, itemque quod honestum, idem iustum, ex quo efficitur, ut, quicquid honestum sit, idem sit utile

Quod qui parum perspiciunt, ii saepe versutos homines et callidos admirantes, malitiam sapientiam iudicant

Quorum error eripiendus est opinioque omnis ad eam spem traducenda, ut honestis consiliis iustisque factis, non fraude et malitia se intellegant ea, quae velint, consequi posse

Quae ergo ad vitam hominum tuendam pertinent, partim sunt inanima, ut aurum, argentum, ut ea, quae gignuntur e terra, ut alia generis eiusdem, partim animalia, quae habent suos impetus et rerum appetitus

Eorum autem rationis expertia sunt, alia ratione utentia
Certo i filosofi, con la loro grandissima autorità, distinguono in astratto, con rigore ed onestà, queste tre categorie confuse nella realtà: qualsiasi cosa, difatti, sia giusta, pensano che sia anche utile, e allo stesso modo ciò che è onesto anche giusto; da ciò si deduce che qualsiasi cosa sia onesta è anche utile

Coloro che comprendono poco le distinzioni filosofiche, grandi ammiratori degli uomini astuti e furbi, giudicano la furberia come sapienza

L'errore di costoro deve essere estirpato ed ogni opinione si deve rivolgere alla speranza di far loro comprendere che essi possono conseguire ciò che vogliono, con intenti onesti e con azioni giuste, non con l'inganno e la malizia

Le cose che riguardano la conservazione della vita umana sono in parte inanimate, come l'oro, l'argento, i prodotti della terra ed altre del medesimo genere, in parte sono animate, ed hanno i propri istinti e appetiti

Tra queste, parte è priva di ragione, parte, invece, ne è for nita
Expertes rationis equi, boves, reliquae pecudes, apes, quarum opere efficitur aliquid ad usum hominum atque vitam

Ratione autem utentium duo genera ponunt, deorum unum, alterum hominum

Deos placatos pietas efficiet et sanctitas; proxime autem et secundum deos homines hominibus maxime utiles esse possunt

Earumque item rerum, quae noceant et obsint, eadem divisio est

Sed quia deos nocere non putant, iis exceptis homines hominibus obesse plurimum arbitrantur

Ea enim ipsa, quae inanima diximus, pleraque sunt hominum operis effecta, quae nec haberemus, nisi manus et ars accessisset, nec iis sine hominum administratione uteremur

Neque enim valitudinis curatio neque navigatio, neque agricultura neque frugum fructuumque reliquorum perceptio et conservatio sine hominum opera ulla esse potuisset
Privi di ragione sono i cavalli, i buoi, gli altri animali domestici, le api, il cui lavoro produce alcuni vantaggi per l'uomo e la sua vita

Due sono le classi di coloro che sono forniti di ragione, una è quella degli dei, l'al tra è quella degli uomini

Il sentimento di pietà e di reverenza ci renderà propizi gli dei; ma dopo gli dei e seguendo subito dopo di essi gli uomini, possono essere soprattutto utili agli uomini

La stessa divisione si può applicare a quelle cose che ci nuocciono e ostacolano

Ma poiché si crede che gli dei non facciano il male, si ritiene che messi da parte quelli gli uomini costituiscano il più grande ostacolo per gli uomini

Infatti quelle stesse cose che abbiamo detto inanimate, sono per la maggior parte il prodotto del lavoro umano, che non avremmo se non ci fossero state le mani e la mente, e non le potremmo nemmeno usare senza l'ausilio degli uomini

Senza l'opera dell'uomo non sarebbero possibili la medicina, la navigazione, l'agricoltura, il raccolto e la conservazione delle messi e di tutti gli altri frutti

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Iam vero et earum rerum quibus abundaremus, exportatio, et earum quibus egeremus invectio certe nulla esset, nisi iis muneribus homines fungerentur

Eademque ratione nec lapides ex terra exciderentur ad usum nostrum necessarii, nec ferrum, aes, aurum, argentum effoderetur penitus abditum sine hominum labore et manu

Tecta vero, quibus et frigorum vis pelleretur et calorum molestiae sedarentur, unde aut initio generi humano dari potuissent aut postea subvenire, si aut vi tempestatis aut terrae motu aut vetustate cecidissent, nisi communis vita ab hominibus harum rerum auxilia petere didicisset

Adde ductus aquarum, derivationes fluminum, agrorum inrigationes, moles oppositas fluctibus, portus manu factos, quae unde sine hominum opere habere possemus
Inoltre l'esportazione di quei prodotti dei quali abbondiamo e l'importazione di quelli di cui scarseggiamo non sarebbero possibili, se gli uomini non si dedicassero a questi compiti

Per lo stesso motivo non si estrarrebbero dalla terra le pietre necessarie al nostro uso, né il ferro, il bronzo, l'oro e l'argento nascosto nel profondo si estrarrebbero senza la fatica e la mano dell'uomo

Le case, invero, con le quali scacciare la violenza del freddo e temperare la molestia del caldo, come avrebbero potuto essere fornite sin da principio al genere umano o si sarebbero, poi, potute ricostruire se fossero cadute per la violenza di una tempesta o di un terremoto o per la loro stessa vecchiaia, se la vita associata non avesse appreso a chiedere aiuto agli uomini contro tali calamità

Aggiungi gli acquedotti, le deviazioni dei fiumi, le irrigazioni dei campi, le dighe contro i flutti, i porti creati dall'uomo, tutte queste opere come potremmo averle senza il lavoro dell'uomo

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