Cicerone, De Natura deorum: Libro 01; 26-30, pag 2

Cicerone, De Natura deorum: Libro 01; 26-30

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Natura deorum parte Libro 01; 26-30
At non Aegyptii nec Syri nec fere cuncta barbaria; firmiores enim videas apud eos opiniones esse de bestiis quibusdam quam apud nos de sanctissimis templis et simulacris deorum

[82] Etenim fana multa spoliata et simulacra deorum de locis sanctissimis ablata videmus a nostris, at vero ne fando quidem auditumst crocodilum aut ibin aut faelem violatum ab Aegyptio

Quid igitur censes Apim illum sanctum Aegyptiorum bovem nonne deum videri Aegyptiis

Tam, hercle, quam tibi illam vestram Sospitam, quam tu numquam ne in somnis quidem vides nisi cum pelle caprina, cum hasta, cum scutulo, cum calceolis repandis

At non est talis Argia nec Romana Iuno

Ergo alia species Iunonis Argivis, alia Lanuinis

Et quidem alia nobis Capitolini, alia Afris Hammonis Iovis
Ma ciò non vale né per gli Egiziani, né per i Siri né per tutti o quasi gli altri popoli barbarici; presso di loro potresti trovare una fede in determinati animali assai piùsalda della nostra venerazione per i templi e per le statue piú sacre

[82] Abbiamo visto molti templi spogliati e molte statue di dèi strappate ai santuari più venerandi per mano dinostri correligionari ma non s'è mai udito dire che un egiziano abbia offeso, sia pure a parole, un coccodrillo, un'ibis o un gatto

Orbene, che cosa pensi che Api, il famoso bue sacro degli Egiziani, non è forse per essi un dio

Certo lo è non meno che, per voi, la vostra famosa Sospita che tu non vedi mai, neppure in sogno, se non coi caratteristico piede caprino, armata di asta e di scudetto, calzata con le tipiche scarpette a becco

Eppure non è questo l'aspetto né di Giunone Argiva né della Giunone Romana

Altro è dunque l'aspetto di Giunone per i Lanuvini, altro per gli Argivi, altro per noi

E il nostro Giove Capitolino non è lo stesso che, per gli Africani, il loro Giove Ammone
XXX [83] Non pudet igitur physicum, id est speculatorem venatoremque naturae, ab animis consuetudine inbutis petere testimonium veritatis

Isto enim modo dicere licebit Iovem semper barbatum, Apollinem semper inberbem, caesios oculos Minervae, caeruleos esse Neptuni

Et quidem laudamus esse Athenis Volcanum eum, quem fecit Alcamenes, in quo stante atque vestito leviter apparet claudicatio non deformis

Claudum igitur habebimus deum, quoniam de Volcano sic accepimus

Age et his vocabulis esse deos facimus, quibus a nobis nominantur

[84] At primum quot hominum linguae, tot nomina deorum; non enim ut tu, Velleius, quocumque veneris, sic idem in Italia Volcanus, idem in Africa, idem in Hispania
XXX [83] Non è forse una vergogna che uno studioso della natura che, a guisa di cacciatore, ne va esplorando edinseguendo i segreti, voglia ricavare una sicura testimonianza della verità proprio dall'animo umano, tutto imbevuto di inveterati pregiudizi

Procedendo di questo passo ci sentiremo in diritto di asserire che Giove porta sempre la barba, che Apollo ne è sempre privo, che gli occhi di Minerva sono verdi mentre azzurri sono quelli di Nettuno

E poi ad Atene ammiriamo una statua di Vulcano scolpita da Alcamene, una figura eretta e drappeggiata che tradisce un'andatura leggermente claudicante non priva di grazia

Di qui l'uso di considerare zoppa questa divinità perché la tradizione cel'ha rappresentata così

E dimmi ancora, gli dèi hanno quegli stessi nomi coi quali noi siamo soliti nominarli

[84] No di certo ché, in primo luogo, tanti sono i nomi degli dèi quante sono le lingue parlate dagli uomini;tu,dovunque ti rechi, sei sempre Velleio, ma Vulcano ha nomi diversi a seconda che ci si trovi in Italia, in Africa o inSpagna
Deinde nominum non magnus numerus ne in pontificiis quidem nostris, deorum autem innumerabilis

An sine nominibus sunt

Istud quidem ita vobis dicere necesse est; quid enim attinet, cum una facies sit, plura esse nomina

Quam bellum erat, Vellei, confiteri potius nescire, quod nescires, quam ista effutientem nauseare atque ipsum sibi displicere

An tu mei simile putas esse aut tui deum

Profecto non putas

"Quid ergo, solem dicam aut lunam aut caelum deum

Ergo etiam beatum: quibus fruentem voluptatibus

Et sapientem: qui potest esse in eius modi trunco sapientia

" Haec vestra sunt

[85] Si igitur nec humano *, quod docui, nec tali aliquo, quod tibi ita persuasum est, quid dubitas negare deos esse
Inoltre il numero complessivo dei nomi divini non è grande neppure nei nostri libri pontificali ma infinito èquello degli dèi

Dovremo dunque pensare che non abbiano nome

A questa conclusione dovete necessariamentearrivare, visto che non ha alcun senso una pluralità di nomi data l'identità dell'ápetto

Come sarebbe stato meglio,Velleio caro, confessare la tua ignoranza piuttosto che disgustarci con codeste tue ciarle facendo, nel contempo, torto ate stesso

Credi davvero che la divinità sia simile a me o a te

Certamente non lo credi neppure tu

" Ma allora " obietterai tu " dovrò considerare divino il sole o la luna o il cielo

In tal caso, bisognerà ritenere che vivano felici; ma quali mai saranno i piaceri di cui godranno

E pure sapienti; ma come può albergare la sapienza in esseri inanimati

" Queste sono le vostre argomentazioni

[85] Quindi - aggiungerò io - visto che gli dèi non hanno né aspetto umano, come ti ho dimostrato, né alcun altroaspetto del tipo di quelli esposti, come è tua convinzione, perché esiti a negarne l'esistenza

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Non audes

Sapienter id quidem, etsi hoc loco non populum metuis, sed ipsos deos

Novi ego Epicureos omnia sigilla venerantes: Quamquam video non nullis videri Epicurum, ne in offensionem Atheniensium caderet, verbis reliquisse deos, re sustulisse

Itaque in illis selectis eius brevibusque sententiis, quas appellatis kurias doxas, haec, ut opinor, prima sententia est: "Quod beatum et inmortale est, id nec habet nec exhibet cuiquam negotium"; in hac ita eita sententia sunt, qui existiment, quod ille inscitia plane loquendi fecerit, fecisse consulto: De homine minime vafro male existimant
Non ne hai il coraggio

Ed in questo dimostri buon senso, benché, a dire il vero, quella che tu temi a questo riguardo non è la reazione popolare, bensì la stessa divinità

Ho conosciuto degli epicurei che veneravano anche le più piccole statue: nonostante la diffusa opinione che Epicuro a parole abbia conservato la credenza negli dèi per non essere messo sotto accusa dagli Ateniesi, ma di fatto li abbia definitivamente tolti di mezzo

Appunto per questo, io penso, nella raccolta di brevi aforismi che voi chiamate kurias doxas, il primo è occupato da questa affermazione: " ciò che è felice e immortale non soffre né arreca ad altri alcuna molestia "; secondo alcuni siffatta formulazione - dovuta in realtà ad imperizia linguistica - sarebbe intenzionale: ma è un ingiusto sospetto rivolto ad un uomo affatto privo di malizia

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