Primo uterque vociferari et certatim alter alteri obstrepere; coerciti ab lictore et iussi in vicem dicere tandem obloqui desistunt; unus rem ex composito orditur Cum intentus in eum se rex totus averteret, alter elatam securim in caput deiecit, relictoque in volnere telo ambo se foras eiciunt [41] Tarquinium moribundum cum qui circa erant excepissent, illos fugientes lictores comprehendunt Clamor inde concursusque populi, mirantium quid rei esset Tanaquil inter tumultum claudi regiam iubet, arbitros eiecit Simul quae curando volneri opus sunt, tamquam spes subesset, sedulo comparat, simul si destituat spes, alia praesidia molitur |
Sulle prime si misero a urlare cercando di prevaricare l'uno la voce dell'altro e la smetterono soltanto dopo l'intervento di un littore che ordinò loro di esporre a turno le rispettive ragioni; allora uno di essi comincia a mettere insieme quanto precedentemente convenuto Mentre il re lo stava ascoltando con grande attenzione, l'altro solleva la scure e lo colpisce alla testa; quindi, lasciata l'arma nella ferita, i due si precipitano di corsa fuori dalle porte [41] Mentre quelli del séguito sorreggevano Tarquinio in fin di vita, i littori catturarono i due pastori che stavano cercando di darsela a gambe Poi fu subito un gran trambusto di gente che accorreva per vedere cos'era successo Tanaquil, nel pieno della calca, ordina di chiudere la reggia e fa uscire i testimoni oculari del delitto Poi si procura il necessario per suturare la ferita, come se ci fosse ancora qualche speranza residua; contemporaneamente però, nel caso la speranza fosse venuta meno, prende altre precauzioni |
Seruio propere accito cum paene exsanguem virum ostendisset, dextram tenens orat ne inultam mortem soceri, ne socrum inimicis ludibrio esse sinat 'Tuum est' inquit, 'Serui, si vir es, regnum, non eorum qui alienis manibus pessimum facinus fecere Erige te deosque duces sequere qui clarum hoc fore caput divino quondam circumfuso igni portenderunt Nunc te illa caelestis excitet flamma; nunc expergiscere vere Et nos peregrini regnauimus; qui sis, non unde natus sis reputa Si tua re subita consilia torpent, at tu mea consilia sequere' Cum clamor impetusque multitudinis vix sustineri posset, ex superiore parte aedium per fenestras in Nouam viam versas - habitabat enim rex ad Iovis Statoris - populum Tanaquil adloquitur |
Fa subito chiamare Servio, gli mostra il corpo quasi esanime del marito e quindi, prendendogli la mano, lo implora di non lasciare impunita la morte del suocero né di permettere che la suocera diventi lo zimbello dei nemici Se sei un uomo, Servio, gli dice, è a te che tocca il regno e non ai mandanti di questo atroce delitto Animo, quindi, e affidati agli dèi che con quel fuoco intorno alla tua testa hanno già voluto preannunciare la fama che ti arriderà Adesso è l'ora di trarre forza da quella fiamma; adesso è ora di svegliarsi sul serio Eravamo degli stranieri anche noi, eppure siamo arrivati a regnare: pensa a quello che sei, non a dove sei nato Se per gli avvenimenti improvvisi non sai che decisione prendere, allora dai retta ai miei consigli Quando il frastuono e la ressa della gente toccarono il limite estremo della tollerabilità, Tanaquil, affacciandosi da una finestra del piano di sopra che dava sulla via Nuova (la residenza reale era infatti nei pressi del tempio di Giove Statore), arringò il popolo |
Iubet bono animo, esse; sopitum fuisse regem subito ictu; ferrum haud alte in corpus descendisse; iam ad se redisse; inspectum volnus absterso cruore; omnia salubria esse; confidere propediem ipsum eos visuros; interim Ser Tullio iubere populum dicto audientem esse; eum iura redditurum obiturumque alia regis munia esse Seruius cum trabea et lictoribus prodit ac sede regia sedens alia decernit, de aliis consulturum se regem esse simulat Itaque per aliquot dies cum iam exspirasset Tarquinius celata morte per speciem alienae fungendae vicis suas opes firmavit; tum demum palam factum est comploratione in regia orta Seruius praesidio firmo munitus, primus iniussu populi, voluntate patrum regnavit |
Invitò i sudditi a stare tranquilli rassicurandoli che il re, stordito da un colpo a tradimento, era già tornato in sé perché il ferro non era penetrato molto in profondità; inoltre la ferita era stata esaminata, l'emorragia bloccata e tutto il resto sembrava a posto; presto, ne era sicura, lo avrebbero potuto rivedere Nel frattempo, le sue disposizioni erano che obbedissero a Servio Tullio, il quale avrebbe amministrato la giustizia e svolto tutte le mansioni del re Servio avanza con tanto di trabea e di littori, occupa la sedia del re ed emana verdetti a proposito di alcuni casi, fingendo invece di dover consultare il sovrano per altri In questo modo, per alcuni giorni, pur essendo già Tarquinio passato a miglior vita, egli ne nascose la morte facendosi passare per un mero sostituto, quando invece stava consolidando il suo potere; dopo un po' di giorni la gente fu finalmente informata del luttuoso evento dai pianti che si alzavano dalla reggia Servio, protetto da una robusta scorta, fu il primo a regnare senza il consenso popolare ma solo con l'autorizzazione del senato |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 36; 31 - 35
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 36; 31 - 35
Anci liberi iam tum comprensis sceleris ministris ut uiuere regem et tantas esse opes Serui nuntiatum est, Suessam Pometiam exsulatum ierant [42] Nec iam publicis magis consiliis Seruius quam priuatis munire opes, et ne, qualis Anci liberum animus adversus Tarquinium fuerat, talis adversus se Tarquini liberum esset, duas filias iuvenibus regiis, Lucio atque Arrunti Tarquiniis iungit; nec rupit tamen fati necessitatem humanis consiliis quin inuidia regni etiam inter domesticos infida omnia atque infesta faceret Peropportune ad praesentis quietem status bellum cum Veientibus - iam enim indutiae exierant - aliisque Etruscis sumptum |
I figli di Anco, quando dopo l'arresto dei sicari da loro prezzolati vennero a sapere che il re era ancora vivo e che Servio godeva di così tanto favore, si erano già ritirati in volontario esilio a Suessa Pomezia [42] Servio, per consolidare la posizione di autorità ottenuta, ricorse tanto a misure politiche quanto alla sua abilità nel muoversi all'interno della sfera privata; così, onde evitare che l'odio nutrito dai figli di Anco nei confronti di Tarquinio divenisse lo stesso sentimento nei suoi rapporti con la prole di Tarquinio stesso, diede in moglie le figlie ai due giovani rampolli reali Lucio e Arrunte Tarquinio; ciò nonostante, con la sua dimostrazione di assennatezza, non riuscì a infrangere l'ineluttabilità del destino: l'invidia per il suo potere creò un clima di ostilità e perfidia tra i membri della casa reale Particolarmente opportuna per mantenere lo stato di momentanea tranquillità fu una guerra intrapresa coi Veienti (la tregua era ormai scaduta) e con altre popolazioni etrusche |
In eo bello et virtus et fortuna enituit Tulli; fusoque ingenti hostium exercitu haud dubius rex, seu patrum seu plebis animos periclitaretur, Romam rediit Adgrediturque inde ad pacis longe maximum opus, ut quemadmodum Numa divini auctor iuris fuisset, ita Seruium conditorem omnis in civitate discriminis ordinumque quibus inter gradus dignitatis fortunaeque aliquid interlucet posteri fama ferrent Censum enim instituit, rem saluberrimam tanto futuro imperio, ex quo belli pacisque munia non viritim, ut ante, sed pro habitu pecuniarum fierent; tum classes centuriasque et hunc ordinem ex censu discripsit, vel paci decorum vel bello |
In questa guerra, Tullio brillò per coraggio e buona sorte; una volta sbaragliate le ingenti forze nemiche, il re ritorna a Roma, conscio di essere ora in una posizione che non si prestava più a critiche né da parte dei senatori né da parte del popolo Quindi si occupa di ciò che aveva la precedenza assoluta in campo civile: come Numa aveva codificato i regolamenti in materia di religione, così Servio è passato ai posteri per aver stabilito a Roma il sistema delle divisioni in classi con il quale si differenziavano nettamente i diversi gradi di dignità sociale e di possibilità economiche Stabilì, cioè, il censo, cosa utilissima per un regno destinato a enormi ampliamenti, col quale i carichi fiscali in materia civile e militare non sarebbero più stati ripartiti pro capite, come in passato, ma a seconda del reddito; quindi divise la popolazione in classi e centurie secondo questa distribuzione basata sul censo e valida tanto in tempo di pace quanto in tempo di guerra |
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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 45; 23 - 44
[43] Ex iis qui centum milium aeris aut maiorem censum haberent octoginta confecit centurias, quadragenas seniorum ac iuniorum; prima classis omnes appellati; seniores ad urbis custodiam ut praesto essent, iuvenes ut foris bella gererent; arma his imperata galea, clipeum, ocreae, lorica, omnia ex aere; haec ut tegumenta corporis essent: tela in hostem hastaque et gladius Additae huic classi duae fabrum centuriae quae sine armis stipendia facerent; datum munus ut machinas in bello ferrent Secunda classis intra centum usque ad quinque et septuaginta milium censum instituta, et ex iis, senioribus iunioribusque, viginti conscriptae centuriae; arma imperata scutum pro clipeo et praeter loricam omnia eadem |
[43] Coloro i quali possedevano dai centomila assi in su formavano ottanta centurie, quaranta di anziani e quaranta di giovani, e andarono sotto il nome di prima classe; gli anziani avevano il compito di proteggere militarmente la città, i giovani di combattere nelle guerre esterne; il loro armamento di difesa doveva consistere in elmo, scudo rotondo, gambali, corazza, il tutto in bronzo; quello di offesa in lancia e spada A questa classe ne vennero aggiunte due di genieri, esclusi dal servizio armato ma destinati al trasporto di macchine da guerra La seconda classe era composta da quanti possedevano dai centomila ai settantacinquemila assi e contava, tra giovani e anziani, venti centurie; il loro armamento di base consisteva in uno scudo oblungo al posto di quello rotondo e, salvo la corazza, era uguale in tutto il resto |
Tertiae classis in quinquaginta milium censum esse voluit; totidem centuriae et hae eodemque discrimine aetatium factae; nec de armis quicquam mutatum, ocreae tantum ademptae In quarta classe census quinque et viginti milium, totidem centuriae factae, arma mutata: nihil praeter hastam et verutum datum Quinta classis aucta; centuriae triginta factae; fundas lapidesque missiles hi secum gerebant; in his accensi cornicines tubicinesque in duas centurias distributi; undecim milibus haec classis censebatur Hoc minor census reliquam multitudinem habuit; inde una centuria facta est, immunis militia |
La terza classe fu stabilito che avesse un censo di cinquantamila assi; come la seconda, venne organizzata in venti centurie ed ebbe la stessa suddivisione per età; quanto invece alle armi, la sola differenza era l'assenza dei gambali Per appartenere alla quarta classe bisognava avere un censo di venticinquemila assi; stesso numero di centurie ma armi diverse: nient'altro che asta e giavellotto La quinta classe era quantitativamente più numerosa: formava infatti trenta centurie e prevedeva come armi fionde con proiettili di pietra; a essa facevano capo anche due centurie di suonatori di corno e di trombettieri; il censo di questa classe doveva ammontare a undicimila assi Chi era al di sotto di questa cifra - cioè il resto del popolo - venne organizzato in una sola centuria dispensata dall'assolvere agli obblighi militari |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 05, 26-30
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 05, 26-30
Ita pedestri exercitu ornato distributoque, equitum ex primoribus civitatis duodecim scripsit centurias; sex item alias centurias, tribus ab Romulo institutis, sub iisdem quibus inauguratae erant nominibus fecit Ad equos emendos dena milia aeris ex publico data, et, quibus equos alerent, viduae attributae quae bina milia aeris in annos singulos penderent Haec omnia in dites a pauperibus inclinata onera Deinde est honos additus |
Dopo aver così organizzato e armato la fanteria, Servio Tullio reclutò dodici centurie di cavalieri dal fiore dell'aristocrazia cittadina; ne formò altre sei al posto delle tre organizzate da Romolo, mantenendo però a esse gli stessi nomi assegnati al tempo delle consultazioni augurali Per l'acquisto di cavalli l'erario di Stato stanziò diecimila assi annui per ogni centuria, mentre al mantenimento degli stessi designò le donne non sposate le quali dovevano provvedere con duemila assi annui ciascuna Così tutti gli oneri fiscali venivano spostati dai poveri ai ricchi In séguito però venne inserita una forma di compensazione |
Non enim, ut ab Romulo traditum ceteri seruauerant reges, viritim suffragium eadem vi eodemque iure promisce omnibus datum est; sed gradus facti, ut neque exclusus quisquam suffragio videretur et vis omnis penes primores civitatis esset; equites enim vocabantur primi, octoginta inde primae classis centuriae, ibi si variaret - quod raro incidebat - secundae classis; nec fere unquam infra ita descenderunt ut ad infimos pervenirent Nec mirari oportet hunc ordinem qui nunc est post expletas quinque et triginta tribus, duplicato earum numero centuriis iuniorum seniorumque, ad institutam ab Ser Tullio summam non convenire |
Il suffragio universale, basato non più sull'uguaglianza di poteri e diritti, non fu ulteriormente concesso - secondo l'uso sancito da Romolo e poi mantenuto dai suoi successori - in maniera indistinta a tutti, ma vennero stabilite delle priorità che, pur non privando nessuno del diritto di voto, ciò nonostante mettevano la totalità del potere nelle mani dei cittadini più abbienti; per primi votavano i cavalieri, seguiti dalle ottanta centurie della rima classe; se c'era qualche disaccordo tra i due gruppi (cosa assai rara), fu stabilito che in quel caso avrebbe votato la seconda classe; non si arrivò mai così in basso da coinvolgere le classi subalterne Né ci si deve stupire se il nostro attuale sistema, strutturato dopo l'aumento del numero delle tribù a trentacinque e dopo il raddoppio delle centurie di giovani e anziani, non corrisponde più quantitativamente a quello varato da Servio Tullio |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 37; 41 - 45
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 37; 41 - 45
Quadrifariam enim urbe divisa regionibus collibus qui habitabantur, partes eas tribus appellavit, ut ego arbitror, ab tributo; nam eius quoque aequaliter ex censu conferendi ab eodem inita ratio est; neque eae tribus ad centuriarum distributionem numerumque quicquam pertinuere [44] Censu perfecto quem maturauerat metu legis de incensis latae cum uinculorum minis mortisque, edixit ut omnes ciues Romani, equites peditesque, in suis quisque centuriis, in campo Martio prima luce adessent Ibi instructum exercitum omnem suouetaurilibus lustravit, idque conditum lustrum appellatum, quia is censendo finis factus est Milia octoginta eo lustro civium censa dicuntur; adicit scriptorum antiquissimus Fabius Pictor, eorum qui arma ferre possent eum numerum fuisse |
Egli divise Roma in quattro parti, con i quartieri e i colli allora abitati, e le chiamò tribù facendo - secondo me - risalire il nome a tributo; non a caso la contribuzione proporzionale al reddito è uno dei suoi provvedimenti ancora in vigore; e queste tribù non avevano niente a che vedere con la divisione in centurie e col loro numero [44] Dopo aver completato le pratiche del censo, facilitate da una legge che minacciava l'incarcerazione e la pena capitale per chi si fosse mostrato recalcitrante all'iscrizione, Servio convocò un'adunata per centurie di tutti i cittadini romani, da tenersi all'alba in Campo Marzio Lì, di fronte all'intero esercito schierato, offrì in sacrificio di purificazione un maiale, una pecora e un toro, e la cerimonia prese il nome di lustro della chiusura perché era l'ultimo atto del censimento Si dice che in quel lustro i cittadini censiti ammontassero a ottantamila; Fabio Pittore, uno degli storici più antichi, aggiunge che questo era il numero degli uomini potenzialmente mobilitabili |