Nam pater altitonans stellanti nixus Olympo ipse suos quondam tumulos ac templa petivit et Capitolinis iniecit sedibus ignis Tum species ex aere vetus venerataque Nattae concidit, elapsaeque vetusto numine leges, et divom simulacra peremit fulminis ardor Hic silvestris erat Romani nominis altrix Martia, quae parvos Mavortis semine natos uberibus gravidis vitali rore rigabat; quae tum cum pueris flammato fulminis ictu concidit atque avolsa pedum vestigia liquit Tum quis non artis scripta ac monumenta volutans voces tristificas chartis promebat Etruscis |
Ché il Padre altitonante, ergendosi sull'Olimpo stellato, colpì col fulmine il colle una volta a lui caro e il suo tempio, e appiccò il fuoco alla sua dimora sul Campidoglio Allora l'antica e venerata effigie bronzea di Natta si abbatté al suolo, e scomparvero le tavole delle leggi di vetusta, sacra autorità, e la vampa del fulmine annientò le immagini degli dèi Qui c'era la silvestre nutrice marzia della gente romana, che con le turgide mammelle alimentava di rugiada vitale i piccoli nati dalla stirpe di Marte: essa allora, colpita insieme coi fanciulli dal fulmine fiammeggiante, cadde e, divelta dalla base, vi lasciò l'impronta dei piedi Chi in quel tempo, leggendo e rileggendo gli scritti e i documenti dell'arte divinatoria, non ricavava dalle carte etrusche lugubri presagi |
Omnes civilem generosa stirpe profectam volvier ingentem cladem pestemque monebant; tum legum exitium constanti voce ferebant, templa deumque adeo fiammis urbemque iubebant eripere et stragem horribilem caedemque vereri Atque haec fixa gravi fato ac fundata teneri, ni prius excelsum ad columen formata decore sancta Iovis species claros spectaret in ortus Tum fore ut occultos populus sanctusque senatus cernere conatus posset, si solis ad ortum conversa inde patrum sedes populique videret |
Tutti avvertivano che una grande sciagura per tutta la città, un flagello stava per scatenarsi, per opera di una famiglia nobile; e annunziavano anche, con parole sempre ripetute, la rovina delle leggi e ordinavano soprattutto di sottrarre dalle fiamme i templi degli dèi e la città, e di guardarsi da una strage e da un massacro orribile Dicevano che queste cose erano immutabilmente fissate da un tremendo destino, a meno che, prima, una sacra immagine di Giove, fatta con arte, collocata su un'alta colonna, fosse rivolta verso la chiara luce d'oriente Soltanto allora il popolo e il santo senato avrebbero potuto scoprire queste mene occulte, se la statua di Giove, rivolta verso il sorgere del sole, avesse potuto di lì vedere le sedi dei senatori e del popolo |
Haec tardata diu species multumque morata consule te tandem celsa est in sede locata atque una fixi ac signati temporis hora Iuppiter excelsa clarabat sceptra columna, et clades patriae flamma ferroque parata vocibus Allobrogum patribus populoque patebat Rite igitur veteres, quorum monumenta tenetis qui populos urbisque modo ac virtute regebant, rite etiam vestri, quorum pietasque fidesque praestitit et longe vicit sapientia cunctos, praecipue colucre vigeiiti numine divos Haec adeo penitus cura videre sagaci, otia qui studiis laeti tenuere decoris, inque Academia umbrifera nitidoque Lyceo fuderunt claras fecundi pectoris artis |
Questa effigie, eseguita con gran ritardo e attesa per molto tempo, finalmente sotto il tuo consolato fu collocata sulla sua alta sede; e in uno stesso momento, stabilito e fissato dal destino, Giove faceva risplendere il suo scettro in cima alla colonna, e la rovina della patria, preparata col ferro e col fuoco, veniva rivelata dalle parole degli Allobrogi ai senatori e al popolo A ragione, dunque, gli antichi, dei quali voi custodite gli insegnamenti, e che con moderazione e virtù governavano popoli e città, - a ragione anche i vostri compatrioti, la cui religiosità e il cui ossequio ai numi superò tutti e di gran lunga li vinse la loro sapienza, onorarono più che mai gli dèi insigni per potenza Questi insegnamenti, d'altronde, li intesero a fondo, con indagine sagace, coloro che lieti trascorsero in nobili studi il tempo libero da fatiche quotidiane, e che, nell'ombrosa Accademia e nel luminoso Liceo, diffusero le splendide dottrine del loro ingegno fecondo |
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Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 01
Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 02 - Parte 01
E quibus ereptum primo iam a flore iuventae te patria in media virtutum mole locavit Tu tamen anxiferas curas requiete relaxans, quod patriae vacat, his studiis nobisque sacrasti Tu igitur animum poteris inducere contra ea quae a me disputantur de divinatione, dicere, qui et gesseris ea, quae gessisti, et ea quae pronuntiavi, accuratissume scripseris Quid quaeris, Carneades, cur haec ita fiant aut qua arte perspici possint Nescire me fateor, evenire autem ipsum dico videre Casu, inquis Itane vero, quicquam potest casu esse factum, quod omnes habet in se numeros veritatis Quattuor tali iacti casu Venerium efficiunt; num etiam centum Venerios, si quadringentos talos ieceris, casu futuros putas |
Strappato ad essi fin dal primo fiorire della giovinezza, tu fosti collocato dalla patria in mezzo al faticoso mondo delle virtù attive E tuttavia, dando un po' di tregua alle ansiose preoccupazioni della vita civile, hai consacrato a quegli studi e a noi il tempo che la patria ti lascia libero Tu dunque, che hai fatto quel che hai fatto e hai scritto con la massima esattezza i versi che or ora ho recitato, hai il coraggio di opporti a ciò che io dico sulla divinazione Perché stai a domandare, Carneade, per qual motivo queste cose avvengano o con quale arte possano essere comprese Io confesso di non saperlo, ma affermo che tu stesso devi riconoscere che avvengono Per caso, dici tu Ma davvero può accadere per caso ciò che ha in sé tutti i caratteri della verità Quattro dadi, lanciati a caso, dànno il colpo di Venere; ma se lancerai quattrocento dadi, e otterrai il colpo di Venere per tutte e cento le volte, crederai che ciò sia dovuto al caso |
Adspersa temere pigmenta in tabula oris liniamenta efficere possunt; num etiam Veneris Coae pulchritudinem effici posse adspersione fortuita putas Sus rostro si humi A litteram impresserit, num propterea suspicari poteris Andromacham Enni ab ea posse describi Fingebat Carneades in Chiorum lapicidinis saxo diffisso caput exstitisse Panisci; credo, aliquam non dissimilem figuram, sed certe non talem, ut eam factam a Scopa diceres Sic enim se profecto res habet, ut numquam perfecte veritatem casus imitetur At non numquam ea, quae praedicta sunt, minus eveniunt Quae tandem id ars non habet Earum dico artium, quae coniectura continentur et sunt opinabiles An medicina ars non putanda est Quam tamen multa fallunt |
Dei colori schizzati a caso su una tavola possono produrre i lineamenti di un volto; ma crederai che schizzando colori a caso si possa ottenere la bellezza della Venere di Coo Se una scrofa col suo grifo avrà tracciato sul terreno la lettera A, la crederai per questo capace di scrivere l'Andromaca di Ennio Carneade immaginava che nelle cave di pietra di Chio, in seguito alla spaccatura di un macigno, fosse venuta in luce per caso la testa di un piccolo Pan: sono disposto a credere che si trattasse di una qualche forma somigliante, ma certamente non tale da potere essere giudicata opera di Scopa Le cose, non c'è dubbio, stanno così: il caso non può mai imitare perfettamente la verità Ma, si obietta, talvolta cose che sono state predette non accadono Rispondo: Quale arte è immune da questa eventualità Mi riferisco, s'intende, a quelle arti che si basano su congetture e sono opinabili Forse non si deve considerare come un'arte la medicina Eppure in molti casi cade in errore |
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Quid gubernatores nonne falluntur An Achivorum exercitus et tot navium rectores non ita profecti sunt ab Ilio, ut profectione laeti piscium lasciviam intuerentur, ut ait Pacuvius, nec tuendi satietas capere posset Interea prope iam occidente sole inhorrescit mare, tenebrae conduplicantur noctisque et nimbum occaecat nigror Num igitur tot clarissimorum ducum regumque naufragium sustulit artem gubernandi Aut num imperatorum scientia nihil est, quia summus imperator nuper fugit amisso exercitu Aut num propterea nulla est rei publicae gerendae ratio atque prudente, quia multa Gn Pompeium, quaedam M Catonem, non nulla etiam te ipsum fefellerunt |
E quelli che guidano le navi, non sbagliano mai Non accadde forse che le truppe achee, con tanti comandanti di navi, ripartissero da Ilio guardando, lieti per la partenza, i pesci guizzanti in mare, come dice Pacuvio, né venissero presi da sazietà di godersi lo spettacolo Ma frattanto, quando il sole già sta per calare, il mare incomincia ad agitarsi, il buio si raddoppia, il nero della notte e quello dei nembi acciecano lo sguardo Dunque il naufragio di tanti famosissimi condottieri e sovrani ha tolto ogni credito all'arte di pilotare le navi Oppure l'arte militare non val niente, per il fatto che poco tempo fa un comandante supremo è fuggito lasciando l'esercito sconfitto O la capacità e l'avvedutezza nel governare lo Stato non esistono, perché in molti errori incorse Gneo Pompeo, in parecchi Marco Catone, in qualcuno anche tu |
Similis est haruspicum responsio omnisque opinabilis divinatio; coniectura enim nititur, ultra quam progredi non potest Ea fallit fortasse non numquam, sed tamen ad veritatem saepissime dirigit; est enim ab omni aeternitate repetita, in qua, cum paene innumerabiliter res eodem modo evenirent isdem signis antegressis, ars est effecta eadem saepe animadvertendo ac notando Auspicia vero vestra quam constant Quae quidem nunc a Romanis auguribus ignorantur (bona hoc tua venia dixerim), a Cilicibus, Pamphyliis, Pisidis, Lyciis tenentur Nam quid ego hospitem nostrum, clarissumum atque optumum virum, Deiotarum regem, commemorem qui nihil umquam nisi auspicato gerit Qui cum ex itinere quodam proposito |
Uguale è il caso dei responsi degli arùspici, e ogni genere di divinazione è opinabile: si basano su congetture, oltre le quali non è possibile spingersi Può darsi che talvolta la congettura sia ingannevole, ma spessissimo conduce alla verità: il suo inizio, difatti, si perde nella notte dei tempi, e siccome innumerevoli volte, dopo che si erano manifestati gli stessi presagi, accadevano quasi sempre gli stessi eventi, si è costituita l'arte divinatoria con l'osservare e col registrare più volte le stesse cose Quale valore, poi, hanno i vostri auspicii quali, invero, attualmente vengono ignorati dagli àuguri romani (non te ne avere a male se lo dico), mentre sono ancora in vigore presso gli abitanti della Cilicia, della Panfilia, della Pisidia, della Licia Non ho bisogno di rammentare il nostro ospite, il re Deiòtaro, uomo insigne ed eccellente, il quale non fa mai nulla se non dopo aver preso gli auspicii Una volta egli aveva progettato e iniziato un viaggio |
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Constituto revertisset aquilae admonitus volatu, conclave illud, ubi erat mansurus, si ire perrexisset, proxima nocte corruit Itaque, ut ex ipso audiebam, persaepe revertit ex itinere, cum iam progressus esset multorum dierum viam Quoius quidem hoc praeclarissimum est Quod, posteaquam a Caesare tetrarchia et regno pecuniaque multatus est, negat se tamen eorum auspiciorum, quac sibi ad Pompeium proficiscenti secunda evenerint, paenitere; senatus enim auctoritatem et populi Romani libertatem atque imperii dignitatem suis armis esse defensam, sibique eas aves, quibus auctoribus officium et fidem secutus esset, bene consuluisse; antiquiorem enim sibi fuisse possessionibus suis gloriari Ille mihi videtur igitur vere augurari |
Ammonito dal volo sfavorevole di un'aquila, tornò indietro; ebbene, la stanza nella quale avrebbe sostato se avesse proseguito il suo percorso, crollò la notte seguente Da lui stesso ho sentito dire che più volte ritornò sui suoi passi dopo aver già compiuto un percorso di molti giorni E di Deiòtaro è particolarmente splendido ciò che ora dirò Dopo essere stato punito da Cesare con la perdita della tetrarchia, del regno, di un'ingente somma di denaro, continua a dire che non si lagna di quegli auspicii che gli si rivelarono favorevoli quando partì per unirsi all'esercito di Pompeo: ché le sue armi difesero l'autorità del senato, la libertà del popolo romano, la dignità del suo comando, e perciò gli uccelli per ammonimento dei quali egli seguì la via del dovere e della lealtà gli dettero un buon consiglio: la sua gloria doveva valere di più che i suoi possessi Lui sì che, a mio parere, ha seguito con spirito di verità l'arte augurale |
Nam nostri quidem magistratus auspiciis utuntur coactis; necesse est enim offa obiecta cadere frustum ex pulli ore, cum pascitur Quod autem scriptum habetis, [aut] tripudium fieri, si ex ea quid in solidum ceciderit, hoc quoque, quod dixi, coactum tripudium solistimum dicitis Itaque multa auguria, multa auspicia, quod Cato ille sapiens queritur, neglegentia collegii amissa plane et deserta sunt Nihil fere quondam maioris rei nisi auspicato ne privatim quidem gerebatur Quod etiam nunc nuptiarum auspices declarant, qui re omissa nomen tantum tenent Nam ut nunc extis (quamquam id ipsum aliquanto minus quam olim), sic tum avibus magnae res impetriri solebant |
I nostri magistrati, invece, praticano auspicii forzati: è inevitabile che, offerto il cibo, un pezzetto di esso cada giù dalla bocca del pollo mentre sta mangiando Ma quanto alla prescrizione dei vostri libri, che è favorevole l'auspicio se dalla bocca dell'uccello cade a terra un pezzo del cibo, voi considerate particolarmente favorevole anche questo auspicio che ho chiamato forzato Perciò molti augurii, molti auspicii sono stati del tutto obliati o trascurati per negligenza del collegio: di ciò si duole Catone, il nostro saggio antico Nemmeno quanto agli affari privati, se avevano qualche importanza, si soleva fare alcunché, nei tempi andati, senza ricorrere agli auspicii Tuttora ciò è indicato dagli àuspici delle nozze, i quali, andato in disuso il loro còmpito, mantengono solo il nome Come ora all'osservazione delle viscere (sebbene anche questa pratica sia alquanto meno in vigore che un tempo), così allora eran soliti, in cose importanti, chiedere consiglio al volo degli uccelli |
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Itaque, sinistra dum non exquirimus, in dira et in vitiosa incurrimus Ut P Claudius, Appi Caeci filius, eiusque collega L Iunius classis maxumas perdiderunt, cum vitio navigassent Quod eodem modo evenit Agamemnoni; qui,cum Achivi coepissent inter sese strepere aperteque artem obterere extispicum solvere imperat secundo rumore adversaque avi Sed quid vetera M Crasso quid acciderit videmus, dirarum obnuntiatione neglecta In quo Appius, collega tuus, bonus augur, ut ex te audire soleo, non satis scienter virum bonum e civem egregium censor C Ateium notavit, quod ementitu auspicia subscriberet |
Perciò, se non ricerchiamo con cura i presagi favorevoli, andiamo soggetti a quelli malauguranti e infausti Per esempio Publio Claudio, figlio di Appio il cieco, e il suo collega Lucio Giunio persero ingenti flotte, perché avevano preso il mare con auspicii contrari Parimenti ciò accadde ad Agamennone, il quale, poiché gli Achei avevano incominciato a schiamazzare tra loro e a denigrare apertamente l'arte degli scrutatori di viscere, ordina di salpare col plauso delle truppe e con l'ostilità dei presagi Ma a che scopo rievocare fatti remoti Che cosa sia accaduto a Marco Crasso lo sappiamo, per avere spregiato il divieto dei presagi infausti In questa circostanza Appio, tuo collega e bravo àugure (come spesso mi hai detto), con scarsa cognizione di causa, in qualità di censore, inflisse un biasimo a Gaio Ateio, ottimo uomo ed egregio cittadino, perché (questa la motivazione) aveva annunziato auspicii falsi |