Tacito, Annales: Libro 12, 01-39, pag 3

Tacito, Annales: Libro 12, 01-39

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 12, 01-39
sed in regressu dispar fortuna fuit, quia navium quasdam quae mari remeabant in litora Taurorum delatas circumvenere barbari, praefecto cohortis et plerisque auxiliarium interfectis

[18] Interea Mithridates nullo in armis subsidio consultat cuius misericordiam experiretur

frater Cotys, proditor olim, deinde hostis, metuebatur: Romanorum nemo id auctoritatis aderat ut promissa eius magni penderentur

ad Eunonen convertit, propriis odiis [non] infensum et recens coniuncta nobiscum amicitia validum

igitur cultu vultuque quam maxime ad praesentem fortunam comparato regiam ingreditur genibusque eius provolutus 'Mithridates' inquit 'terra marique Romanis per tot annos quaesitus sponte adsum: utere, ut voles, prole magni Achaemenis, quod mihi solum hostes non abstulerunt'
Ma nel ritorno la sorte fu contraria, perché alcune navi - procedevano via mare - finite sulla costa dei Tauri vennero circondate dai barbari e restarono sul terreno il prefetto della coorte e la maggior parte degli ausiliari

18 Intanto Mitridate, non potendo contare sulle armi, puntava sulla pietà, valutando a chi rivolgersi

Del fratello Coti, in passato traditore e poi nemico, diffidava; fra i Romani presenti nessuno aveva tanta autorità da prendere in seria considerazione le sue promesse

Si rivolge a Eunone, che non gli era ostile per motivi personali e godeva di autorevolezza per l'amicizia stretta di recente con noi

Quindi, con vesti e aspetto conformi alla sua condizione presente, entra nella reggia e si getta ai suoi piedi: Io, il Mitridate che da tanti anni i Romani cercano per terra e per mare, sono qui, per mia volontà, da te: Disponi come vuoi di questo lontano figlio del grande Achemene, l'unico onore che i nemici non mi abbiano tolto
[19] At Eunones claritudine viri, mutatione rerum et prece haud degeneri permotus, adlevat supplicem laudatque quod gentem Aorsorum, quod suam dextram petendae veniae delegerit

simul legatos litterasque ad Caesarem in hunc modum mittit: populi Romani imperatoribus, magnarum nationum regibus primam ex similitudine fortunae amicitiam, sibi et Claudio etiam communionem victoriae esse

bellorum egregios finis quoties ignoscendo transigatur: sic Zorsini victo nihil ereptum

pro Mithridate, quando gravius mereretur, non potentiam neque regnum precari, sed ne triumpharetur neve poenas capite expenderet

[20] At Claudius, quamquam nobilitatibus externis mitis, dubitavit tamen accipere captivum pacto salutis an repetere armis rectius foret
19 Eunone, colpito dalla fama di quell'uomo, dal mutamento del suo stato e dalla preghiera non indegna di lui, fa rialzare il supplice e lo loda per avere scelto il popolo degli Aorsi e il suo personale intervento, per chiedere grazia

Subito invia a Cesare emissari e una lettera di questo tenore: l'amicizia fra gli imperatori del popolo romano e i re di grandi nazioni aveva come primo fondamento la similitudine nella potenza; tra lui e Claudio c'era anche il comune vincolo della vittoria

la più gloriosa fine delle guerre era concluderle col perdono; così al vinto Zorsine nulla era stato tolto

per Mitridate, meritevole di pena maggiore, non chiedeva né potenza né regno, ma che non fosse trascinato a Roma dietro il carro trionfale, né subisse la pena di morte

20 Claudio, pur mite in genere verso i nobili stranieri, rimase in dubbio se accettare la consegna di Mitridate, garantendogli la vita, e se non fosse meglio pretenderlo con le armi
hinc dolor iniuriarum et libido vindictae adigebat: sed disserebatur contra suscipi bellum avio itinere, importuoso mari; ad hoc reges ferocis, vagos populos, solum frugum egenum, taedium ex mora, pericula ex properantis, modicam victoribus laudem ac multum infamiae, si pellerentur

quin adriperet et servaret exulem, cui inopi quanto longiorem vitam, tanto plus supplicii fore

his permotus scripsit Eunoni, meritum quidem novissima exempla Mithridaten, nec sibi vim ad exequendum deese: verum ita maioribus placitum, quanta pervicacia in hostem, tanta beneficentia adversus supplices utendum; nam triumphos de populis regnisque integris adquiri
In questo senso lo spingevano il risentimento per le offese e la brama di vendetta; ma gli facevano notare, per converso, la difficoltà di una guerra in territori impervi e con un mare senza porti; e poi re fieri, popoli nomadi, un suolo povero di grano, la lentezza e la noia delle operazioni, i rischi della fretta, la gloria modesta in caso di vittoria e la smisurata vergogna, se sconfitti

Meglio dunque approfittare dell'offerta e tenersi quell'esule, che, in povertà, quanto più a lungo avesse vissuto, tanto più strazio avrebbe sofferto

Convinto da questi argomenti, scrisse a Eunone che un'esecuzione esemplare Mitridate non poteva non meritarla e che lui disponeva sicuramente della forza per tradurla in atto; tuttavia la prassi degli antichi era stata quella di adottare, come l'inflessibilità verso il nemico, altrettanta indulgenza verso i supplici: i trionfi infatti si celebrano solo su popoli e regni integri di forze

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Tacito, Annales: Libro 14, 01-19
Tacito, Annales: Libro 14, 01-19

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 14, 01-19

[21] Traditus posthac Mithridates vectusque Romam per Iunium Cilonem, procuratorem Ponti, ferocius quam pro fortuna disseruisse apud Caesarem ferebatur, elataque vox eius in vulgum hisce verbis: 'non sum remissus ad te, sed reversus: vel si non credis, dimitte et quaere'

vultu quoque interrito permansit, cum rostra iuxta custodibus circumdatus visui populo praeberetur

consularia insignia Ciloni, Aquilae praetoria decernuntur

[22] Isdem consulibus atrox odii Agrippina ac Lolliae infensa, quod secum de matrimonio principis certavisset, molitur crimina et accusatorem qui obiceret Chaldaeos, magos interrogatumque Apollinis Clarii simulacrum super nuptiis imperatoris
21 In seguito Mitridate fu consegnato e tradotto a Roma dal procuratore del Ponto Giunio Cilone e raccontano che, di fronte a Cesare, abbia parlato con una fierezza non proporzionata al suo stato e giravano sulle bocche di tutti queste sue parole: Non ti sono stato rimandato, ma ci sono venuto io: se non lo credi, lasciami andare e cercami

Mantenne uno sguardo imperterrito anche quando dai rostri veniva offerto alla vista del popolo, circondato da guardie

A Cilone furono conferite le insegne consolari e ad Aquila quelle pretorie

22 In quello stesso anno, Agrippina, furente d'odio e implacabile contro Lollia, perché si era messa in gara con lei, mirando a sposare Claudio, costruisce accuse e inventa un accusatore, imputandole d'essere ricorsa a maghi caldei e d'aver consultato l'oracolo di Apollo Claro sulle nozze con l'imperatore
exim Claudius inaudita rea multa de claritudine eius apud senatum praefatus, sorore L Volusii genitam, maiorem ei patruum Cottam Messalinum esse, Memmio quondam Regulo nuptam (nam de G Caesaris nuptiis consulto reticebat), addidit perniciosa in rem publicam consilia et materiem sceleri detrahendam: proin publicatis bonis cederet Italia

ita quinquagies sestertium ex opibus immensis exuli relictum

et Calpurnia inlustris femina pervertitur, quia formam eius laudaverat princeps, nulla libidine, sed fortuito sermone, unde ira Agrippinae citra ultima stetit

in Lolliam mittitur tribunus, a quo ad mortem adigeretur

damnatus et lege repetundarum Cadius Rufus accusantibus Bithynis
In seguito Claudio, senza prima ascoltare l'accusata, spese in senato molte parole di introduzione su di lei, figlia di una sorella di Lucio Volusio, pronipote di Cotta Messalino, già moglie di Memmio Regolo (e taceva volutamente il matrimonio con Gaio Cesare), dopo di che argomentò sulla necessità di impedire i suoi criminosi disegni contro lo stato, proponendo di toglierle la possibilità di agire: chiedeva perciò la confisca dei beni e il suo esilio dall'Italia

Delle sue immense ricchezze, all'esule furono lasciati solo cinque milioni di sesterzi

La rovina s'abbatté anche su Calpurnia, donna di illustre nobiltà, e solo perché il principe, senza concupirla ma incidentalmente in un discorso, ne aveva lodato la bellezza; e fu tenendo conto di ciò, se l'ira di Agrippina non giunse fino a volerne la morte

A Lollia invece fu inviato un tribuno, per indurla a morire

Venne poi condannato, per concussione, Cadio Rufo, dietro accusa dei Bitini

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Tacito, Annales: Libro 16, 01-35
Tacito, Annales: Libro 16, 01-35

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 16, 01-35

[23] Galliae Narbonensi ob egregiam in patres reverentiam datum ut senatoribus eius provinciae non exquisita principis sententia, iure quo Sicilia haberetur, res suas invisere liceret

Ituraeique et Iudaei defunctis regibus Sohaemo atque Agrippa provinciae Syriae additi

Salutis augurium quinque et septuaginta annis omissum repeti ac deinde continuari placitum

et pomerium urbis auxit Caesar, more prisco, quo iis qui protulere imperium etiam terminos urbis propagare datur

nec tamen duces Romani, quamquam magnis nationibus subactis, usurpaverant nisi L Sulla et divus Augustus

[24] Regum in eo ambitio vel gloria varie vulgata: sed initium condendi, et quod pomerium Romulus posuerit, noscere haud absurdum reor
23 In considerazione della speciale deferenza dimostrata dalla Gallia Narbonense verso il senato, ai senatori di quella provincia fu concessa la facoltà di tornare in patria per affari personali, senza esplicita autorizzazione del principe: equiparati quindi, in questo diritto, alla Sicilia

L'Iturea e la Giudea, dopo la morte dei loro re Soemo e Agrippa, furono aggregate alla provincia di Siria

Claudio dispose che il rito augurale per la pubblica salvezza, caduto da venticinque anni in dimenticanza, venisse ripristinato e, da quel momento, continuato

Cesare ampliò anche il pomerio di Roma, in omaggio all'antica tradizione per cui, a chi avesse ampliato l'impero, era consentito ampliare anche i confini della città

Tuttavia i grandi comandanti di Roma, pur avendo sottomesso grandi popoli, non si erano valsi di tale diritto, salvo Lucio Silla e il divo Augusto

24 Circa l'ambizione o la vera gloria dei re a questo riguardo, varie sono le notizie tramandate; mi sembra però pertinente fare chiarezza sul punto iniziale della fondazione di Roma e sul pomerio tracciato da Romolo
igitur a foro boario, ubi aereum tauri simulacrum aspicimus, quia id genus animalium aratro subditur, sulcus designandi oppidi coeptus ut magnam Herculis aram amplecteretur

inde certis spatiis interiecti lapides per ima montis Palatini ad aram Consi, mox curias veteres, tum ad sacellum Larum, inde forum Romanum

forumque et Capitolium non a Romulo, sed a Tito Tatio additum urbi credidere

mox pro fortuna pomerium auctum

et quos tum Claudius terminos posuerit, facile cognitu et publicis actis perscriptum

[25] C Antistio M Suillio consulibus adoptio in Domitium auctoritate Pallantis festinatur
Dal Foro Boario, dove ancor oggi scorgiamo la statua di bronzo di un toro - e questo perché è il tipo di animale che si piega all'aratro - si cominciò il solco per tracciare il perimetro della città, in modo da includere la grande ara di Ercole

A partire da lì, furono posti, a intervalli regolari, dei cippi di pietra, dalle falde del colle Palatino fino all'ara di Conso, e poi fino alle antiche Curie e ancora fino al sacello dei Lari

E si è sempre creduto che il Foro Romano e il Campidoglio siano stati aggiunti alla città non da Romolo, ma da Tito Tazio

In seguito, col crescere della fortuna di Roma, si è ampliato il pomerio

I limiti fissati allora da Claudio appaiono oggi di facile identificazione e sono registrati negli atti pubblici

25 Durante il consolato di Gaio Antistio e di Marco Suillio, viene accelerata l'adozione di Domizio per l'autorevole intervento di Pallante

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Tacito, Annales: libro 14, 40-65
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Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte libro 14, 40-65

qui obstrictus Agrippinae ut conciliator nuptiarum et mox stupro eius inligatus, stimulabat Claudium consuleret rei publicae, Britannici pueritiam robore circumdaret

sic apud divum Augustum, quamquam nepotibus subnixum, viguisse privignos; a Tiberio super propriam stirpem Germanicum adsumptum: se quoque accingeret iuvene partem curarum capessituro

his evictus triennio maiorem natu Domitium filio anteponit, habita apud senatum oratione eundem in quem a liberto acceperat modum

adnotabant periti nullam antehac adoptionem inter patricios Claudios reperiri, eosque ab Atto Clauso continuos duravisse
Questi, già legato ad Agrippina come mediatore delle sue nozze, e poi irretito da lei con l'adulterio, faceva pressioni su Claudio, perché pensasse agli interessi dello stato, garantendo un solido appoggio a Britannico, ch'era ancora un fanciullo

Così, anche col divo Augusto - sosteneva - benché egli puntasse sui nipoti, erano stati valorizzati i figliastri; e Tiberio, oltre al proprio figlio, assunse accanto a sé Germanico: si assicurasse dunque anch'egli l'aiuto di un giovane, cui addossare una parte della responsabilità

Quasi forzato da tali argomenti, Claudio pose Domizio al di sopra di suo figlio, solo di tre anni minore, dopo aver tenuto in senato un discorso, in cui riproponeva le cose dette dal liberto

I competenti in materia facevano osservare che, mai prima d'ora, s'era verificato il caso di un'adozione nel ramo patrizio dei Claudi, e che, da Atto Clauso, erano sempre discesi in linea diretta
[26] Ceterum actae principi grates, quaesitiore in Domitium adulatione; rogataque lex qua in familiam Claudiam et nomen Neronis transiret

augetur et Agrippina cognomento Augustae

quibus patratis nemo adeo expers misericordiae fuit quem non Britannici fortuna maerore adficeret

desolatus paulatim etiam servilibus ministeriis perintem pestiva novercae officia in ludibrium vertebat, intellegens falsi

neque enim segnem ei fuisse indolem ferunt, sive verum, seu periculis commendatus retinuit famam sine experimento

[27] Sed Agrippina quo vim suam sociis quoque nationibus ostentaret in oppidum Ubiorum, in quo genita erat, veteranos coloniamque deduci impetrat, cui nomen inditum e vocabulo ipsius
26 Allora furono resi ringraziamenti ufficiali al principe, con segni di più raffinato servilismo verso Domizio; fu poi votata una legge per il passaggio di Domizio nella famiglia Claudia e per il cambiamento del nome in quello di Nerone

Anche Agrippina salì di rango con l'appellativo di Augusta

Dopo di che non vi fu nessuno così privo di cuore da non affliggersi per il destino di Britannico

Abbandonato poco alla volta anche dai servi, quel ragazzo derideva gli inopportuni interessamenti della matrigna, di cui coglieva l'ipocrisia

Dicono infatti che fosse d'ingegno vivace, forse con verità, o forse godette una reputazione mai messa alla prova grazie alle simpatie ispirate dai rischi che correva

27 Agrippina, per fare sfoggio della sua potenza anche fra i popoli alleati, ottiene che, nella città degli Ubii, in cui era nata, fosse fondata una colonia di veterani, a cui viene dato il suo nome

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ac forte acciderat ut eam gentem Rhenum transgressam avus Agrippa in fidem acciperet

Isdem temporibus in superiore Germania trepidatum adventu Chattorum latrocinia agitantium

dein P Pomponius legatus auxiliaris Vangionas ac Nemetas, addito equite alario, [immittit>, monitos ut anteirent populatores vel dilapsis improvisi circumfunderentur

et secuta consilium ducis industria militum, divisique in duo agmina, qui laevum iter petiverant recens reversos praedaque per luxum usos et somno gravis circumvenere

aucta laetitia quod quosdam e clade Variana quadragesimum post annum servitio exemerant
E il caso aveva voluto che suo nonno Agrippa accogliesse sotto la sua protezione quel popolo nella sua migrazione attraverso il Reno

In quello stesso periodo si ebbero, nella Germania superiore, momenti di panico, dovuto alle incursioni dei Catti penetrati a scopo di razzia

Allora il legato Publio Pomponio invia reparti ausiliari di Vangioni e Nemeti con l'appoggio della cavalleria alleata, dando disposizioni di prevenire i saccheggiatori o di circondare e attaccare improvvisamente quelli sbandati

Si impegnano i soldati ad applicare le raccomandazioni del comandante e, divisi in due gruppi, quelli che avevano puntato a sinistra circondarono i Catti che erano appena rientrati e, dopo essersi goduto il bottino, erano immersi nel sonno

Tanto maggiore fu la gioia, perché, dopo quarant'anni, liberarono dalla schiavitù alcuni superstiti della strage di Varo

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