Tacito, Annales: Libro 12, 01-39, pag 2

Tacito, Annales: Libro 12, 01-39

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 12, 01-39
despondeturque Octavia, ac super priorem necessitudinem sponsus iam et gener Domitius aequari Britannico studiis matris, arte eorum quis ob accusatam Messalinam ultio ex filio timebatur

[10] Per idem tempus legati Parthorum ad expetendum, ut rettuli, Meherdaten missi senatum ingrediuntur mandataque in hunc modum incipiunt: non se foederis ignaros nec defectione a familia Arsacidarum venire, set filium Vononis, nepotem Pharaatis accersere adversus dominationem Gotarzis nobilitati plebique iuxta intolerandam

iam fratres, iam propinquos, iam longius sitos caedibus exhaustos; adici coniuges gravidas, liberos parvos, dum socors domi, bellis infaustus ignaviam saevitia tegat
Ottavia viene così promessa a Domizio, che, divenuto, oltre ai precedenti legami di parentela, promesso sposo e genero di Claudio, si trovava essere sullo stesso piano di Britannico, e ciò grazie ai favoritismi della madre e ai maneggi di quanti temevano la vendetta del figlio per le accuse rivolte a Messalina

10 In quello stesso periodo fece il suo ingresso in senato una delegazione di Parti inviata, come ho già ricordato, per richiedere Meerdate: così, a un dipresso, enunciarono il senso della loro missione: memori dell'alleanza con Roma, non venivano come ribelli della casa degli Arsacidi, bensì per chiedere il figlio di Vonone e nipote di Fraate contro il dispotismo di Gotarze, ormai intollerabile sia alla nobiltà sia al popolo

I loro fratelli, parenti, perfino i più lontani congiunti erano stati sterminati; adesso era la volta di mogli incinte e di figli ancora bambini; e tutto ciò perché Gotarze, rivelatosi privo di qualità in tempo di pace e incapace di successi in guerra, potesse dissimulare la sua inettitudine con la ferocia
veterem sibi ac publice coeptam nobiscum amicitiam, et subveniendum sociis virium aemulis cedentibusque per reverentiam

ideo regum obsides liberos dari ut, si domestici imperii taedeat, sit regressus ad principem patresque, quorum moribus adsuefactus rex melior adscisceretur

[11] Ubi haec atque talia dissertavere, incipit orationem Caesar de fastigio Romano Parthorumque obsequiis, seque divo Augusto adaequabat, petitum ab eo regem referens omissa Tiberii memoria, quamquam is quoque miserat

addidit praecepta (etenim aderat Meherdates), ut non dominationem et servos, sed rectorem et civis cogitaret, clementiamque ac iustitiam, quanto ignota barbaris, tanto laetiora capesseret
I Parti avevano sancito con noi, pubblicamente, una vecchia alleanza e ora chiedevano il doveroso aiuto verso alleati che, rivali nella potenza, accettavano di cedere loro il passo per rispetto

A questo scopo appunto essi davano, come ostaggi, i figli dei re, perché, in caso di insofferenza verso il proprio sovrano, potessero ricorrere al principe di Roma e al suo senato e avere, educato nella loro tradizione, un re migliore

11 Dopo ch'ebbero espresso questi e simili argomenti, Cesare prese a parlare della suprema potenza di Roma e dell'ossequio reso dai Parti, e paragonava sé al divo Augusto, ricordando che anche a lui era stato chiesto un re, senza però far parola di Tiberio, benché anch'egli ne avesse inviato uno

E aggiunse un monito a Meerdate, lui pure presente, di non pensare in termini di despota alle prese con schiavi, bensì di guida per i suoi cittadini, e lo invitò a percorrere la strada della clemenza e della giustizia, ignote, e perciò tanto più gradite, ai barbari
hinc versus ad legatos extollit laudibus alumnum urbis, spectatae ad id modestiae: ac tamen ferenda regum ingenia neque usui crebras mutationes

rem Romanam huc satietate gloriae provectam ut externis quoque gentibus quietem velit

datum posthac C Cassio, qui Syriae praeerat, deducere iuvenem ripam ad Euphratis

[12] Ea tempestate Cassius ceteros praeminebat peritia legum: nam militares artes per otium ignotae, industriosque aut ignavos pax in aequo tenet

ac tamen quantum sine bello dabatur, revocare priscum morem, exercitare legiones, cura provisu perinde agere ac si hostis ingrueret: ita dignum maioribus suis et familia Cassia per illas quoque gentis celebrata
Rivolgendosi poi agli ambasciatori, esalta le doti di quell'alunno di Roma, mostratosi fino allora di esemplare equilibrio: bisognava comunque sopportare l'indole dei re, i cambiamenti frequenti erano assolutamente inutili

Quanto allo stato romano, era così sazio di gloria, da volere la pace anche tra i popoli stranieri

E venne dato incarico al governatore della Siria Gaio Cassio di scortare il giovane fino alla sponda dell'Eufrate

12 Eccelleva Cassio su tutti, a quel tempo, nella scienza giuridica: quanto ai talenti militari, in assenza di guerre, restano sconosciuti, e la pace mette sullo stesso piano le persone capaci e gli inetti

Tuttavia, pur nei limiti di un'età senza guerre, Cassio manteneva viva la tradizione di un tempo e teneva in esercizio le legioni, attento e previdente in tutto, come se il nemico gli stesse di fronte, e ciò riteneva degno dei suoi avi e della famiglia Cassia, celebre anche fra quei popoli

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Tacito, Annales: Libro 14, 01-19
Tacito, Annales: Libro 14, 01-19

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 14, 01-19

igitur excitis quorum de sententia petitus rex, positisque castris apud Zeugma, unde maxime pervius amnis, postquam inlustres Parthi rexque Arabum Acbarus advenerat, monet Meherdaten barbarorum impetus acris cunctatione languescere aut in perfidiam mutari: ita urgeret coepta

quod spretum fraude Acbari, qui iuvenem ignarum et summam fortunam in luxu ratum multos per dies attinuit apud oppidum Edessam

et vocante Carene promptasque res ostentante, si citi advenissent, non comminus Mesopotamiam, sed flexu Armeniam petivit, id temporis importunam, quia hiems occipiebat
Quindi convoca quanti avevano chiesto il nuovo re e, posto il campo a Zeugma, in un punto dove il guado era ideale, dopo l'arrivo delle personalità dei Parti e del re d'Arabia Acbaro, avverte Meerdate che l'iniziale entusiasmo dei barbari, di fronte alle esitazioni, rischiava di smorzarsi, fino a passare al tradimento: doveva perciò agire rapidamente

Consiglio disatteso per l'inganno di Acbaro, che trattenne molti giorni nella città di Edessa il giovane, inesperto e convinto che la fortuna del sommo potere si esprima nei piaceri

Invano lo sollecitava Carene, assicurandogli un facile successo, se si fossero mossi velocemente: si diresse invece non verso la Mesopotamia, a portata di mano, bensì puntò, con un lungo giro, verso l'Armenia, regione poco praticabile in quella stagione, con l'inverno ormai alle porte
[13] Exim nivibus et montibus fessi, postquam campos propinquabant, copiis Carenis adiunguntur, tramissoque amne Tigri permeant Adiabenos, quorum rex Izates societatem Meherdatis palam induerat, in Gotarzen per occulta et magis fida inclinabat

sed capta in transitu urbs Ninos, vetustissima sedes Assyriae, [et] castellum insigne fama, quod postremo inter Darium atque Alexandrum proelio Persarum illic opes conciderant

interea Gotarzes apud montem, cui nomen Sanbulos, vota dis loci suscipiebat, praecipua religione Herculis

qui tempore stato per quietem monet sacerdotes ut templum iuxta equos venatui adornatos sistant

equi ubi pharetras telis onustas accepere, per saltus vagi nocte demum vacuis pharetris multo cum anhelitu redeunt
13 Quando, stremati da neve e montagne, furono in vista della pianura, si unirono all'esercito di Carene e, passato il Tigri, attraversarono il territorio degli Adiabeni, il cui re Izate aveva ufficialmente appoggiato Meerdate, ma che in segreto e con fedeltà maggiore propendeva per Gotarze

Nel percorso furono prese la città di Ninive, antichissima capitale dell'Assiria, e la fortezza celebre perché lì cadde, nell'ultima battaglia tra Dario e Alessandro, la potenza persiana

Gotarze frattanto, presso la montagna che ha nome Sambulo, innalzava voti agli dèi del luogo, dove ha culto particolare Ercole

Il dio, in periodi determinati, invita, nel sonno, i sacerdoti a mettere, vicino al tempio, dei cavalli equipaggiati per la caccia

I cavalli, allorché sentono di avere le faretre piene di dardi, vagano di notte per le balze dei monti, finché tornano, ansanti, con le faretre vuote

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Tacito, Annales: Libro 16, 01-35
Tacito, Annales: Libro 16, 01-35

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 16, 01-35

rursum deus, qua silvas pererraverit, nocturno visu demonstrat, reperiunturque fusae passim ferat

[14] Ceterum Gotarzes, nondum satis aucto exercitu, flumine Corma pro munimento uti, et quamquam per insectationes et nuntios ad proelium vocaretur, nectere moras, locos mutare et missis corruptoribus exuendam ad fidem hostis emercari

ex quis Izates Adiabeno, mox Acbarus Arabum cum exercitu abscedunt, levitate gentili, et quia experimentis cognitum est barbaros malle Roma petere reges quam habere

at Meherdates validis auxiliis nudatus, ceterorum proditione suspecta, quod unum reliquum, rem in casum dare proelioque experiri statuit
E di nuovo il dio indica, con un sogno notturno, il percorso compiuto nei boschi, e così si ritrovano le belve abbattute in vari punti

14 Gotarze con l'esercito non ancora ben rafforzato, sfruttava come difesa il fiume Corma e, benché provocato a battaglia con insulti e sfide, prendeva tempo, si spostava e inviava suoi emissari a indurre, col denaro, i nemici al tradimento

Fra questi l'adiabeno Izate e poi Acbaro, re degli Arabi, lasciarono il campo coi loro eserciti, per l'incostanza propria di quei popoli e perché, alla prova dei fatti, si è potuto vedere come i barbari preferiscano chiedere a Roma i loro re che non tenerseli

Allora Meerdate, privato di validi sostegni e presentendo il tradimento degli altri, poiché non gli restavano alternative, sfida la sorte e decide di misurarsi in combattimento
nec detrectavit pugnam Gotarzes deminutis hostibus ferox; concursumque magna caede et ambiguo eventu, donec Carenem profligatis obviis longius evectum integer a tergo globus circumveniret

tum omni spe perdita Meherdates, promissa Parracis paterni clientis secutus, dolo eius vincitur traditurque victori

atque ille non propinquum neque Arsacis de gente, sed alienigenam et Romanum increpans, auribus decisis vivere iubet, ostentui clementiae suae et in nos dehonestamento

dein Gotarzes morbo obiit, accitusque in regnum Vonones Medos tum praesidens

nulla huic prospera aut adversa quis memoraretur: brevi et inglorio imperio perfunctus est, resque Parthorum in filium eius Vologesen translatae
Gotarze, reso sicuro dall'indebolimento dei suoi nemici, non rifiutò la battaglia; si combatté in sanguinosi assalti d'esito incerto, finché Carene, respinte le truppe a lui di fronte e spintosi troppo oltre nell'inseguimento, non venne intrappolato alle spalle da nugoli di nemici ancora freschi

Allora Meerdate, persa ogni speranza, si affida alle promesse di un cliente di suo padre, Parrace, ma, tradito, finisce in catene e viene consegnato al vincitore

Questi si rifiuta di riconoscerlo suo parente e appartenente agli Arsacidi, lo insulta come straniero e romano, dopo di che gli impone, mozzatigli gli orecchi, di vivere, come prova della sua clemenza e del nostro disonore

In seguito alla morte, per malattia, di Gotarze, venne chiamato al regno Vonone, allora satrapo dei Medi

Le sue vicende, nel bene e nel male, non sono memorabili: morì dopo un regno breve e senza gloria, e la potenza dei Parti passò nelle mani del figlio Vologese

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Tacito, Annales: libro 14, 40-65
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Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte libro 14, 40-65

[15] At Mithridates Bosporanus amissis opibus vagus, postquam Didium ducem Romanum roburque exercitus abisse cognoverat, relictos in novo regno Cotyn iuventa rudem et paucas cohortium cum Iulio Aquila equite Romano, spretis utrisque concire nationes, inlicere perfugas; postremo exercitu coacto regem Dandaridarum exturbat imperioque eius potitur

quae ubi cognita et iam iamque Bosporum invasurus habebatur, diffisi propriis viribus Aquila et Cotys, quia Zorsines Siracorum rex hostilia resumpserat, externas et ipsi gratias quaesivere missis legatis ad Eunonen qui Aorsorum genti praesidebat

nec fuit in arduo societas potentiam Romanam adversus rebellem Mithridaten ostentantibus

igitur pepigere, equestribus proeliis Eunones certaret, obsidia urbium Romani capesserent
15 Nel contempo Mitridate, re del Bosforo, dopo aver perso il trono, viveva ramingo fuori dalla sua terra, quando seppe che il comandante romano Didio, col nerbo dell'esercito, se n'era andato, lasciando nel regno rifondato Coti, inesperto per la giovane età, e poche coorti col cavaliere romano Giulio Aquila, sottovalutando entrambi, si diede a sobillare le popolazioni vicine e ad attirare a sé disertori, finché, raccolto un esercito, scaccia il re dei Dandaridi e mette le mani sul suo regno

A queste notizie e nell'ipotesi di una sua imminente invasione del Bosforo, Aquila e Coti, consapevoli della pochezza delle proprie forze, perché Zorsine, re dei Siraci, aveva ripreso le ostilità, cercarono anch'essi appoggi esterni e inviarono messi a Eunone, re degli Aorsi

L'alleanza, facendosi valere il peso della potenza romana contro Mitridate, non fu difficile

In base ai patti, Eunone avrebbe impiegato la cavalleria e i Romani si sarebbero sobbarcati l'assedio delle città
[16] Tunc composito agmine incedunt, cuius frontem et terga Aorsi, media cohortes et Bosporani tutabantur nostris in armis

sic pulsus hostis, ventumque Sozam, oppidum Dandaricae, quod desertum a Mithridate ob ambiguos popularium animos obtineri relicto ibi praesidio visum

exim in Siracos pergunt, et transgressi amnem Pandam circumveniunt urbem Vspen, editam loco et moenibus ac fossis munitam, nisi quod moenia non saxo sed cratibus et vimentis ac media humo adversum inrumpentis invalida erant

eductaeque altius turres facibus atque hastis turba bant obsessos

ac ni proelium nox diremisset, coepta patrataque expugnatio eundem intra diem foret

[17] Postero misere legatos, veniam liberis corporibus orantis: servitii decem milia offerebant
16 Avanzano allora in ordine di battaglia: all'avanguardia e alla retroguardia stanno gli Aorsi, con al centro le coorti romane e i Bosforani, armati da noi

Ricacciato il nemico, si giunse a Goza, fortezza della Dandarica, già abbandonata da Mitridate e che, per l'atteggiamento ambiguo degli indigeni, si decise di tenere sotto controllo, lasciandovi un presidio

Puntano poi contro i Siraci e, superato il fiume Panda, mettono l'assedio alla città di Uspe, posta su un'altura e difesa da mura e un fossato, anche se le mura, poiché non erano di pietra, bensì di terra compressa fra graticci e vimini, non rappresentavano un ostacolo ai nostri assalti

Le nostre torri, più alte delle mura, bersagliavano, con dardi e palle di fuoco, gli assedianti

E se la notte non avesse interrotto il combattimento, avrebbero iniziato e concluso, nel giro di un unico giorno, l'espugnazione della città

17 Il giorno seguente, gli assediati mandarono emissari a chiedere salva la vita per gli uomini liberi: offrivano in cambio diecimila schiavi

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quod aspernati sunt victores, quia trucidare deditos saevum, tantam multitudinem custodia cingere arduum: belli potius iure caderent, datumque militibus qui scalis evaserant signum caedis

excidio Uspensium metus ceteris iniectus, nihil tutum ratis, cum arma, munimenta, impediti vel eminentes loci amnesque et urbes iuxta perrumperentur

igitur Zorsines, diu pensitato Mithridatisne rebus extremis an patrio regno consuleret, postquam praevaluit gentilis utilitas, datis obsidibus apud effigiem Caesaris procubuit, magna gloria exercitus Romani, quem incruentum et victorem tridui itinere afuisse ab amne Tanai constitit
I vincitori rifiutarono di trattare, perché parve atto di ferocia trucidare chi si fosse arreso e d'altra parte era un problema custodire una massa così grande di uomini: meglio se cadevano per diritto di guerra; Ai soldati già saliti sulle scale, venne dato il segnale della strage

Il massacro di Uspe seminò terrore in tutti gli altri, convinti dell'impossibilità di una difesa, dacché ogni ostacolo cadeva, armi, fortificazioni, luoghi di difficile accesso o elevati, fiumi e città

Zorsine allora, dopo prolungata riflessione se aiutare Mitridate, in una situazione ormai disperata, oppure pensare al regno paterno, quando alla fine prevalse l'interesse per il proprio trono, consegnati ostaggi, si prosternò dinnanzi all'effigie di Cesare, con grande gloria dell'esercito romano che, come poi si seppe, era giunto, vincitore e senza perdite, a soli tre giorni di marcia dal fiume Tanai

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