Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 05-06 Parte 02, pag 2

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 05-06 Parte 02

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 05-06 Parte 02

Erunt tamen qui hanc ruinam magis timeant, quamvis utraque mortifera aeque sit; adeo non effectu, sed efficientia timor spectat

Nunc me putas de Stoicis dicere, qui existimant animam hominis magno pondere extriti permanere non posse et statim spargi, quia non fuerit illi exitus liber

Ego vero non facio: qui hoc dicunt videntur mihi errare

Quemadmodum flamma non potest opprimi - nam circa id diffugit quo urgetur -, quemadmodum aer verbere atque ictu non laeditur, ne scinditur quidem, sed circa id cui cessit refunditur, sic animus, qui ex tenuissimo constat, deprehendi non potest nec intra corpus effligi, sed beneficio subtilitatis suae per ipsa quibus premitur erumpit

Quomodo fulmini, etiam cum latissime percussit ac fulsit, per exiguum foramen est reditus, sic animo, qui adhuc tenuior est igne, per omne corpus fuga est
Eppure c'è chi teme di più quest'ultima evenienza, sebbene entrambe siano ugualmente mortali: abbiamo più paura delle cause che degli effetti

Pensi ora che io segua la dottrina degli Stoici, ossia che l'anima di un uomo schiacciato da un enorme peso, non avendo via d'uscita, non può perdurare e subito si dissolve

No, non lo faccio: la ritengo una teoria sbagliata

Come la fiamma non la si può schiacciare (infatti si propaga intorno all'oggetto che la comprime), come l'aria non viene ferita da colpi o sferzate e nemmeno si scinde, ma si riversa intorno al corpo che ne ha preso il posto; così l'anima, formata di particelle sottilissime, non può essere presa o uccisa dentro il corpo, ma, grazie alla sua sottigliezza, erompe attraverso ciò che la comprime

Come il fulmine, anche se ha colpito e illuminato un ampio spazio, si ritira attraverso una piccola apertura, così l'anima, più sottile ancòra del fuoco, può fuggire attraverso ogni corpo
Itaque de illo quaerendum est, an possit immortalis esse

Hoc quidem certum habe: si superstes est corpori, opteri illum nullo genere posse, propter quod non perit quoniam nulla immortalitas cum exceptione est, nec quicquam noxium aeterno est

Vale

Quanta verborum nobis paupertas, immo egestas sit, numquam magis quam hodierno die intellexi

Mille res inciderunt, cum forte de Platone loqueremur, quae nomina desiderarent nec haberent, quaedam vero cum habuissent fastidio nostro perdidissent

Quis autem ferat in egestate fastidium

Hunc quem Graeci 'oestron' vocant, pecora peragentem et totis saltibus dissipantem, 'asilum' nostri vocabant

Hoc Vergilio licet credas: est lucum Silari iuxta ilicibusque virentem plurimus Alburnum volitans, cui nomen asilo Romanum est, oestrum Grai vertere vocantes, asper, acerba sonans, quo tota exterrita silvis diffugiunt armenta
Sorge, perciò il problema della sua immortalità

Tieni questo per certo: se sopravvive al corpo, non può essere annientata in nessun modo: l'immortalità non ammette eccezioni e, d'altra parte, nulla può nuocere a ciò che è eterno

Stammi bene

Mai come oggi mi sono reso conto della nostra povertà, anzi penuria di vocaboli

Per caso si parlava di Platone e sono capitati mille concetti che richiedevano un termine appropriato e non lo avevano, e altri che, pur avendolo avuto in passato, lo avevano perso per la nostra sofisticheria

Ma è tollerabile essere schizzinosi nella miseria

Quello che i Greci chiamano oistros (e cioè l'insetto che perseguita il bestiame e lo disperde per i pascoli) i nostri avi lo chiamavano asilus

Puoi credere a Virgilio: Vicino al sacro bosco del Silaro e all'Alburno verdeggiante di lecci vola in fitti sciami un insetto il cui nome romano è asilus e che i Greci chiamano oistros, molesto, dal verso penetrante, che spaventa gli armenti e li fa fuggire per i boschi
Puto intellegi istud verbum interisse

Ne te longe differam, quaedam simplicia in usu erant, sicut 'cernere ferro inter se' dicebant

Idem Vergilius hoc probabit tibi: ingentis, genitos diversis partibus orbis, inter se coiisse viros et cernere ferro

Quod nunc 'decernere' dicimus: simplicis illius verbi usus amissus est

Dicebant antiqui 'si iusso', id est 'iussero'

Hoc nolo mihi credas, sed eidem Vergilio: cetera, qua iusso, mecum manus inferat arma

Non id ago nunc hac diligentia ut ostendam quantum tempus apud grammaticum perdiderim, sed ut ex hoc intellegas quantum apud Ennium et Accium verborum situs occupaverit, cum apud hunc quoque, qui cotidie excutitur, aliqua nobis subducta sint

'Quid sibi' inquis 'ista praeparatio vult

quo spectat' Non celabo te: cupio, si fieri potest, propitiis auribus tuis 'essentiam' dicere; si minus, dicam et iratis
Penso sia chiaro che il termine è caduto in disuso

Per non tirarla alle lunghe, si usavano certe forme semplici come cernere ferro inter se

Lo stesso Virgilio lo testimonia: ingentis, genitos diversis partibus orbis, inter se coiisse viros et cernere ferro

Ora diciamo decernere, si è perso l'uso della parola semplice

Gli antichi dicevano si iusso, ora si dice iussero

Non devi credere a me, ma sempre a Virgilio: cetera, qua iusso, mecum manus inferat arma

Tanto zelo non è per dimostrarti quanto tempo ho perduto a studiare la grammatica, ma per farti capire quanti termini usati da Ennio e da Accio siano ammuffiti, se addirittura ci sono state sottratte parole di Virgilio che pure scorriamo ogni giorno

Che significa questo preambolo, Dove va a parare

Non è un segreto: voglio, se è possibile, usare la parola essentia con la tua approvazione; ma, in caso contrario, la userò lo stesso anche se non ti piace

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Ciceronem auctorem huius verbi habeo, puto locupletem; si recentiorem quaeris, Fabianum, disertum et elegantem, orationis etiam ad nostrum fastidium nitidae

Quid enim fiet, mi Lucili

quomodo dicetur 'ousia', res necessaria, natura continens fundamentum omnium

Rogo itaque permittas mihi hoc verbo uti

Nihilominus dabo operam ut ius a te datum parcissime exerceam; fortasse contentus ero mihi licere

Quid proderit facilitas tua, cum ecce id nullo modo Latine exprimere possim propter quod linguae nostrae convicium feci

Magis damnabis angustias Romanas, si scieris unam syllabam esse quam mutare non possum

Quae sit haec quaeris

'to on'

Duri tibi videor ingenii: in medio positum, posse sic transferri ut dicam 'quod est'

Sed multum interesse video: cogor verbum pro vocabulo ponere; sed si ita necesse est, ponam 'quod est'
Garante, penso autorevole, di questo vocabolo è Cicerone; se ne vuoi uno più vicino a noi, Fabiano, facondo e raffinato, di eloquenza brillante anche per i nostri gusti difficili

Se no, che accadrà, Lucilio mio

In che modo diremo, realtà necessaria, sostanza che ha in sé il fondamento di tutto

Permettimi allora, ti prego, di usare questo termine

Cercherò peraltro, di esercitare con molta parsimonia il diritto che mi concedi; anzi, forse mi accontenterò solo di questo diritto

A che servirà la tua condiscendenza se, ecco, non posso esprimere in nessun modo in latino il concetto per cui ho criticato la nostra lingua

Tanto più condannerai la limitatezza del latino, sapendo che è una sola la sillaba intraducibile

Qual è

Certo ti sembro ottuso: è chiaro che si può tradurre ciò che è

Vedo, però che c'è molta differenza: sono costretto a usare un verbo al posto di un sostantivo; ma, se è necessario, dirò ciò che è

Mi diceva oggi il nostro amico, uomo molto erudito, che Platone usa questo termine in sei significati diversi
Sex modis hoc a Platone dici amicus noster, homo eruditissimus, hodierno die dicebat

Omnes tibi exponam, si ante indicavero esse aliquid genus, esse et speciem

Nunc autem primum illud genus quaerimus ex quo ceterae species suspensae sunt, a quo nascitur omnis divisio, quo universa comprensa sunt

Invenietur autem si coeperimus singula retro legere; sic enim perducemur ad primum

Homo species est, ut Aristoteles ait; equus species est; canis species est

Ergo commune aliquod quaerendum est his omnibus vinculum, quod illa complectatur et sub se habeat

Hoc quid est

animal

Ergo genus esse coepit horum omnium quae modo rettuli - hominis, equi, canis - animal

Sed quaedam [quae] animum habent nec sunt animalia; placet enim satis et arbustis animam inesse; itaque et vivere illa et mori dicimus
Te li riferirò tutti; prima, però devo spiegarti che esiste un genere e anche una specie

Ora cerchiamo quel genere primo da cui dipendono le altre specie, da cui nasce ogni divisione e che comprende ogni cosa

Lo troveremo passando in rassegna a ritroso i singoli esseri e arriveremo così al primo genere

L'uomo è una specie, come dice Aristotele; il cavallo è una specie; il cane è una specie

Bisogna, perciò ricercare un legame comune a tutti questi esseri, che li abbracci e li comprenda sotto di sé

Qual è

Il genere animale

Quindi comincia a esserci un genere di tutti gli esseri che ho or ora elencato - uomo, cavallo, cane - cioè animale

Ci sono, però esseri che hanno uno spirito, ma non sono animali; alle piante e agli alberi si attribuisce, infatti, uno spirito vitale; diciamo, perciò che vivono e muoiono

Gli esseri animati, quindi, occuperanno il primo posto, poiché in questa categoria ci sono gli animali e le piante

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Ergo animantia superiorem tenebunt locum, quia et animalia in hac forma sunt et sata

Sed quaedam anima carent, ut saxa; itaque erit aliquid animantibus antiquius, corpus scilicet

Hoc sic dividam ut dicam corpora omnia aut animantia esse aut inanima

Etiam nunc est aliquid superius quam corpus; dicimus enim quaedam corporalia esse, quaedam incorporalia

Quid ergo erit ex quo haec deducantur

illud cui nomen modo parum proprium imposuimus, 'quod est'

Sic enim in species secabitur ut dicamus: 'quod est' aut corporale est aut incorporale

Hoc ergo est genus primum et antiquissimum et, ut ita dicam, generale; cetera genera quidem sunt, sed specialia

Tamquam homo genus est; habet enim in se nationum species, Graecos, Romanos, Parthos; colorum, albos, nigros, flavos; habet singulos, Catonem, Ciceronem, Lucretium
Ma esistono cose prive di spirito vitale, come i sassi; ci sarà, dunque, qualcosa che viene prima degli esseri animati: il corpo naturalmente

Dividerò ora, tutti i corpi in due categorie: animati o inanimati

Ma c'è ancora qualcosa al di sopra del corpo, poiché parliamo di cose corporee o incorporee

E dunque cosa sarà ciò da cui derivano

Quello che prima abbiamo impropriamente definito ciò che è

Lo divideremo ora in specie e diremo: ciò che è o è corporeo o è incorporeo

Questo è il genere primo, il più antico e, per così dire, generale; anche gli altri sono generi, ma particolari

L'uomo è un genere; ha in sé come specie le nazionalità: Greci, Romani, Parti; i colori: bianchi, neri, biondi; ha i singoli individui: Catone, Cicerone, Lucrezio

E così, poiché racchiude molti esseri, è un genere; ed è una specie, poiché è subordinato a un altro genere
Ita qua multa continet, in genus cadit; qua sub alio est, in speciem

Illud genus 'quod est' generale supra se nihil habet; initium rerum est; omnia sub illo sunt

Stoici volunt superponere huic etiam nunc aliud genus magis principale; de quo statim dicam, si prius illud genus de quo locutus sum merito primum poni docuero, cum sit rerum omnium capax

'Quod est' in has species divido, ut sint corporalia aut incorporalia; nihil tertium est

Corpus quomodo divido

ut dicam: aut animantia sunt aut inanima

Rursus animantia quemadmodum divido

ut dicam: quaedam animum habent, quaedam tantum animam, at sic: quaedam impetum habent, incedunt, transeunt, quaedam solo affixa radicibus aluntur, crescunt

Rursus animalia in quas species seco

aut mortalia sunt aut immortalia

Primum genus Stoicis quibusdam videtur 'quid'; quare videatur subiciam
Il genere generale ciò che è non ha niente al di sopra di sé; è il principio delle cose, tutto gli è subordinato

Gli Stoici vogliono porre al di sopra di questo un altro genere che viene ancora prima

Te ne parlerò subito dopo aver dimostrato che quel genere, di cui si è detto, occupa a ragione il primo posto, perché contiene in sé ogni cosa

Ciò che è lo divido in due specie, corporea e incorporea; non ce n'è una terza

E il corpo come lo divido

Così: esseri animati o inanimati

A loro volta come divido gli esseri animati

Certi hanno l'anima, certi hanno solo lo spirito vitale; oppure così: certi si muovono, avanzano, passano da un posto all'altro, certi, fissi al suolo, si nutrono attraverso le radici e crescono

E gli esseri animati in quali specie li divido

Esseri mortali o immortali

Alcuni Stoici ritengono che il genere primo sia un qualcosa eccone il motivo

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'In rerum' inquiunt 'natura quaedam sunt, quaedam non sunt, et haec autem quae non sunt rerum natura complectitur, quae animo succurrunt, tamquam Centauri, Gigantes et quidquid aliud falsa cogitatione formatum habere aliquam imaginem coepit, quamvis non habeat substantiam

' Nunc ad id quod tibi promisi revertor, quomodo quaecumque sunt in sex modos Plato partiatur

Primum illud 'quod est' nec visu nec tactu nec ullo sensu comprenditur: cogitabile est

Quod generaliter est, tamquam homo generalis, sub oculos non venit; sed specialis venit, ut Cicero et Cato

Animal non videtur: cogitatur

Videtur autem species eius, equus et canis

Secundum ex his quae sunt ponit Plato quod eminet et exsuperat omnia; hoc ait per excellentiam esse
In natura, dicono, certe cose esistono, altre non esistono, ma la natura comprende anche quelle che non esistono e che sono frutto dell'immaginazione, come i Centauri, i Giganti e tutto ciò che, nato da una falsa credenza, ha assunto un'immagine, sebbene priva di sostanza

Ritorno ora a quello che ti ho promesso, ossia come Platone divida in sei gruppi tutti gli esseri

Quel primo elemento definito ciò che è non si percepisce né con la vista, né col tatto, né con gli altri sensi: è solo pensabile

Ciò che è in forma generale, come il genere uomo, non è visibile; ma è visibile l'individuo particolare, come Cicerone e Catone

Noi non vediamo il genere animale; lo pensiamo

Ne vediamo, invece, la specie, cavallo, cane

Al secondo posto tra tutti gli esseri Platone colloca quello che sovrasta ed è superiore a tutti; lo definisce l'essere per eccellenza
Poeta communiter dicitur - omnibus enim versus facientibus hoc nomen est - sed iam apud Graecos in unius notam cessit: Homerum intellegas, cum audieris poetam

Quid ergo hoc est

deus scilicet, maior ac potentior cunctis

Tertium genus est eorum quae proprie sunt; innumerabilia haec sunt, sed extra nostrum posita conspectum

Quae sint interrogas

Propria Platonis supellex est: 'ideas' vocat, ex quibus omnia quaecumque videmus fiunt et ad quas cuncta formantur

Hae immortales, immutabiles, inviolabiles sunt

Quid sit idea, id est quid Platoni esse videatur, audi: 'idea est eorum quae natura fiunt exemplar aeternum'

Adiciam definitioni interpretationem, quo tibi res apertior fiat

Volo imaginem tuam facere

Exemplar picturae te habeo, ex quo capit aliquem habitum mens nostra quem operi suo imponat; ita illa quae me docet et instruit facies, a qua petitur imitatio, idea est
Poeta è una parola di uso comune (tutti coloro che compongono versi hanno questo nome), ma presso i Greci sta a designare uno solo: quando si sente dire poeta, si intende Omero

Chi è, allora, questo essere

Naturalmente dio, il più grande e il più potente di tutti gli esseri

Il terzo gruppo comprende quegli esseri che hanno un'esistenza propria; sono innumerevoli, ma non sono visibili ai nostri occhi

Quali sono

una concezione particolare di Platone: le chiama idee: tutto ciò che vediamo deriva da esse e su di esse si modella

Sono immortali, immutabili, inviolabili

Senti ora che cos'è un'idea, o meglio, che cos'è per Platone: L'idea è il modello immortale degli esseri che la natura genera

Ti spiegherò ora questa definizione perché ti sia più chiaro il concetto

Voglio fare il tuo ritratto

Ho te come modello del dipinto e la mia mente ne trae un aspetto da fissare nella sua opera; così quell'immagine che mi ammaestra e mi indirizza e da cui deriva l'imitazione, è l'idea

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Talia ergo exemplaria infinita habet rerum natura, hominum, piscium, arborum, ad quae quodcumque fieri ab illa debet exprimitur

Quartum locum habebit idos

Quid sit hoc idos attendas oportet, et Platoni imputes, non mihi, hanc rerum difficultatem; nulla est autem sine difficultate subtilitas

Paulo ante pictoris imagine utebar

Ille cum reddere Vergilium coloribus vellet, ipsum intuebatur

Idea erat Vergilii facies, futuri operis exemplar; ex hac quod artifex trahit et operi suo imposuit idos est

Quid intersit quaeris

Alterum exemplar est, alterum forma ab exemplari sumpta et operi imposita; alteram artifex imitatur, alteram facit

Habet aliquam faciem statua: haec est idos

Habet aliquam faciem exemplar ipsum quod intuens opifex statuam figuravit: haec idea est
La natura possiede in numero infinito tali modelli di uomini, di pesci, di alberi e a questi si conforma tutto ciò che da essa nasce

Il quarto posto l'occupa l'idos

Devi fare ben attenzione per capire cosa sia questo idos e imputare a Platone, non a me, la difficoltà del concetto; ma non c'è sottigliezza priva di difficoltà

Poco fa mi sono servito dell'esempio del pittore

Quello, per fare il ritratto di Virgilio, doveva guardarlo

L'immagine di Virgilio era l'idea, il modello della futura opera; ciò che l'artista ne trae e ha impresso nella sua opera è l'idos

Che differenza c'è, chiedi

L'idea è il modello, l'idos la forma desunta dal modello e impressa nell'opera; l'artista imita l'una, crea l'altro

La statua ha un'immagine: questa è l'idos

Il modello stesso ha un'immagine cui ha guardato l'artista dando forma alla statua: questa è l'idea

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