Lo spazio luminoso dell'ingresso dove si trova la ragazza, si contrappone al buio della sala nella quale pochi spettatori assistono alla proiezione di un film. Attraverso l'uso del passaggio fra luce e ombra, Hopper conferisce alla tela una dinamicità che si contrappone all'immobilità della ragazza e degli spettatori. Un immobilità che si trasforma in una sorta di incomunicabilità sia tra la donna e il pubblico, sia fra gli stessi spettatori che assistono alla proiezione. Ognuno chiuso nella propria realtà.
La ragazza è bella, bionda ed elegante, nonostante l'abito e l'espressione assorta. Le molteplici fonti luminose esaltano l'arredo pomposo e ridondante di velluti e tendaggi, lampade, scale, persino una colonna tortile riccamente ornata.
Ancora una volta, come in Nighthawks (conosciuto come I Nottambuli), Hopper utilizza la moglie Josephine come modella
Edward Hopper ritrasse coloro che sembravano sopraffatti dalla società moderna, che non potevano rapportarsi psicologicamente agli altri e che, con gli atteggiamenti del corpo e i tratti facciali, indicavano di non avere mai avuto una posizione di autorità.
La fila di luci, la donna penzosa, ha qualcosa della sobrietà di Automat ma è un quadro più complesso. Sul lato del dipinto c'è una maschera assorta nei suoi pensieri. Sull'altro lato alcuni spettatori appena visibili qui e là seduti su diverse file di poltroncine di velluto rosso che guardano un film. I due lati sono separati da un pesante elemento verticale. Le due sezioni benché occupano la stessa quantità di spazio, sono notevolmente diverse.
Gli spettatori fissano lo schermo davanti a loro, la maschera guarda dentro di sé. Le tre luci sopra la platea incidono scendendo in una progressione prospettica, creando così uno spazio profondo in orizzontale. Le tre luci alle spalle della maschera sono raccolte una vicino all'altra e determinano uno spazio verticale. La predilezione della maschera per la propria riservatezza invece che per lo schermo argentato, la sua introversione, conquista la nostra simpatia, nonostante il fatto che come osservatore ci troviamo collocati in asse con gli spettatori.