Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 13 - 14

Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 13 - 14

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 30; 13 - 14
[13] Syphacem in castra adduci cum esset nuntiatum, omnis velut ad spectaculum triumphi multitudo effusa est [13] Come giunse notizia che Siface era condotto al campo, tutti i soldati si riversarono fuori delle tende come per assistere ad un trionfo
Praecedebat ipse vinctus; sequebatur grex nobilium Numidarum Avanzava per primo lo stesso re incatenato, seguito da una folla di nobili numidi
Tum quantum quisque plurimum poterat magnitudini Syphacis famaeque gentis victoriam suam augendo addebat: illum esse regem cuius tantum maiestati duo potentissimi in terris tribuerint populi Romanus Carthaginiensisque ut Scipio imperator suus ad amicitiam eius petendam relicta provincia Hispania exercituque duabus quinqueremibus in Africam navigaverit, Hasdrubal Poenorum imperator non ipse modo ad eum in regnum venerit sed etiam filiam ei nuptum dederit Allora per esagerare la sua vittoria ciascuno esaltava il più possibile la grandezza di Siface e la fama di quel popolo, dicendo che quello era il re alla maestà del quale si erano inchinati due potentissimi popoli della terra, il Romano e il Cartaginese, per chiedergli amicizia il generale Scipione, lasciata la provincia di Spagna e l'esercito, con due sole quinqueremi aveva navigato verso l'Africa, mentre Asdrubale comandante dei Cartaginesi non solo era venuto personalmente nel regno di Siface, ma per di più gli aveva dato la figlia in sposa

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Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 21 - 40
Livio, Ab urbe condita: Libro 32; 21 - 40

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 32; 21 - 40

Habuisse eum uno tempore in potestate duos imperatores, Poenum Romanumque Siface in un solo momento aveva avuto in mano due generali, il cartaginese ed il romano
Sicut ab dis immortalibus pars utraque hostiis mactandis pacem petisset, ita ab eo utrimque pariter amicitiam petitam Come gli uni e gli altri col sacrificio di vittime avevano chiesto la pace agli dei immortali, così avevano egualmente impetrato da Siface la sua alleanza

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Livio, Ab urbe condita: Libro 31; 01 - 02
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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 31; 01 - 02

Iam tantas habuisse opes ut Masinissam regno pulsum eo redegerit ut vita eius fama mortis et latebris ferarum modo in silvis rapto viventis tegeretur Questi aveva posseduto tali forze da ridurre Massinissa, cacciato dal suo regno, a difendere la sua vita spargendo la voce della sua morte e a vivere di rapina nelle selve nascondendosi a mo' di belva nell'oscurità delle grotte
His sermonibus circumstantium celebratus rex in praetorium ad Scipionem est perductus Esaltato da questi commenti di coloro che lo circondavano, Siface fu condotto nel pretorio alla presenza di Scipione

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 31; 06 - 11

Movit et Scipionem cum fortuna pristina viri praesenti fortunae conlata, tum recordatio hospitii dextraeque datae et foederis publice ac privatim iuncti Questi si commosse al pensiero dell'antica fortuna di quell'uomo, paragonata alle condizioni presenti, gli tornarono alla memoria l'ospitalità e le strette di mano che avevano consacrato il patto d'amicizia pubblica e privata
Eadem haec et Syphaci animum dederunt in adloquendo victore Quegli stessi sentimenti diedero coraggio a Siface nel rivolgersi al vincitore

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 41; 26 - 28

Nam cum Scipio quid sibi voluisset quaereret qui non societatem solum abnuisset Romanam sed ultro bellum intulisset, tum ille peccasse quidem sese atque insanisse fatebatur, sed non tum demum cum arma adversus populum Romanum cepisset; exitum sui furoris eum fuisse, non principium; tum se insanisse, tum hospitia privata et publica foedera omnia ex animo eiecisse cum Carthaginiensem matronam domum acceperit Infatti, a Scipione che gli domandava quali fossero stati i suoi propositi, non solo nel respingere l'alleanza romana, ma nell'avere dichiarato per primo guerra a Roma, confessò di avere allora per follia commesso un errore, ma che l'aver preso le armi contro il popolo romano non era stato il principio della sua pazzia, ma la fine; essa era cominciata quando, respingendo le leggi dell'ospitalità ed obliando tutti i patti pubblici e privati, aveva accolto nella sua casa come consorte la donna cartaginese

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