Livio, Ab urbe condita: Libro 26; 41-51, pag 3

Livio, Ab urbe condita: Libro 26; 41-51

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 26; 41-51

ubi urbem sine certamine intrauere, pergunt inde quanto maximo cursu poterant ad eam portam circa quam omne contractum certamen erat; in quod adeo intenti omnium non animi solum fuere sed etiam oculi auresque pugnantium spectantiumque et adhortantium pugnantes ut nemo ante ab tergo senserit captam urbem quam tela in auersos inciderunt et utrimque ancipitem hostem habebant

tunc turbatis defensoribus metu et moenia capta et porta intus forisque pariter refringi coepta; et mox caedendo confectis ac distractis ne iter impediretur foribus armati impetum fecerunt

magna multitudo et muros transcendebat; sed hi passim ad caedem oppidanorum uersi; illa quae portam ingressa erat iusta acies cum ducibus, cum ordinibus media urbe usque in forum processit
Quando i soldati di Scipione entrarono in città senza combattere, si precipitarono correndo quanto più potevano a quella porta, intorno alla quale si era concentrata tutta la lotta; verso questa non solo era rivolto l'animo di tutti, ma anche gli occhi e le orecchie dei combattenti e di coloro che li osservavano e li incitavano, al punto che nessuno, prima che sulle spalle dei Cartaginesi cadessero i dardi, si accorse che a tergo la città era in mano nemica e che essi si trovavano presi in mezzo da una duplice schiera di Romani

Allora, essendo i difensori assaliti dal panico, le mura furono occupate; nello stesso tempo si cominciò a scardinare la porta di dentro e di fuori; subito dopo, fatta a pezzi la porta ed abbattuti e fracassati i battenti, per non essere ostacolati nel passaggio, i soldati romani diedero l'assalto

Intanto una gran moltitudine di armati passò al di là del muro, ma costoro si gettarono qua e là a far strage di cittadini; gli altri, invece, che erano passati per la porta, inquadrati con i loro capitani e con il loro schieramento, marciarono attraverso la città sino al foro
inde cum duobus itineribus fugientes uideret hostes, alios ad tumulum in orientem uersum qui tenebatur quingentorum militum praesidio, alios in arcem in quam et ipse Mago cum omnibus fere armatis qui muris pulsi fuerant refugerat, partem copiarum ad tumulum expugnandum mittit, partem ipse ad arcem ducit

et tumulus primo impetu est captus, et Mago arcem conatus defendere, cum omnia hostium plena uideret neque spem ullam esse, se arcemque et praesidium dedidit

quoad dedita arx est, caedes tota urbe passim factae nec ulli puberum qui obuius fuit parcebatur: tum signo dato caedibus finis factus, ad praedam uictores uersi, quae ingens omnis generis fuit

(47) Liberorum capitum uirile secus ad decem milia capta; inde qui ciues Nouae Carthaginis erant dimisit urbemque et sua omnia quae reliqua eis bellum fecerat restituit
Di poi, vedendo che i nemici fuggivano in due direzioni diverse, gli uni ad oriente sul colle occupato da una guarnigione di cinquecento uomini, gli altri verso la rocca, sulla quale si era rifugiato lo stesso Magone con quasi tutti i soldati che erano stati ricacciati dalle mura, Scipione mandò una parte delle milizie ad espugnare il colle, una parte egli stesso condusse contro la fortezza

L'altura presa al primo assalto e Magone, dopo aver tentato di difendere il forte, vedendo che ogni luogo era pieno dinemici e che non vi era più alcuna speranza, consegnò ai Romani sé, la rocca, il presidio

Fino al momento in cui si arrese la rocca, si fecero stragi e nessuno dei giovani che si incontrarono fu risparmiato; dopo la resa, a un dato segnale, si pose fine alle stragi; i vincitori si diedero a far bottino, che fu ingente sotto ogni aspetto

47 Circa diecimila uomini liberi furono fatti prigionieri; Scipione lasciò andare quelli che erano cittadini di Cartagena e restituì a loro la città e le cose, quelle che la guerra aveva risparmiato
opifices ad duo milia hominum erant; eos publicos fore populi Romani edixit, cum spe propinqua libertatis si ad ministeria belli enixe operam nauassent

ceteram multitudinem incolarum iuuenum ac ualidorum seruorum in classem ad supplementum remigum dedit; et auxerat nauibus octo captiuis classem

extra hanc multitudinem Hispanorum obsides erant, quorum perinde ac si sociorum liberi essent cura habita

captus et apparatus ingens belli; catapultae maximae formae centum uiginti, minores ducentae octoginta una; ballistae maiores uiginti tres, minores quinquaginta duae; scorpionum maiorum minorumque et armorum telorumque ingens numerus; signa militaria septuaginta quattuor
Vi erano in città circa duemila artigiani: Scipione decretò che essi sarebbero stati proprietà del popolo romano, con la speranza di una prossima libertà, se avessero posto col massimo zelo l'opera loro al servizio della guerra

Assegnò alla flotta la rimanente moltitudine dei cittadini giovani e degli schiavi validi, come rinforzo dei rematori; accrebbe poi la flotta di otto navi catturate

Oltre questa moltitudine, vi erano gli ostaggi degli Spagnoli, dei quali Scipione ebbe cura come se fossero figli degli alleati

Fu presa anche una grande quantità di materiale bellico: centoventi catapulte della massima grandezza, duecentoottantuno di grandezza minore, ventitré baliste grandi e cinquantadue piccole, un grandissimo numero di scorpioni grandi e piccoli, di armi e di dardi, settantaquattro insegne militari

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Livio, Ab urbe condita: Libro 27; 01 - 02
Livio, Ab urbe condita: Libro 27; 01 - 02

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 27; 01 - 02

et auri argenti relata ad imperatorem magna uis: paterae aureae fuerunt ducentae septuaginta sex, librales ferme omnes pondo; argenti infecti signatique decem et octo milia et trecenta pondo, uasorum argenteorum magnus numerus; haec omnia C Flaminio quaestori appensa adnumerataque sunt; tritici quadringenta milia modium, hordei ducenta septuaginta

naues onerariae sexaginta tres in portu expugnatae captaeque, quaedam cum suis oneribus, frumento, armis, aere praeterea ferroque et linteis et sparto et nauali alia materia ad classem aedificandam, ut minimum omnium inter tantas opes belli captas Carthago ipsa fuerit
Fu portata al generale una gran quantità di oro e di argento; duecentosettantasei tazze d'oro quasi tutte del peso di una libbra; diciottomilatrecento libbre d'argento non lavorato e coniato,gran numero di vasi d'argento; tutti questi oggetti furono consegnati al questore C Flaminio dopo essere statipesati e numerati; si trovarono inoltre quattrocentomila moggia di grano e duecentosettantamila di orzo

Furono catturate rate nel porto sessantatré navi da trasporto, alcune con il loro carico di frumento, di armi e inoltre di bronzo e di ferro, di tela da vela e sparto ed altro materiale per la costruzione di una flotta, tanto che, dopo tutte queste ricchezze che quella guerra aveva procurato, la cosa meno importante fu proprio la conquista della città di Cartagena
(48) Eo die Scipio C Laelio cum sociis naualibus urbem custodire iusso ipse in castra legiones reduxit fessosque milites omnibus uno die belli operibus, quippe qui et acie dimicassent et capienda urbe tantum laboris periculique adissent et capta cum iis qui in arcem confugerant iniquo etiam loco pugnassent, curare corpora iussit

postero die militibus naualibusque sociis conuocatis primum dis immortalibus laudes gratesque egit, qui se non urbis solum opulentissimae omnium in Hispania uno die compotem fecissent, sed ante eo congessissent omnis Africae atque Hispaniae opes, ut neque hostibus quicquam relinqueretur et sibi ac suis omnia superessent
48 In quel giorno Scipione, dopo aver comandato a C Lelio di tenere sotto sorveglianza la città con i marinai alleati, condusse nell'accampamento le legioni e ordinò che si riposassero e si dessero cura del corpo quei soldati che si erano affaticati per aver compiuto in un sol giorno tutte quante le operazioni belliche; essi, infatti, avevano combattuto in campo aperto, poi per prendere la città avevano affrontato molte fatiche e pericoli; poi, dopo averla presa, avevano dovuto anche scontrarsi in luogo sfavorevole con coloro che si erano rifugiati nella rocca

II giorno dopo, avendo riunito in assemblea soldati e marinai, per prima cosa Scipione innalzò lodi e ringraziamenti agli dei immortali, che non solo gli avevano concesso di impadronirsi in un giorno della città più ricca della Spagna, ma avevano già dapprima concentrato in essa tutte le ricchezze d'Africa e di Spagna, in modo che nulla più rimanesse ai nemici, mentre i Romani avrebbero avuto tutto per sé in gran quantità

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 01, 46-60

Militum deinde uirtutem conlaudauit quod eos non eruptio hostium, non altitudo moenium, non inexplorata stagni uada, non castellum in alto tumulo situm, non munitissima arx deterruisset quo minus transcenderent omnia perrumperentque

itaque quamquam omnibus omnia deberet, praecipuum muralis coronae decus eius esse qui primus murum adscendisset; profiteretur qui se dignum eo duceret dono

duo professi sunt, Q Trebellius, centurio legionis quartae, et Sex Digitius, socius naualis

nec ipsi tam inter se acriter contendebant quam studia excitauerant uterque sui corporis hominum

sociis C Laelius, praefectus classis, legionariis M Sempronius Tuditanus aderat
Scipione elogiò poi il valore dei soldati, che non si erano lasciati spaventare né dalla sortita dei nemici, né dall'altezza delle mura, né dagli inesplorati guadi dello stagno, né dalla fortezza posta sullalto colle, né dalla munitissima rocca, tutti ostacoli che essi non avevano esitato a superare e ad infrangere

Benché per tutte queste cose egli dovesse gratitudine a tutti, pertanto, l'onore della corona murale spettava in particolare a colui che per primo aveva scalato il muro; quel soldato che si riteneva degno di quel dono, lo dichiarasse pubblicamente

Due si fecero avanti: il centurionedella quarta legione Q Tiberilio e il marinaio Sesto Digizio

Non era tanto aspra la contesa fra loro, quanto appassionata era la gara che l'uno e l'altro avevano acceso fra gli uomini del loro corpo

Il comandante della flotta C Lelio favoriva i suoi marinai, M Sempronio Tuditano i suoi legionari
ea contentio cum prope seditionem ueniret, Scipio tres recuperatores cum se daturum pronuntiasset qui cognita causa testibusque auditis iudicarent uter prior in oppidum transcendisset, C Laelio et M Sempronio, aduocatis partis utriusque, P Cornelium Caudinum de medio adiecit eosque tres recuperatores considere et causam cognoscere iussit

cum res eo maiore ageretur certamine quod amoti tantae dignitatis non tam aduocati quam moderatores studorium fuerant, C Laelius relicto consilio ad tribunal ad Scipionem accedit, eumque docet rem sine modo ac modestria agi, ac proper esse ut manus inter se conferant

Ceterum, etiam si vis absit, nihilo minus detestabili exemplo rem agi, quippe ubi fraude ac periurio decus petatur virtutis
Poiché la contesa stava per trasformarsi in una specie di sommossa, Scipione dichiarò che avrebbe scelto tre arbitri, che, fatta un'inchiesta e uditi dei testimoni, giudicassero quale dei due avesse per primo scalato la fortezza; a C Lelio e a M Sempronio, difensori dell'una e dell'altra parte, Scipione aggregò come elemento neutrale, P Cornelio Caudino e a questi tre arbitri ordinò di sedere come giudici e di esaminare la questione

Poiché la contesa si faceva tanto più accesa, in quanto erano state allontanate dai due corpi persone di grande dignità, che avevano svolto opera non tanto di difensori, quanto di moderatori delle passioni di parte, C Lelio, lasciata la riunione, si accostò alla tribuna di Scipione, per informarlo che la contestazione si stava agitando senza misura e senza decoro e che poco mancava che i soldati e i marinai venissero alle mani

C Lelio faceva notare a Scipione che, anche se i contendenti si fossero astenuti dalla violenza, nondimeno la cosa offriva unabominevole esempio, dal momento che si reclamava una ricompensa al valore ricorrendo alla frode ed allo spergiuro

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 44; 01 - 20

Satre hinc legionarios milites, hinc classicos, per omnis deos paratos iurare magis quae velint quam quae sciant vera esse, et obstringere periurio non se solum suumque caput, sed signa militaria et aquilas sacramentique religionem

Haec se ad eum de sententia P Cornelii et M Sempronii deferre

Scipio conlaudato Laelio ad contionem advocavit pronuntiavitque se satis compertum habere Q Trebellium et Sex Digitium pariter in murum escendisse, seque eos ambos virtutis causa coronis muralibus donare

Tum reliquos prout cuiusque meritum virtusque erat donavit; ante omnis C Laelium praefectum classis et omni genere laudis sibimet ipse aequavit et corona aurea ac triginta bubus donavit
Da una parte stavano i soldati della legione, dall'altra i marinai della flotta, pronti a giurare per tutti gli dei, più secondo il loro desiderio che secondo quello che essi conoscevano per vero e pronti a coinvolgere in uno spergiuro non solo sé ed il proprio capo, ma le insegne dei manipoli e delle legioni e la santità del giuramento

Egli d'accordo con P Cornelio e M Sempronio, riferiva sto a Scipione

Questi, lodato molto Lelio, adunò l'assemblea dei soldati e dichiarò di aver assodato che Q Tiberilio e Sesto Digizio avevano contemporaneamente scalato le mura e che egli a causa del loro valore li giudicava ambedue degni dell'onore della corona murale

Agli altri soldati diede donativi, secondo il merito ed il valore di ciascuno; in particolare, riconoscendo con ampie lodi i meriti di C Lelio comandante della flotta, lo eguagliò a sé e gli fece dono di una corona d'oro e di trenta buoi
(49) Tum obsides ciuitatium Hispaniae uocari iussit; quorum quantus numerus fuerit piget scribere, quippe ubi alibi trecentos ferme, alibi tria milia septingentos uiginti quattuor fuisse inueniam

Aeque et alia inter auctores discrepant

Praesidium Punicum alius decem, alius septem, alius haud plus quam duum milium fuisse scribit

Capta alibi decem milia capitum, alibi supra quinque et uiginti inuenias

Scorpiones maiores minoresque ad sexaginta captos scripserim, si auctorem Graecum sequar Silenum; si ualerium Antiatem, maior scorpionumsex milia, minorum tredecim milia; adeo nullus mentiendi modus est

Ne de ducibus quidem conuenit
49 Scipione fece poi chiamare gli ostaggi delle città della Spagna; non posso affermare con certezza quale sia stato il loro numero, poiché presso alcuni storici trovo chesono stati quasi trecento, presso altri tremilasettecento ventiquattro

Parimenti, intorno ad altre circostanze lefonti dissentono tra loro

Una scrive che il presidio cartaginese fu di diecimila soldati, un'altra di sette, un'altraancora che non contava più di duemila soldati

Trovo anche presso alcuni che furono fatte prigioniere diecimila persone, presso altri più di venticinquemila

Se io avessi seguito lo storico greco Sileno, avrei scritto che furono presi circa sessanta scorpioni maggiori e minori; se, invece, avessi seguito Valerio Anziate avrei dovuto parlare diseimila scorpioni grandi e tredicimila piccoli: a tal punto egli non ha limite alcuno nel mentire

Non vi è neppure accordo riguardo ai comandanti

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 34; 45 - 49

Plerique Laelium praefuisse classi, sunt qui M Iulium Silanum dicant; Arinen praefuisse Punico praesidio deditumque Romanis Antias ualerius, Magonem alii scriptores tradunt

Non de numero nauium captarum, non de pondere auri atque argenti et redacta pecunia conuenit; si aliquis adsentiri necesse est, media simillima ueri sunt

Ceterum, uocatis obsidibus primum uniuersos bonum animum habere iussit: uenisse enim eos in populi Romani potestatem, qui beneficio quam metu obligare homines malit exterasque gentes fide ac societate iunctas habere quam tristi subiectas seruitio

Deinde acceptis nominibus ciuitatium recensuit captiuos quot cuiusque populi essent, et nuntios domum misit ut ad suos quisque recipiendos ueniret
I più sostengono che il capo della flotta fu Lelio; altri M Giunio Silano; ValerioAnziate afferma che il presidio cartaginese che si arrese ai Romani era comandato da Arine, altri storici parlano invece, di Magone

Non vi è neppure accordo interno alnumero delle navi, né intorno alla quantità di oro e di argento né del denaro raccolto; se è il caso di prestar fede a qualcuno, l'opinione di mezzo è la più vicina alla verità

Ostaggi Comunque stiano le cose, Scipione dapprima esortò gli ostaggi a stare tutti quanti di buon animo, poiché essierano venuti in potere del popolo romano che preferiva legare a sé le persone più con la benevolenza che con la paura e che amava conciliarsi i popoli stranieri con la lealtà e i vincoli d'alleanza, più che tenerli soggetti in triste servitù

Presi, quindi, i nomi delle città, passò in rassegna i prigionieri, informandosi quanti fossero ed a quali genti appartenessero e mandò poi dei messi alle loro case, perché le loro famiglie venissero a riprenderli

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