Colazione sull'erba raffigura due uomini e una donna che stanno consumando un pasto all'aperto nei pressi di Parigi e poco distante un'altra donna che si bagna i piedi nell'acqua. I due uomini chiacchierano tranquillamente mentre la donna affianco a loro guarda verso lo spettatore, l'unica dei volti rappresentati a farlo.
La donna - che nella vita reale era anche una pittrice oltre che modella - è denudata, forse pronta per raggiungere l'altra donna e fare il bagno. Vediamo in fatti nell'angolo basso i suoi vestiti con affianco un po di pane e frutta. La bottiglia vuota ci indica che il picnic è finito e non all'inizio.Tutto attorno un bosco verdeggiante. La barca ancorata alla riva suggerisce che il corso d'acqua non è un ruscello o un piccolo stagno ma un fiume o una via d'acqua percorribile. Manet si serve di violenti contrasti tra luce e ombra, estende il colore rinnegando le mezze tinte. Manet era consapevole che il dipinto avrebbe fatto a botte con il perbenismo borghese dell'epoca ma portò avanti il suo lavoro che al debutto fu accoltò freddamente.
Intorno alla metà del XIX secolo il mondo era nel pieno di una rivoluzione epocale. Il progresso scientifico, industriale tecnologico traghettava a ritmi sostenutissimi l'umanità verso una nuova e straordinaria fase della sua evoluzione. Un era in cui si diffondono ardite teorie per spiegare l'origine della specie, si delineano inediti percorsi geografici. In sintesi, l'inizio della modernità.
Molti artisti della nuova generazione, tra cui Manet, Monet, Whistler e Tissot, avevano a quel tempo ampiamente dimostrato la loro infatuazione per le arti del Giappone, e in particolare per le stampe ukiyo-e.
Con queste premesse, pare logico che i giovani artisti di quell'epoca si chiedessero se avesse senso continuare a dipingere, scolpire e plasmare le materie allo stesso modo in cui si era fatto fino a quel momento, prima che iniziassero quegli sconvolgimenti.
Così si spiega l'irruzione nel 1863 del celeberrimo colazione sull'erba di Manet, l'opera che avrebbe iniziato a scardinare gli ormai stantii equilibri dell'arte europea, e non solo.
Fu in quel preciso frangente, all'apertura del dibattito sulla necessità di aprire il Salon agli artisti nuovi, che l'arte giapponese entrò prepotentemente in quel gioco di tele e pennelli.
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Nel ritratto di Emile Zola del 1868, Edouard Manet esplicita da una parte la sua - e quella di Zola, ovviamente - adesione alla moda giapponese, inserendo nel margine sinistro della composizione un'anta di paravento con scena di fiori e uccelli e in alto una stampa di Kuniaki, dall'altro costruisce una pittura in cui toni cromatici puri si stagliano stentorei
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