Il 10 ottobre 1868 ad Aizu fa già molto freddo, l'alba si vela di nevischio. Le ultime truppe dello shogunato, ormai allo stremo, si sono asserragliati nel castello Tsuruga, sede dei signori locali. L'esercito imperiale sta assediando la città, e i soldati preparano i fucili senza troppa apprensione, consapevoli della loro enorme superiorità numerica
...quando, con enorme stupore, si vedono venire addosso un ciclone irto di punte ricurve. Sono naginata, e appare subito chiaro che si tratta di donne.
La naginata, la lancia giapponese, è la tipica arma a cui vengono addestrate le figlie dei samurai, perché in caso di necessità possano difendere la casa e l'onore. In battaglia non si usa più da alcuni secoli, ma queste ragazze la stanno usando contro le armi da fuoco. A guidare la carica è una virtuosa della naginata: Nakano Takeko, 21enne, figlia di un samurai funzionario di Aizu. Ha studiato il cinese classico, poesia e calligrafia, ma il suo grande talento sono le arti marziali. Vuole diventare come Tomoe Gozen, leggendaria guerriera del XII secolo, ed è così brava che il suo maestro l'ha adottata e impiegata come istruttrice, prima a Edo, poi ad Aizu. Diverse delle donne che sta catapultando contro le truppe imperiali sono sue allieve. Il regolamento impedisce che facciano parte dell'esercito regolare, e loro attaccano separatamente
Basiti, i soldati esitano a premere il grilletto, e il cavalleresco indugio consente alle guerriere di infilzarne parecchi. Poi reagiscono. Anche Takeko viene colpito a morte, e nell'agonia chiede alla sorella, che fa parte del drappello, di decapitarla prima che i nemici facciano un trofeo della sua testa