Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 01; 274-332

Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 01; 274-332

Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 01; 274-332

[274] Itaque commemorat, ut cygni, qui non sine causa Apollini dicati sint, sed quod ab eo divinationem habere videantur, qua providentes quid in morte boni sit, cum cantu et voluptate moriantur, sic omnibus bonis et doctis esse faciendum

[275] Nec vero de hoc quisquam dubitare posset, nisi idem nobis accideret diligenter de animo cogitantibus, quod iis saepe usu venit qui cum acriter oculis deficientem solem intuerentur, [ut] aspectum omnino amitterent: sic mentis acies se ipsa intuens non numquam hebescit, ob eamque causam contemplandi diligentiam amittimus

[276] Itaque dubitans, circumspectans, haesitans, multa adversa reverens tamquam in rate in mari immenso nostra vehitur oratio

[277] Sed haec et vetera et a Graecis

[278] Cato autem sic abiit e vita, ut causam moriendi nactum se esse gauderet
[274] Perciò, ricorda Socrate, come i cigni, che sono stati consacrati ad Apollo non senza ragione, ma perché sembra che da lui ricevano la divinazione, muoiono con il canto e il piacere, perché grazie ad essa prevedono il bene che ci sarà nella morte, così devono comportarsi tutti i buoni e i saggi

[275] In realtà, nessuno potrebbe avere dubbi su questo argomento, se non succedesse anche a noi, quando esaminiamo attentamente il problema dellanima, lo stesso fenomeno che spesso per consuetudine capita a coloro che fissano intensamente con gli occhi il sole che si eclissa, cioè di perdere completamente la vista: così lautorità della mente si indebolisce contemplando se stessa, e per questo motivo perdiamo lesattezza dellosservazione

[276] Quindi il nostro discorso, come su una zattera nel mare sconfinato, procede dubitando, tentennando, esitando, temendo numerosi ostacoli

[277] Ma questi sono esempi antichi e tratti dal mondo greco

[278] Peraltro Catone se ne andò dalla vita gioendo di aver trovato un motivo per morire
[279] Vetat enim dominans ille in nobis deus iniussu hinc nos suo demigrare; cum vero causam iustam deus ipse dederit ut tunc Socrati, nunc Catoni, saepe multis, ne ille me Dius Fidius vir sapiens laetus ex his tenebris in lucem illam excesserit, nec tamen illa vincla carceris ruperit (leges enim vetant), sed tamquam a magistratu aut ab aliqua potestate legittima, sic a deo evocatus atque emissus exierit

[280] Tota enim philosophorum vita, ut ait idem, commentatio mortis est

[281] Nam quid aliud agimus, cum a voluptate, id est a corpore, cum a re familiari, quae est ministra et famula corporis, cum a re publica, cum a negotio omni sevocamus animum, quid, inquam, tum agimus nisi animum ad se ipsum advocamus, secum esse cogimus maximeque a corpore abducimus

Secernere autem a corpore animum, nec quicquam aliud, est mori discere
[279] Infatti quella divinità che ha il dominio su di noi ci vieta di allontanarci da qui contro il suo volere; invero, se la divinità stessa offrirà la giusta causa, come allora a Socrate, ora a Catone, spesso a molti, allora veramente, te lo assicuro, il saggio si allontanerà lieto da queste tenebre per quella luce, tuttavia non spezzerà le sbarre della prigione (infatti la legge lo vieta), ma come se avesse il permesso di un magistrato o di qualche legittima autorità, uscirà, chiamato e liberato dalla divinità

[280] Infatti, lintera vita dei filosofi, come dice ancora Platone, è una preparazione alla morte

[281] Infatti, che altro facciamo quando allontaniamo lanima dal piacere, cioè dal corpo, dal patrimonio familiare, che è il sostegno e il servizio del corpo, dalla politica, da ogni impegno, allora che facciamo, dico, se non richiamiamo lanima a se stessa, la costringiamo a stare da sola e soprattutto la allontaniamo dal corpo

Ma separare lanima dal corpo, non è altro che questo, imparare a morire
[282] Quare hoc commentemur, mihi crede, disiungamusque nos a corporibus, id est consuescamus mori

[283] Hoc, et dum erimus in terris, erit illi caelesti vitae simile, et cum illuc ex his vinclis amissi feremur, minus tardabitur cursus animorum

[284] Nam qui in compedibus corporis semper fuerunt, etiam cum soluti sunt, tardius ingrediuntur, ut ii, qui ferro vincti multos annos fuerunt

[285] Quo cum venerimus, tum denique vivemus

[286] Nam haec quidem vita mors est, quam lamentari possem, si liberet

[287] Satis tu quidem in Consolatione es lamentatus; quam cum lego, nihil malo quam has res relinquere, his vero modo auditis multo magis

[288] Veniet tempus, et quidem celeriter, sive retractabis sive properabis; volat enim aetas
[282] Perciò, credimi, prepariamoci a questo, e allontaniamoci dal corpo, cioè abituiamoci a morire

[283] In questo modo, mentre saremo sulla terra, avremo una vita simile a quella che vivremo in cielo, quando, liberati da questi legami, saremo portati lassù, sarà meno ritardata la corsa delle anime

[284] Infatti quelle che sono state sempre nei vincoli del corpo, anche quando se sono liberate, camminano molto lentamente, come coloro che per molti anni sono stati legati dalle catene

[285] Quando giungeremo lassù, allora finalmente vivremo

[286] Infatti questa nostra vita in realtà è una morte, potrei lamentarmi di essa, se lo volessi

[287] Certamente ti sei lamentato abbastanza nella Consolazione; tanto che, quando la leggo, non desidero nientaltro che abbandonare questa terra, invero, dopo aver ascoltato ciò, lo desidero ancora di più

[288] Infatti arriverà la tua ora, e certamente presto, sia che tu ti opponga sia che tu ti affretti; infatti il tempo vola

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Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 04; 51-60
Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 04; 51-60

Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 04; 51-60

[289] Tantum autem abest ab eo, ut malum mors sit, quod tibi dudum videbatur, ut verear, ne homini nihil sit non malum aliud certius, nihil bonum aliud potius, si quidem vel di ipsi vel cum dis futuri sumus

[290] Quid refert

[291] Adsunt enim qui haec non probent

[292] Ego autem numquam ita te in hoc sermone dimittam, ulla uti ratione mors tibi videri malum possit

[293] Qui potest, cum ista cognoverim

[294] Qui possit, rogas

Catervae veniunt contra dicentium, nec solum Epicureorum, quos equidem non despicio, sed nescio quo modo doctissimus quisque [contemnit], acerrume autem deliciae meae Dicaearchus contra hanc immortalitatem disseruit

[295] Is enim tris libros scripsit qui Lesbiaci vocantur, quod Mytilenis sermo habetur, in quibus volt efficere animos esse mortalis
[289] Ma la morte è tanto lontana da ciò che è male, come ti sembrava poco fa, che mi viene in mente che per luomo non esista nulla che non sia un male più sicuro, nulla che non sia un bene preferibile, se certamente noi stessi siamo destinati a essere dèi o a stare con gli dèi

[290] Questo che importanza ha

[291] Infatti ci sono quelli che non condividono queste opinioni

[292] Io però, in questa conversazione non ti lascerò in maniera tale che per qualche ragionamento la morte ti possa sembrare un male

[293] Come sarebbe possibile, ora che ho appreso codeste tue idee

[294] Mi chiedi come sia possibile

Arrivano molte persone che ne parlano contro, non si tratta solo degli Epicurei, che peraltro non disdegno, ma non so in che modo, sono i più dotti, anzi Dicearco, il mio autore preferito, si oppose in maniera molto veemente a questa tesi dellimmortalità

[295] Infatti egli scrisse tre libri che sono intitolati Lesbici, perché la conversazione si svolge a Mitilene, nei quali vuole dimostrare che le anime sono immortali
[296] Stoici autem usuram nobis largiuntur tamquam cornicibus; diu mansuros aiunt animos, semper negant

[297] Num non vis igitur audire, cur, etiamsi ita sit, mors tamen non sit in malis

[298] Ut videtur; sed me nemo de immortalitate depellet

[299] Laudo id quidem, etsi nihil nimis oportet confidere

[300] Movemur enim saepe aliquo acute concluso, labamus mutamusque sententiam clarioribus etiam in rebus; in his est enim aliqua obscuritas

[301] Id igitur si acciderit, simus armati

[302] Sane quidem, sed ne accidat, providebo

[303] Num quid igitur est causae quin amicos nostros Stoicos dimittamus

Eos dico, qui aiunt manere animos, cum e corpore excesserint, sed non semper
[296] Ma gli Stoici ci accordano il godimento di un prestito come se fossimo cornacchie; dicono che le anime sopravvivranno a lungo, ma negano che dureranno per sempre

[297] Allora non vuoi proprio ascoltare perché, anche se così fosse, tuttavia la morte non sarebbe uno dei mali

[298] Come ti sembra opportuno; ma nessuno mi smuoverà dallimmortalità

[299] Indubbiamente apprezzo ciò, anche se non conviene essere troppo sicuri di nulla

[300] Infatti spesso ci lasciamo influenzare da qualche acuta conclusione, esitiamo e cambiamo opinione anche in questioni più semplici; infatti in esse cè qualche punto oscuro

[301] Dunque se si verificasse ciò, facciamoci trovare armati

[302] Indubbiamente va bene, ma provvederò affinché ciò non succeda

[303] Dunque forse cè qualche ragione per non lasciare da parte i nostri amici Stoici

Mi riferisco a quelli che dicono che le anime continuano a esistere dopo essere uscite dal corpo, ma non per sempre

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Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 02; 176-220

[304] Istos vero qui, quod tota in hac causa difficillimum est, suscipiant, posse animum manere corpore vacantem, illud autem, quod non modo facile ad credendum est, sed eo concesso quod volunt, consequens, id vero non dant, ut, cum diu permanserit, ne intereat

[305] Bene reprehendis et se isto modo res habet

[306] Credamus igitur Panaetio a Platone suo dissentienti

Quem enim omnibus locis divinum, quem sapientissimum, quem sanctissimum, quem Homerum philosophorum appellat, huius hanc unam sententiam de immortalitate animorum non probat

[307] Volt enim, quod nemo negat, quicquid natum sit interire; nasci autem animos, quod declaret eorum similitudo qui procreentur, quae etiam in ingeniis, non solum in corporibus appareat
[304] Invero costoro dimostrano che ciò che è più difficile in tutto questo argomento, è che lanima possa continuare a esistere priva del corpo, poi non riconoscono non solo ciò che non è facile a credersi, ma che, una volta ammesso ciò che vogliono, ne consegue, cioè che lanima, dopo essere sopravvissuta a lungo, non muore

[305] Ti esprimi bene e le cose stanno proprio così

[306] Dunque crediamo a Panezio che dissente dal suo Platone

Infatti, in ogni pagina, lo definisce divino, sapientissimo, santissimo, lOmero dei filosofi, di lui non accetta lunica opinione riguardo limmortalità dellanima

[307] Sostiene infatti, ma nessuno lo nega, che ciò che nasce, muore; e che lanima nasce, come dimostrerebbe la somiglianza di coloro che hanno procreato, che si manifesta anche nel carattere, non solo nel corpo
[308] Alteram autem adfert rationem, nihil esse quod doleat, quin id aegrum esse quoque possit; quod autem in morbum cadat, id etiam interitum; dolere autem animos, ergo etiam interire

[309] Haec refelli possunt; sunt enim ignorantis, cum de aeternitate animorum dicatur, de mente dici, quae omni turbido motu semper vacet, non de partibus iis in quibus aegritudines, irae libidinesque versentur, quas is contra quem haec dicuntur, semotas a mente et disclusas putat

[310] Iam similitudo magis apparet in bestiis quarum animi sunt rationis expertes; hominum autem similitudo in corporum figura magis exstat, et ipsi animi magni refert quali in corpore locati sint

[311] Multa enim e corpore exsistunt quae acuant mentem, multa quae obtundant
[308] Adduce poi come secondo argomento, il fatto che non esiste nulla che provi dolore, che non possa anche ammalarsi; ma ciò che è esposto alla malattia, è anche destinato a morire; inoltre lanima soffre, dunque muore anche

[309] Queste argomentazioni possono essere confutate; infatti chi le sostiene ignora che, quando si parla delleternità dellanima, ci si riferisce alla mente che è sempre libera da ogni impulso disordinato, non a quelle parti in cui si agitano affanni, ire e passioni, che Platone invece, a cui sono rivolte queste critiche, considera escluse e separate dalla mente

[310] Inoltre la similitudine è più evidente negli animali, le cui anime sono prive di ragione; invece la somiglianza tra gli uomini riguarda maggiormente laspetto del corpo, è molto importante la qualità del corpo in cui lanima stessa è stata posta

[311] Infatti dal corpo provengono molti impulsi che stimolano la mente, molti impulsi che la ottenebrano

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Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 03; 163-173

[312] Aristoteles quidem ait omnis ingeniosos melancholicos esse, ut ego me tardiorem esse non moleste feram

[313] Enumerat multos, idque quasi constet, rationem cur ita fiat adfert

[314] Quodsi tanta vis est ad habitum mentis in iis quae gignuntur in corpore, ea sunt autem quaecumque sunt quae similitudinem faciant, nihil necessitatis adfert, cur nascantur animi, similitudo

[315] Omitto dissimilitudines

[316] Vellem adesse posset Panaetius (vixit cum Africano); quaererem ex eo cuius suorum similis fuisset Africani fratris nepos, facie vel patris, vita omnium perditorum ita similis, ut esset facile deterrimus; cuius etiam similis Publii Crassi, et sapientis et eloquentis et primi hominis, nepos multorumque aliorum clarorum virorum, quos nihil attinet nominare, nepotes et filii

[317] Sed quid agimus
[312] Aristotele sostiene che certamente tutti gli uomini geniali sono pazzi, tanto che a me non dispiace essere tardivo di mente

[313] Ne cita molti, e come se ciò fosse assodato, spiega perché ciò succeda

[314] Che se cè unimportanza così rilevante per la formazione della mente in quegli elementi che sono generati nel corpo, ed essi, qualunque siano, sono tali da creare la somiglianza, la somiglianza non implica necessariamente la nascita dellanima

[315] Tralascio le dissomiglianze

[316] Vorrei che potesse essere presente Panezio (visse con lAfricano); gli chiederei a chi dei suoi fosse simile il nipote del fratello dellAfricano, nellaspetto addirittura il ritratto del padre, nella vita così simile a tutti i depravati, da essere indubbiamente il peggiore; inoltre a chi fosse simile il nipote di Publio Crasso, uomo saggio, sapiente e primordine, o i nipoti e i figli di molti altri uomini illustri, che non osa nominare

[317] Ma che facciamo
Oblitine sumus hoc nunc nobis esse propositum, cum satis de aeternitate dixissemus, ne si interirent quidem animi, quicquam mali esse in morte

[318] Ego vero memineram, sed te de aeternitate dicentem aberrare a proposito facile patiebar

[319] Video te alte spectare et velle in caelum migrare

[320] Spero fore ut contingat id nobis

[321] Sed fac, ut isti volunt, animos non remanere post mortem; video nos, si ita sit, privari spe beatioris vitae; mali vero quid adfert ista sententia

Fac enim sic animum interire ut corpus; num igitur aliquis dolor aut omnino post mortem sensus in corpore est

Nemo id quidem dicit, etsi Democritum insimulat Epicurus, Democritii negant

[322] Ne in animo quidem igitur sensus remanet; ipse enim nusquam est

[323] Ubi igitur malum est, quoniam nihil tertium est
Forse ci siamo dimenticati che ora il nostro argomento, dopo che abbiamo discusso abbastanza riguardo limmortalità, è che, anche se certamente lanima muore, nella morte non cè alcun male

[318] Invero io non me ne ricordavo, ma non mi dispiaceva che tu mentre parlavi delleternità, ti allontanassi dallargomento

[319] Vedo che tu miri in alto e vuoi trasferirti in cielo

[320] Spero che in futuro ci capiti tale sorte

[321] Ma ammetti, come vogliono costoro, che lanima non continua a esistere dopo la morte; se così fosse, penso che noi saremmo privati della speranza di una vita più felice; invero, quale male comporta tale sentenza

Infatti ammetti che lanima muore così come il corpo; forse dunque dopo la morte cè nel corpo qualche dolore o in generale qualche sensibilità

Certamente nessuno sostiene questo, anche se Epicuro accusa Democrito, i discepoli di Democrito negano

[322] Neppure nellanima dunque rimane la sensibilità; infatti essa stessa non è in nessun luogo

[323] Dunque dovè il male, visto che non cè una terza possibilità

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Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 02; 221-246

An quod ipse animi discessus a corpore non fit sine dolore

Ut credam ita esse, quam est id exiguum

Sed falsum esse arbitror, et fit plerumque sine sensu, non numquam etiam cum voluptate, totumque hoc leve est, qualecumque est; fit enim ad punctum temporis

[324] Illud angit vel potius excruciat: discessus ab omnibus iis quae sunt bona in vita

[325] Vide, ne a malis dici verius possit

[326] Quid ego nunc lugeam vitam hominum

Vere et iure possum; sed quid necesse est, cum id agam, ne post mortem miseros nos putemus fore, etiam vitam efficere deplorando miseriorem

Fecimus hoc in eo libro, in quo nosmet ipsos, quantum potuimus, consolati sumus

[327] A malis igitur mors abducit, non a bonis, verum si quaerimus
Forse che lo stesso distacco dellanima dal corpo non avviene senza dolore

Anche se credo che sia così, che dolore insignificante è questo

Ma io ritengo che ciò sia falso, e avvenga per lo più senza che noi ce ne accorgiamo, talvolta anche con piacere, e tutto questo evento, in qualunque cosa consista, è irrilevante; infatti si compie in un attimo di tempo

[324] Cè una cosa che ci angustia o piuttosto ci tormenta: il distacco da tutte le cose che costituiscono i beni della vita

[325] Bada che non si possa più giustamente parlare di distacco dai mali

[326] Perché ora io dovrei piangere la vita degli uomini

Posso farlo con argomenti veri e giusti; ma, poiché farò in modo che riteniamo che dopo la morte noi non saremo infelici, che necessità cè di rendere più infelice anche la vita lamentandomi

Ho fatto ciò in quel libro, in cui ho consolato me stesso, per quanto ho potuto

[327] Dunque la morte ci allontana dai mali, non dai beni, se cerchiamo la verità

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