Cicerone, De legibus: Libro 03, Par 01 - 20

Cicerone, De legibus: Libro 03, Par 01 - 20

Latino: dall'autore Cicerone, opera De legibus parte Libro 03, Par 01 - 20

I [1]Marcus Sequar igitur ut institui divinum illum virum quem quadam admiratione commotus saepius fortasse laudo quam necesse est

Atticus Platonem videlicet dicis

Marcus Istum ipsum Attice

Atticus Tu vero eum nec nimis valde umquam nec nimis saepe laudaveris Nam hoc mihi etiam nostri illi, qui neminem nisi suum laudari volunt, concedunt, ut eum arbitratu meo diligam

Marcus Bene hercle faciunt

Quid enim est elegantia tua dignius

Cuius et vita et oratio consecuta mihi videtur difficillimam illam societatem gravitatis cum humanitate

Atticus Sane gaudeo quod te interpellavi, quoniam quidem tam praeclarum mihi dedisti iudicii tui testimonium

Sed perge ut coeperas

Marcus Laudemus igitur prius legem ipsam veris et propriis generis sui laudibus

Atticus Sane quidem, sicut de religionum lege fecisti
I [1] Marco: - Seguirò dunque, come ho incominciato, quell'autore quasi divino che io, mosso dall'ammirazione, cito forse più spesso di quanto sarebbe necessario

Attico: - Vuoi dire Platone

Marco: - E' appunto a lui, che mi riferisco, Attico

Attico: - Eppure non viene citato mai abbastanza e né abbastanza spesso; infatti anche quei miei amici studiosi che non permettono mai di citare qualcuno se non è il loro maestro, mi consentono di amare il mio maestro come voglio

Marco: - E fanno bene, per Ercole

Che c'è infatti di più degno della tua finezza

Il tuo stile di vita e di linguaggio mi sembra che sia riuscito a raggiungere quel difficilissimo equilibrio tra autorevolezza e gentilezza

Attico: - Sono contento d'averti interrotto, dal momento che mi hai dato una così preziosa testimonianza del tuo senso critico

Ma continua quello che avevi iniziato

[2] Marco: - Facciamo allora precedere l'elogio della legge stessa citando i pregi ad essa connessi

Attico: - Benissimo, come hai già fatto per la legge sul culto
[2]Marcus Videtis igitur magistratus hanc esse vim ut praesit praescribatque recta et utilia et coniuncta cum legibus

Ut enim magistratibus leges, ita populo praesunt magistratus, vereque dici potest, magistratum esse legem loquentem, legem autem mutum magistratum

[3] Nihil porro tam aptum est ad ius condicionemque naturae -- quod quom dico, legem a me dici intellegi volo -- quam imperium, sine quo nec domus ulla nec civitas nec gens nec hominum universum genus stare, nec rerum natura omnis nec ipse mundus potest Nam et hic deo paret, er huic oboediunt maria terraeque, et hominum vita iussis supremae legis obtemperat

II [4] Atque ut ad haec citeriora veniam et notiora nobis: omnes antiquae gentes regibus quondam paruerunt
Marco: - Voi vi rendete dunque conto che questa è l'essenza del magistrato, di sovraintendere e dare prescrizioni giuste ed utili, nonché in armonia con le leggi

Come infatti le leggi stanno al di sopra dei magistrati, così i magistrati stanno al di sopra del popolo, e si può dire veramente che il magistrato è una legge parlante, la legge invece è un magistrato muto

[3] Nulla inoltre è tanto conforme al diritto ed alla disposizione della natura - e dicendo ciò, intendo dire la legge - quanto il potere; senza di esso infatti né la famiglia, né lo Stato, né la nazione, né il genere umano, né tutta la natura, né il mondo stesso potrebbero sussistere; questo infatti obbedisce al dio, ed a questo obbediscono i mari e le terre, e la vita umana ottempera alle norme di una legge suprema

[4] E per venire a questi argomenti più vicini e più noti a noi, tutti i popoli antichi un tempo obbedirono a dei re
Quod genus imperii primum ad homines iustissimos et sapientissimos deferebatur -- idque et in re publica nostra maxime valuit, quoad ei regalis potestas praefuit -- , deinde etiam deinceps posteris prodebatur, quo in iis qui etiam nunc regnant manet

Quibus autem regia potestas non placuit, non ii nemini, sed non semper uni parere voluerunt

Nos autem quoniam leges damus liberis populis, quaeque de optima re publica sentiremus, in sex libris ante diximus, accommodabimus hoc tempore leges ad illum quem probamus civitatis statum

[5] Magistratibus igitur opus est, sine quorum prudentia ac diligentia esse civitas non potest, quorumque discriptione omnis rei publicae moderatio continetur

Neque solum iis praescribendus est imperandi, sed etiam civibus obtemperandi modus
Questo genere di potere era originariamente conferito agli uomini più giusti e più saggi - e tale regola ebbe larghissima applicazione soprattutto nel nostro Stato, finché esso fu governato dalla potestà regia -, e dopo si trasferiva di volta in volta ai discendenti, principio che ancora oggi resta valido per coloro che regnano

Quelli poi, cui non andò più a genio la potestà regia, non dico che non vollero obbedire più a nessuno, ma piuttosto non sempre obbedirono ad un solo individuo

Infine, poiché noi diamo leggi a dei popoli liberi, e già ho espresso il mio pensiero intorno alla forma migliore di ordinamento dello Stato in sei libri, ora adatterò le nostre leggi a quel tipo di Stato che suscitò il mio interesse

[5] C'è dunque necessità di magistrati, perché senza la loro saggezza e diligenza non potrebbe sussistere uno Stato, e sulla loro distribuzione si fonda tutta la gestione dello Stato

E occorrerà stabilire non soltanto per essi un limite al loro potere, ma anche per i cittadini un limite all'obbedienza

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Cicerone, De legibus: Libro 02, Par 01 -30

Latino: dall'autore Cicerone, opera De legibus parte Libro 02, Par 01 -30

Nam et qui bene imperat, paruerit aliquando necesse est, et qui modeste paret, videtur qui aliquando imperet dignus esse

Itaque oportet et eum qui paret sperare, se aliquo tempore imperaturum, et illum qui imperat cogitare, brevi tempore sibi esse parendum

Nec vero solum ut obtemperent oboediantque magistratibus, sed etiam ut eos colant diligantque praescribimus, ut Charondas in suis facit legibus, noster vero Plato Titanum e genere statuit eos qui ut illi caelestibus, sic hi adversentur magistratibus

Quae cum ita sint ad ipsas iam leges veniamus si placet

Atticus Mihi vero et istud et ordo iste rerum placet
Infatti chi ben comanda, dovrà un giorno o l'altro obbedire, e chi obbedisce con giudizio, può sembrare degno di assumere un giorno il potere

E' necessario pertanto che chi obbedisce abbia la speranza di poter un giorno comandare, e colui che comanda rifletta che tra breve dovrà obbedire

Ma non solo prescriviamo che i cittadini siano sottomessi e obbediscano ai magistrati, ma anche che li onorino e li amino, come fece Caronda nella sua costituzione; d'altra parte il nostro Platone affermò che appartengono alla stirpe dei Titani coloro i quali resistano ai magistrati, così come già quelli resistettero agli dèi celesti

Stando così le cose, veniamo ora, se volete, alle leggi vere e proprie

Attico: - Sono perfettamente d'accordo su questo criterio e sulla successione degli argomenti
III [6]Marcus 'Justa imperia sunto, isque cives modeste ac sine recusatione parento Magistratus nec oboedientem et noxium civem multa vinculis verberibusve coherceto, ni par maiorve potestas populusve prohibessit, ad quos provocatio esto

Cum magistratus iudicassit inrogassitve, per populum multae poenae certatio esto

Militiae ab eo qui imperabit provocatio nec esto, quodque is qui bellum geret imperassit, ius ratumque esto

'Minoris magistratus partiti iuris ploeres in ploera sunto

Militiae quibus iussi erunt imperanto eorumque tribuni sunto

Domi pecuniam publicam custodiunto, vincula sontium servanto, capitalia vindicanto, aes argentum aurumve publice signanto, litis contractas iudicanto, quodcumque senatus creverit agunto
[6] Marco: - I supremi poteri siano legali, ed i cittadini vi obbediscano con sottomissione e senza opporvisi; il magistrato punisca il cittadino disobbediente e colpevole con una ammenda, con il carcere o con la fustigazione, a meno che non faccia opposizione un'autorità pari o maggiore o il popolo stesso, cui poter appellarsi

Quando il magistrato avrà giudicato o condannato, sia discussa dal popolo l'ammenda o la pena

I militari non abbiano diritto di appello contro il proprio comandante, e quello che avrà ordinato il responsabile delle operazioni di guerra, sia considerato legittimo ed messo in atto

I magistrati minori, con giurisdizioni distinte, siano diversi secondo gli uffici

Quelli che ne avranno il mandato, comandino l'esercito e siano presenti i loro tribuni

In pace siano depositari del tesoro pubblico, tengano in prigione i delinquenti, reprimano i delitti capitali, coniino pubblicamente monete di bronzo, argento ed oro, giudichino le liti insorte, eseguano qualsiasi decreto del senato

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[7] 'Suntoque aediles curatores urbis annonae ludorumque sollemnium, ollisque ad honoris amplioris gradum is primus ascensus esto

'Censoris populi aevitates suboles familias pecuniasque censento, urbis templa vias aquas aerarium vectigalia tuento, populique partis in tribus discribunto, exin pecunias aevitatis ordinis partiunto, equitum peditumque prolem discribunto, caelibes esse prohibento, mores populi regunto, probrum in senatu ne relinquonto Bini sunto, magistratum quinquennium habento eaque potestas semper esto, reliqui magistratus annui sunto

[8] 'Iuris disceptator, qui privata iudicet iudicarive iubeat, praetor esto

Is iuris civilis custos esto Huic potestate pari quotcumque senatus creverit populusve iusserit, tot sunto
[7] Siano gli edili curatori della città, dell'annona, dei giochi solenni, e per essi sia questo il primo gradino verso le magistrature maggiori

I censori censiscano l'età della popolazione, i figli a carico, gli schiavi ed il bestiame; tutelino gli edifici pubblici, i templi, le strade, le acque, l'erario, le entrate finanziarie; distribuiscano i cittadini nelle tribù, dividano le centurie in base al patrimonio ed all'età, prendano nota dei figli dei cavalieri e dei fanti, vietino il celibato, sorveglino la morale del popolo, non lascino una persona indegna in senato; siano in due, tengano la magistratura per un quinquennio; gli altri magistrati siano annuali, e quella loro potestà sia perpetua

[8] Interprete della legge, che giudichi e dia mandato di giudicare le cause private, sia il pretore

Egli sia depositario del diritto civile; a questo magistrato siano pari in potere quanti ne avrà decretato il senato ed ordinato il popolo
'Regio imperio duo sunto, iique praeeundo iudicando consulendo praetores iudices consules appellamino Militiae summum ius habento, nemini parento Ollis salus populi suprema lex esto

[9] 'Eundem magistratum, ni interfuerint decem anni, ne quis capito Aevitatem annali lege servanto

'Ast quando duellum gravius discordiaeve civium escunt, oenus ne amplius sex menses, si senatus creverit, idem iuris quod duo consules teneto, isque ave sinistra dictus populi magister esto

Equitatumque qui regat habeto pari iure cum eo quicumque erit iuris disceptator

Reliqui magistratus ne sunto

'Ast quando consules magisterve populi nec erunt, auspicia patrum sunto, ollique ec se produnto qui comitiatu creare consules rite possit
Vi siano due che esercitino il potere regio, e per procedere, giudicare, provvedere siano chiamati pretori, giudici, consoli; essi abbiano il supremo potere militare, a nessuno siano soggetti; sia loro suprema legge la salute del popolo

[9] Nessuno assuma la stessa carica se non sono passati dieci anni; si osservino i limiti di età stabiliti dalla legge degli Annali

Ma quando vi sarà una guerra piuttosto grave, oppure discordie civili, uno solo, se il senato lo avrà decretato, abbia il potere dei due consoli, per non più di sei mesi e, nominato conforme ad auspicio favorevole, sia maestro del popolo

Chi comanda la cavalleria abbia autorità pari all'interprete del diritto, chiunque quello sia

Tutti gli altri magistrati non esistano

Ma nel momento in cui non vi saranno consoli né maestro del popolo, gli auspici spettino ai senatori, ed essi delegheranno fra loro quelli che possano convocare i comizi e nominare legalmente i consoli

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'Imperia potestates legationes, cum senatus creverit populusve jusserit, ex urbe exeunto, duella iusta iuste gerunto, sociis parcunto, se et suos continento, populi gloriam augento, domum cum laude redeunto

'Rei suae ergo ne quis legatus esto

'Plebes quos pro se contra vim auxilii ergo decem creassit, ei tribuni eius sunto, quodque ei prohibessint quodque plebem rogassint, ratum esto; sanctique sunto; neve plebem orbam tribunis relinquunto

[10] 'Omnes magistratus auspicium iudiciumque habento, exque is senatus esto Eius decreta rata sunto At potestas par maiorve prohibessit, perscripta servanto

'Is ordo vitio vacato, ceteris specimen esto

' 'Creatio magistratuum, iudicia populi, iussa vetita cum cosciscentur, suffragia optumatibus nota, plebi libera sunto
Le autorità militari e civili, gli ambasciatori, per decreto del senato e dietro ordine del popolo, escano di città, conducano guerre legittime legalmente, risparmino gli alleati, frenino se stessi ed i loro amici, accrescano la gloria del loro popolo, tornino a casa con dei meriti

A nessuno sia conferita qualità di ambasciatore per interesse privato

Abbia la plebe come suoi tribuni i dieci creati a sua difesa contro la violenza, e quello che essi vietino e quel che sarà ordinato dalla plebe, sia irrevocabile; essi siano sacri ed inviolabili, né la plebe sia mai lasciata priva dei tribuni

[10] Tutti i magistrati abbiano potere di trarre auspici e di giudicare, ed il senato sia costituito da questi; i suoi decreti siano irrevocabili; ma in caso di opposizione di un potere pari o maggiore, vengano conservati per iscritto

L'ordine senatorio sia esente da difetti, sia di esempio agli altri

L'elezione dei magistrati, le deliberazioni del popolo, i precetti e i divieti quando sono confermabili con voto, siano noti agli ottimati e liberi alla plebe
IV 'Ast quid erit quod extra magistratus coerari oesus sit, qui coeret populus creato eique ius coerandi dato

'Cum populo patribusque agendi ius esto consuli praetori magistro populi equitumque, eique quem patres prodent consulum rogandorum ergo; tribunisque quos sibi plebes creassit ius esto cum patribus agendi; idem ad plebem quod oesus erit ferunto

'Quae cum populo quaeque in patribus agentur, modica sunto

[11] 'Senatori qui nec aderit aut causa aut culpa esto Loco senator et modo orato, causas populi teneto

'Vis in populo abesto

Par maiorve potestas plus valeto

Ast quid turbassitur in agendo, fraus actoris esto

Intercessor rei malae salutaris civis esto
IV Ma se vi sarà qualcosa che sia utile curare al di fuori dei magistrati, il popolo nomini chi se ne curi e gliene conferisca il diritto

Il console, il pretore, il maestro del popolo e dei cavalieri e colui che i senatori presenteranno per la nomina dei consoli, abbiano il diritto di trattare col popolo e col senato; ed i tribuni che la plebe ha creato per sé, abbiano diritto di trattare col senato; ed i medesimi riferiscano alla plebe ciò che sarà necessario

Le proposte fatte al popolo ed ai senatori siano moderate

[11] II senatore che non si presenti si giustifichi o sia colpevole; il senatore parli quando è il suo turno e con misura, sostenga la causa del popolo

II popolo si astenga dalla violenza

L'autorità pari o maggiore valga di più

Ma se qualche fermento turberà la discussione, la colpa sia dell'oratore

Chi si oppone ad una cattiva deliberazione sia considerato cittadino benemerito dello Stato

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'Qui agent auspicia servanto, auguri publico parento, promulgata proposita in aerario Ü cognita agunto; nec plus quam de singulis rebus semel consulunto; rem populum docento, doceri a magistratibus privatisque patiunto

'Privilegia ne inroganto De capite civis nisi per maximum comitiatum ollosque quos censores in partibus populi locassint ne ferunto

'Donum ne capiunto neve danto neve petenda neve gerenda neve gesta potestate

Quod quis earum rerum migrassit, noxiae poena par esto

Cesoris fidem legum custodiunto Privati ad eos acta referunto, nec eo magis lege liberi sunto

Lex recitata est: discedere et tabellam iubebo dari
Quelli che convocheranno assemblee osservino gli auspici, obbediscano al pubblico augure, le proposte siano rese note pubblicandole nel Foro, procedano ad una sola deliberazione per volta sui singoli casi, informino il popolo dell'argomento, consentano che il popolo sia messo al corrente dai magistrati e dai privati

Non si facciano leggi particolari per i privati; non prendano decisioni sulla vita di un cittadino se non attraverso i massimi comizi e per mezzo di quelli che i censori registrarono nelle classi del popolo

Non accettino né offrano doni, né presentandosi come candidati, né quando ricoprono né dopo aver ricoperto cariche

Chi avrà violato qualcuna di queste norme abbia pena commisurata alla colpa

I censori siano i custodi dell'autenticità delle leggi; i privati rispondano dinanzi a loro dei propri atti, né per questo siano svincolati dalla legge

La legge è stata esposta Ora separatevi e vi farò dare le schede

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