Cicerone, De legibus: Libro 03, Par 01 - 20, pag 2

Cicerone, De legibus: Libro 03, Par 01 - 20

Latino: dall'autore Cicerone, opera De legibus parte Libro 03, Par 01 - 20
V [12] Quintus Quam brevi frater in conspectu posita est a te omnium magistratuum discriptio, sed ea paene nostrae civitatis, etsi a te paulum adlatum est novi

Marcus Rectissime Quinte animadvertis Haec est enim quam Scipio laudat in libris et quam maxime probat temperationem rei publicae, quae effici non potuisset nisi tali discriptione magistratuum

Nam sic habetote, magistratibus iisque qui praesint contineri rem publicam, et ex eorum conpositione quod cuiusque rei publicae genus sit intellegi

Quae res cum sapientissime moderatissimeque constituta esset a maioribus nostris, nihil habui sane non multum quod putarem novandum in legibus
[12] Quinto: - In forma molto succinta, fratello, ci è stata posta sotto gli occhi la distribuzione di tutti i magistrati, ma essa è quasi quella della nostra città, anche se da te è stato aggiunto poco di nuovo

Marco: - Hai fatto una osservazione molto giusta, Quinto; questo infatti è quel moderato ordinamento dello Stato, che Scipione loda e soprattutto approva in quei libri famosi, né esso si potrebbe ottenere senza tale distinzione di magistrati

Infatti è bene tener presente che lo Stato è tenuto insieme dalle magistrature e da coloro che le presiedono, e che dal loro ordinamento si può capire quale sia la qualità di ogni Stato

E poiché i nostri antenati a ciò hanno provveduto con grande saggezza e moderazione, non hanno avuto assolutamente alcun motivo per le innovazioni, ed io ritengo che oggettivamente non vi fosse molto da innovare nelle leggi
[13]Atticus Reddes igitur nobis, ut in religionis lege fecisti admonitu et rogatu meo, sic de magistratibus, ut disputes, quibus de causis maxime placeat ista discriptio

Marcus Faciam Attice ut vis, et locum istum totum, ut a doctissimis Graeciae quaesitum et disputatum est, explicabo, et ut institui nostra iura attingam

Atticus Istud maxime exspecto disserendi genus

Marcus Atqui pleraque sunt dicta in illis libris, quod faciendum fuit quom de optuma re publica quaereretur Sed huius loci de magistratibus sunt propria quaedam, a Theophrasto primum, deinde a Dione Stoico quaesita subtilius

VI [14] Atticus Ain tandem

Etiam a Stoicis ista tractata sunt

Marcus Non sane nisi ab eo quem modo nominavi, et postea a magno homine et in primis erudito Panaetio
[13] Attico: - Ed allora, come già hai fatto a proposito della legge sul culto, dietro mio consiglio e richiesta, vorrai spiegarci così anche riguardo ai magistrati, per quali ragioni specifiche si debba fare questa distinzione

Marco: - Farò come vuoi, Attico, e esporrò per intero tutto questo argomento come fu studiato e discusso dai più dotti Greci e, come ho già programmato, mi occuperò delle nostre leggi

Attico: - Mi aspetto proprio un tal genere di esposizione

Marco: - Eppure il più già è stato esposto in quei libri, cosa che pur doveva essere fatta, quando si indagava sulla forma migliore di Stato; ma alcune questioni su questo argomento dei magistrati furono studiate con molta sottigliezza prima da Teofrasto, poi dallo stoico Diogene

[14] Attico: - Davvero

Anche dagli Stoici fu trattato questo

Marco: - Non del tutto, salvo da colui che ho menzionato poco fa, e poi soprattutto da quel grande e coltissimo uomo, che fu Panezio
Nam veteres verbo tenus acute illi quidem, sed non ad hunc usum popularem atque civilem, de re publica disserebant

Ab Academia magis ista manarunt Platone principe

Post Aristoteles inlustravit omnem hunc civilem in disputando locum, Heraclidesque Ponticus profectus ab eodem Platone

Theophrastus vero institutus ab Aristotele habitavit ut scitis in eo genere rerum, ab eodemque Aristotele doctus Dicaearchus huic rationi studioque non defuit

Post a Theophrasto Phalereus ille Demetrius, de quo feci supra mentionem, mirabiliter doctrinam ex umbraculis eruditorum otioque non modo in solem atque in pulverem, sed in ipsum discrimen aciemque produxit
Gli antichi, sia pure con parole piene di finezza, erano soliti discutere, sì, ma non per l'utilità pratica del popolo e dello Stato

Queste dottrine derivarono prevalentemente da questa Accademia e in primo luogo da Platone

Successivamente Aristotele illustrò nei suoi trattati tutta questa materia politica, ed Eraclide Pontico, muovendo sempre da Platone

Teofrasto, dal canto suo, discepolo di Aristotele, pose il suo principale studio, come sapete, in mezzo a tal genere di problemi, ed anche Dicearco, istruito dallo stesso Aristotele, non mancò d'applicarsi a questo genere di studi

Quindi, sulla scia di Teofrasto, quel Demetrio Falereo già da me citato, trasse in maniera ammirevole questa scienza non solo dalla quiete tranquilla dei dotti al sole ed alla polvere, ma addirittura nei pericoli della lotta politica

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Cicerone, De legibus: Libro 01, Par 01 - 10

Latino: dall'autore Cicerone, opera De legibus parte Libro 01, Par 01 - 10

Nam et mediocriter doctos magnos in re publica viros, et doctissimos homines non nimis in re publica versatos multos commemorare possumus: qui vero utraque re excelleret, ut et doctrinae studiis et regenda civitate princeps esset, quis facile praeter hunc inveniri potest

Atticus Puto posse, et quidem aliquem de tribus nobis Sed perge ut coeperas

VII [15] Marcus: Quaesitum igitur ab illis est, placeretne unum in civitate esse magistratum cui reliqui parerent

Quod exactis regibus intellego placuisse nostris maioribus

Sed quoniam regale civitatis genus, probatum quondam, postea non tam regni quam regis vitiis repudiatum est, nomen tantum videbitur regis repudiatum, res manebit si unus omnibus reliquis magistratibus imperabit
Possiamo infatti ricordare molti grandi uomini politici pur di mediocre cultura e molti uomini coltissimi non molto interessati alla vita pubblica; ma al di fuori di questi, chi potremmo facilmente individuare che eccellesse in ambedue le attività, e fosse il più grande sia negli studi scientifici sia nella gestione dello Stato

Attico: - Penso che lo si possa trovare, e precisamente qualcuno di noi tre; ma continua come avevi iniziato

[15] Marco: - Da quegli studiosi fu posto dunque il quesito, se in uno Stato potrebbe avere successo la presenza di un solo magistrato cui gli altri fossero sottoposti

Il che, lo capisco, piacque ai nostri antenati dopo la cacciata dei re

Ma poiché l'ordinamento monarchico, un tempo apprezzato, venne in seguito ripudiato non per difetto del regno in sé, ma per i difetti del re, sembrerà che sia stato ripudiato il nome soltanto di re, ne resterà invece la sostanza, se uno solo avrà giurisdizione su tutti gli altri magistrati
[16] Quare nec ephori Lacedaemone sine causa a Theopompo oppositi regibus, nec apud nos consulibus tribuni

Nam illud quidem ipsum quod in iure positum est habet consul, ut ei reliqui magistratus omnes pareant, excepto tribuno, qui post exstitit ne id quod fuerat esset

Hoc enim primum minuit consulare ius, quod exstitit ipse qui eo non teneretur, deinde quod attulit auxilium reliquis non modo magistratibus, sed etiam privatis consuli non parentibus

[17]Quintus Magnum dicis malum Nam ista potestate nata gravitas optimatium cecidit, convaluitque vis multitudinis

Marcus Non est Quinte ita

Non ius enim illud solum superbius populo, et violentius videri necesse erat

Quo posteaquam modica et sapiens temperatio accessitconvertem lex in omnis est

VIII [18] 'Domum cum laude redeunto
[16] Perciò non a caso a Sparta Teopompo contrappose ai re gli efori, e noi i tribuni ai consoli

Infatti il console ha appunto quello che gli è riconosciuto di diritto, la facoltà di farsi obbedire da tutti gli altri magistrati ad eccezione del tribuno, il quale venne istituito in un secondo tempo affinché non vi fossero più quegli inconvenienti che si erano verificati in passato

E questo evento, in primo luogo, la nascita di una magistratura non soggetta ad esso, sminuì il potere consolare, e secondariamente il fatto che essa recò appoggio non soltanto agli altri magistrati, ma anche ai privati che non obbedissero al console

[17] Quinto: - Tu parli di un grande male; infatti con la nascita di questo potere, il prestigio degli ottimati decadde e si rafforzò la violenza della folla

Marco: - Non è così, Quinto

Infatti non solo quella potestà consolare doveva sembrare al popolo troppo superba, ma anche prepotente

Ma quando si fece strada un moderato e saggio temperamento la legge deve essere eguale per tutti

VIII [18] Ritornino a casa con le lodi

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' Nihil enim praeter laudem bonis atque innocentibus neque ex hostibus neque a sociis reortandum

Iam illud apertum est profecto nihil esse turpius quam quemquam legari nisi rei publicae causa

Omitto quem ad modum isti se gerant atque gesserint, qui legatione hereditates aut syngraphas suas persecuntur

In hominibus est hoc fortasse vitium Sed quaero quid reapse sit turpius, quam sine procuratione senator legatus, sine mandatis, sine ullo rei publicae munere

Quod quidem genus legationis ego consul, quamquam ad commodum senatus pertinere videbatur, tamen adprobante senatu frequentissimo, nisi mihi levis tribunus plebis tum intercessisset, sustulissem

Minui tamen tempus, et quod erat infinitum, annuum feci

Ita turpitudo manet, diutunitate sublata
Nulla di più, infatti, al di fuori della lode, i cittadini onesti ed integerrimi dovrebbero riportare sia dai nemici sia dagli alleati

Ed è certamente evidente questo ormai, che non c'è nulla di più vergognoso che farsi mandare in missione, se non sia per pubblica utilità

Tralascio di ricordare come si comportino e si siano comportati coloro che si servono di un incarico per stare dietro alle loro eredità o ai loro crediti

Questo è forse un difetto tipico dell'uomo; ma mi domando che cosa vi può essere di più squallido di un senatore investito d'un incarico senza alcun obbligo, senza mandato, senza alcun compito di pubblico interesse

Questo genere di missioni io l'avrei soppresso nella mia veste di console, con l'approvazione unanime del senato, sebbene ciò sembrasse strettamente pertinente i senatori, se un tribuno della plebe, un tipo bizzarro, non mi avesse posto il veto

Riuscii tuttavia a limitarne la durata, e ciò che era a tempo indeterminato, lo feci ridurre ad annuale

Rimane così questa macchia, però quanto meno è stata eliminata la durata
Sed iam si placet de provinciis decedatur, in urbemque redeatur

Atticus Nobis vero placet, sed iis qui in provinciis sunt minime placet

[19]Marcus At vero Tite si parebunt his legibus, nihil erit iis urbe, nihil domo sua dulcius, nec laboriosius molestiusque provincia

Sed sequitur lex quae sancit eam tribunorum plebis potestatem, quae est in re publica nostra De qua disseri nihil necesse est

Quintus At mehercule ego frater quaero, de ista potestate quid sentias

Nam mihi quidem pestifera videtur, quippe quae in seditione et ad seditionem nata sit Cuius primum ortum si recordari volumus, inter arma civium et occupatis et obsessis urbis locis procreatum videmus

Deinde quom esset cito necatus tamquam ex XII tabulis insignis ad deformitatem puer, brevi tempore nescio
A questo punto ormai, se volete, lasciamo le province e ritorniamo a Roma

Attico: - A noi sta bene così, ma non lo vorranno affatto i funzionari provinciali

[19] Marco: - Però, Tito, se i governanti obbediranno a queste leggi, per loro nulla sarà più dolce della città, della loro casa, e nulla di più faticoso e fastidioso della provincia

Ma ora viene di seguito la legge che stabilisce quella potestà dei tribuni della plebe, la quale già è nel nostro Stato; e di essa non sarebbe necessario discutere

Quinto: - Ma, per Ercole, ti chiedo, fratello, che ne pensi di questa magistratura

A me infatti sembra persino pestifera, poiché nacque nella rivoluzione e per la rivoluzione; se vogliamo ricordarne le fasi iniziali, vediamo che esse presero corpo tra le guerre civili e mentre i quartieri della città erano invasi ed assediati

In seguito, essendo essa stata subito soppressa , secondo il testo delle XII tavole, come un bambino colpito da malformazione, in breve e non so come, fu ristabilita e rinacque molto più deforme e ripugnante di prima

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IX quo pacto recreatus multoque taetrior et foedior natus est

Quae enim ille non edidit Qui primum, ut inpio dignum fuit, patribus omnem honorem eripuit, omnia infima summis paria fecit, turbavit, miscuit Cum adflixisset prineipum gravitatem, numquam tamen conquievit

[20] Namque ut C Flaminium atque ea quae iam prisca videntur propter vetustatem relinquam, quid iuris bonis viris Tiberi Gracchi tribunatus reliquit

Etsi quinquennio ante D[ecim]um Brutum et P Scipionem consules -- quos et quantos viros

-- homo omnium infimus et sordidissimus tribunus plebis C Curiatius in vincula coniecit, quod ante factum non erat C vero Gracchi tribunatus sicis quas ipse se proiecisse in forum dixit, quibus digladiarentur inter se cives, nonne omnem rei publicae statum perturbavit

Quid iam de Saturnino, Sulpicio, reliquis dicam
IX Quali leggi infatti quel magistrato non tirò fuori

E in primo luogo, come ben si addiceva ad un empio, quello sottrasse ogni titolo di merito ai senatori, pareggiò gli infimi gradi ai massimi, tutto sconvolse creando confusione; e, dopo avere scosso il prestigio dei principali funzionari, non rimase affatto tranquillo

[20] E, per tacere di C Flaminio e di quegli episodi che ormai già sembrano remoti per la loro antichità, il tribunato di Tiberio Gracco quale diritto lasciò intatto ai galantuomini

Eppure cinque anni prima un uomo d'infima origine e spregevole quanto mai, il tribuno della plebe C Curiazio, aveva mandato in prigione D Bruto e P Scipione - che uomini, e quanto grandi -, fatto questo mai verificatosi in passato

Ma il tribunato di C Gracco con le turbolenze e con quei pugnali, che egli stesso affermò d'aver gettato nel Foro, affinchè con essi i cittadini si sgozzassero fra di loro, non sconvolse forse del tutto le condizioni dello Stato

E che altro dovrei dire ormai di Saturnino, di Sulpicio, di tutti gli altri
Quos ne depellere quidem a se sine ferro potuit res publica

E questi lo Stato non potè allontanare da sé senza l'uso delle armi

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