Castelli di Atlante nell’Orlando furioso di Ariosto

Castelli di Atlante nell’Orlando furioso di Ariosto

Canto IV

All'inizio del canto quarto viene delineata una prospettiva meditativa che mette a paragone le situazioni create dalla fantasia con la ricerca di un comportamento umano, che, non potendo ubbidire solo ai dettami dell'interiore moralità, deve adattarsi a plasmarsi a seconda della natura della persone (qui del furbesco Brunello) con cui si entra in rapporto: viene così offerta un'immagine della vita umana quale si può configurare dinanzi a una realistica considerazione, che si contrappone al raggiare splendido ed infinito della fantasia: "in questa assai più oscura che serena/ vita mortal tutta d'invidia piena" (IÌ). Ma propri di fronte a tale amara consapevolezza si aprono gli orizzonti del meraviglioso coi voli dell'Ippogrifo, visti da un'angolazione di natura popolare ("E vede l'oste e tutta la famiglia,/ e chi a finestre e chi fuor ne la via, / tener levati al ciel gli occhi e le ciglia", 4), ora in una prospettiva di paesaggi sterminati ("Calosse, e fu tra le montagne immerso",5).

Prende quindi consistenza fantastica l'Ippogrifo, quale immagine scopertamente simbolica di una fuga nella fantasia cui non manca neppure il tocco di garanzia del sorriso. D'altra parte, una figura, quella del mago Atlante, viene a qualificarsi come essenziale punto di riferimento nei riguardi dell'ideazione di situazioni caratterizzanti dello sviluppo della trama: il creatore dei castelli e dei palazzi incantati, dall'astuzia felina, si rivela amante dei bei colpi di lancia e di spada come un buon maestro di cavalleria, ma anche tormentato da una sua interiore malinconia nella consapevolezza di una vita inutilmente spesa, nella sua stanchezza di vecchio e nel suo desiderio di morte. Ruggero, tratto dall'inganno dell'Ippogrifo nell'alto dei cieli, viene raffigurato in una situazione che riprende quella dell'antico Ganimede ("Ciò che già inteso avea di Ganimede",47): il che conferma, da parte dell'Ariosto, l'uso della mitologia in maniera così familiare e discorsiva che simili esempi assumono un'evidenza rappresentativa quale potrebbe essere del mondo reale, se pure con un tocco in più di incanto e di rapimento.

Con la fuga agevole, fluida dell'Ippogrifo ("e per l'aria ne va come legno unto",50) si ritorna alla poesia del movimento e del mutamento, sì che appare naturale poi il passaggio alle altre avventure di Rinaldo nella selva Calidonia, famosa per le imprese dei cavalieri della Tavola Rotonda. Ivi il paladino, non solo indulge, in una badìa, alle gioie del cibo, ma anche pensa ad imprese tali che i monaci non stimano conveniente si compiano in quei boschi ove "i fatti ancor son foschi" (56), bensì presso la corte, ove il cavaliere potrà conseguire vera fama difendendo Ginevra accusata da Lucranio.

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