Confronto Ariosto e Tasso: differenze e analogie

Confronto Ariosto e Tasso: differenze e analogie

Soggiornò a Ferrara dove conobbe nel 1497 Pietro Bembo il quale lo influenzò indirizzandolo verso la poesia volgare

In questo periodo cominciò a frequentare la corte del Duca Ercole I, entrando nella cerchia dei cortigiani stipendiati e per far fronte alle necessità familiari dovette anche accettare cariche ufficiali da parte degli Estensi. Ludovico Ariosto, che operò per tutta la vita nell'ambiente della corte, rappresenta la tipica figura dell'intellettuale cortigiano del Rinascimento, ma al tempo stesso nei confronti di tale ambiente è mosso da sentimenti ambivalenti, cioè un rapporto di amore-odio verso la corte.

Di "amore" perché, anch'egli, in quanto intellettuale di origine nobiliare, faceva parte di quegli ambienti e poi perché sperava di ottenere buoni incarichi e riconoscimenti letterari; di "odio" perché si sentiva strumentalizzato, non valorizzato come intellettuale ma solo come diplomatico e inoltre essendo obbligato a lodare il suo signore dentro di sé era geloso della propria indipendenza, poiché il Rinascimento proponeva una nuova immagine dell'uomo che si fonda sulla sua autonomia.

A una visione di tipo "teocentrico", che considera il destino dell'uomo come unicamente realizzabile nella vita ultraterrena,

si sostituisce una visione "antropocentrica", che colloca al centro dell'universo la persona umana, in grado di controllare le forze della natura e di costruire da sé il proprio destino. La corte, nel 500, non costituisce solo il centro della vita politica, ma anche dell'attività culturale infatti al suo interno nasce la figura dell'intellettuale cortigiano inserito organicamente con precisi compiti e funzioni. Egli vive alle dipendenze del principe dandogli lustro e prestigio e celebrando la sua figura. Le opere contengono abitualmente una "dedica", al principe, ponendosi così sotto la protezione del potere.

L'epoca di Tasso. Tasso nacque a Sorrento l'11 marzo 1544. Nel 1557 si trasferì alla corte dei della Rovere ad Urbino, dove venne a contatto con quell'ambiente cortigiano che era destinato ad occupare un posto determinante nella sua vita. Ad essa è legato materialmente e intellettualmente: da un lato, dal favore dei principi, dipende per la sua esistenza materiale; dall'altro lato egli ritiene che solo nella corte possa essere consacrata la fama del grande poeta e che solo in essa si trovi il pubblico capace di intendere e apprezzare la sua poesia.

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A differenza di Ariosto, che affermava che la sua realizzazione umana dovesse avvenire fuori da essa, Tasso afferma invece che non c'è nessun altro luogo dove il poeta si possa realizzare se non la corte. Tuttavia egli è lacerato da profonde contraddizioni in quanto celebra la corte, ma allo stesso tempo ne è respinto come da un ambiente falso e dominato dall'ipocrisia.

 

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