[66]Tigrim Hyrcani et Indi ferunt, animal velocitatis tremendae et maxime cognitae, dum capitur totus eius fetus, qui semper numerosus est ab insidiante rapitur equo quam maxime pernici atque in recentes subinde transfertur at ubi vacuum cubile reperit feta maribus enim subolis cura non est , fertur praeceps odore vestigans raptor adpropinquante fremitu abicit unum ex catulis; tollit illa morsu et pondere etiam ocior acta remeat iterumque consequitur ac subinde, donec in navem regresso inrita feritas saevit in litore [67]Camelos inter armenta pascit oriens, quarum duo genera, Bactriae et Arabiae; differunt, quod illae bina habent tubera in dorso, hae singula et sub pectore alterum, cui incumbant dentium superiore ordine, ut boves, carent in utroque genere |
[66] Gli Ircani e gli Indi presentano la tigre, un animale di terribile velocità e conosciuta soprattutto, quando è catturata tutta la sua cucciolata, che è sempre numerosa E' portata via su un cavallo il più veloce possibile da chi l'insidia e poi è traferita su quelli più freschi Ma quando lei che ha partorito trova la tana vuota-infatti per i maschi non c'è la cura della prole-, si lancia a precipizio indagando con l'odore Il rapitore mentre lei si avvicina con rabbia getta uno dei cuccioli; quella lo afferra con i denti e resa ancora più veloce dal carico lo riporta e di nuovo insegue e così ancora, finchè tornato sulla nave l'inutile ferocia si sfoga sulla riva [67] Fra le mandrie l'oriente nutre i cammelli, di due specie, della Battria e dell'Arabia; differiscono, poiché quelli hanno due gobbe sulla groppa, questi una e un'altra sotto il petto, su cui riposano Come i buoi, sono privi della parte superiore dei denti in entrambe le specie |
omnes autem iumentorum ministeriis dorso funguntur atque etiam equitatus in proeliis [68]velocitas ut equo, sed sua cuique mensura sicuti vires nec ultra adsuetum procedit spatium nec plus instituto onere recipit odium adversus equos gerunt naturale sitim et quadriduo tolerant inplenturque, cum bibendi occasio est, et in praeteritum et in futurum, obturbata proculcatione prius aqua: aliter potu non gaudent vivunt quinquagenis annis, quaedam et centenis utrimque rabiem et ipsae sentiunt castrandi genus etiam feminas, quae bello praeparentur, inventum est: fortiores ita fiunt coitu negato [69]Harum aliqua similitudo in duo transfertur animalia |
Tutti poi adempiono col dorso ai compiti dei giumenti ed anche della cavalleria nelle battaglie [68] La velocità come per il cavallo, ma a ciascuno la sua misura come le forze Non procede oltre il consueto percorso e non accetta più carico di quello solito Nutrono un odio innato verso i cavalli Sopportano la sete anche per quattro giorni e si riempiono, quando c'è possibilità di bere, sia per il passato sia per il futuro, essendo stata prima l'acqua intorbidata col calpestio: altrimenti non godono nel bere Vivono per una cinquantina di anni, alcuni anche cento Da entrambe la parti anch'essi provano rabbia Si è trovato il modo di castrare anche le femmine, che sono addestrate per la guerra: così diventano più forti per l'accoppiamento negato [69] Una certa somiglianza di questi è riscontrata in due animali |
nabun Aethiopes vocant collo similem equo, pedibus et cruribus bovi, camelo capite, albis maculis rutilum colorem distinguentibus, unde appellata camelopardalis, dictatoris Caesaris circensibus ludis primum visa Romae ex eo subinde cernitur, aspectu magis quam feritate conspicua, quare etiam ovis ferae nomen invenit [70]Pompei Magni primum ludi ostenderunt chama, quem Galli rufium vocabant, effigie lupi, pardorum maculis iidem ex Aethiopia quas vocant κήπους, quarum pedes posteriores pedibus humanis et cruribus, priores manibus fuere similes hoc animal postea Roma non vidit [71]Isdem ludis et rhinoceros unius in nare cornus, qualis saepe, visus alter hic genitus hostis elephanto cornu ad saxa limato praeparat se pugnae, in dimicatione alvum maxime petens, quam scit esse molliorem |
(quello che) gli Etiopi chiamano nabo simile nel collo al cavallo, al bue nelle zampe e negli zoccoli al cammello nella testa, con macchie chiare che evidenziano un colore rosso, da cui chiamato camelopardo, visto per la prima volta a Roma nei giochi circensi del dittatore Cesare Da allora viene visto spesso, notevole per l'aspetto più che per la ferocia, perciò subentra anche il nome di pecora selvatica [70] I giochi di Pompeo Magno mostrarono per la prima volta il cama, che i Galli chiamano rufio, con l'aspetto di un lupo, con le macchie dei leopardi Gli stessi (giochi mostrarono) dall'Etiopia quelli che chiamano cepi, le cui zampe posteriori furono simili a piedi e gambe umane, le anteriori alle mani Questo animale non appare più poi a Roma [71] Negli stessi giochi visto anche il rinoceronte dall'unico corno sul naso, come spesso (hanno) Questo, altro nemico generato per l'elefante si prepara alla lotta col corno affilato sui sassi, colpendo nel combattimento soprattutto il ventre, che sa essere più molle |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 35, Paragrafi 154-202
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 35, Paragrafi 154-202
longitudo ei par, crura multo breviora, color buxeus [72]Lyncas vulgo frequentes et sphingas, fusco pilo, mammis in pectore geminis, Aethiopia generat multaque alia monstris similia, pinnatos equos et cornibus armatos, quos pegasos vocant, crocotas velut ex cane lupoque conceptos, omnia dentibus frangentes protinusque devorata conficientes ventre, cercopithecos nigris capitibus, pilo asini et dissimiles ceteris voce, Indicos boves unicornes tricornesque, leucrocotam, pernicissimam feram asini feri magnitudine, clunibus cervinis, collo, cauda, pectore leonis, capite melium, bisulca ungula, ore ad aures usque rescisso, dentium locis osse perpetuo [73] (hanc feram humanas voces tradunt imitari |
Uguale a quello la lunghezza, di molto più corte le zampe, il colore come il bosso [72] L'Etiopia produce generalmente numerose linci e sfingi, dal pelo scuro, con due mammelle sul petto, e molti altri simili a mostri, cavalli con ali e armati di corna, che chiamano pegasi, i crocoti concepiti come da una cagna e un lupo, che con i denti spezzano tutto e che dissolvono subito col ventre le cose inghiottite, i cercopitechi con le teste nere, col pelame dell'asino e dissimili nel verso dagli altri, i buoi Indiani unicorni e tricorni, il leucrocota, velocissima bestia con la grandezza di un asino selvatico, con i posteriori del cervo, con il collo, la coda, il petto del leone, la testa dei tassi, gli zoccoli divisi in due, la bocca aperta fino alle orecchie, con un osso continuo al posto dei denti- [73] (dicono che questo animale imiti le voci umane |
apud eosdem et quae vocatur eale, magnitudine equi fluviatilis, cauda elephanti, colore nigra vel fulva, maxillis apri, maiora cubitalibus cornua habens mobilia, quae alterna in pugna sistit variatque infesta aut obliqua, utcumque ratio monstravit), [74]sed atrocissimos tauros silvestres, maiores agrestibus, velocitate ante omnes, colore fulvos, oculis caeruleis, pilo in contrarium verso, rictu ad aures dehiscente iuxta cornua mobilia tergori duritia silicis, omne respuens vulnus feras omnes venantur, ipsi non aliter quam foveis capti feritate semper intereunt |
Presso gli stessi anche quello che è chiamato eale, con la grandezza dell'ippopotamo, la coda dell'elefante, di colore nero o fulvo, con le mascelle del cinghiale, che ha le corna mobili più grandi dei cubiti, che muove alterne in battaglia e cambia per diritto o per obliquo, come la tattica ha suggerito)-, [74] ma ferocissimi i tori selvatici, più grandi dei domestici, davanti a tutti per velocità, fulvi di colore, con occhi cerulei, il pelo volto al contrario, con la bocca che si apre verso le orecchie vicino alle corna mobili La durezza della selce sulla spalla, che respinge ogni ferita Cacciano tutti gli animali, gli stessi catturati non diversamente che con fosse muoiono sempre per l'indole selvaggia |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 19, Paragrafi 11-50
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 19, Paragrafi 11-50
[75]apud eosdem nasci Ctesias scribit quam mantichoran appellat, triplici dentium ordine pectinatim coeuntium, facie et auriculis hominis, oculis glaucis, colore sanguineo, corpore leonis, cauda scorpionis modo spicula infigentem, vocis ut si misceatur fistulae et tubae concentus, velocitatis magnae, humani corporis vel praecipue adpetentem [76]in India et boves solidis ungulis, unicornes, et feram nomine axin hinnulei pelle pluribus candidioribusque maculis, sacrorum Liberi patris (Orsaei Indi simias candentes toto corpore venantur) , asperrimam autem feram monocerotem, reliquo corpore equo similem, capite cervo, pedibus elephanto, cauda apro, mugitu gravi, uno cornu nigro media fronte cubitorum duum eminente hanc feram vivam negant capi |
[75] Ctesia scrive che presso gli stessi nasce quello che chiamano manticora, con una triplice ordine di denti che si uniscono a pettine, con il muso e le orecchie di uomo, occhi glauchi, colore sanguigno, corpo del leone, coda che ingigge punte al modo dello scorpione, con versi come se unisca i suoni di una zampogna e di una tromba, di grande velocità, che desidera particolarmente carne umana [76] In India anche i buoi unicorni con zoccoli interi, e una bestia di nome assi con la pelle di un capriolo con più macchie e più bianche, delle vittime del padre Libero-(gli Indi Orsei cacciano scimmie bianche in tutto il corpo)-, poi la ferocissima fiera monocerote, simile al cavallo nel resto del corpo, la testa al cervo, le zampe all'elefante, la coda al cinghiale, con un muggito profondo, un corno nero inmezzo alla fronte che sporge di due cubiti Negano che questo animale sia catturato vivo |
[77]Apud Hesperios Aethiopas fons est Nigris, ut plerique existimavere, Nili caput, ut argumenta quae diximus persuadent iuxta hunc fera appellatur catoblepas, modica alioqui ceterisque membris iners, caput tantum praegrave aegre ferens id deiectum semper in terram , alias internicio humani generis, omnibus, qui oculos eius videre, confestim expirantibus [78]Eadem et basilisci serpentis est vis Cyrenaica hunc generat provincia, duodecim non amplius digitorum magnitudine, candida in capite macula ut quodam diademate insignem sibilo omnes fugat serpentes nec flexu multiplici, ut reliquae, corpus inpellit, sed celsus et erectus in medio incedens necat frutices, non contactos modo, verum et adflatos, exurit herbas, rumpit saxa: talis vis malo est |
[77] Presso gli Etiopi Occidentali c'è la fonte Nigris, come ritennero i più, sorgente del Nilo, come affermano le considerazioni che abbiamo detto Qui vicino una bestia è chiamata catoblepa, generalmente piccola e inerte con le altre membra, che muove a fatica solo la testa molto pesante-questa sempre rivolta a terra-, diversamente con strage del genere umano, poiché subito muoiono tutti quelli che hanno fissato i suoi occhi [78] Lo stesso potere è del serpente basilisco La provincia Cirenaica lo produce, non più di dodici dita di grandezza, particolare per una macchia bianca sul capo come una specie di diadema Mette in fuga tutti i serpenti col sibilo e il corpo non procede con molteplici incurvature, come gli altri, ma alzato e ritto incedendo sulla parte mediana Distrugge le piante, non solo toccate, ma anche alitate, brucia le erbe, rompe i sassi: tale è il potere per il danno |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 18, Paragrafi 291-352
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 18, Paragrafi 291-352
creditum quondam ex equo occisum hasta et per eam subeunte vi non equitem modo, sed equum quoque absumptum [79]Atque huic tali monstro saepe enim enectum concupivere reges videre mustellarum virus exitio est: adeo naturae nihil placuit esse sine pare inferciunt has cavernis facile cognitis soli tabe necant illae simul odore moriunturque, et naturae pugna conficitur [80]Sed in Italia quoque creditur luporum visus esse noxius vocemque homini, quem priores contemplentur, adimere ad praesens inertes hos parvosque Africa et Aegyptus gignunt, asperos trucesque frigidior plaga homines in lupos verti rursusque restitui sibi falsum esse confidenter existimare debemus aut credere omnia quae fabulosa tot saeculis conperimus unde tamen ista vulgo infixa sit fama in tantum, ut in maledictis versipelles habeat, indicabitur |
Un tempo la credenza che uno fu ucciso da un uomo a cavallo con una lancia e con il potere che risaliva attraverso essa fu distrutto non solo il cavaliere, ma anche il cavallo [79] Eppure per questo tale mostro -infatti spesso i re desiderarono vederlo da morto- il veleno delle donnole è mortale: tanto piacque alla natura che nulla fosse senza parità Le mettono nelle caverne riconosciute facilmente dal marciume del suolo Quelle uccidono e contemporaneamente muoiono per l'odore, e la lotta della natura è compiuta [80] Ma anche in Italia si crede che la vista dei lupi sia pericolosa e che la voce se ne vada temporaneamente all'uomo, che per primi guardano L'Africa e l'Egitto li generano piccoli e inerti, la zona più fredda feroci ed aggressivi Dobbiamo ritenere assolutamente essere falso che gli uomini si mutino in lupi e di nuovo essere restituiti a sé o accettare tutte le favole che abbiamo trovato in tanti secoli Tuttavia però sarà spiegata come questa credenza sia tanto diffusa nel popolo, che ritiene i cambiapelle fra le maledizioni |
[81]Euanthes, inter auctores Graeciae non spretus, scribit Arcadas tradere ex gente Anthi cuiusdam sorte familiae lectum ad stagnum quoddam regionis eius duci vestituque in quercu suspenso tranare atque abire in deserta transfigurarique in lupum et cum ceteris eiusdem generis congregari per annos VIIII quo in tempore si homine se abstinuerit, reverti ad idem stagnum et, cum tranaverit, effigiem recipere, ad pristinum habitum addito novem annorum senio id quoque adicit, eandem recipere vestem [82]mirum est quo procedat Graeca credulitas nullum tam inpudens mendacium est, ut teste careat |
[81] Evante, non ignorato fra gli autori della Grecia, scrive che gli Arcadi tramandano che dalla stirpe di un certo Anto uno scelto a sorte dalla famiglia è condotto ad un certo stagno della sua regione e appeso l'abito a una quercia nuotare ed andare nei luoghi deserti e trasformarsi in lupo e unirsi con altri di tal genere per nove anni In questo periodo se si sarà astenuto dall'uomo, tornare al medesimo stagno e, dopo che avrà nuotato, riprendere l'aspetto, avuto rispetto al primitivo con l'età aggiunta di nove anni Si aggiunge anche questo, che riprende lo stesso abito [82] E' strano dove arrivi la credulità greca Nessuna falsità è tanto ingannevole, che manchi di una prova |
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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia: Libro 33, Paragrafi 102-122
Latino: dall'autore Plinio il Vecchio, opera Naturalis Historia parte Libro 33, Paragrafi 102-122
ita, qui Olympionicas scripsit, narrat Demaenetum Parrhasium in sacrificio, quod Arcades Iovi Lycaeo humana etiamtum hostia faciebant, immolati pueri exta degustasse et in lupum se convertisse, eundem X anno restitutum athleticae se exercuisse in pugilatu victoremque Olympia reversum [83]quin et caudae huius animalis creditur vulgo inesse amatorium virus exiguo in villo eumque, cum capiatur, abici nec idem pollere nisi viventi dereptum dies, quibus coeat, toto anno non amplius duodecim eundem in fame vesci terra; inter auguria ad dexteram commeantium praeciso itinere si pleno id ore fecerit, nullum ominum praestantius [84]sunt in eo genere qui cervari vocantur, qualem e Gallia in Pompei Magni harena spectatum diximus huic quamvis in fame mandenti, si respexerit, oblivionem cibi subrepere aiunt digressumque quaerere aliud |
Così chi scrisse le Olimpioniche, narra che Demeneto Parrasio durante un rito sacro, poiché gli Arcadi sacrificavano ancora vittime umane a Giove Liceo, mangiò le viscere di un fanciullo immolato e si mutò in lupo, che lo stesso restituito nel decimo anno si esercitò nel pugilato e risultò vincitore ad Olimpia [83] Inoltre il popolo crede che ci sia un potere amatorio nel piccolo pelo della coda di questo animale e che esso, quando è catturato, viene gettato e non ha potere se non strappato a quello quando è vivo In tutto l'anno non più di dodici i giorni, in cui si accoppia Che lo stesso nella fame si nutre di terra; tra i segni augurali, tagliata la strada dei viandanti a destra, se l'avrà fatto con la bocca piena, nessun presagio più favorevole [84] In questa specie ci sono quelli che sono chiamati cervieri, come quello dalla Gallia che abbiamo detto visto nel circo di Pompeo Magno A questo sebbene sia sofferente per la fame, se si sarà girato, dicono che subentra la dimenticanza del cibo e allontanatosi cerca altro |