[LXI] Postquam ergo omnes bonam mentem bonamque valitudinem sibi optarunt, Trimalchio ad Nicerotem respexit et: 'Solebas, inquit, suavius esse in convictu; nescio quid nunc taces nec muttis Oro te, sic felicem me videas, narra illud quod tibi usu venit' Niceros delectatus affabilitate amici: 'Omne me, inquit, lucrum transeat, nisi iam dudum gaudimonio dissilio, quod te talem video Itaque hilaria mera sint, etsi timeo istos scolasticos ne me rideant Viderint: narrabo tamen, quid enim mihi aufert, qui ridet satius est rideri quam derideri' Haec ubi dicta dedit talem fabulam exorsus est:'Cum adhuc servirem, habitabamus in vico angusto; nunc Gavillae domus est Ibi, quomodo dii volunt, amare coepi uxorem Terentii coponis: noveratis Melissam Tarentinam, pulcherrimum bacciballum |
61 E dopo che tutti si sono scambiati l'augurio di stare bene nell'anima e nel corpo, Trimalcione si gira verso Nicerote e gli fa: Certo che una volta tu a tavola eri ben più allegro: non capisco perché ora te ne stai lì zitto e non fiati Ma ti prego, se vuoi farmi contento, raccontami l'avventura che ti è capitata E Nicerote, compiaciuto per il cortese invito dell'amico, esclama: Possa io non guadagnare più il becco di un quattrino, se già non faccio salti di gioia a vederti tanto in forma Viva dunque l'allegria, anche se ho paura che questi letterati mi ridano dietro Vedano un po' loro, io tanto la racconto lo stesso e poi cosa vuoi che mi tolga chi ride meglio far ridere che essere derisi Dopo aver detto così, incomincia il suo racconto:Quando ero ancora schiavo, abitavamo in Vico Stretto, dove oggi c'è la casa di Gavilla Lì, dài che ti dài, attacco a farmela con la moglie di Terenzio, l'oste; magari l'avete anche conosciuta, Melissa, la Tarentina, quel gran pezzo di donna |
Sed ego non mehercules corporaliter aut propter res venerias curavi, sed magis quod benemoria fuit Si quid ab illa petii, nunquam mihi negatum; fecit assem, semissem habui; in illius sinum demandavi, nec unquam fefellitus sum Huius contubernalis ad villam supremum diem obiit Itaque per scutum per ocream egi aginavi, quemadmodum ad illam pervenirem: nam, ut aiunt, in angustiis amici apparent [LXII] 'Forte dominus Capuae exierat ad scruta scita expedienda Nactus ego occasionem persuadeo hospitem nostrum, ut mecum ad quintum miliarium veniat Erat autem miles, fortis tanquam Orcus Apoculamus nos circa gallicinia; luna lucebat tanquam meridie Venimus inter monimenta: homo meus coepit ad stelas facere; sedeo ego cantabundus et stelas numero |
Io però non ci avevo messo gli occhi sopra perché era una maggiorata o per sbattermela, ma piuttosto perché aveva un cuore grande così Qualunque cosa le chiedevo, lei me lo dava: se racimolava un soldo, la metà finiva a me; quanto al sottoscritto, quello che avevo lo passavo nelle sue tasche e non ci ho mai preso delle fregature Un giorno, mentre se ne stava in campagna, il suo ganzo tira le cuoia Allora io, facendo il boia e l'impiccato, cerco con ogni mezzo di raggiungerla, perché - così si dice - gli amici li si vede nel bisogno 62 Il caso volle che il mio padrone se ne fosse andato a Capua a vendere il fior fiore del suo ciarpame E così, cogliendo la palla al balzo, convinco un nostro ospite ad accompagnarmi fino al quinto miglio Mica per altro: era un soldato e per giunta forte come un demonio Alziamo le chiappe al primo canto del gallo e con una luna così chiara che sembrava di essere di giorno Finimmo dentro un cimitero: il mio socio si avvicina a una lapide e si mette a pisciare, mentre io attacco a contare le lapidi fischiettando |
Deinde ut respexi ad comitem, ille exuit se et omnia vestimenta secundum viam posuit Mihi anima in naso esse; stabam tanquam mortuus At ille circumminxit vestimenta sua, et subito lupus factus est Nolite me iocari putare; ut mentiar, nullius patrimonium tanti facio Sed, quod coeperam dicere, postquam lupus factus est, ululare coepit et in silvas fugit Ego primitus nesciebam ubi essem; deinde accessi, ut vestimenta eius tollerem: illa autem lapidea facta sunt Qui mori timore nisi ego Gladium tamen strinxi et umbras cecidi, donec ad villam amicae meae pervenirem In larvam intravi, paene animam ebullivi, sudor mihi per bifurcum volabat, oculi mortui; vix unquam refectus sum |
A un certo punto, mi giro verso il tipo e vedo che si sta togliendo i vestiti di dosso e butta la sua roba sul ciglio della strada A me mi va il cuore in gola e resto lì a fissarlo che per poco ci resto stecchito Ed ecco che quello si mette a pisciare tutto intorno ai vestiti e di colpo si trasforma in lupo Non pensate che stia scherzando: non mentirei nemmeno per tutto l'oro del mondo Ma, come stavo dicendo, appena trasformato in lupo, attacca a ululare e poi si va a imboscare nella macchia Sulle prime io non sapevo più nemmeno dov'ero: poi mi avvicino ai suoi vestiti per raccoglierli, ma quelli erano diventati di pietra Chi più di me avrebbe dovuto morire dalla paura Ciò nonostante sguaino la spada e, menando colpi alle ombre, tra uno scongiuro e l'altro, arrivo fino alla casa della mia amica Entro che sembro un cadavere, senza più fiato, con il sudore che mi scorre tra le gambe e gli occhi spenti; tanto che per riprendermi ci metto un bel po' |
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Melissa mea mirari coepit, quod tam sero ambularem, et: 'Si ante, inquit, venisses, saltem nobis adiutasses; lupus enim villam intravit et omnia pecora tanquam lanius sanguinem illis misit Nec tamen derisit, etiamsi fugit; senius enim noster lancea collum eius traiecit' Haec ut audivi, operire oculos amplius non potui, sed luce clara Gai nostri domum fugi tanquam copo compilatus; et postquam veni in illum locum, in quo lapidea vestimenta erant facta, nihil inveni nisi sanguinem Ut vero domum veni, iacebat miles meus in lecto tanquam bovis, et collum illius medicus curabat Intellexi illum versipellem esse, nec postea cum illo panem gustare potui, non si me occidisses Viderint quid de hoc alii exopinissent; ego si mentior, genios vestros iratos habeam' |
La mia Melissa, stupita di vedermi in giro a quell'ora della notte, mi fa: 'Se solo fossi arrivato un po' prima, almeno ci avresti dato una mano: un lupo è entrato nel recinto e ci ha massacrato tutte le pecore come un macellaio Comunque, anche se è riuscito a scappare, non ha da stare allegro, perché un nostro servo gli ha trapassato il collo con la lancia' Dopo aver sentito questa storia, non riesco a chiudere occhio per tutta la notte, ma alle prime luci dell'alba me la filo a casa del nostro Gaio, nemmeno fossi un oste appena ripulito; e quando passo davanti al punto in cui i vestiti del mio compare erano diventati di pietra, ci trovo soltanto una pozza di sangue Quando arrivo a casa, il soldato è lì sbracato sul letto come un bue, con al capezzale un medico impegnato a curargli il collo Allora mi rendo conto che è un lupo mannaro e da quel giorno non ho più mangiato con lui manco un tozzo di pane, nemmeno a costo della vita Liberi voi di pensare quello che volete, ma se vi racconto una frottola, mi stramaledicano i vostri numi tutelari |
[LXIII] Attonitis admiratione universis: 'Salvo, inquit, tuo sermone, Trimalchio, si qua fides est, ut mihi pili inhorruerunt, quia scio Niceronem nihil nugarum narrare: immo certus est et minime linguosus Nam et ipse vobis rem horribilem narrabo Asinus in tegulis 'Cum adhuc capillatus essem, nam a puero vitam Chiam gessi, ipsimi nostri delicatus decessit, mehercules margaritum, sacritus et omnium numerum Cum ergo illum mater misella plangeret et nos tum plures in tristimonio essemus, subito stridere strigae coeperunt; putares canem leporem persequi Habebamus tunc hominem Cappadocem, longum, valde audaculum et qui valebat: poterat bovem iratum tollere |
63 Rimaniamo tutti a bocca aperta; Ci credo sì commenta Trimalcione a questa storia - se c'è ancora qualcosa in cui credere - e ho tutti i peli dritti perché so benissimo che Nicerone frottole non ne racconta, anzi è un tipo serio che non ama le chiacchiere Ma una storia incredibile ve la voglio raccontare anch'io Un po' come quella dell'asino che vola Quando avevo ancora una testa di capelli così, che da ragazzo io facevo la bella vita, muore il bambino del mio padrone, un ragazzino affettuoso, per dio una perla come non ce ne sono Mentre quella poveraccia della madre lo stava piangendo e noi eravamo in moltissimi lì intorno a vegliarlo, ecco che all'improvviso sentiamo urlare le streghe; era come un cane che insegue una lepre C'era con noi uno della Cappadocia, uno spilungone, tutto muscoli e niente paura, e così forte che riusciva a sollevarti un toro imbestialito |
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Hic audacter stricto gladio extra ostium procucurrit, involuta sinistra manu curiose, et mulierem tanquam hoc loco -- salvum sit, quod tango -- mediam traiecit Audimus gemitum, et -- plane non mentiar -- ipsas non vidimus Baro autem noster introversus se proiecit in lectum, et corpus totum lividum habebat quasi flagellis caesus, quia scilicet illum tetigerat mala manus Nos cluso ostio redimus iterum ad officium, sed dum mater amplexaret corpus filii sui, tangit et videt manuciolum de stramentis factum Non cor habebat, non intestina, non quicquam: scilicet iam puerum strigae involaverant et supposuerant stramenticium vavatonem Rogo vos, oportet credatis, sunt mulieres plussciae, sunt Nocturnae, et quod sursum est, deorsum faciunt |
Questo qui, allora, impugnata coraggiosamente la spada e proteggendosi con cura la mano sinistra con la veste, si precipita fuori della porta e infilza per bene una di quelle donne, proprio qui nel nel mezzo, che dio me lo conservi Noi sentiamo un gemito, ma - non è una bugia, ve lo giuro - delle streghe nemmeno la traccia Ma appena rientra dentro, il nostro marcantonio si va ad accasciare sul letto col corpo pieno di lividi, come se lo avessero preso a frustate, perché evidentemente lo aveva toccato una mano stregata Sprangata la porta, noi ce ne torniamo alla nostra veglia, ma quando la madre fa per abbracciare il corpicino del figlio, mette avanti le mani e trova soltanto un fantoccio di paglia Niente più cuore, niente più intestino, niente di niente: era chiaro che le streghe si erano portate via il bambino e al suo posto avevano messo quel fantoccio di paglia Vi prego, mi dovete credere: esistono realmente queste donne che ne sanno una più del diavolo, queste creature della notte che sconvolgono ogni cosa |
Ceterum baro ille longus post hoc factum nunquam coloris sui fuit, immo post paucos dies freneticus periit' [LXIV] Miramur nos et pariter credimus, osculatique mensam rogamus Nocturnas, ut suis se teneant, dum redimus a cena Et sane iam lucernae mihi plures videbantur ardere totumque triclinium esse mutatum, cum Trimalchio: 'Tibi dico, inquit, Plocame, nihil narras nihil nos delectaris Et solebas suavius esse, canturire belle deverbia, adicere melicam Heu, heu, abistis dulces caricae -- Iam, inquit ille, quadrigae meae decucurrerunt, ex quo podagricus factus sum Alioquin cum essem adulescentulus, cantando paene tisicus factus sum Quid saltare quid deverbia quid tonstrinum Quando parem habui nisi unum Apelletem Appositaque ad os manu, nescio quid taetrum exsibilavit quod postea Graecum esse affirmabat |
Del resto quel pezzo di spilungone, dopo il fattaccio, non ha più ripreso il suo colorito e, tempo pochi giorni, è morto pazzo da legare 64 Noi rimaniamo senza fiato come se fossimo convinti e, baciando la tavola, imploriamo le creature della notte di restare nelle loro dimore, quando di lì a poco ce ne saremmo tornati dalla cena A dir la verità io iniziavo a vedere le lampade doppie e mi sembrava che tutta la sala fosse mutata, quando Trimalcione esclama: Plocamo, dico a te, possibile che tu non ci racconti nulla Non vuoi proprio farci divertire E dire che un tempo eri più simpatico, canticchiavi dei motivetti ch'era un piacere e anche quelle canzoncine d'amore Ahimè, bei giorni che furono Ormai fa quello, sono arrivato al traguardo; adesso ho la gotta E pensare che quando ero giovane, a forza di cantare quasi mi prendo la tisi E ballare E recitare E fare il barbiere Ma quando mai c'è stato uno del mio livello, tolto Apellete E accostata una mano alla bocca, ne cava fuori non so quale spernacchiata che ci spaccia per musica greca |
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Nec non Trimalchio ipse cum tubicines esset imitatus, ad delicias suas respexit, quem Croesum appellabat Puer autem lippus, sordidissimis dentibus, catellam nigram atque indecenter pinguem prasina involuebat fascia, panemque semissem ponebat supra torum, ac nausia recusantem saginabat Quo admonitus officio Trimalchio Scylacem iussit adduci 'praesidium domus familiaeque' Nec mora, ingentis formae adductus est canis catena vinctus, admonitusque ostiarii calce ut cubaret, ante mensam se posuit Tum Trimalchio iactans candidum panem: 'Nemo, inquit, in domo mea me plus amat' Indignatus puer, quod Scylacem tam effuse laudaret, catellam in terram deposuit hortatusque est ut ad rixam properaret |
Ovviamente anche Trimalcione, per non essere da meno, si mette a imitare quelli che suonano la tromba, poi si gira a guardare il suo tesoro, un ragazzino tutto cisposo e coi denti cariati che lui chiamava Creso Quest'ultimo, alle prese con una cagnetta nera, grassa da far schifo, che cercava di avvolgere in una fascia verde pisello, aveva piazzato sul letto una pagnotta da mezza libbra e tentava di ingozzarla a tutti i costi, anche se la bestia si tirava indietro per la nausea Di fronte a quello spettacolo, Trimalcione ordina che gli venga portato Cucciolone, guardiano della casa e della famiglia Un attimo dopo viene fatto entrare un cane enorme, con tanto di catena al collo, che, non appena il portinaio gli tira un calcio ordinandogli di fare la cuccia, si va a piazzare davanti alla tavola E allora Trimalcione, allungandogli un pezzo di pane bianco, dichiara: Non c'è nessuno in casa mia che mi ami di più Ma il ragazzino, indispettito da quel complimento tanto smaccato a Cucciolone, mette a terra la cagnetta e la aizza alla rissa |
Scylax, canino scilicet usus ingenio, taeterrimo latratu triclinium implevit Margaritamque Croesi paene laceravit Nec intra rixam tumultus constitit, sed candelabrum etiam supra mensam eversum et vasa omnia crystallina comminuit, et oleo ferventi aliquot convivas respersit Trimalchio, ne videretur iactura motus, basiavit puerum ac iussit supra dorsum ascendere suum Non moratus ille usus est equo, manuque plena scapulas eius subinde verberavit, interque risum proclamavit: 'Bucco, bucco, quot sunt hic’ Repressus ergo aliquamdiu Trimalchio camellam grandem iussit misceri potionesque dividi omnibus servis, qui ad pedes sedebant, adiecta exceptione: 'Si quis, inquit, noluerit accipere, caput illi perfunde Interdiu severa, nunc hilaria' [LXV] Hanc humanitatem insecutae sunt matteae, quarum etiam recordatio me, si qua est dicenti fides, offendit |
E Cucciolone, da vero cane qual era, riempie la sala di orrendi latrati e per poco non fa a pezzi la perla di Creso Ma il gran bailamme non si esaurisce nella zuffa, perché un candelabro, rovesciandosi sulla tavola, manda in mille pezzi tutti i vasi di cristallo, schizzando di olio bollente parecchi commensali Trimalcione, per far vedere che quel disastro non gli faceva né caldo né freddo, bacia il ragazzino e se lo fa salire sulle spalle Quello non se lo fa ripetere due volte: gli si mette a cavalcioni e gli assesta delle gran pacche a mano aperta sulla schiena, strillando tra una risata e l'altra: Indovina indovinello quante sono queste qua Dopo essersi finalmente sfogato, Trimalcione ordina di preparare un gavettone per dare da bere ai servi seduti ai nostri piedi, ma a una condizione: Se qualcuno non gli va, rovesciateglielo in testa di giorno serietà, ma adesso allegria 65 Dopo questo slancio di bontà arrivano delle altre leccornie, che, vi giuro, mi viene la nausea soltanto a ripensarci |
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Singulae enim gallinae altiles pro turdis circumlatae sunt et ova anserina pilleata, quae ut comessemus, ambitiosissime a nobis Trimalchio petiit dicens exossatas esse gallinas Inter haec triclinii valvas lictor percussit, amictusque veste alba cum ingenti frequentia comissator intravit Ego maiestate conterritus praetorem putabam venisse Itaque temptavi assurgere et nudos pedes in terram deferre Risit hanc trepidationem Agamemnon et: 'Contine te, inquit, homo stultissime Habinnas sevir est idemque lapidarius, qui videtur monumenta optime facere' Recreatus hoc sermone reposui cubitum, Habinnamque intrantem cum admiratione ingenti spectabam |
A ciascuno degli invitati, invece dei tordi, portano una gallina d'allevamento, e uova di papera incappucciate, che Trimalcione fa di tutto per costringerci ad assaggiare, dicendo che erano galline disossate Proprio in quel frangente un littore bussa alla porta della sala ed ecco entrare un nuovo commensale in tunica bianca e con al seguito un gran numero di persone Impressionato da una simile maestà, io pensavo fosse arrivato il pretore e così faccio per alzarmi, nonostante fossi a piedi nudi Di fronte a questa mia agitazione Agamennone scoppia a ridere e dice: Ma sta' tranquillo, scemo soltanto il seviro Abinna, che è anche marmista e pare faccia delle bellissime lapidi Tranquillizzato da questo suo intervento, torno a distendermi e mi godo con enorme curiosità l'ingresso di Abinna |