Livio, Ab urbe condita: Libro 24; 41-49, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 24; 41-49

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 24; 41-49
(45) in ea castra Dasius Altinius Arpinus clam nocte cum tribus seruis uenit promittens, si sibi praemio foret, se Arpos proditurum esse

eam rem ad consilium cum rettulisset Fabius, aliis pro transfuga uerberandus necandusque uideri ancipitis animi communis hostis, qui post Cannensem cladem, tamquam cum fortuna fidem stare oporteret, ad Hannibalem descisset traxissetque ad defectionem Arpos

tum, quia res Romana contra spem uotaque eius uelut resurgere ab stirpibus uideatur, nouam referre proditionem proditis polliceatur

aliunde ipse stet semper, aliunde sentiat, infidus socius, uanus hostis; id ad Faleriorum Pyrrhique proditorem tertium transfugis documentum esset
45 In quell'accampamento di notte venne nascostamente con tre schiavi Dasio Altinio cittadino di Arpi; costui prometteva di consegnare la città di Arpi, se gli fosse stato dato un premio

Come Fabio ebbe riferito la cosa alconsiglio militare, alcuni ritennero che Dasio dovesseessere battuto con le verghe ed ucciso come disertore, essendo di animo ostile sia all'una che all'altra parte; egli, infatti, dopo la battaglia di Canne, come se la fedeltà dovesse seguire il vincitore, era passato dalla parte di Annibale ed aveva trascinato Arpi alla ribellione

Quando poi la fortuna di Roma sembrò rinascere dalle radici contrariamente alle speranze ed ai voti di lui, promise ancor più turpemente di compensare i traditi di un tempo con un nuovo tradimento

Egli stava sempre da una parte in attesa di rivolgere le sue simpatie alla parte contraria; alleato infido, nemico degno di disprezzo, era necessario che rappresentasse per la terza volta un esempio eloquente per i disertori, dopo quelli già offerti dai traditori di Faleri e di Pirro
contra ea consulis pater Fabius temporum oblitos homines in medio ardore belli tamquam in pace libera de quoque arbitria agere aiebat

qui, cum illud potius agendum atque cogitandum sit si quo modo fieri possit ne qui socii a populo Romano desciscant, id non cogitent, documentum autem dicant statui oportere si quis resipiscat et antiquam societatem respiciat

quod si abire ab Romanis liceat, redire ad eos non liceat, cui dubium esse quin breui deserta ab sociis Romana res foederibus Punicis omnia in Italia iuncta uisura sit

se tamen non eum esse qui Altinio fidei quicquam censeat habendum; sed mediam secuturum consilii uiam
Contro queste opinioni Fabio, padre del console, rispose, a sua volta, osservando che gli uomini, dimenticando la situazione contingente, pur in mezzo al furore della guerra si comportavano riguardo a qualunque problema con libertà di giudizio, come se fossero in tempo di pace

Cosicché essi, piuttosto di riflettere e di agire in modo che gli alleati non si staccassero dal popolo romano, affermavano, invece, che bisognava decidersi a dare una punizione esemplare a colui che per caso si ravvedesse e mirasse a riallacciare l'antica alleanza

Se era permesso abbandonare l'amicizia romana e non era, invece, permesso ritornare a quella, v'era forse da dubitare che in breve tempo Roma, abbandonata dai suoi alleati, avrebbe visto tutte le città italiche legate da un patto coi Cartaginesi

Egli, Fabio, non era certo quello che riteneva che si dovesse in qualche modo prestar fede ad Altinio, ma pensava che a questo proposito si potesse seguire una via di mezzo
neque eum pro hoste neque pro socio in praesentia habitum libera custodia haud procul a castris placere in aliqua fida ciuitate (eum) seruari per belli tempus; perpetrato bello tum consultandum utrum prior defectio plus merita sit poenae an hic reditus ueniae

Fabio adsensum est Calenisque legatis traditus et ipse et comites; et auri satis magnum pondus quod secum tum attulerat ei seruari iussum

Calibus eum interdiu solutum custodes sequebantur, nocte clausum adseruabant

Arpis domi primum desiderari quaerique est coeptus; dein fama per totam urbem uolgata tumultum, ut principe amisso, fecit

metuque rerum nouarum extemplo nuntii missi
Per il momento non lo si doveva considerare né un nemico né un alleato; avrebbe dovuto, durante la guerra, essere trattenuto in libertà vigilata in qualche città fedele non lontano dagli accampamenti; finita la guerra, allora, si sarebbe dovuto decidere se fosse più passibile di pena la sua precedente defezione, o fosse più degno di perdono il suo ritorno ai Romani

L'opinione di Fabio ebbe l'approvazione di tutti; Altinio coi suoi compagni fu consegnato agli ambasciatori di Cales, fu poi ordinato di conservare per lui una notevole quantità di oro che aveva portato con sé

A Cales di giorno era libero, benché fosse seguito da guardie; di notte, invece, era tenuto chiuso

In Arpi dapprima i familiari cominciarono a desiderare la sua presenza e a cercarlo; poi per tutta la città si sparse la notizia del suo confino, il che generò un gran tumulto, come se la città stessa avesse perduto un capo

Presi dalla paura di rivolgimenti, i cittadini mandarono dei messi ad Annibale

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Livio, Ab urbe condita: Libro 35; 01 - 05

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 35; 01 - 05

quibus nequaquam offensus Poenus, quia et ipsum ut ambiguae fidei uirum suspectum iam pridem habebat et causam nactus erat tam ditis hominis bona possidendi uendendique; ceterum, ut irae magis quam auaritiae datum crederent homines, crudelitatem quoque auiditati addidit coniugemque eius ac liberos in castra accitos, quaestione prius habita primum de fuga Altini, dein quantum auri argentique domi relictum esset, satis cognitis omnibus uiuos combussit

(46) Fabius ab Suessula profectus Arpos primum institit oppugnare

ubi cum a quingentis fere passibus castra posuisset, contemplatus ex propinquo situm urbis moeniaque, quae pars tutissima moenibus erat, quia maxime neglectam custodia uidit, ea potissimum adgredi statuit
Il Cartaginese non si irritò affatto per questo, poiché egli stesso già da tempo aveva in sospetto quell'uomo per la sua ambigua fedeltà e perché poteva in tal modo cogliere il pretesto per appropriarsi delle sostanze di un uomo così ricco, e per poterle vendere; tuttavia, affinché la gente credesse che egli aveva ceduto più all'ira che alla cupidigia, aggiunse anche la ferocia all'avidità; chiamati negli accampamenti la moglie e i figli di Altinio, dapprima chiese a loro notizie della fuga di Altinio, poi domandò quanto oro ed argento fosse rimasto in casa; quando fu informato di tutto li fece ardere vivi

46 Fabio, partito da Suessula, si accinse dapprima ad assalire Arpi

Come ebbe posto il campo alla distanza di quasi cinquecento passi, dopo aver considerato da vicino la posizione della città e le sue fortificazioni, allorché si accorse che la parte più difesa dalle mura era anche molto scarsamente sorvegliata, stabili di dare l'assalto in quel punto
comparatis omnibus quae ad urbes oppugnandas usui sunt centurionum robora ex toto exercitu delegit tribunosque uiros fortes eis praefecit et milites sescentos, quantum satis uisum est, attribuit eosque, ubi quartae uigiliae signum cecinisset, ad eum locum scalas iussit ferre

porta ibi humilis et angusta erat infrequenti uia per desertam partem urbis

iam portam scalis prius transgressos (murum) aperire ex interiore parte aut claustra refringere iubet et tenentes partem urbis cornu signum dare ut ceterae copiae admouerentur

parata omnia atque instructa sese habiturum ; ea impigre facta; et quod impedimentum agentibus fore uidebatur, id maxime ad fallendum adiuuit
preparato quanto era necessario per assalire la città, scelse in tutto l'esercito il fiore dei centurioni, mise loro a capo i tribuni più coraggiosi ed assegnò a loro seicento soldati, quanto parve necessario; a costoro ordinò di portare in quel luogo delle scale quando fosse suonato il segnale dell'inizio del quarto turno di guardia

Qui vi era una porta bassa e stretta che metteva ad una via poco frequentata, in una parte deserta della città

Fabio comandò poi ai soldati che, superato il muro con le scale, si dirigessero verso quella porta e la forzassero dal lato interno; divenuti poi padroni di un settore della città, dessero il segnale con il corno per far avvicinare gli altri reparti dell'esercito; egli, a sua volta, avrebbe preparato ogni cosa e dato le disposizioni necessarie

Tutto fu fatto rapidamente e ciò che pareva dovesse essere di impedimento per coloro che si accingevano all'azione, giovò, invece, moltissimo ai soldati per passare inosservati

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Livio, Ab urbe condita: Libro 38; 31 - 35

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 38; 31 - 35

imber ab nocte media coortus custodes uigilesque dilapsos e stationibus subfugere in tecta coegit, sonituque primo largioris procellae strepitum molientium portam exaudiri prohibuit, lentior deinde aequaliorque accidens auribus magnam partem hominum sopiuit

postquam portam tenebant, cornicines in uia paribus interuallis dispositos canere iubent ut consulem excirent

id ubi factum ex composito est, signa efferri consul iubet ac paulo ante lucem per effractam portam urbem ingreditur

(47) tum demum hostes excitati sunt iam et imbre conquiescente et propinqua luce

praesidium in urbe erat Hannibalis, quinque milia ferme armatorum, et ipsi Arpini tria milia hominum armarant

eos primos Poeni, ne quid ab tergo fraudis esset, hosti opposuerunt
Una gran pioggia, infatti, a cominciare dalla mezzanotte, costrinse le guardie e le sentinelle ad abbandonare i loro posti e a rifugiarsi negli edifici; dapprima il rumore scrosciante del violento acquazzone impedì di udire il fracasso di coloro che forzavano la porta; poi, il riecheggiare più lento ed eguale della pioggia fece assopire gran parte dei soldati

Dopo che i Romani si furono impadroniti della porta, i capi ordinarono ai trombettieri, disposti sulla via ad intervalli eguali, di dar fiato alle trombe, per chiamare il console

Dopo che tutto fu eseguito, secondo l'accordo, il console comandò di portar fuori degli accampamenti le insegne e poco prima dell'alba entrò in città attraverso la porta scardinata

47 Allora finalmente i nemici si svegliarono, poiché la pioggia era cessata e cominciava a farsi luce

in città vi era una guarnigione di Annibale di circa cinquemila uomini; gli stessi abitanti di Arpi ne avevano armati tremila

I Cartaginesi mandarono incontro al nemico per primi questi tremila soldati per evitare che alle loro spalle si ordisse un'insidia
primo in tenebris angustisque uiis est

cum Romani non uias tantum sed tecta etiam proxima portam occupassent ne peti superne ac uolnerari possent, cogniti inter se quidam Arpinique et Romani atque inde conloquia coepta fieri, percontantibus Romanis quid sibi uellent Arpini, quam ob noxam Romanorum aut quod meritum Poenorum pro alienigenis ac barbaris Italici aduersus ueteres socios Romanos bellum gererent et uectigalem ac stipendiariam Italiam Africae facerent

Arpinis purgantibus ignaros omnium se uenum a principibus datos Poeno, captos oppressosque a paucis esse

initio orto plures cum pluribus conloqui; postremo praetor Arpinus ab suis ad consulem deductus fideque data inter signa aciesque Arpini repente pro Romanis aduersus Carthaginiensem arma uerterunt
Dapprima si combatté nel buio delle strette vie

Quando i Romani occuparono non solo le strade, ma anche gli edifici vicino alla porta, per non essere aggrediti e feriti dall'alto, alcuni cittadini di Arpi ed alcuni Romani si riconobbero fra loro; si cominciarono allora ad intrecciare colloqui, chiedendo i Romani a che cosa mai mirassero quei di Arpi e per quale colpa dei Romani e per quale particolare merito dei Cartaginesi, loro, che erano Italici, combattevano in favore di stranieri contro i loro antichi alleati, facendo diventare l'Italia dipendente e tributaria dell'Africa

Gli abitanti di Arpi si scusarono dicendo che essi erano ignari di tutto, che erano stati venduti dai loro capi ad Annibale ed erano stati presi e sopraffatti da pochi

Fu così dato inizio ai colloqui e molti da una parte e dall'altra cominciarono a parlare fra loro; alla fine il pretore di Arpi fu condotto dai suoi davanti al console; date ai Romani, tra le insegne e le schiere, assicurazioni di fedeltà, all'improvviso quei di Arpi volsero le armi contro i Cartaginesi, in favore dei Romani

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Livio, Ab urbe condita: Libro 23; 31-40

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Hispani quoque, paulo minus mille homines, nihil praeterea cum consule pacti quam ut sine fraude Punicum emitteretur praesidium, ad consulem transtulerunt signa

Carthaginiensibus portae patefactae emissique cum fide incolumes ad Hannibalem Salapiam uenerunt

Arpi sine clade ullius praeterquam unius ueteris proditoris, noui perfugae, restituti ad Romanos

Hispanis duplicia cibaria dari iussa operaque eorum forti ac fideli persaepe res publica usa est

cum consul alter in Apulia, alter in Lucanis esset, equites centum duodecim nobiles Campani, per speciem praedandi ex hostium agro permissu magistratuum ab Capua profecti, ad castra Romana, quae super Suessulam erant, uenerunt; stationi militum qui essent dixerunt: conloqui sese cum praetore uelle
Anche gli Spagnoli, che erano poco meno di mille, trasferirono al console romano le proprie insegne, senza condizione alcuna, fuor che l'impegno da parte romana di far uscire dalla città di Arpi, incolume sulla parola, il presidio cartaginese

Le porte furono spalancate dinanzi ai Cartaginesi, che, fatti uscire con la promessa dell'incolumità, vennero ad Annibale a Salapia

Così Arpi senza strage alcuna, ad eccezione della morte dell'unico antico traditore e nuovo disertore, fu restituita ai Romani

Fu comandato di assegnare agli Spagnoli doppia razione di grano sulla loro valida collaborazione e fedeltà la repubblica ebbe molto spesso a contare

Mentre uno dei due consoli era in Apulia e l'altro in Lucania, centododici nobili cavalieri campani, col pretesto di andare a saccheggiare i campi del nemico, col permesso dei magistrati partirono da Capua e giunsero agli accampamenti romani che erano sopra Suessula; ai soldati del corpo di guardia, dichiarando chi erano, chiesero di parlare col pretore
Cn Fuluius castris praeerat; cui ubi nuntiatum est, decem ex eo numero iussis inermibus deduci ad se, ubi quae postularent audiuit, nihil autem aliud petebant quam ut, Capua recepta bona sibi restituerentur, in fidem omnes accepti

et ab altero praetore Sempronio Tuditano oppidum Atrinum expugnatum; amplius septem milia hominum capta et aeris argentique signati aliquantum

Romae foedum incendium per duas noctes ac diem unum tenuit

solo aequata omnia inter Salinas ac portam Carmentalem cum Aequimaelio Iugarioque uico et templis Fortunae ac matris Matutae; et extra portam late uagatus ignis sacra profanaque multa absumpsit

(48) eodem anno P et Cn Cornelii, cum in Hispania res prosperae essent multosque et ueteres reciperent socios et nouos adicerent, in Africam quoque spem extenderunt
Capo degli accampamenti era Cn Fulvio che, quando seppe la cosa, ordinò di far venire alla sua presenza dieci cavalieri disarmati; come apprese ciò che essi chiedevano, cioè che, presa Capua, fossero ad essi restituiti i loro beni, li accolse in amicizia

L'altro pretore, Sempronio Tuditano, espugnò la città di Atrino, furono fatti prigionieri più di settemila uomini e fu presa una notevole quantità di rame e di argento coniato

In Roma scoppiò un terribile incendio che durò per due notti e un giorno

furono distrutti tutti gli edifici fra le Saline e la porta Carmentale, insieme con l'Equimelio e il rione Iugario, nei templi della Fortuna, della Madre Matuta e della Speranza, il fuoco, serpeggiando per lungo spazio fuori della porta, distrusse molte costruzioni sacre e profane

48 In quello stesso anno i due Scipioni Publio e Cneo Cornelio, poiché in Spagna la situazione era favorevole ed erano stati recuperati molti ed antichi alleati e nuovi se n'erano aggiunti, estesero le loro speranze anche all'Africa

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Syphax erat rex Numidarum, subito Carthaginiensibus hostis factus

ad eum centuriones tres legatos miserunt qui cum eo amicitiam societatemque facerent et pollicerentur, si perseueraret urgere bello Carthaginienses, gratam eam rem fore senatui populoque Romano et adnisuros ut in tempore et bene cumulatam gratiam referant

grata ea legatio barbaro fuit; conlocutusque cum legatis de ratione belli gerundi, ut ueterum militum uerba audiuit, quam multarum rerum ipse ignarus esset ex comparatione tam ordinatae disciplinae animum aduertit

tum primum ut pro bonis ac fidelibus sociis facerent, orauit ut duo legationem referrent ad imperatores suos, unus apud sese magister rei militaris restaret

rudem ad pedestria bella Numidarum gentem esse, equis tantum habilem
Re dei Numidi era Siface, che era divenuto improvvisamente nemico dei Cartaginesi

Gli Scipioni mandarono a lui come ambasciatori tre centurioni, con l'incarico di stringere con lui amicizia e alleanza e promettergli che, se avesse insistito nell'incalzare con la guerra i artaginesi, il senato ed il popolo romano, ai quali la cosa sarebbe stata gradita, a suo tempo avrebbero cercato di offrirgli, in segno di gratitudine un compenso ben maggiore

Le proposte dei messi furono gradite al barbaro che, avendo discorso con loro intorno alla strategia della guerra, quando udì le parole di quei vecchi soldati, si accorse quante cose egli stesso ignorasse a paragone di una così organizzata disciplina militare

Per prima cosa chiese insistentemente agli ambasciatori che si adoperassero come buoni e fedeli alleati a far sì che due di loro riferissero ai comandanti l'esito dell'ambasceria, mentre uno rimanesse presso di lui come istruttore nell'arte militare

Diceva che i Numidi erano gente inesperta nel combattimento a piedi, che erano buoni solo per i cavalli

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