Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 02, pag 2

Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 02

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 02 - Parte 02
At enim id ipsum habet aliquid divini, quae cuique hostia obtingat, tamquam in sortibus, quae cui ducatur

Mox de sortibus; quamquam tu quidem non hostiarum causam confirmas sortium similitudine, sed infirmas sortis conlatione hostiarum

An, cum in Aequimaelium misimus qui adferat agnum quem immolemus, is mihi agnus adfertur qui habet exta rebus accommodata, et ad eum agnum non casu, sed duce deo servus deducitur

Nam si casum in eo quoque esse dicis quasi sortem quandam cum deorum voluntate coniunctam, doleo tantam Stoicos nostros Epicureis inridendi sui facultatem dedisse; non enim ignoras quam ista derideant
Ma, tu risponderai, il fatto stesso che a ciascuno tocchi una determinata vittima ha in sé qualcosa di profetico, come, a proposito delle sorti, il fatto che a ciascuno ne càpiti una determinata

Delle sorti parleremo in seguito, anche se, in verità, tu non rafforzi la causa dei sacrifici con l'analogia delle sorti, ma svaluti le sorti paragonandole ai sacrifici

O forse, se ho mandato a prendere all'Equimelio un agnello da immolare, mi vien portato proprio quell'agnello che ha le viscere adatte al mio proposito, e lo schiavo che ho mandato è attratto verso quell'agnello non dal caso, ma da una divinità che lo guida

Ché se tu mi dici che anche in questa circostanza il caso è una specie di sorte collegata con la volontà degli dèi, mi dispiace che i nostri stoici abbiano offerto agli epicurei una così ampia possibilità di prenderli in giro; sai certamente quanto gli epicurei deridano codeste teorie
Et quidem illi faciliius facere possunt: deos enim ipsos iocandi causa induxit Epicurus perlucidos et perflabilis et habitantis tamquam inter duos lucos sic inter duos mundos propter metum ruinarum, eosque habere putat eadem membra, quae nos, nec usum ullum habere membrorum

Ergo hic, circumitione quadam deos tollens, recte non dubitat divinationem tollere; sed non, ut hic sibi constata item Stoici

Illius enim deus, nihil habens nec sui nec alieni negoti, non potest hominibus divinationem impertire; vester autem deus potest non impertire, ut nihilo minus mundum regat et hominibus consulat

Cur igitur vos induitis in eas captiones, quas numquam explicetis
E certo essi possono farlo con più facilità degli altri: giacché Epicuro si è divertito a immaginare gli dèi trasparenti e attraversabili dai soffi d'aria e abitanti tra due mondi, come tra i due boschi, per paura che uno dei mondi crolli loro addosso; e dice che hanno le stesse nostre membra, ma senza alcuna occasione di usarle

Egli perciò, togliendo di mezzo gli dèi con una sorta di raggiro, coerentemente non esita a toglier di mezzo anche la divinazione; ma se egli è d'accordo con se stesso, non lo sono altrettanto gli stoici

La divinità di Epicuro, non avendo niente da fare né per se stessa né per gli altri, non può concedere agli uomini la divinazione; la vostra divinità, invece, può non concederla, senza per questo rinunciare a governare il mondo e a prendersi cura degli uomini

Perché, dunque, vi intricate in quei cavilli, che non sarete mai capaci di risolvere
Ita enim cum magis properant, concludere solent: si di sunt, est divinatio; sunt autem di; est ergo divinatio

Multo est probabilius: non est autem divinatio; non sunt ergo di

Vide quam temere committant ut, si nulla sit divinatio, nulli sint di

Divinatio enim perspicue tollitur, deos esse retinendum est

Atque hac extispicum divinatione sublata omnis haruspicina sublata est

Ostenta enim sequuntur et fulgura

Valet autem in fulguribus observatio diuturna, in ostentis ratio plerumque coniecturaque adhibetur

Quid est igitur quod observatum sit in fulgure

Caelum in sedecim partes diviserunt Etrusci
Quando vogliono sbrigarsela più in fretta, gli stoici argomentano così: se gli dèi esistono, esiste la divinazione; ma gli dèi esistono; dunque esiste la divinazione

Senonché riesce molto più convincente il dire: ma non esiste la divinazione; dunque non esistono gli dèi

Guarda con quale avventatezza si espongono al pericolo che, se la divinazione si riduce a nulla, si riducano a nulla anche gli dèi

Ché la divinazione si elimina con tutta facilità, mentre l'esistenza degli dèi dev'essere tenuta ferma

E quando si sia eliminata questa divinazione degli scrutatori di viscere, è eliminata tutta l'aruspicìna

Vengono poi i prodigi e i fulmini o i lampi

Quanto a questi si fa valere l'osservazione assidua, quanto ai prodigi si usa per lo più la previsione basata sul ragionamento

Che osservazioni, dunque, si sono fatte riguardo ai fulmini e ai lampi

Gli etruschi divisero il cielo in sedici parti

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Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 03

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 02 - Parte 03

Facile id quidem fuit, quattuor, quas nos babemus, duplicare, post idem iterum facere, ut ex eo dicerent fulmen qua ex parte venisset

Primum id quid interest, deinde quid significai

Nonne perspicuum est ex prima admiratione hominum, quod tonitrua iactusque fulminum extimuissent, credidisse ea efficere rerum omnium praepotentem Iovem

Itaque in nostris commentariis scriptum habemus: Iove tonante Augurante comitia populi habere nefas

Hoc fortasse rei publicae causa constitutum est; comitiorum enim non habendorum causas esse voluerunt

Itaque comitiorum solum vitium est fulmen, quod idem omnibus rebus optumum auspicium habemus si sinistrum fuit

Sed de auspiciis alio loco; nunc de fulgoribus
Fu cosa facile raddoppiare le quattro parti a cui noi ci atteniamo, poi eseguire un ulteriore raddoppiamento, in modo da poter dire, sulla base di questa ripartizione, da quale parte venisse il fulmine

Ma, in primo luogo, che cosa importa Ciò e in secondo luogo, che cosa significa

Non è evidente che in seguito alla meraviglia degli uomini primitivi, poiché temevano i tuoni e il precipitare dei fulmini, sorse in loro la credenza che ne fosse autore Giove, assoluto dominatore di tutto l'universo

Perciò nei nostri libri si trova scritto: Quando Giove tuona e fulmina, è contrario alle leggi divine tenere i comizi

Forse ciò fu stabilito nell'interesse dello Stato, poiché i nostri antenati vollero avere dei pretesti per non tenere i comizi

Quindi solo per i comizi il fulmine è un segno sfavorevole: per tutto il resto lo consideriamo un ottimo auspicio, se è caduto a sinistra

Ma degli auspicii parleremo in seguito; ora proseguiamo sui fulmini e sui lampi
Quid igitur minus a physicis dici debet quam quicquam certi significari rebus incertis

Non enim te puto esse eum qui Iovi fulmen fabricatos esse Cyclopas in Aetna putes; nam esset mirabile, quo modo id Iuppiter totiens iaceret, cum unum haberet; nec vero fulminibus homines quid aut faciendum esset aut cavendum moneret

Placet enim Stoicis eos anhelitus terrae qui frigidi sint cum fluere coeperint ventos esse; cum autem se in nubem induerint eiusque tenuissimam quamque partem coeperint dividere atque disrumpere idque crebrius facere et vehementius, tum et fulgores et tonitrua exsistere; si autem nubium conflictu ardor expressus se emiserit, id esse fulmen
Che cosa, dunque, gli studiosi della natura hanno il dovere di astenersi soprattutto dal dire, se non questa, che fenomeni certi siano preannunciati da segni incerti

Non credo, infatti, che tu sia capace di credere che i Ciclopi foggiarono il fulmine per Giove nei recessi dell'Etna: sarebbe davvero strano che Giove lo scagliasse tante volte, avendone a disposizione uno solo; né egli potrebbe, mediante i fulmini, ammonire gli uomini su ciò che devono fare o non fare

Gli stoici affermano che quelle esalazioni della terra che sono fredde, quando incominciano a fluire, costituiscono i venti; quando poi penetrano in una nube e incominciano a scindere e a squarciare le sue parti meno dense, e fanno ciò con particolare frequenza e violenza, allora ecco che sorgono i lampi e i tuoni; se, poi, un fuoco prodotto dal cozzo delle nubi si sprigiona, ecco il fulmine

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Cicerone, De divinationes: Libro 01 - Parte 01

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 01 - Parte 01

Quod igitur vi naturae, nulla constantia, nullo raro tempore videmus effici, ex eo significationem rerum consequentium quaerimus

Scilicet, si ista Iuppiter significaret, tam multa frustra fulmina emitteret

Quid enim proficit cum in medium mare fulmen iecit

Quid cum in altissimos montis, quod plerumque fit

Quid cum in desertas solitudines

Quid cum in earum gentium oras, in quibus haec ne observantur quidem

At inventum est caput in Tiberi

Quasi ego artem aliquam istorum esse negem

Divinationem nego

Caeli enim distributio, quam ante dixi, et certarum rerum notatio docet, unde fulmen venerit, quo concesserit; quid significet autem, nulla ratio docet
Dunque da ciò che vediamo prodursi per forza di natura, senza alcuna regolarità, in nessun tempo determinato, ricaveremo un presagio di necessari avvenimenti futuri

Sta a vedere che, se Giove volesse dare simili preannunci, scaglierebbe inutilmente tanti fulmini

Che cosa ottiene quando scaglia un fulmine in alto mare

O su monti altissimi, ciò che avviene molto spesso

O in sterminati deserti

O nelle terre abitate da quei popoli che non osservano nemmeno questi presagi

Ma la testa di quella statua fu rinvenuta nel Tevere

Come se io negassi che codesti osservatori di fulmini abbiano una qualche perizia

la divinazione che io nego

La ripartizione in zone del cielo, a cui ho accennato sopra, e l'esame di determinati fatti permettono di capire donde un fulmine sia provenuto, dove sia andato a finire; quale significato profetico abbia, però, nessuna dottrina sa spiegarcelo
Sed urges me meis versibus:nam pater altitonans stellanti nixus Olympoipse suos quondam tumulos ac templa petivitet Capitolinis iniecit sedibus ignis

Tum statua Nattae, tum simulacra deorum Romulusque et Remus cum attrice belua vi fulminis icti conciderunt, deque his rebus haruspicum exstiterunt responsa verissuma

Mirabile autem illud, quod, eo ipso tempore quo fieret indicium coniurationis in senatu, signum Iovis biennio post quam erat locatum in Capitolio conlocabatur

Tu igitur animum induces - sic enim mecum agebas - causam istam et contra facta tua et contra scripta difendere

Frater es; eo vereor

Verum quid tibi hic tandem nocet

Resne quae talis est an ego qui verum explicari volo
Ma tu mi vuoi mettere alle strette coi miei versi: Ché il Padre altitonante, ergendosi sull'Olimpo stellato, colpì col fulmine il colle una volta a lui caro e il suo tempio, e appiccò il fuoco alla sua dimora sul Campidoglio

Allora la statua di Natta, allora le immagini degli dèi e Romolo e Remo con la belva che li allattò precipitarono colpiti dall'impeto del fulmine, e riguardo a questi fatti furono pronunciati dagli arùspici responsi esattissimi

Un fatto straordinario fu anche quello, che proprio quando avvenne la denuncia della congiura in senato, la statua di Giove fu collocata in Campidoglio, due anni dopo che era stata commissionata

Tu dunque avrai il coraggio così dicevi in polemica con me di difendere codesta tua causa contro quello che hai fatto e che hai scritto

Sei mio fratello; per questo ti devo rispettare

Ma in questo caso che cosa, insomma, ti ferisce

La realtà delle cose, che è quella che ho detto, o io, che voglio che la verità sia dimostrata

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Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 05

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Itaque nihil contra dico, a te rationem totius haruspicinae peto

Sed te mirificam in latebram coniecisti; quod enim intellegeres fore ut premerere, cum ex te causas unius cuiusque divinationis exquirerem, multa verba fecisti: te, cum res videres, rationem causamque non quaerere; quid fieret, non cur fieret, ad rem pertinere; quasi ego aut fieri concederem aut esset philosophi causam, cur quidque fieret, non quaerere

Et eo quidem loco et Prognostica nostra pronuntiabas et genera herbarum, scammoniam aristolochiaeque radicem, quarum causam ignorares, vini et effectum videres
Io, a ogni modo, non dico niente contro di te: chiedo conto a te di tutta l'aruspicina

Ma tu ti sei rifugiato in un magnifico nascondiglio: siccome capivi che saresti stato incalzato da presso quando io ti avessi chiesto le cause di ciascun tipo di divinazione, hai detto e ridetto che, poiché vedevi i fatti, non ti curavi di indagare la causa e il procedimento razionale; che l'importante era l'accaduto, non il perché dell'accaduto; come se io ammettessi che queste cose accadono, o come se fosse degno d'un filosofo non ricercare la causa per cui ogni singolo fenomeno avviene

E a questo proposito hai recitato dei passi dei miei Prognostici e hai menzionato certe specie di erbe, la scammonia e la radice dell'aristolochia, delle quali constatavi l'effetto e il potere medicinale, pur ignorandone la causa
Dissimile totum; nam et prognosticorum causas persecuti sunt et Boëthus Stoicus, qui est a te nominatus, et noster etiam Posidonius; et, si causae non reperiantur istarum rerum, res tamen ipsae observari animadvertique potuerunt

Nattae vero statua aut aera legum de caelo tacta quid habent observatum ac vetustum

Pinarii Nattae nobiles; a nobilitate igitur periculum

Hoc tam callide Iuppiter cogitavit

'Romulus lactens fulmine ictus, urbi igitur periculum ostenditur, ei quam ille condidit

Quam scite per notas nos certiores facit Iuppiter

At eodem tempore signum Iovis conlocabatur quo coniuratio indicabatur
Ma la differenza è totale;le cause dei pronostici le hanno indagate lo stoico Boeto, da te rammentato, e anche il nostro Posidonio; e anche se le cause di questi fatti non si fossero rintracciate, i fatti in quanto tali si sono potuti osservare e registrare

Ma gli episodi della statua di Natta o delle tavole delle Leggi colpite dal fulmine che cos'hanno che sia stato osservato più volte e da gran tempo

I Pinarii Natta sono nobili: dalla nobiltà, dunque, veniva il pericolo

Davvero ingegnoso questo presagio escogitato da Giove

Romolo ancora lattante fu colpito dal fulmine: questo è dunque un presagio del pericolo che correva quella città che da lui fu fondata

Con quanta abilità Giove ci avverte mediante simili indizi

Ma la statua di Giove veniva collocata nello stesso tempo in cui veniva denunciata la congiura

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Et tu scilicet mavis numine deorum id factum quam casu arbitrari; et redemptor, qui columnam illam de Cotta et de Torquato conduxerat faciendam, non inertia aut inopia tardior fuit, sed a deis immortalibus ad istam horam reservatus est

Non equidem plane despero ista esse vera, sed nescio et discere a te volo

Nam cum mihi quaedam casu viderentur sic evenire ut praedicta essent a divinantibus, dixisti multa de casu, ut Venerium iaci posse casu quattuor talis iactis, sed quadringentis centum Venerios non posse casu consistere

Primum nescio cur non possint, sed non pugno; abundas enim similibus

Habes et respersionem pigmentorum et rostrum suis et alia permulta
E tu, s'intende, preferisci credere che ciò sia accaduto per volontà degli dèi anziché per caso; e l'appaltatore che aveva ricevuto da Cotta e da Torquato l'incarico di erigere quella colonna, non fu più lento del previsto per pigrizia o per mancanza di denaro, ma fu fatto indugiare dagli dèi immortali fino a quel preciso momento

Non mi manca del tutto la speranza che cose di questo genere siano vere; ma non ne so nulla e voglio una dimostrazione da te

Siccome mi sembrava che per puro caso alcuni fatti fossero avvenuti così com'erano stati predetti dagl'indovini, tu hai parlato a lungo del caso, e hai detto, per esempio, che si può ottenere il colpo di Venere lanciando a caso quattro dadi, ma, su quattrocento lanci, non può capitare cento volte quel colpo

Innanzi tutto non saprei perché ciò sia impossibile, ma su questo non mi soffermo a discutere, poiché hai una collezione di esempi simili

Puoi citare i colori schizzati a caso, il grifo della scrofa, tante altre cose

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