Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 08 - Parte 01, pag 2

Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 08 - Parte 01

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 08 - Parte 01
cum parricidii causam fratres Caelii dicerent splendido Tarracinae loco nati, quorum pater T Caelius in cubiculo quiescens, filiis altero cubantibus lecto erat interemptus, neque aut seruus quisquam aut liber inueniretur, ad quem suspicio caedis pertineret, hoc uno nomine absoluti sunt, quia iudicibus planum factum est illos aperto ostio inuentos esse dormientes

somnus innoxiae securitatis certissimus index miseris opem tulit: iudicatum est enim rerum naturam non recipere ut occiso patre supra uulnera et cruorem eius quietem capere potuerint

damn Percurremus nunc eos, quibus in causae dictione magis quae extra quaestionem erant nocuerunt quam sua innocentia opem tulit

L Scipio post speciosissimum triumphum de rege Antiocho ductum, perinde ac pecuniam ab eo accepisset, damnatus est
I fratelli Celii, di nobile famiglia terracinese, erano stati accusati di parricidio, perché il loro padre era stato ucciso nel sonno, mentre loro dormivano su un altro letto della stessa camera; ma, non trovandosi schiavo o libero su cui far cadere i sospetti, furono assolti con la sola motivazione che i giudici avevano assolutamente accertato che essi erano stati trovati immersi nel sonno, quando la porta era stata aperta

Il sonno, segno incontrovertibile di serena innocenza, portò aiuto a quei poveretti: giacché si giudicò che la natura non avrebbe consentito che, ucciso il padre, potessero ambedue prendere sonno accanto al suo cadavere insanguinato

Trattiamo ora di coloro ai quali, nel difendersi in tribunale, nocquero gli elementi extragiudiziali più di quanto la loro stessa innocenza non fu di aiuto

Lucio Scipione, dopo lo splendido trionfo celebrato sul re Antioco, fu condannato sotto l'accusa di essere stato corrotto da lui con danaro
non, puto, quod pretio corruptus fuerat, ut illum totius Asiae dominum et iam Europae uictrices manus inicientem ultra Taurum montem summoueret

sed et alioqui uir sincerissimae uitae et ab hac suspicione procul remotus, inuidiae, quae tunc in duorum fratrum inclytis cognominibus habitabat, resistere non potuit

damn Ac Scipioni quidem maximus fortunae fulgor, C autem Deciano spectatae integritatis uiro uox sua exitium attulit: nam cum P Furium inquinatissimae uitae pro rostris accusaret, quia quadam in parte actionis de morte L Saturnini queri ausus fue rat, nec reum damnauit et insuper ei poenas addictas pependit

damn Sex quoque Titium similis casus prostrauit

erat innocens, erat agraria lege lata gratiosus apud populum: tamen, quod Saturnini imaginem domi habuerat, suffragiis eum tota contio oppressit
Io non penso che motivo della condanna sia stata la corruzione di cui si sarebbe reso colpevole per respingere oltre il Tauro colui che era padrone di tutta l'Asia ed ormai allungava le mani vittoriose sull'Europa

Ma, persona del resto onestissima e superiore ad ogni sospetto del genere, egli non poté opporsi alla gelosia allora suscitata dagli incliti appellativi dei suoi due fratelli

() Se a Scipione procurò guai il grandissimo fulgore della fortuna, Caio Deciano, uomo di specchiata onestà, fu rovinato dalle sue stesse parole: difatti, poiché accusava nel Foro Publio Furio, un poco di buono, per avere osato protestare in un punto della sua orazione a proposito della morte di Lucio Saturnino, non solo non ottenne la condanna dell'accusato, ma per di più dovette subire la pena che era stata inflitta a Publio Furio

() Una disavventura del genere toccò a Sestio Tizio

Egli era innocente e caro al popolo per aver presentato una proposta di legge agraria: tuttavia, poiché aveva tenuto in casa un'immagine di Saturnino, l'assemblea tutta lo condannò all'unanimità
damn Adiciatur his Claudia, quam insontem crimine, quo accusabatur, uotum impium subuertit, quia, cum a ludis domum rediens turba elideretur, optauerat ut frater suus, maritimarum uirium nostrarum praecipua iactura, reuiuesceret saepiusque consul factus infelici ductu nimis magnam urbis frequentiam minueret

damn Possumus et ad illos breui deuerticulo transgredi, quos leues ob causas damnationis incursus abripuit

M Muluius, Cn Lollius, L Sextilius triumuiri, quod ad incendium in sacra uia ortum extinguendum tardius uenerant, a tribunis pl die dicta apud populum damnati sunt

damn Item P Villius triumuir nocturnus a P Aquilio tribuno pl accusatus populi iudicio concidit, quia uigilias neglegentius circumierat
() Si aggiunga a questo il caso di Claudia, che, innocente della colpa di cui era accusata, si fece condannare per aver espresso un empio desiderio: tornando a casa dallo spettacolo dei giochi, vedendosi malmenata dalla ressa, si era augurata che suo fratello, responsabile primo della perdita delle nostre forze navali, potesse ritornare in vita e, rieletto più volte console, collaborasse alla riduzione demografica di Roma con infauste battaglie

() Possiamo anche passare, con una piccola deviazione, a quelli che la condanna trascinò con sé per futili motivi

I triunviri Marco Mulvio, Cneo Lollio e Lucio Sestilio furono citati in giudizio davanti al popolo dai tribuni della plebe e condannati per aver tardato ad intervenire nello spegnimento di un incendio scoppiato sulla via Sacra

() Parimenti Publio Villio, triumviro addetto alla vigilanza notturna, accusato dal tribuno della plebe Publio Aquilio, subì la condanna del popolo per essere stato piuttosto negligente nel sovrintendere al servizio

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Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 07 - Parte 01
Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 07 - Parte 01

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 07 - Parte 01

damn Admodum seuerae notae et illud populi iudicium, cum M Aemilium Porcinam a L Cassio accusatum crimine nimis sublime extructae uillae in Alsiensi agro graui multa affecit

damn Non subprimenda illius quoque damnatio, qui pueruli sui nimio amore correptus, rogatus ab eo ruri ut omasum in cenam fieri iuberet, cum bubulae carnis in propinquo emendae nulla facultas esset, domito boue occiso desiderium eius expleuit eoque nomine publica quaestione adflictus est, innocens, nisi tam prisco saeculo natus esset

amb Atque ut eos quoque referamus, qui in discrimen capitis adducti neque damnati neque absoluti sunt, apud M Popilium Laenatem praetorem quaedam, quod matrem fuste percussam interemerat, causam dixit
() Abbastanza severa fu la condanna del popolo, quando obbligò Marco Emilio Porcina , accusato da Lucio Cassio, ad una forte multa per avere costruito una villa che s'innalzava troppo nel territorio di Alsio

() Non posso passare sotto silenzio neanche la condanna di un tale, che, perdutamente innamorato del suo giovine amasio e da lui pregato, in campagna, che gli fosse servita a cena della trippa, non avendo possibilità alcuna di comprare nelle vicinanze carne di bue, ne soddisfece il desiderio uccidendo un bue domestico: ebbene, per tale colpa dovette affrontare un pubblico processo, lui che sarebbe stato considerato innocente, se non fosse nato in così prisca età

E per venire anche a quelli che, sottoposti a processo, non furono né condannati né assolti, una donna fu chiamata a difendersi presso il pretore Marco Popilio Lenate per avere ucciso la madre a colpi di bastone
de qua neutram in partem latae sententiae sunt, quia abunde constabat eandem ueneno necatorum liberorum dolore commotam, quos auia filiae infensa sustulerat, parricidium ultam esse parricidio

quorum alterum ultione, alterum absolutione non dignum iudicatum est

amb Eadem haesitatione Publi quoque Dolabellae proconsulari imperio Asiam obtinentis animus fluctuatus est

mater familiae Zmyrnaea uirum et filium interemit, cum ab his optimae indolis iuuenem, quem ex priore uiro enixa fuerat, occisum conperisset

quam rem Dollabella ad se delatam Athenas ad Arei pagi cognitionem relegauit, quia ipse neque liberare duabus caedibus contaminatam neque punire tam iusto dolore inpulsam sustinebat
Il verdetto non fu pronunziato né in un senso né nell'altro, perché era noto che costei, mossa dal dolore di averne avuto avvelenati i figli, aveva vendicato col matricidio il delitto di parricidio consumato dalla nonna in odio alla propria figlia

Dei due delitti si giudicò che l'uno era indegno di vendetta, l'altro di assoluzione

() Nel medesimo dubbio ondeggiò anche Publio Dolabella, quand'era governatore proconsolare dell'Asia

Una donna di Smirne aveva ucciso marito e figlio, dopo aver saputo che costoro le avevano ucciso il figlio, un bravo giovine, avuto dal precedente matrimonio

Chiamato a giudicare in Atene, Dolabella affidò l'istruzione del processo all'Areopago, non osando di persona né assolvere la donna contaminata da due nefandi assassinii né punirla in quanto spinta a commetterli da così giusto dolore

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Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 04 - Parte 01

consideranter et mansuete populi Romani magistratus, sed Areopagitae quoque non minus sapienter, qui inspecta causa et accusatorem et ream post centum annos ad se reuerti iusserunt, eodem affectu moti, quo Dolabella

sed ille transferendo quaestionem, hi differendo damnandi atque absoluendi inexplicabilem cunctationem uitabant

init Publicis iudiciis adiciam priuata, quorum magis aequitas quaestionum delectare quam immoderata turba offendere lectorem poterit

Claudius Centumalus ab auguribus iussus altitudinem domus suae, quam in Caelio monte habebat, summittere, quia his ex arce augurium capientibus officiebat, uendidit eam Calpurnio Lanario nec indicauit quod imperatum a collegio augurumerat
Il contegno del magistrato romano fu prudente e mite, ma non meno saggio fu quello degli Areopagiti: i quali, studiataattentamente la causa e obbedendo allo stesso impulso che aveva determinato l'atteggiamento di Dolabella, sulla questione, ordinarono all'accusatore e all'accusata di tornare da loro di li a cento anni

Ma Dolabella, trasferendo ad altri la competenza a giudicare, e questi, postergando il giudizio, cercavano di evitare, data la difficoltà della decisione, una precisa sentenza

() Ai processi pubblici farò seguire i privati: il citarne una quantità giusta potrà divertire il lettore più di quanto non potrà infastidirlo un numero esagerato

() Claudio Centumalo, ricevuta dagli àuguri l'intimazione di abbassare l'altezza della sua casa sul colle Celio per il fatto ch'era di ostacolo nel prendere gli augùri dal colle, la vendette a Calpurnio Lanario senza metterlo al corrente dell'ordine ricevuto dal collegio degli àuguri
a quibus Calpurnius demoliri domum coactus M Porcium Catonem inclyti Catonis patrem arbitrum cum Claudio adduxit formulam, quidquid sibi dare facere oporteret ex fide bona

Cato, ut est edoctus de industria Claudium praedictum sacerdotum suppressisse, continuo illum Calpurnio damnauit, summa quidem cum aequitate, quia bonae fidei uenditorem nec conmodorum spem augere nec incommodorum cognitionem obscurare oportet

Notum suis temporibus iudicium commemoraui, sed ne quod relaturus quidem sum obliteratum silentio
Calpurnio, costretto a sua volta da questi a demolire la casa, Marco Porcio Catone, padre del celebre Catone, come arbitro con Claudio, addusse la formula e che cosa si doveva fare e dare a lui in buona coscienza

Catone, appena saputo che Claudio aveva volutamente taciuto dell'ordinanza dei sacerdoti, lo condannò immediatamente a vantaggio di Calpurnio, certo con grandissima equità, perché è opportuno che chi vende in buona fede non accresca le sue speranze di vantaggio né finga di non conoscere gli svantaggi che l'affare presenta

() Se il giudizio or ora ricordato fu celebre ai suoi tempi, nemmeno questo, di cui mi accingo a riferire, è stato cancellato dal silenzio

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Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 06 - Parte 01

C Visellius Varro graui morbo correptus trecenta milia nummum ab Otacilia Laterensis, cum qua commercium libidinis habuerat, expensa ferri sibi passus est eo consilio, ut, si decessisset, ab heredibus eam summam peteret, quam legati genus esse uoluit, libidinosam liberalitatem debiti nomine colorando

euasit deinde ex illa tempestate aduersus uota Otaciliae

quae offensa, quod spem praedae suae morte non maturasset, ex amica obsequenti subito destrictam feneratricem agere coepit, nummos petendo, quos ut fronte inuerecunda, ita inani stipulatione captauerat

de qua re C Aquilius uir magnae auctoritatis et scientia iuris ciuilis excellens iudex adductus adhibitis in consilium principibus ciuitatis prudentia et religione sua mulierem reppulit
Caio Visellio Varrone, colpito da grave malattia, permise che ad Otacilia, moglie di Laterense con la quale aveva avuto rapporti carnali fosse messo in conto l'anticipo di trecentomila sesterzi con la condizione che, se fosse deceduto, chiedesse agli eredi la somma: che volle avesse forma di legato testamentario, mascherando la sua generosità per l'amante con la scusa di dover pareggiare un suo debito precedentemente contratto con lei

Ma, contrariamente al desiderio di Otacilia, Varrone la scampò

Quella, irritata per non aver potuto impadronirsi di ciò che sperava di ottenere con la morte dell'amico, da buona amica che era, diventò subito un'intransigente strozzina, esigendo la consegna di quel danaro che aveva estorto, come con una gran faccia tosta, così con un contratto senza valore

Chiamato a giudicare, Caio Aquilio, persona di grande prestigio ed eccellente esperto di diritto civile, consultati i più influenti concittadini, rigettò con la sua proba saggezza la richiesta della donna
quod si eadem formula Varro et damnari et ab aduersaria absolui potuisset, eius quoque non dubito quin turpem et inconcessum errorem libenter castigaturus fuerit: nunc priuatae actionis calumniam ipse conpescuit, adulterii crimen publicae quaestioni uindicandum reliquit

Multo animosius et ut militari spiritu dignum erat se in consimili genere iudicii C Marius gessit: nam cum C Titinius Minturnensis Fanniam uxorem, quam inpudicam de industria duxerat, eo crimine repudiatam dote spoliare conaretur, sumptus inter eos iudex in conspectu habita quaestione seductum Titinium monuit ut incepto desisteret ac mulieri dotem redderet
poiché, se Varrone avesse potuto essere condannato e assolto dall'avversaria con la medesima formula, sono sicuro che il giudice ne avrebbe volentieri punito il turpe ed illecito errore: in quella circostanza egli punì di persona l'intrigo di un'azione privata, e lasciò da giudicare a un pubblico tribunale il delitto di adulterio

() Molto più coraggiosamente e in armonia con la sua mentalità di soldato si comportò Caio Mario: difatti, poiché Caio Titianio Minturnese tentava di privare della dote sua moglie Fannia che aveva sposato volutamente, pur conoscendone l'immoralità dopo averla ripudiata a questo titolo, egli, scelto come giudice, fatta l'istruttoria in presenza delle due parti, trasse in disparte Titinio e gli consigliò di recedere dal suo proposito e di restituire la dote alla donna

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quod cum saepius frustra fecisset, coactus ab eo sententiam pronuntiare mulierem inpudicitiae sestertio nummo, Titinium summa totius dotis damnauit, praefatus idcirco se hunc iudicandi modum secutum, cum liqueret sibi Titinium patrimonio Fanniae insidias struentem inpudicae coniugium expetisse

Fannia autem haec est, quae postea Marium hostem a senatu iudicatum caenoque paludis, qua extractus erat, oblitum et iam in domum suam custodiendum Minturnis deductum ope quantacumque potuit adiuuit, memor, quod inpudica iudicata esset, suis moribus, quod dotem seruasset, illius religioni acceptum ferri debere

Multus sermo eo etiam iudicio manauit, in quo quidam furti damnatus est, qui equo, cuius usus illi Ariciam conmodatus fuerat, ulteriore eius municipii cliuo uectus esset
Ma, pur avendo tentato più volte di persuaderlo, costretto da quello a pronunziare una sentenza, condannò la donna ad un sesterzio di multa per offesa al pudore e Titinio a pagare tutta la dote, con la premessa che aveva giudicato in quel modo perché gli era chiaro aver Titinio voluto le nozze con l'impudica Fannia dolosamente, al fine d'impadronirsi della sua dote

Fannia, poi, è quella donna che, quando Mario fu dichiarato dal senato nemico pubblico e le fu accompagnato a casa sua in Minturno perché lo custodisse, tutto lordo del fango della palude donde era stato tirato su, lo aiutò quanto più poté, memore che la sua condanna per impudicizia doveva essere imputata ai suoi costumi, ma che la conservazione della dote doveva essere attribuita all'onestà di Mario

() Grande scalpore suscitò anche il processo che finì con la condanna per furto di un tale che, contrattato il noleggio di un cavallo per viaggiare fino ad Aricia, si era spinto fino ad un'altura vicina a quel municipio

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