Petronio, Satyricon: 91-110, pag 3

Petronio, Satyricon: 91-110

Latino: dall'autore Petronio, opera Satyricon parte 91-110

Ego praecipue quasi somnio quodam turbulento circumactus diu vocem collegi, tremebundisque manibus Eumolpi iam in soporem labentis laciniam duxi, et: 'Per fidem, inquam, pater, cuius haec navis est, aut quos vehat, dicere potes'

Inquietatus ille moleste tulit et: 'Hoc erat, inquit, quod placuerat tibi, ut super constratum navis occuparemus secretissimum locum, ne nos patereris requiescere

Quid porro ad rem pertinet, si dixero Licham Tarentinum esse dominum huiusce navigii, qui Tryphaenam exulem Tarentum ferat'

(CI) Intremui post hoc fulmen attonitus, iuguloque detecto: 'Aliquando, inquam, totum me, Fortuna, vicisti'

Nam Giton quidem super pectus meum positus diu animam egit
Soprattutto io, come se avessi avuto un incubo allucinante, dopo un attimo di sconcerto provai a raccogliere la voce e, tastando con il tremolio alle mani la veste di Eumolpo che era già mezzo assopito, gli dissi: Santo dio, paparino, sai di chi è questa nave e chi sono i passeggeri

Ma lui, seccatissimo, la prende male e replica: per non lasciarmi riposare in pace che hai voluto ci andassimo a imboscare nel punto più appartato della nave

Che importanza vuoi che abbia, quando ti ho detto che la nave è di Lica, un tipo di Taranto, e che porta a Taranto Trifena, un'esule

101 Fulminato da quella notizia, mi misi a tremare tutto e, tirando fuori la testa dal cappuccio, dissi: Questa volta, o Fortuna, mi hai proprio annientato

Gitone rimase invece a lungo con la testa appoggiata sul mio petto, come se fosse sul punto di rendere la bell'anima a dio
Deinde ut effusus sudor utriusque spiritum revocavit, comprehendi Eumolpi genua et: 'Miserere, inquam, morientium et pro consortio studiorum commoda manum; mors venit, quae nisi per te non licet potest esse pro munere'

Inundatus hac Eumolpus invidia iurat per deos deasque se neque scire quid acciderit, nec ullum dolum malum consilio adhibuisse, sed mente simplicissima et vera fide in navigium comites induxisse, quo ipse iam pridem fuerit usurus'

Quae autem hic insidiae sunt, inquit, aut quis nobiscum Hannibal navigat

Lichas Tarentinus, homo verecundissimus et non tantum huius navigii dominus, quod regit, sed fundorum etiam aliquot et familiae negotiantis, onus deferendum ad mercatum conducit
Quando poi un sudore copioso ci richiamò entrambi alla vita, io mi buttai ai piedi di Eumolpo e gli dissi: Abbi pietà di due cadaveri annunciati e, non fosse altro per la comune passione che abbiamo per le lettere, dammi una mano: siamo spacciati e, se la morte deve avvenire tramite tuo, finisce che è pure un beneficio

Sbalordito di fronte a questa antipatica insinuazione, Eumolpo giura su tutti gli dèi e le dee di non essere al corrente di nulla, di non averci voluto tendere alcun tipo di tranello, ma di averci fatti salire con le migliori intenzioni e in tutta buona fede su quella nave, dove già fin da prima aveva deciso di imbarcarsi

Ma di che razza di pericoli parlate esclamò poi, e chi è questo Annibale che viaggerebbe con noi

Lica di Taranto, uomo assolutamente a posto, non è soltanto il comandante e il proprietario di questa nave, ma ha anche parecchi terreni e un'impresa di spedizioni, e ora sta trasportando un carico al mercato
Hic est Cyclops ille et archipirata, cui vecturam debemus; et praeter hunc Tryphaena, omnium feminarum formosissima, quae voluptatis causa huc atque illuc vectatur

Hi sunt, inquit Giton, quos fugimus '; simulque raptim causas odiorum et instans periculum trepidanti Eumolpo exponit

Confusus ille et consilii egens iubet quemque suam sententiam promere, et: 'Fingite, inquit, nos antrum Cyclopis intrasse

Quaerendum est aliquod effugium, nisi naufragium ponimus et omni nos periculo liberamus

-- Immo, inquit Giton, persuade gubernatori ut in aliquem portum navem deducat, non sine praemio scilicet, et affirma ei impatientem maris fratrem tuum in ultimis esse

Poteris hanc simulationem et vultus confusione et lacrimis obumbrare, ut misericordia permotus gubernator indulgeat tibi'
questo il Ciclope e il pirata con patente cui noi dobbiamo il passaggio; oltre a lui c'è poi Trifena, una delle donne più belle del mondo, che naviga per suo piacere un po' qua un po' là

Ma è proprio da questi due che noi vogliamo scappare, rispose Gitone e tutto d'un fiato spiegò ad Eumolpo che lo ascoltava trepidante le ragioni del loro odio e il pericolo che incombeva sulle nostre teste

Ma lui, in preda alla confusione e a corto di idee com'era, suggerì che ciascuno di noi dicesse la sua; Fate finta aggiunse che siamo finiti nell'antro del Ciclope

A meno di buttarci in mare e liberarci così di tutti i nostri guai, bisogna pure che troviamo una via d'uscita

Potresti invece intervenne Gitone convincere il pilota a fare scalo in qualche porto - ovviamente gli pagheremmo il favore -, magari raccontandogli che tuo fratello non resiste al mal di mare ed è agli sgoccioli ormai

Riuscirai a rifilargli questa frottola se mostri un viso afflitto e ti vengono le lacrime agli occhi, in modo che il pilota si lasci prendere dalla compassione e ti accontenti

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Petronio, Satyricon: 132-141
Petronio, Satyricon: 132-141

Latino: dall'autore Petronio, opera Satyricon parte 132-141

Negavit hoc Eumolpus fieri posse, 'quia magna, inquit, navigia portubus se curvatis insinuant, nec tam cito fratrem defecisse veri simile erit

Accedit his, quod forsitan Lichas officii causa visere languentem desiderabit

Vides, quam valde nobis expediat ultro dominum ad fugientes accersere

Sed finge navem ab ingenti posse cursu deflecti, et Licham non utique circuiturum aegrorum cubilia: quomodo possumus egredi nave, ut non conspiciamur a cunctis

opertis capitibus, an nudis

Opertis, et quis non dare manum languentibus volet

Nudis, et quid erit aliud quam se ipsos proscribere

(CII) -- Quin potius, inquam ego, ad temeritatem confugimus, et per funem lapsi descendimus in scapham, praecisoque vinculo reliqua Fortunae committimus

Nec ego in hoc periculum Eumolpon arcesso
Ma Eumolpo disse che una cosa del genere non era nemmeno pensabile, perché le navi di grossa stazza spiegò non possono entrare nei porti piccoli, e perché alla storia del fratello che sta per andarsene lì su due piedi è difficile che ci si creda

Metti poi che Lica, per puro dovere d'ufficio, voglia dare un'occhiata al moribondo

In tal caso, sarebbe davvero un bel guadagno far venire qui il comandante proprio mentre tentiamo di svignarcela

Ammesso e concesso poi che la nave possa cambiare rotta deviando nel corso di un viaggio tanto lungo e che Lica non vada a ispezionare l'infermeria, come pensi di poter lasciare la nave senza esser visti da tutti

Con la testa coperta, o forse scoperta

Uscendo con la testa coperta, chi non vorrebbe dare una mano a dei sofferenti

Optare invece per la testa nuda, cos'altro sarebbe se non denunciarci da soli

102 E perché intervenni io, non rischiare il tutto per tutto e potremmo calarci con una fune in una scialuppa e, dopo aver tagliato la cima, affidarci in toto alla Fortuna

Ovvio però che Eumolpo in un rischio del genere non lo coinvolgiamo
Quid enim attinet innocentem alieno periculo imponere

Contentus sum, si nos descendentes adiuverit casus

Non imprudens, inquit, consilium, Eumolpos, si aditum haberet

Quis enim non euntes notabit

Utique gubernator, qui pervigil nocte siderum quoque motus custodit

Et utcumque imponi vel dormienti posset, si per aliam partem navis fuga quaereretur: nunc per puppim, per ipsa gubernacula delabendum est, a quorum regione funis descendit, qui scaphae custodiam tenet

Praeterea illud miror, Encolpi, tibi non succurrisse, unum nautam stationis perpetuae interdiu noctuque iacere in scapha, nec posse inde custodem nisi aut caede expelli aut praecipitari viribus

Quod an fieri possit, interrogate audaciam vestram
Che senso avrebbe infatti esporre un innocente a un pericolo che riguarda altri

Sarei già contento se il caso ci assistesse mentre ci caliamo con la fune

Come piano non sarebbe male osservò Eumolpo, se solo lo si potesse mettere in pratica

Ma come riusciremo a svignarcela senza che nessuno si accorga di noi

Per lo meno il timoniere, visto che sta su tutta la notte e sorveglia perfino i movimenti delle stelle

Ad ogni modo, riusciremmo a fregarlo caso mai stesse dormendo, ma bisognerebbe tentare la fuga in un altro punto della nave; solo che bisogna calarsi da poppa, dove c'è il timone, perché è proprio di lì che pende il cavo che tiene la scialuppa

E poi mi meraviglio, Encolpio, di come non ti sia venuto in mente che sulla barca c'è sempre un marinaio di guardia, giorno e notte, e che non è possibile liberarsene se non eliminandolo fisicamente o scaraventandolo fuori bordo con la forza

Ma voi avreste il fegato per farlo

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Petronio, Satyricon: 61-75
Petronio, Satyricon: 61-75

Latino: dall'autore Petronio, opera Satyricon parte 61-75

Nam quod ad meum quidem comitatum attinet, nullum recuso periculum, quod salutis spem ostendit

Nam sine causa spiritum tanquam rem vacuam impendere ne vos quidem existimo velle

Videte, numquid hoc placeat: ego vos in duas iam pelles coniciam vinctosque loris inter vestimenta pro sarcinis habebo, apertis scilicet aliquatenus labris, quibus et spiritum recipere possitis et cibum

Conclamabo deinde nocte servos poenam graviorem timentes praecipitasse se in mare

Deinde cum ventum fuerit in portum, sine ulla suspicione pro sarcinis vos efferam

-- Ita vero, inquam ego, tanquam solidos alligaturus, quibus non soleat venter iniuriam facere

an tanquam eos qui sternutare non soleamus nec stertere

An quia hoc genus furti semel feliciter cessit
Per quel che poi concerne la mia partecipazione alla cosa, io non mi tiro indietro di fronte ad alcun pericolo, a patto però che ci sia una qualche speranza di riuscita

E infatti credo che nemmeno voi abbiate intenzione di buttarvi allo sbaraglio rischiando la vita per niente

Sentite un po', invece, questa mia idea: io vi metto in due sacchi di pelle, li lego con cinghie e li metto tra i miei bagagli, lasciandone, è ovvio, un po' aperte le estremità perché possiate respirare e mangiare qualcosa

Poi, nel cuore della notte, mi metto a gridare che i miei due servi, per paura di chissà quale tremenda punizione, si sono buttati in mare

Una volta arrivati in porto, io vi scarico come se foste dei miei bagagli e senza che nessuno se ne accorga

Sicché faccio io ci vorresti impacchettare come se non avessimo buchi e non ci venisse mai il mal di pancia

O come gente che non ha l'abitudine di starnutire o russare

Oppure perché un giochetto del genere è andato bene in un'altra occasione
Sed finge una die vinctos posse durare: quid ergo, si diutius aut tranquillitas nos tenuerit aut adversa tempestas

quid facturi sumus

Vestes quoque diutius vinctas ruga consumit, et chartae alligatae mutant figuram

Iuvenes adhuc laboris expertes statuarum ritu patiemur pannos et vincla

Adhuc aliquod iter salutis quaerendum est

Inspicite quod ego inveni

Eumolpus tanquam litterarum studiosus utique atramentum habet

Hoc ergo remedio mutemus colores a capillis usque ad ungues

Ita tanquam servi Aethiopes et praesto tibi erimus sine tormentorum iniuria hilares, et permutato colore imponemus inimicis

Quidni, inquit Giton, etiam circumcide nos, ut Iudaei videamur, et pertunde aures, ut imitemur Arabes, et increta facies, ut suos Gallia cives putet
Ma metti pure che noi si riesca a resistere per un'intera giornata legati in quella maniera: come andrebbe a finire se la bonaccia o una tempesta ci trattenessero in mare più a lungo

Che cosa potremmo fare

Anche i vestiti, a forza di stare schiacciati, finisce che fanno le pieghe, e i fogli di carta si deformano se li si lega troppo stretti

E poi, dei giovani come noi, non abituati agli strapazzi, credi che potrebbero resistere legati e impacchettati come statue

Bisogna trovare un'altra via d'uscita

State un po' a sentire la mia di idea

Eumolpo, da buon letterato qual è, ha sicuramente dell'inchiostro con sé

Possiamo servircene e tingerci la pelle dalla testa ai piedi

Prendendoci così per degli schiavi etiopi ai tuoi ordini, riusciremo a evitare allegramente ogni pericolo senza l'incubo di torture, e col diverso colore della pelle la faremo in barba ai nostri avversari

Ma perché allora interviene Gitone non ci circoncidi pure, per farci sembrare dei Giudei, o non ci fai i buchi alle orecchie che ci scambino per Arabi, o non ci spalmi la faccia di gesso così che in Gallia ci prendano per concittadini

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Petronio, Satyricon: 76-90
Petronio, Satyricon: 76-90

Latino: dall'autore Petronio, opera Satyricon parte 76-90

tanquam hic solus color figuram possit pervertere et non multa una oporteat consentiant ratione, mendacium constet

Puta infectam medicamine faciem diutius durare posse; finge nec aquae asperginem imposituram aliquam corpori maculam, nec vestem atramento adhaesuram, quod frequenter etiam non arcessito ferrumine infigitur: age, numquid et labra possumus tumore taeterrimo implere numquid et crines calamistro convertere

Numquid et frontes cicatricibus scindere

Numquid et crura in orbem pandere

Numquid et talos ad terram deducere

numquid et barbam peregrina ratione figurare

Color arte compositus inquinat corpus, non mutat

Audite, quid dementi succurrerit: praeligemus vestibus capita et nos in profundum mergamus

(CIII) -- Ne istud dii hominesque patiantur, Eumolpus exclamat, ut vos tam turpi exitu vitam finiatis
Come se solo un po' di colore bastasse a cambiarci i connotati, e non ci fosse bisogno di tutta una serie di accorgimenti perché il giochetto funzioni

Mettiamo pure che la tintura sulla faccia possa resistere a lungo; e supponiamo anche che qualche spruzzo d'acqua non ci riempia la pelle di macchie, o che i vestiti non si attacchino all'inchiostro (cosa questa possibilissima, anche nei casi in cui non c'è la colla), ma con le labbra come la mettiamo; Non possiamo mica deformarle gonfiandole in quell'orrenda maniera; e i capelli, Li arricciamo col ferro caldo

E la fronte, Ce la riempiamo di cicatrici apposta

E le gambe, Le facciamo diventare arcuate

Ci mettiamo a camminare coi piedi piatti

E la barba, Ce la facciamo crescere come quelli là in Etiopia

La tintura artefatta ti sporca il corpo, ma non te lo cambia

Sentite un po' che cosa mi suggerisce la paura: tiriamoci i vestiti sulla testa e buttiamoci in mare

103 Che gli dèi e gli uomini esclamò Eumolpo, non vi permettano di finire così male
Immo potius facite quod iubeo

Mercennarius meus, ut ex novacula comperistis, tonsor est: hic continuo radat utriusque non solum capita, sed etiam supercilia

Sequar ego frontes notans inscriptione sollerti, ut videamini stigmate esse puniti

Ita eaedem litterae et suspicionem declinabunt quaerentium et vultus umbra supplicii tegent'

Non est dilata fallacia, sed ad latus navigii furtim processimus, capitaque cum superciliis denudanda tonsori praebuimus

Implevit Eumolpus frontes utriusque ingentibus litteris, et notum fugitivorum epigramma per totam faciem liberali manu duxit
Fate piuttosto come dico io

il mio servo, come avete notato dal rasoio, sa fare il barbiere: vi raderà in un attimo non solo la testa ma anche le sopracciglia

Poi intervengo io e vi imprimo sulla fronte una bella scritta come si deve, perché passiate per dei bollati a fuoco

Così sarà proprio quella scritta a sviare i sospetti di chi vi sta braccando: il marchio nasconderà i vostri veri lineamenti

Non perdemmo tempo a mettere in atto il nostro piano: dopo aver raggiunto di nascosto un angolo della nave, offrimmo testa e sopracciglia al barbiere che ce le radesse

Eumolpo, dal canto suo, ci tappezzò la fronte di lettere cubitali, disegnandoci, senza troppe economie, su tutta la faccia la ben nota sigla degli schiavi fuggiaschi

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Petronio, Satyricon: 31-45
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Latino: dall'autore Petronio, opera Satyricon parte 31-45

Unus forte ex vectoribus, qui acclinatus lateri navis exonerabat stomachum nausea gravem, notavit sibi ad lunam tonsorem intempestivo inhaerentem ministerio, execratusque omen, quod imitaretur naufragorum ultimum votum, in cubile reiectus est

Nos dissimulata nauseantis devotione ad ordinem tristitiae redimus, silentioque compositi reliquas noctis horas male soporati consumpsimus

(CIV) LICHAS: 'Videbatur mihi secundum quietem Priapus dicere: Encolpion quod quaeris, scito a me in navem tuam esse perductum'

Exhorruit Tryphaena et: 'Putes, inquit, una nos dormisse; nam et mihi simulacrum Neptuni, quod Bais tetrastylo notaveram, videbatur dicere: 'In nave Lichae Gitona invenies'

-- Hinc scies, inquit Eumolpus, Epicurum esse hominem divinum, qui eiusmodi ludibria facetissima ratione condemnat'
Ma per puro caso, uno dei passeggeri che era lì appoggiato al parapetto per liberarsi lo stomaco in balia del mal di mare, vedendo al chiaro di luna il barbiere in piena attività a quell'ora tanto insolita, inveendo contro quel presagio in tutto simile al voto estremo che di solito fanno i naufraghi, se ne tornò in fretta e furia alla sua cuccetta

E noi, fingendo di non dare alcun peso alle bestemmie di quel tipo alle prese con la nausea, ripiombammo nell'angoscia di prima e quindi, accovacciandoci in silenzio, trascorremmo il resto della notte in un inquieto dormiveglia

104 LICA: Mentre dormivo, mi è sembrato che Priapo mi dicesse: 'Visto che stai cercando Encolpio, sappi che è stato da me condotto sulla tua nave'

Trifena rabbrividì e poi disse: Manco avessimo dormito insieme; Perché anche a me è sembrato che la statua di Nettuno, da me vista nel tempio di Baia, mi dicesse: 'Sulla nave di Lica ritroverai Gitone'

Questo ti dimostra chiaramente replicò Eumolpo, che uomo di genio sia Epicuro, là dove mette così argutamente in ridicolo le superstizioni di questo tipo

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