Petronio, Satyricon: 91-110

Petronio, Satyricon: 91-110

Latino: dall'autore Petronio, opera Satyricon parte 91-110

(XCI) Video Gitona cum linteis et strigilibus parieti applicitum tristem confusumque

Scires non libenter servire

Itaque ut experimentum oculorum caperem

Convertit ille solutum gaudio vultum et: 'Miserere, inquit, frater

Vbi arma non sunt, libere loquor

Eripe me latroni cruento et qualibet saevitia paenitentiam iudicis tui puni; Satis magnum erit misero solacium tua voluntate cecidisse'

Supprimere ego querelam iubeo, ne quis consilia deprehenderet, relictoque Eumolpo -- nam in balneo carmen recitabat -- per tenebrosum et sordidum egressum extraho Gitona raptimque in hospitium meum pervolo

Praeclusis deinde foribus invado pectus amplexibus, et perfusum os lacrumis vultu meo contero

Diu vocem neuter invenit; nam puer etiam singultibus crebris amabile pectus quassaverat
91 Vedo Gitone appoggiato al muro, con in mano spazzole e asciugamani e l'aria triste e frastornata

Era evidente che vivere in servitù non gli andava granché a genio

E così, per verificare che la vista non mi stesse ingannando

Quello si volge verso di me, col viso illuminato dalla gioia e mi dice: Pietà, fratello

Ora che non ci sono armi in giro, posso parlare senza remore

Puniscimi come preferisci, ma liberami da quel criminale sanguinario: nella mia miseria, sarà per me una bella consolazione morire per mano tua

Io gli ordino di piantarla con quella lagna, per non render noti i fatti nostri alla gente e, dopo essermi sganciato da Eumolpo che, nel frattempo, si era messo a declamare carmi nel bagno, trascino via Gitone attraverso una viuzza sudicia e buia e filo dritto alla mia stamberga

E lì, dopo aver sprangato la porta, lo soffoco a forza di abbracci e col volto cancello dal suo viso le lacrime

Per un bel po' non fiatammo né l'uno né l'altro, anche perché il petto del ragazzino era squassato da gemiti senza tregua
'O facinus, inquam, indignum, quod amo te quamvis relictus, et in hoc pectore, cum vulnus ingens fuerit, cicatrix non est

Quid dicis, peregrini amoris concessio

Dignus hac iniuria fui'

Postquam se amari sensit, supercilium altius sustulit

Nec amoris arbitrium ad alium iudicem tuli

Sed nihil iam queror, nihil iam memini, si bona fide paenitentiam emendas'

Haec cum inter gemitus lacrimasque fudissem, detersit ille pallio vultum et: 'Quaeso, inquit, Encolpi, fidem memoriae tuae appello: ego te reliqui, an tu me prodidisti

Equidem fateor et prae me fero: cum duos armatos viderem, ad fortiorem confugi'
un'indegna vergogna esclamai alla fine Che io ti ami anche dopo che mi hai piantato, che nel mio cuore non ci sia più traccia di cicatrici, là dove prima c'era una ferita tanto profonda

Come puoi giustificare l'esserti dato a un altro

Mi meritavo un trattamento simile

Quando si rese conto che io ero ancora preso di lui, inarcò le sopracciglia ancora più sorpreso

E pensare che avevo rimesso a te come unico giudice la decisione d'amore

Ma non mi lamento più di niente, non mi ricordo più di niente, se adesso sei disposto a rimediare alla tua colpa con un affetto sincero

E dopo aver pronunciato quelle parole in un profluvio di gemiti e lacrime, lui mi asciugò la faccia col mantello e disse: Encolpio, mi affido alla tua memoria: sono io che ti ho piantato, oppure sei stato tu a tradirmi

Per quanto mi riguarda, ammetto in tutta sincerità che, quando ho visto due uomini armati, mi sono messo con quello più forte
Exosculatus pectus sapientia plenum inieci cervicibus manus, et ut facile intellegeret redisse me in gratiam et optima fide reviviscentem amicitiam, toto pectore adstrinxi

(XCII) Et iam plena nox erat mulierque cenae mandata curaverat, cum Eumolpus ostium pulsat

Interrogo ego: 'Quot estis' obiterque per rimam foris speculari diligentissime coepi, num Ascyltos una venisset

Deinde ut solum hospitem vidi, momento recepi

Ille ut se in grabatum reiecit viditque Gitona in conspectu ministrantem, movit caput et: 'Laudo, inquit, Ganymedem

Oportet hodie bene sit'

Non delectavit me tam curiosum principium, timuique ne in contubernium recepissem Ascylti parem

Instat Eumolpus, et cum puer illi potionem dedisset: 'Malo te, inquit, quam balneum totum ' siccatoque avide poculo negat sibi unquam acidius fuisse'
Baciando di nuovo quella testina che ragionava in maniera tanto assennata, gliela presi tra le mani, e per fargli capire ch'era rientrato nelle mie grazie e che la nostra amicizia era tornata quella di una volta, me lo strinsi forte al petto

92 Era già notte fonda e la padrona ci aveva preparato la cena come richiesto, quando Eumolpo bussò alla porta

Quanti siete domandai io, correndo a sbirciare dal buco della serratura per accertarmi se c'era anche Ascilto

Ma quando vidi che il mio ospite era da solo, lo feci subito entrare

Quello si lasciò cadere sul mio letto; scorgendo però Gitone impegnato ad apparecchiare, esclamò: Gran bel pezzo di Ganimede

Qui stasera si folleggia

Questa curiosa uscita non mi andò giù per niente e cominciai a temere di essermi trascinato in casa uno simile ad Ascilto

Ma Eumolpo insisteva e, mentre il ragazzo gli porgeva da bere, gli disse: Meglio te che tutti quelli del bagno messi insieme e dopo essersi scolato il bicchiere tutto d'un fiato, ci confessò che non gli era mai capitato di peggio

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Petronio, Satyricon: 61-75
Petronio, Satyricon: 61-75

Latino: dall'autore Petronio, opera Satyricon parte 61-75

Nam et dum lavor, ait, paene vapulavi, quia conatus sum circa solium sedentibus carmen recitare; et postquam de balneo tanquam de theatro eiectus sum, circuire omnes angulos coepi et clara voce Encolpion clamitare

Ex altera parte iuvenis nudus, qui vestimenta perdiderat, non minore clamoris indignatione Gitona flagitabat

Et me quidem pueri tanquam insanum imitatione petulantissima deriserunt, illum autem frequentia ingens circumvenit cum plausu et admiratione timidissima

Habebat enim inguinum pondus tam grande, ut ipsum hominem laciniam fascini crederes

O iuvenem laboriosum

puto illum pridie incipere, postero die finire
Mentre mi stavo lavando disse lui, per poco non mi prendevano a sprangate perché mi ero messo a declamare una poesia a quelli seduti sul bordo della vasca; dopo esser stato scacciato dal bagno come se fossi stato a teatro, cominciai a girare in lungo e in largo e a chiamare a gran voce 'Encolpio'

Ma dalla parte opposta vidi venire verso di me un giovane senza niente addosso (i vestiti li aveva persi), che gridava con lo stesso tono di voce arrabbiata 'Gitone'

E mentre a me dei ragazzini facevano malamente il verso come se fossi stato fuori di testa, quello invece venne circondato da una enorme folla che gli batteva le mani con grande rispetto e ammirazione

Il fatto è che il tizio aveva tra le gambe un arnese talmente grosso che lui, dico l'uomo, sembrava una semplice appendice del suo membro

Che giovanotto in gamba

Mi sa che quello attaccava la sera e finiva la mattina
Itaque statim invenit auxilium; nescio quis enim, eques Romanus, ut aiebant, infamis, sua veste errantem circumdedit ac domum abduxit, credo, ut tam magna fortuna solus uteretur

At ego ne mea quidem vestimenta ab officioso recepissem, nisi notorem dedissem

Tanto magis expedit inguina quam ingenia fricare'

Haec Eumolpo dicente mutabam ego frequentissime vultum, iniuriis scilicet inimici mei hilaris, commodis tristis

Utcunque tamen, tanquam non agnoscerem fabulam, tacui et cenae ordinem explicui

(XCIII) 'Vile est, quod licet, et animus errore lentus iniurias diligit

Ales Phasiacis petita Colchis atque Afrae volucres placent palato, quod non sunt faciles: at albus anser et pictis anas renovata pennisplebeium sapit
E infatti trovò subito chi gli diede una mano; infatti, un tale non meglio identificato, un cavaliere romano (a quanto pare non uno stinco di santo), gli buttò addossso il mantello e se lo portò a casa per godersi, credo, da solo tutto quel ben di dio

Io, invece, non sarei riuscito nemmeno farmi ridare i vestiti dal guardaroba, se non avessi trovato un testimone

Com'è vero che al mondo è meglio lavorare d'uccello che non di cervello

Mentre Eumolpo raccontava questa storia, io continuavo a cambiare espressione, divertendomi un mondo per le disgrazie del mio avversario e rattristandomi di fronte ai suoi successi

Ad ogni modo me ne stetti zitto, fingendo di non sapere nulla di quella faccenda e ordinai che ci portassero la cena

93 Ciò che è alla portata di tutti non vale granché, e l'animo, portato com'è all'errore, finisce col preferire le ingiustizie

Il fagiano importato dalla Colchide e le galline d'Africa piacciono al nostro palato, perché li trovi di rado: L'oca bianca invece e l'anatra dalle penne screziate hanno sapore plebeo

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Latino: dall'autore Petronio, opera Satyricon parte 132-141

Ultimis ab oris attractus scarus atque arata Syrtis si quid naufragio dedit, probatur: mulus iam gravis est

Amica vincit uxorem

Rosa cinnamum veretur

Quicquid quaeritur, optimum videtur'

-- Hoc est, inquam, quod promiseras, ne quem hodie versum faceres

Per fidem, saltem nobis parce, qui te nunquam lapidavimus

Nam si aliquis ex is, qui in eodem synoecio potant, nomen poetae olfecerit, totam concitabit viciniam et nos omnes sub eadem causa obruet

Miserere et aut pinacothecam aut balneum cogita'
Uno scaro giunto da spiagge lontane e i pesci che ci offre la Sirte, se in più c'è di mezzo un naufragio, ci sono graditi; Stufa invece la triglia

Vale più della moglie l'amante

cede la rosa alla cannella

Sempre pare migliore ciò che tocca cercare

così salto su io che mantieni la promessa di non metterti a comporre versi per tutta la giornata di oggi

Che diamine, noi potresti anche risparmiarci, visto che non ti abbiamo ancora preso a sassate

Perché mi sa che, se qualcuno di quelli che stanno sbevazzando in questa taverna sente puzza di poeta in giro, tira giù dai letti tutto il vicinato e finisce che ci accoppa dal primo all'ultimo

Abbi quindi un po' di compassione e ricordati di quello che ti è successo alla pinacoteca e al bagno
Sic me loquentem obiurgavit Giton, mitissimus puer, et negavit recte facere, quod seniori conviciarer simulque oblitus officii mensam, quam humanitate posuissem, contumelia tollerem, multaque alia moderationis verecundiaeque verba, quae formam eius egregie decebant

(XCIV) EVMOLPVS AD GITONEM

'O felicem, inquit, matrem tuam, quae te talem peperit: macte virtute esto

Raram fecit mixturam cum sapientia forma

Itaque ne putes te tot verba perdidisse, amatorem invenisti

Ego laudes tuas carminibus implebo

Ego paedagogus et custos, etiam quo non iusseris, sequar

Nec iniuriam Encolpius accipit: alium amat'

Profuit etiam Eumolpo miles ille, qui mihi abstulit gladium; alioquin quem animum adversus Ascylton sumpseram, eum in Eumolpi sanguinem exercuissem

Nec fefellit hoc Gitona
Ma Gitone, buono dentro com'era, mi rimproverò per quelle parole e mi disse che non era affatto bello agire così, cioè mancare di rispetto a una persona più anziana e nel contempo di dimenticarsi dei doveri di ospitalità, offendendo Eumolpo dopo esser stato tanto gentile da invitarlo a cena; a questi rilievi ne aggiunse poi anche parecchi altri, ma detti con quella garbata moderazione che tanto si addicevano alla sua grazia

94 EUMOLPO A GITONE

Beata la mamma tua che ti ha fatto così: onore al merito

Non succede spesso che la saggezza sia unita alla bellezza

Perché tu non debba pensare di aver sprecato il fiato, sappi che in me hai trovato uno che ti vuole bene

Io riempirò le mie poesie con le tue lodi

sarò tuo maestro e tua guardia del corpo, anche se non lo vorrai

E poi a Encolpio non gli faccio mica un torto: è innamorato di un altro, lui

Encolpio poteva ringraziare quel soldato che mi aveva portato via la spada, perché altrimenti tutta la mia rabbia contro Ascilto l'avrei scaricata sul suo sangue

Il che non sfuggì a Gitone

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Petronio, Satyricon: 31-45
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Latino: dall'autore Petronio, opera Satyricon parte 31-45

Itaque extra cellam processit, tanquam aquam peteret, iramque meam prudenti absentia extinxit

Paululum ergo intepescente saevitia: 'Eumolpe, inquam, iam malo vel carminibus loquaris, quam eiusmodi tibi vota proponas

Et ego iracundus sum, et tu libidinosus: vide, quam non conveniat his moribus

Puta igitur me furiosum esse, cede insaniae, id est, ocius foras exi'

Confusus hac denuntiatione Eumolpus non quaesiit iracundiae causam, sed continuo limen egressus adduxit repente ostium cellae, meque nihil tale expectantem inclusit, exemitque raptim clavem et ad Gitona investigandum cucurrit

Inclusus ego suspendio vitam finire constitui
uscì dalla camera col pretesto di andarsi a prendere un bicchier d'acqua, e così, durante questa sua assenza strategica, la rabbia mi sbollì a poco a poco

E quando i nervi mi si distesero un pochino, gli dissi: Ascolta, Eumolpo, preferisco che tu ti metta a snocciolare versi, piuttosto che farti venire certe idee

E poi, se tu sei uno che si infoia, io sono un collerico: lo vedi benissimo, caratteri del genere non possono legare

Fa' quindi conto che io sia pazzo, cedi alla mia follia, cioè togliti immediatamente dai piedi

Sconcertato da questa dichiarazione, Eumolpo, senza indagare sui motivi della mia scenata, con un balzo raggiunse l'ingresso, si tirò dietro la porta e, senza che io me ne rendessi conto, me la chiuse in faccia, portandosi via la chiave per correre a cercare Gitone

Intrappolato lì dentro, decisi di farla finita impiccandomi al soffitto
Et iam semicinctium stanti ad parietem spondae iunxeram cervicesque nodo condebam, cum reseratis foribus intrat Eumolpus cum Gitone meque a fatali iam meta revocat ad lucem

Giton praecipue ex dolore in rabiem efferatus tollit clamorem, me utraque manu impulsum praecipitat super lectum: 'Erras, inquit, Encolpi, si putas contingere posse, ut ante moriaris

Prior coepi; in Ascylti hospitio gladium quaesivi; ego si te non invenissem, periturus per praecipitia fui

Et ut scias non longe esse quaerentibus mortem, specta invicem quod me spectare voluisti'

Haec locutus mercennario Eumolpi novaculam rapit, et semel iterumque cervice percussa ante pedes collabitur nostros

Exclamo ego attonitus, secutusque labentem codem ferramento ad mortem viam quaero
Avevo già legato la cintura alla sponda del letto appoggiato alla parete e stavo già per infilare la testa dentro il cappio, quando la porta si spalancò ed entrarono Eumolpo e Gitone che mi riportarono alla luce della vita impedendomi di compiere quel passo fatale

Soprattutto Gitone che, passando dal dolore alla rabbia in un crescendo isterico, mi afferò con entrambe le mani scaraventandomi sul letto: Ti sbagli di grosso esclamò, se credi di potertene morire prima di me: ci ho pensato prima io

Quand'ero in camera di Ascilto, ho cercato di procurarmi una spada, e se non ti avessi trovato mi sarei ucciso buttandomi in qualche burrone

E perché tu possa renderti conto che la morte non gira alla larga di quelli che la cercano, sta' a vedere quel che tu volevi far vedere a me

Detto fatto, strappa un rasoio dalle mani del servo di Eumolpo e, dopo essersi assestato un paio di colpi alla gola, crolla a terra ai nostri piedi

Io caccio un urlo di terrore e, buttandomi su di lui, cerco di togliermi anch'io la vita con quello stesso arnese

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Latino: dall'autore Petronio, opera Satyricon parte 76-90

Sed neque Giton ulla erat suspicione vulneris laesus, neque ego ullum sentiebam dolorem

Rudis enim novacula et in hoc retusa, ut pueris discentibus audaciam tonsoris daret, instruxerat thecam

Ideoque nec mercennarius ad raptum ferramentum expaverat, nec Eumolpus interpellaverat mimicam mortem

(XCV) Dum haec fabula inter amantes luditur, deversitor cum parte cenulae intervenit, contemplatusque foedissimam volutationem iacentium: 'Rogo, inquit, ebrii estis, an fugitivi, an utrumque

Quis autem grabatum illum erexit, aut quid sibi vult tam furtiva molitio

Vos mehercules ne mercedem cellae daretis, fugere nocte in publicum voluistis

Sed non impune

Iam enim faxo sciatis non viduae hanc insulam esse sed Marci Mannicii'

Exclamat Eumolpus: 'Etiam minaris'

simulque os hominis palma excussissima pulsat
Ma se Gitone non si era fatto manco un graffio, io non avevo male in nessun punto

E infatti, nell'astuccio c'era un rasoio spuntato e privo di filo, come quelli che usano i garzoni dei barbieri per farsi la mano

Ecco perché il servo se l'era lasciato prendere senza fare una piega, ed Eumolpo non aveva interrotto quel suicidio farsa

95 Mentre era in corso questa sceneggiata da innamorati, entrò l'albergatore con una portata della cena e, vedendoci nel pieno di quell'avvitamento sfrontato di corpi sul pavimento, disse: Ma vi prego: siete ubriachi, evasi, o tutte e due le cose insieme

Chi è che ha tirato su quel letto e che cosa significano tutti questi armeggi furtivi

Ci scommetterei che volevate svignarvela nel cuore della notte senza pagarmi la stanza

Ma non la passerete liscia

perché vi farò vedere io che questa pensione è di Marco Mannicio, e non di una vedova

Anche le minacce, adesso'

saltò su Eumolpo, assestandogli un sonoro ceffone sulla faccia

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