Livio, Ab urbe condita: Livio 41; 21 - 25, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Livio 41; 21 - 25

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Livio 41; 21 - 25
Inde litteras ad nos cum muneris specie misit et cogitare iubet, quo modo in reliquum hoc munere non egeamus, hoc est, ut decretum, quo arcentur Peloponneso Macedones, tollamus, rursus legatos regios et hospitia cum principibus et mox Macedonum exercitus, ipsum quoque a Delphis++quantum enim interfluit fretum

++traicientem in Peloponnesum videamus, inmisceamur Macedonibus armantibus se adversus Romanos

Ego nihil novi censeo decernendum servandaque omnia integra, donec ad certum redigatur, vanusne hic timor noster an verus fuerit

Si pax inviolata inter Macedonas Romanosque manebit, nobis quoque amicitia et commercium sit; nunc de eo periculosum et inmaturum videtur'
Poi ci ha inviato una lettera contenente lapparenza di un dono e ci invita a provvedere come per lavvenire non si abbia più ad aver bisogno di esso, ci invita cioè ad abrogare la disposizione per cui i Macedoni non sono accolti nel Peloponneso, a veder nuovamente i legati del re, in rapporti di reciproca ospitalità i suoi consiglieri e poi gli eserciti dei Macedoni, e fin lui stesso in persona da Delfi quanto grande è il braccio di mare che separa le due rive

++traghettare nel Peloponneso, ad unirci con i Macedoni che si armano contro i Romani

Quanto a me non ritengo di dover decidere niente di nuovo, ma solo di mantenere intatte le attuali disposizioni sinché sia messo in chiaro se questo nostro timore è stato immaginario o reale

Se la pace fra Macedoni e Romani resterà ferma e rispettata, instauriamo anche noi rapporti di amicizia e cli commercio; ma pel momento in tal senso mi pare pericoloso e intempestivo
[24] Post hunc Archo, frater Xenarchi praetoris, ita disseruit: 'difficilem orationem Callicrates et mihi et omnibus, qui ab eo dissentimus, fecit: agendo enim Romanae societatis causam ipse temptarique et oppugnari dicendo, quam nemo neque temptat neque oppugnat, effecit, ut, qui ab se dissentiret, adversus Romanos dicere videretur

Ac primum omnium, tamquam non hic nobiscum fuisset, sed aut ex curia populi Romani veniret aut regum arcanis interesset, omnia scit et nuntiat, quae occulte facta sunt

Divinat etiam, quae futura fuerint, si Philippus vixisset, quid ita Perseus regni heres sit, quid parent Macedones, quid cogitent Romani
[24] Dopo di lui Arcone, fratello del pretore Senarco, parlò in questi termini: Callicrate col suo discorso ha messo a disagio me e tutti quelli che non pensiamo come lui;prendendo le difese dellalleanza coi Romani e dicendo chessa è insidiata e attaccata, mentre invece nessuno pensa di insidiarla e attaccarla, ha fatto in modo che chi dissente da lui dia limpressione dessere avverso ai Romani

E in primo luogo, come se non fosse sempre stato sin qui in mezzo a noi, ma come se or ora giungesse dalla curia del popolo Romano o avesse sempre partecipato ai segreti consigli dei prìncipi, è al corrente e fa rivelazione di ogni cosa avvenuta in segreto

Indovina persino che cosa sarebbe accaduto se Filippo fosse vivo, perché mai Perseo sia il suo successore, quali preparativi stiano facendo i Macedoni, quali pensieri volgano per il capo i Romani
Nos autem, qui nec ob quam causam nec quem ad modum perierit Demetrius scimus, nec, quid Philippus, si vixisset, facturus fuerit, ad haec, quae palam geruntur, consilia nostra accommodare oportet

Ac scimus Persea regno accepto regem a populo Romano appellatum; audimus legatos Romanos venisse ad regem Persea et eos benigne exceptos

Haec omnia pacis equidem signa esse iudico, non belli; nec Romanos offendi posse, si ut bellum gerentes eos secuti sumus, nunc quoque pacis auctores sequamur

Cur quidem nos inexpiabile omnium soli bellum adversus regnum Macedonum geramus, non video

Opportuni propinquitate ipsa Macedoniae sumus

An infirmissimi omnium, tamquam, quos nuper subegit, Dolopes

Immo contra ea vel uiribus nostris, deum benignitate, vel regionis intervallo tuti
Noi invece che non sappiamo né perché né come Demetrio mori, né che cosa avrebbe fatto Filippo se fosse vivo, dobbiamo adattare i nostri calcoli a ciò che si compie alla luce dcl sole

E sappiamo che Perseo, salito al trono, ebbe il riconoscimento e iltitolo di re dal popoio romano; sentiamo dire che i legati romani recatisi in visita da lui, ne ebbero benevola accoglienza

Tutto questo almeno io ritengo segno di intenzioni pacifiche, non di ostile atteggiamento; e che i Romani non possano risentirsi se come siamo stati al loro fianco quanderano in guerra, così anche gli andiamo dietro ora che si fanno sostenitori della pace

Perché proprio noi, soli fra tutti, dovremmo fare implacabile guerra al regno di Macedonia, non ne vedo il motivo

Siamo più esposti, per la vici f nanza stessa della Macedonia

Siamo di tutti i più deboli, come quei Dolopi, che il re ha sottomesso recentemente

No, anzi al contrario, sia per le nostre forze, grazie al favor degli dèi, sia per la distanza del nostro paese

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Livio, Ab urbe condita: Libro 06, 41-42
Livio, Ab urbe condita: Libro 06, 41-42

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 06, 41-42

Sed simus aeque subiecti ac Thessali Aetolique: nihilo plus fidei auctoritatisque habemus adversus Romanos, qui semper socii atque amici fuimus, quam Aetoli, qui paulo ante hostes fuerunt

Quod Aetolis, quod Thessalis, quod Epirotis, omni denique Graeciae cum Macedonibus iuris est, idem et nobis sit

Cur execrabilis ista nobis solis velut dissertio iuris humani est

Fecerit aliquid Philippus, cur adversus eum armatum et bellum gerentem hoc decerneremus; quid Perseus, novus rex, omnis iniuriae insons, suo beneficio paternas simultates obliterans, meruit, cur soli omnium hostes ei simus

Quamquam et illud dicere poteram, tanta priorum Macedoniae regum merita erga nos fuisse, ut Philippi unius iniurias, si quae forte fuerunt, utique post mortem
Siamo al sicuro ma siamo pure esposti come i Tessali e gli Etoli; non possiamo contare su maggior credito e autorità agli occhi dei Romani noi che siamo stati sempre loro alleati, rispetto agli Etoli che sino a poco fa sono stati loro avversari

Gli stessi rapporti giuridici che legano gli Etoli, i Tessali, gli Epiroti, insomma tutta quanta la Grecia ai Macedoni, leghino anche noi

Perché codesta deplorevole, starei per dire, dissociazione di relazioni in fatto di diritto fra gli uomini dovrebbe riguardare noi soli

Ammettiamo che Filippo si sia comportato in tal modo da determinare questa nostra decisione quandera armato e ci faceva guerra; ma Perseo, da poco divenuto re, non responsabile di alcuna offesa, che anzi coi suoi benefici cancella il ricordo delle inimicizie paterne, di che cosa è colpevole perché noi soli gli siamo nemici

Quantunque, potrei ricordare anche questo, che così grandi furono i meriti dei suoi predecessori verso di noi da i torti del solo Filippo, se pur ne ha commessi, spccialmente ora che lui non cè più
Non venit in mentem,> cum classis Romana Cenchreis staret, consul cum exercitu Elatiae esset, triduum nos in concilio fuisse consultantis, utrum Romanos an Philippum sequeremur

Nihil metus praesens ab Romanis sententias nostras inclinarit: fuit certe tamen aliquid, quod tam longam deliberationem faceret; idque erat vetusta coniunctio cum Macedonibus, vetera et magna in nos regum merita

Valeant et nunc eadem illa, non ut praecipue amici, sed ne praecipue inimici simus

Ne id, quod non agitur, Callicrates, simulaverimus agi
, quando la flotta romana era allancora dinanzi a Cencre e il console con lesercito stazionava ad Elazia, che per tre giorni di seguito noi sedemmo nellassemblea per deliberare se dovessimo stare coi Romani o con Filippo

Voglio ammettere che il terrore allora ispirato dalla presenza dei Romani non abbia influito sulla nostra decisione; ma certo qualcosa ci fu che così a lungola protrasse: e questo qualcosa era lantica solidarietà coi Macedoni, i meriti dei loro re verso di noi, grandi meriti e di vecchia data

Valgano proprio essi ora a farci di loro se non i principali amici, ma neppure però gli unici nemici

Non diamo ad intendere, o Callicrate, che si stia tramando quel che non si trama

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Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 01-15
Livio, Ab urbe condita: Libro 01, 01-15

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 01, 01-15

Nemo novae societatis aut novi foederis, quo nos temere inligemus, conscribendi est auctor; sed commercium tantum iuris praebendi repetendique sit, ne interdictione finium nostrorum nos quoque regni arceamus; ne servis nostris aliquo fugere liceat, quid hoc adversus Romana foedera est

Quid rem parvam et apertam magnam et suspectam facimus

Quid vanos tumultus ciemus

Quid, ut ipsi locum adsentandi Romanis habeamus, suspectos alios invisos efficimus

Si bellum erit, ne Perseus quidem dubitat, quin Romanos secuturi simus; in pace, etiam si non finiuntur odia, intermittantur
Nessuno invita a sottoscrivere una nuova amicizia e alleanza, da cui ci troveremmo sconsideratamente obbligati,ma si restauri soltanto il principio di reciprocità col concedere un diritto per reclamarne lapplicazione, onde evitare che per il nostro divieto ai Macedoni di entrare nel nostro territorio anche noi veniamo esclusi del regno; ammesso che i nostri schiavi non riescano più a trovare scampo da alcuna parte, questo che rapporto ha con la nostra alleanza verso i Romani

Perché vogliam fare di una piccola cosa e palese un problema importante e insidioso

Perché suscitare immaginarie complicazioni

Perché render sospetti invisi gli altri per aver noi loccasione di compiacere ai Romani

Se ci sarà la guerra, neppure Perseo può aver dubbio che noi seguiremo i Romani; ma sintanto che cè la pace, mettiamo, se non fine, almeno una pausa agli odi
Cum iidem huic orationi, qui litteris regis adsensi erant, adsentirentur, indignatione principum, quod, quam rem ne legatione quidem dignam iudicasset Perseus, litteris paucorum versuum impetraret, decretum differtur

Legati deinde postea missi ab rege, cum Megalopoli concilium esset, dataque opera est ab iis, qui offensionem apud Romanos timebant, ne admitterentur

[25] Per haec tempora Aetolorum in semet ipsos versus furor mutuis caedibus ad internecionem adducturus videbatur gentem

Fessi deinde et Romam utraque pars miserunt legatos et inter se ipsi de reconcilianda concordia agebant; quae novo facinore discussa res veteres etiam iras excitavit
Approvarono questo discorso gli stessi che avevano approvato la lettera del re, ma per lo sdegno dei capi, in quanto Perseo con una lettera di poche righe riusciva a ottenere una concessione non ritenuta neppur degna dellinvio di una apposita delegazione, ogni decisione fu differita

Poi in seguito la delegazione fu inviata da parte del re, quando a Megalopoli si adunò lassemblea: e quanti temevano il risentimento dei Romani si adoprarono perché essa non vi fosse ammessa

[25] Nel medesimo giro di tempo la follia sanguinaria degli Etoli scatenatasi contro loro stessi con reciproche stragi minacciò di condurre quel popolo alla totale estinzione

Stanchi alla fine e tutte e due le fazioni inviarono una ambasceria a Roma e fra di loro trattavano per restaurar da sé la concordia; ma lo spezzarsi di queste trattative in seguito ad un nuovo gesto criminoso valse anchea ridestare i vecchi rancori

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Livio, Ab urbe condita: Libro 02; 48 - 65

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 02; 48 - 65

Exulibus Hypataeis, qui factionis Proxeni erant, cum reditus in patriam promissus esset fidesque data per principem civitatis Eupolemum, octoginta inlustres homines, quibus redeuntibus inter ceteram multitudinem Eupolemus etiam obvius exierat, cum salutatione benigna excepti essent dextraeque datae, ingredientes portam, fidem datam deosque testis nequiquam invocantes interfecti sunt

Inde gravius de integro bellum exarsit

C Valerius Laevinus et Ap Claudius Pulcher et C Memmius et M Popilius et L Canuleius missi ab senatu venerant

Apud eos cum Delphis utriusque partis legati magno certamine agerent, Proxenus maxime cum causa, tum eloquentia praestare visus est; qui paucos post dies ab Orthobula uxore veneno est sublatus; damnataque eo crimine in exilium abiit

Idem furor et Cretenses lacerabat
Essendo stato promesso agli esuli di Ipata, appartenenti al partito di Prosseno, il ritorno in patria e fattosene garante lo stratega della città Eupolemo, ottanta cittadini ragguardevoli, al cui rientro in mezzo a gran folla si era fatto incontro Lupolemo stesso, accolti con benevoli saluti e strette di mano, nel momento di varcare la porta furono uccisi, invano invocando gli dèi a testimonianza dellaccordata garanzia

Di qui daccapo divampò una guerra ancor più tremenda

Inviati dal senato erano giunti C Valerio Levino e Ap Claudio Pulcro e C Memmio e M Popilio e L Canuleio

Presso di loro, mentre a Delfi i rappresentanti di tutte e due le fazioni discutevano con grande accanimento, sopra tutti Prosseno dette limpressione di eccellere tanto per la bontà della causa quanto per forbitezza della parola; e pochi giorni dopo fu fatto fuori dalla moglie Ortobula che gli propinò il veleno; e così condannata per quel delitto prese la via dellesilio

La stessa follia straziava anche i Cretesi
Adventu deinde Q Minuci legati, qui cum decem nauibus missus ad sedanda eorum certamina erat, spem pacis venerant

Ceterum indutiae tantum sex mensum fuerunt; inde multo gravius bellum exarsit

Lycii quoque per idem tempus ab Rhodiis bello vexabantur

Sed externorum inter se bella, quo quaeque modo gesta sint, persequi non operae est satis superque oneris sustinenti res a populo Romano gestas perscribere
Con larrivo del legato Q Minucio, inviato con dieci navi a placare le loro rivalità, serano accesi speranze di pace

Ma si trattò soltanto di una tregua di appena sei mesi; poi la guerra riprese ancor più accanita

In quello stesso tempo anche i Licii erano sconvolti dalla guerra con i Rodii

Ma non è da me raccontare come si siano svolte una ad una le guerre intestine delle genti straniere, dato che mi è già troppo oneroso scriver dei fatti del popoio romano

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