Livio, Ab urbe condita: Libro 39; 26 - 30

Livio, Ab urbe condita: Libro 39; 26 - 30

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 39; 26 - 30
[26] Philippus, ut accusatoris potius quam rei speciem haberet, et ipse a querellis orsus Menelaidem in Dolopia, quae regni sui fuisset, Thessalos vi atque armis expugnasse questus est; item Petram in Pieria ab iisdem Thessalis Perrhaebisque captam

Xynias quidem, haud dubie Aetolicum oppidum, sibi contribuisse eos; et Paracheloida, quae sub Athamania esset, nullo iure Thessalorum formulae factam

Nam quae sibi crimina obiciantur de insidiis legatorum et maritimis portubus frequentatis aut desertis, alterum ridiculum esse, se reddere rationem, quos portus mercatores aut nautici petant, alterum mores respuere suos

Tot annos esse, per quos numquam cessaverint legati nunc ad imperatores Romanos nunc Romam ad senatum crimina de se deferre: quem umquam verbo violatum esse
[26] Filippo, per assumere la veste di accusatore più che di accusato, e tanto per cominciare anche lui con delle lagnanze, protestò perché i Tessali avevano espugnato con la forza delle armi Menelaide in Dolopia, che era stata del suo regno, e cosìdagli stessi Tessali e Perrebi era stata presa Petra nella Piena

Xinie , città indubbiamente etolica, se lerano attribuita, e la Paracheloida che era sotto lAtamania, a nessun titolo era Venuta a far parte della Tessaglia

Quanto alle accuse rivoltegil di insidie tese ai legati e di porti affollati o ridotti in stato dabbandono, sul secondo punto era ridicolo dovesse render conto a quali porti si recassero i mercanti e i naviganti; il primo era cosa aliena dalle sue abitudini

Erano tanti anni che i legati non avevano mai cessato di presentare accuse contro di lui, ora ai generali romani, ora a Roma dinanzi al senato: ma a chi era stato fatto un torto, fosse anche con una parola
Semel euntibus ad Quinctium insidias dici factas: sed quid iis acciderit, non adici

Quaerentium quod falso obiciant, cum veri nihil habeant, ea crimina esse

Insolenter et immodice abuti Thessalos indulgentia populi Romani, velut ex diutina siti nimis avide meram haurientes libertatem: ita servorum modo praeter spem repente manumissorum licentiam vocis et linguae experiri et iactare sese insectatione et conviciis dominorum

Elatus deinde ira adiecit nondum omnium dierum solem occidisse

Id minaciter dictum non Thessali modo in sese, sed etiam Romani acceperunt

Et cum fremitus post eam vocem ortus et tandem sedatus esset, Perrhaeborum inde Athamanumque legatis respondit eandem, de quibus illi agant, civitatium causam esse

Consulem Acilium et Romanos sibi dedisse eas, cum hostium essent
Una volta sola si parla dinsidie tese a quelli che andavano da Quinzio, ma non si aggiunge che cosa sia loro accaduto

Quelle sono accuse di chi va in cerca di imputazioni false, perché non trova nulla di vero da dire

I Tessali abusano senza modo né misura dellindulgenza del popoio romano, come chi dopo una lunga sete assapora troppo avidamente la coppa della libertà; così, al modo dei servi manomessi a un tratto e inaspettatamente, vogliono far la prova di unassoluta libertà di parola e si sbizzariscono in attacchi e ingiurie ai vecchi padroni

In un impeto dira aggiunse che non era ancora detta lultima parola

Questa frase minacciosa la presero per sè, non i Tessali soltanto, ma anche i Romani

E siccome a quelle parole si era levato un mormorio, alla fine, quando questo fu represso, rivolto ai legati dei Perrebi e degli Atamani, rispose che lo stesso era il caso delle città per le quali essi trattavano

Il console Acilio e i Romani le avevano assegnate a lui come città nemiche
Si suum munus qui dedissent adimere velint, scire cedendum esse: sed meliori et fideliori amico in gratiam levium et inutilium sociorum iniuriam eos facturos

Nec enim ullius rei minus diuturnam esse gratiam quam libertatis, praesertim apud eos, qui male utendo eam corrupturi sint

Causa cognita pronuntiarunt legati placere deduci praesidia Macedonum ex iis urbibus, et antiquis Macedoniae terminis regnum finiri

De iniuriis, quas ultro citroque illatas querantur, quo modo inter eas gentes et Macedonas disceptetur, formulam iuris exsequendi constituendam esse

[27] Inde graviter offenso rege Thessalonicen ad cognoscendum de Thraciae urbibus proficiscuntur
E se quello che era stato un dono spontaneo chi glielo aveva fatto voleva nitorglierlo, sapeva bene di dover cedere; ma avrebbero fatto un torto a un amico più prezioso e più fidato per amore di alleati volubili e inutili

Non cera beneficio per il quale la riconoscenza durasse meno che quello della libertà, specie in gente che lavrebbe guastato col farne cattivo uso

Esaminata la questione, i legati sentenziarono che si ritirassero i presidii del re da quelle città e che il regno di Macedonia fosse limitato entro i suoi antichi confini

Quanto ai torti che si lamentavano da una parte e dallaltra, si doveva stabilire uno schema di norme da applicare nelle controversie tra quelle popolazioni e la Macedonia

[27] Di là i legati, lasciando il re gravemente irritato, partono per Tessalonica per andare a studiare la questione delle città della Tracia

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Livio, Ab urbe condita: Libro 21; 41-50
Livio, Ab urbe condita: Libro 21; 41-50

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 21; 41-50

Ibi legati Eumenis, si liberas esse Aenum et Maroneam velint Romani, nihil sui pudoris esse ultra dicere, quam ut admoneant, re, non verbo eos liberos relinquant, nec suum munus intercipi ab alio patiantur

Sin autem minor cura sit civitatium in Thracia positarum, multo verius esse, quae sub Antiocho fuerint, praemia belli Eumenem quam Philippum habere, vel pro patris Attali meritis bello, quod adversus Philippum ipsum gesserit populus Romanus, vel suis, quod Antiochi bello terra marique laboribus periculisque omnibus interfuerit

Habere eum praeterea decem legatorum in eam rem praeiudicium, qui cum Chersonesum Lysimachiamque dederint, Maroneam quoque atque Aenum profecto dedisse, quae ipsa propinquitate regionis velut appendices maioris muneris essent
Qua i legati di Euniene dissero che, se i Romani volevano la libertà di Eno e Maronea, non si permettevano di aggiunger parola, se non avvertirli che le lasciassero libere realmente, non di nome soltanto, e che non lasciassero carpire da altri la loro concessione

Se invece ad essi non interessavano troppo le città poste in Tracia, era molto più giusto che quelle che erano state sotto Antioco fossero il premio della guerra dato ad Eumene che non a Filippo, vuoi per le benemerenze del padre suo Attalo nella lotta combattuta dai Romani appunto contro Filippo, vuoi per le sue personali nellaver partecipato per terra e per mare ai disagi e a tutti i pericoli della guerra contro Antioco

Egli aveva anche un precedente in questo senso nella decisione dei dieci legati , i quali, concedendogli il Chersoneso e Lisimachia , avevano certo inteso di dargli anche Maronea e Eno, che per la stessa vicinanza geografica erano lappendice del dono più vasto
Nam Philippum quidem quo aut merito in populum Romanum aut iure imperii, cum tam procul a finibus Macedoniae absint, civitatibus his praesidia imposuisse

Vocari Maronitas iuberent: ab iis certiora omnia de statu ciuitatium earum scituros

Legati Maronitarum vocati non uno tantum loco urbis praesidium regium esse, sicut in aliis civitatibus, dixerunt, sed pluribus simul, et plenam Macedonum Maroneam esse

Itaque dominari adsentatores regios: his solis loqui et in senatu et in contionibus licere; eos omnes honores et capere ipsos et dare aliis

Optimum quemque, quibus libertatis, quibus legum cura sit, aut exsulare pulsos patria aut inhonoratos et deterioribus obnoxios silere
Quanto a Filippo, per quali meriti verso il popolo romano o con quale titolo di sovranità aveva imposto dei presidii a queste città nonostante che esse fossero così lontane dalla Macedonia

Facessero chiamare i Maroniti; da essi avrebbero conosciuto tutti i particolari esatti sulle condizioni diquelle città

I legati dei Maroniti, invitati, riferirono che non in un punto solo della città, come in altri centri, vi era un presidio del re, ma in più parti a un tempo, e che Maronea era piena di Macedoni

Così spadroneggiavano gli accoliti del re ; a loro soli era lecito prendere la parola in senato e nelle adunanze popolari, essi soli arraffavano per sé tutte le cariche o le distribuivano agli altri

Tutti i benpensanti, ai quali stavano a cuore la libertà e le leggi, o erano in esilio espulsi dalla patria o tacevano messi in disparte e ridotti in soggezione della parte meno sana

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 35; 11 - 15

De iure etiam finium pauca adiecerunt: Q Fabium Labeonem, cum in regione ea fuisset, derexisse finem Philippo veterem viam regiam, quae ad Thraciae Paroreian subeat, nusquam ad mare declinantem: Philippum novam postea deflexisse viam, qua Maronitarum urbes agrosque amplectatur

[28] Ad ea Philippus longe aliam, quam adversus Thessalos Perrhaebosque nuper, ingressus disserendi viam 'non cum Maronitis' inquit 'mihi aut cum Eumene disceptatio est, sed iam vobiscum, Romani, a quibus nihil aequi me impetrare iam diu animadverto

Civitates Macedonum, quae a me inter indutias defecerant, reddi mihi aequum censebam, non quia magna accessio ea regni futura esset-sunt enim et parva oppida et in finibus extremis posita-sed quia multum ad reliquos Macedonas continedos exemplum pertinebat

Negatum est mihi
Aggiunsero anche pochi accenni alla questione dei confini:Q Fabio Labeone , quando si era trovato in quella regione, aveva segnato come linea di confine a Filippo lantica via regia che va verso Parorea in Tracia senza mai piegare verso il mare; Filippo più tardi aveva fatto diramare una nuova strada per abbracciare le città e il territorio dei Maroniti

[28] A queste accuse Filippo, seguendo una linea tutta diversa nella disputa da quella tenuta poco prima contro i Tessali e i Perrebi: Non con i Maroniti o con Eurhene- disse -io devo discutere, ma direttamente con voi, o Romani, dai quali io maccorgo da tempo di non ottenere più giustizia

Le città dei Macedoni che mi si erano ribellate durante larmistizio, trovavo equo mi fossero restituite, non perché quello dovesse essere un ingrandimento notevole del mio regno (sono in fondo piccole città e poste agli estremi confini), ma perché una lezione poteva servire molto di remora agli altri Macedoni

Questo mi è stato negato
Bello Aetolico Lamiam oppugnare iussus a consule M Acilio cum diu fatigatus ibi operibus proeliisque essem, transcendentem me iam muros a capta prope urbe revocavit consul et abducere copias inde coegit

Ad huius solacium iniuriae permissum est, ut Thessaliae Perrhaebiaeque et Athamanum reciperem quaedam castella magis quam urbes

Ea quoque ipsa vos mihi, Q Caecili, paucos ante dies ademistis

Pro non dubio paulo ante, si diis placet, legati Eumenis sumebant, quae Antiochi fuerunt, Eumenem aequius esse quam me habere

Id ego longe aliter iudico esse

Eumenes enim non, nisi vicissent Romani, sed nisi bellum gessissent, manere in regno suo non potuit

Itaque ille vestrum meritum habet, non vos illius
Nella guerra etolica, dopo che avevo avuto dal console M Acilio il compito despugnare Lamia, e mi ero logorato a lungo in opere dassedio e in combattimenti, proprio mentre stavo scalando le mura, il console mi richiamò indietro dalla città già quasi conquistata e mi costrinse a ritirare di là le mie truppe

A compenso di questo torto, mi fu consentito di farmi consegnare alcuni castelli , più che vere città, della Perrebia e dellAtamania

Anche questa concessione, Q Cecilio, voi me lavete ritolta pochi giorni or sono

Poco fa, con buona pace degli dèi, i legati di Eumene davano come pacifico che ciò che era stato di Antioco era più giusto lavesse Eumene che io

Io giudico ben altrimenti

Eumene, non dico se i Romani non avessero vinto, ma solo se non fossero intervenuti, non avrebbe mai potuto rimanere sul trono

Dunque egli è debitore a voi, non voi a lui

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 25; 21-30

Mei autem regni tantum aberat ut ulla pars in discrimine fuerit, ut tria milia talentum et quinquaginta tectas naves et omnes Graeciae civitates, quas antea tenuissem, pollicentem ultro Antiochum in mercedem societatis sim aspernatus; hostemque ei me esse prius etiam quam M Acilius exercitum in Graeciam traiceret praetuli

Et cum eo consule belli partem, quamcumque mihi delegavit, gessi, et insequenti consuli L Scipioni, cum terra statuisset ducere exercitum ad Hellespontum, non iter tantum per regnum nostrum dedi, sed vias etiam munivi, pontes feci, commeatus praebui; nec per Macedoniam tantum, sed per Thraciam etiam, ubi inter cetera pax quoque praestanda a barbaris erat
Del mio regno invece era tanto lontana dallessere in pericolo anche una parte, che ho rifiutato tremila talenti e cinquanta navi coperte e tutte le città della Grecia che avevo posseduto prima, offerte da Antioco come prezzo dellalleanza: e feci vedere di essergli nemico prima ancora che M Acilio trasportasse lesercito in Grecia

E accanto a lui console, sostenni quella qualunque parte che egli via via mi affidò, e al console suo successore L Scipione, quando gli piacque di trasportare lesercito verso lEllesponto, non solo io concessi il passaggio attraverso il mio regno, ma gli resi sicure le strade, costruii i ponti, fornii i viveri, e non soltanto attraverso la Macedonia, ma anche per la Tracia, dove fra laltro dovevo garantirgli latteggiamento pacifico dei barbari
Pro hoc studio meo erga vos, ne dicam merito, utrum adicere vos, Romani, aliquid et amplificare et augere regnum meum munificentia vestra oportebat, an, quae haberem aut meo iure aut beneficio vestro eripere, id quod nunc facitis

Macedonum civitates, quas regni mei fuisse fatemini, non restituuntur

Eumenes tamquam ad Antiochum spoliandum me venit, et si diis placet, decem legatorum decretum calumniae impudentissimae praetendit, quo maxime et refelli et coargui potest

Disertissime enim planissimeque in eo scriptum est Chersonesum et Lysimachiam Eumeni dari

Ubi tandem Aenus et Maronea et Thraciae civitates adscriptae sunt

Quod ab illis ne postulare quidem est ausus, id apud vos, tamquam ab illis impetraverit, obtinebit

Quo in numero me apud vos esse velitis, refert
In cambio di questa mia propensione, per non dire benemerenza, Romani, avreste dovuto aggiungere qualcosa ad estendere e ingrandire il mio regno con la vostra generosità, oppure togliermi, state facendo, anche quello che io avevo già per mio diritto o per vostra concessione

Le città dei Macedoni, riconoscete aver fatto parte del mio regno, non mi vengono restituite

Eumene si è mosso per spogliarmi come un Antioco qualunque, e, con buona pace degli dèi, ha messo innanzi come pretesto alla sua sfacciata macchinaziorie un decreto dei dieci legati, mentre proprio con questo si può ribatterlo e smentirlo

Infatti vi è scritto esplicitamente e a chiare note che sono assegnati ad Eumene il Chersoneso e Lisimachia

Dove sono aggiunte Eno e Maronea e le città della Tracia

Ed egli occuperà ora sotto i vostri occhi, come se lo avesse ottenuto dai dieci legati, quello che neppure ha osato chiedere a loro

Si tratta di sapere quale intendete che sia la mia posizione dinanzi a voi

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 36; 41 - 45

Si tamquam inimicum et hostem insectari propositum est, pergite ut coepistis facere: sin aliquis respectus est mei ut socii atque amici regis, deprecor, ne me tanta iniuria dignum iudicetis

' [29] Movit aliquantum oratio regis legatos

Itaque medio responso rem suspenderunt: si decem legatorum decreto Eumeni datae civitates eae essent, nihil se mutare; si Philippus bello cepisset eas, praemium victoriae iure belli habiturum; si neutrum eorum foret, cognitionem placere senatui reservari et, ut omnia in integro manerent, praesidia, quae in iis urbibus sint, deduci

Hae causae maxime animum Philippi alienaverunt ab Romanis, ut non a Perseo filio eius novis causis motum, sed ob has a patre bellum relictum filio videri possit

Romae nulla Macedonici belli suspicio erat
Se siete decisi a trattarmi come avversario nemico, continuate ad agire come avete incominciato; se invece avete qualche riguardo per me come re vostro amico ed alleato, vi prego di non giudicarmi degno di tanto torto

[29] Le parole del re fecero una certa impressione ai legati

Pertanto lasciarono la questione sospesa con responso di compromesso se quelle città erano state date ad Eumene per decreto dei dieci legati, essi nulla modificavano; se Filippo le aveva prese combattendo, per la legge di guerra le poteva tenere come frutto della vittoria; se nessuno dei due casi si verificava, si decideva di riservare al senato la questione, e, perché tutto restasse al punto di partenza, ritirare i presidii che erano in quelle città

Questi furono motivi per alienare più che mai lanimo di Filippo ai Romani, tanto che si può dire che la guerra non fu provocata da Perseo suo figlio per motivi nuovi, ma fu come lasciata in eredità dal padre al figlio per questi precedenti

In Roma allora non si pensava affatto ad una guerra con la Macedonia

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