Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 45 - 49

Livio, Ab urbe condita: Libro 34; 45 - 49

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 34; 45 - 49

[45] Coloniae civium Romanorum eo anno deductae sunt Puteolos Volturnum Liternum, treceni homines in singulas

Item Salernum Buxentumque coloniae civium Romanorum deductae sunt

Deduxere triumviri Ti Sempronius Longus, qui tum consul erat, M Servilius Q Minucius Thermus

Ager divisus est, qui Campanorum fuerat

Sipontum item in agrum qui Arpinorum fuerat coloniam civium Romanorum alii triumviri, D Iunius Brutus M Baebius Tamphilus M Helvius deduxerunt

Tempsam item et Crotonem coloniae civium Romanorum deductae

Tempsanus ager de Bruttiis captus erat: Bruttii Graecos expulerant; Crotonem Graeci habebant

Triumviri Cn Octavius L Aemilius Paulus C Laetorius Crotonem, Tempsam L Cornelius Merula Q [ ]C Salonius deduxerunt

Prodigia quoque alia visa eo anno Romae sunt, alia nuntiata
[45] Furono dedotte in quellanno colonie di cittadini romani a Pozzuoli, a Volturno e a Literno, di trecento uomini ciascuna

Anche a Salerno e a Busento furono dedotte colonie di cittadini romani

Se ne incaricò una commissione di tre membri: Tiberio Sempronio Longo, che era allora console, Marco Servilio e Quinto Minucio Termo

Fu distribuito il territorio già appartenente ai Campani

Altri triumviri, Decimo Giunio Bruto, Marco Bebio Tanflio e Marco Elvio, dedussero una colonia di cittadini romani anche a Siponto nel territorio già appartenente agli abitanti di Arpi

Anche a Tempsa e a Crotone si fondarono colonie di cittadini romani

Il territorio di Tempsa era stato tolto ai Bruzi; i Bruzi avevano scacciato i Greci; quello di Crotone lo avevano i Greci

Fondarono la colonia a Crotone i triumviri Gneo Ottavio, Lucio Emilio Paolo e Calo Letorio, a Tempsa Lucio Cornelio Merula, Quinto [ ] e Caio Salonio

Alcuni prodigi poi, in quellanno, furono visti a Roma, altri furono riferiti
In foro et comitio et Capitolio sanguinis guttae visae sunt; et terra aliquotiens pluvit et caput Volcani arsit

Nuntiatum est Nare amni lac fluxisse, pueros ingenuos Arimini sine oculis ac naso et in Piceno agro non pedes, non manus habentem natum

Ea prodigia ex pontificum decreto procurata

Et sacrificium novemdiale factum est, quod Hadriani nuntiaverant in agro suo lapidibus pluvisse

[46] In Gallia L Valerius Flaccus proconsul circa Mediolanium cum Gallis Insubribus et Bois, qui Dorulato duce ad concitandos Insubres Padum transgressi erant, signis conlatis depugnavit; decem milia hostium sunt caesa

Per eos dies collega eius M Porcius Cato ex Hispania triumphavit

Tulit in eo triumpho argenti infecti viginti quinque milia pondo, bigati centum viginti tria milia, Oscensis quingenta quadraginta, auri pondo mille quadringenta
Nel foro, nel comizio e sul Campidoglio si videro gocce di sangue; più volte piovve terra e la testa di Vulcano prese fuoco

Si annunziò che nel fiume Nare era corso del latte, che a Rimini erano nati bambini liberi senza occhi e senza naso e nellagro piceno uno che non aveva né mani nè piedi

Venne stornato leffetto di quei prodigi secondo il decreto dei pontefici

Si fecero anche nove giorni di sacrifici perché gli abitanti di Adria avevano annunziato che nel loro territorio erano piovute pietre

[46] In Gallia il proconsole Lucio Valerio Fiacco combatté una battaglia campale presso Milano contro i Galli Insubn e Boi, i quali ultimi, guidati da Dorulato, avevano passato il Po per sollevare gli Insubri; diecimila nemici furono uccisi

Nei medesimi giorni il suo collega Marco Porcio Catone trionfò nella Spagna

Portò in quel trionfo venticinquemila libbre dargento non coniato, centoventitremila di argento coniato col segno della biga, cinquecentoquaranta di argento di Osca e millequattrocento doro
Militibus ex praeda divisit in singulos ducenos septuagenos aeris, triplex equiti

Ti Sempronius consul in provinciam profectus in Boiorum primum agrum legiones duxit

Boiorix tum regulus eorum cum duobus fratribus tota gente concitata ad rebellandum castra locis apertis posuit, ut appareret dimicaturos si hostis fines intrasset

Consul ubi quantae copiae, quanta fiducia esset hosti sensit, nuntium ad collegam mittit ut, si videretur ei, maturaret venire: se tergiversando in adventum eius rem extracturum

Quae causa consuli cunctandi, eadem Gallis, praeterquam quod cunctatio hostium animos faciebat, rei maturandae erat ut priusquam coniungerentur consulum copiae rem transigerent
Dal bottino distribuì ai soldati duecentosettanta assi ciascuno, il triplo ai cavalieri

Il console Tiberio Sempronio, partito per la sua provincia, condusse prima le legioni nel territorio dei Boia

Allora il regolo Boiorige con due fratelli incitò tutto il popolo a sollevarsi e pose il campo in una zona aperta per far vedere che avrebbero combattuto se il nemico avesse superato i confini

Il console come si fu accorto del numero e della baldanza dei nemici mandò un messaggio al collega perché, se gli pareva opportuno, affrettasse il suo arrivo:egli, indugiando, avrebbe cercato di rimandare lo scontro fino al suo arrivo

Il medesimo motivo che induceva il console ad aspettare spronava i Galli ad affrettare i tempi per risolvere tutto prima che le forze dei consoli si congiungessero, e inoltre lesitazione dei nemici accresceva il loro coraggio

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Livio, Ab urbe condita: Libro 21; 11-20
Livio, Ab urbe condita: Libro 21; 11-20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 21; 11-20

Per biduum tamen nihil aliud quam steterunt parati ad pugnandum, si quis contra egrederetur; tertio subiere ad vallum castraque simul ab omni parte adgressi sunt

Consul arma extemplo capere milites iussit; armatos inde paulisper continuit, ut et stolidam fiduciam hosti augeret et disponeret copias quibus quaeque portis erumperent

Duae legiones duabus principalibus portis signa efferre iussae

Sed in ipso exitu ita conferti obstitere Galli ut clauderent viam

Diu in angustiis pugnatum est; nec dextris magis gladiisque gerebatur res quam scutis corporibusque ipsis obnixi urgebant, Romani ut signa foras efferrent, Galli ut aut in castra ipsi penetrarent aut exire Romanos prohiberent
Per due giorni tuttavia non fecero altro che rimanere schierati per combattere se qualcuno fosse uscito contro di loro; il terzo giorno si avvicinarono ai trinceramenti e attaccarono il campo da ogni parte contemporaneamente

Il console ordinò ai soldati di afferrare sùbito le armi; una volta armati li trattenne per un poco per accrescere la stolta baldanza dei nemici e per disporre le truppe presso le porte da cui dovevano uscire

Due legioni ebbero lordine di uscire dalle due porte principali

Ma già alluscita i Galli erano così serrati da sbarrare il passaggio

Si combatté a lungo in spazio ristretto: e non tanto combattevano con la destra armata di spada, quanto piuttosto spingevano con gli scudi e con tutto il corpo, i Romani per uscire, i Galli per penetrare essi nel campo o almeno impedire ai Romani di uscirne
Nec ante in hanc aut illam partem moveri acies potuerunt quam Q Victorius primi pili centurio et C Atinius tribunus militum, quartae hic, ille secundae legionis, rem in asperis proeliis saepe temptatam, signa adempta signiferis in hostes iniecerunt

Dum repetunt enixe signum, priores secundani se porta eiecerunt

[47] Iam hi extra vallum pugnabant, quarta legione in porta haerente, cum alius tumultus ex aversa parte castrorum est exortus

In portam quaestoriam inruperant Galli resistentesque pertinacius occiderant L Postumium quaestorem, cui Tympano fuit cognomen, et M Atinium et P Sempronium praefectos socium, et ducentos ferme milites
I due schieramenti non fecero progressi dalluna o dallaltra parte prima che il centurione del primo manipolo i Quinto Vittorio e il tribuno militare Caio Atinio, della quarta legione questi, della seconda quello, facessero ricorso ad un espediente spesso usato nei più aspri combattimenti, quello cioè di togliere le insegne agli aifieri e lanciarle tra i nemici

Mentre con tutte le loro forze di recuperavano linsegna, i soldati della seconda legione si gettarono per primi fuori della porta

[47]Questi soldati combattevano ormai fuori dei trinceramenti, mentre la quarta legione era bloccata alla porta, quando scoppiò un altro tumulto dalla parte opposta del campo

I Galli avevano fatto irruzione alla porta questoria 1 e avevano ucciso, tra i più tenaci difensori, il questore Lucio Postumio, il cui cognome era Timpano, i comandanti degli alleati Marco Atinio e Publio Sempronio e circa duecento soldati

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Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 48-52

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 04, 48-52

Capta ab ea parte castra erant, donec cohors extraordinaria missa a consule ad tuendam quaestoriam portam, et eos qui intra vallum erant partim occidit partim expulit castris et inrumpentibus obstitit

Eodem fere tempore et quarta legio cum duabus extraordinariis cohortibus porta erupit

Ita simul tria proelia circa castra locis distantibus erant clamoresque dissoni ad incertos suorum eventus a praesenti certamine animos pugnantium avertebant

Usque ad meridiem aequis viribus ac prope pari spe pugnatum est

Labor et aestus mollia et fluida corpora Gallorum et minime patientia sitis cum decedere pugna coegisset, in paucos restantes impetum Romani fecerunt fusosque compulerunt in castra
Il campo da quel lato era ormai preso se una coorte straordinaria mandata dal console a difendere la porta questoria non avesse in parte ucciso in parte respinto dal campo quanti erano al di qua dei trinceramenti e non avesse sbarrato il passaggio agli attaccanti

Quasi nello stesso istante anche la quarta legione con due coorti straordinarie sfondò alla sua porta

Così si combattevano intorno al campo tre battaglie ad un tempo in luoghi lontani e grida discordanti stornavano lattenzione dei combattenti dalla battaglia in cui erano impegnati alle incerte vicende dei compagni

Si combatté fino a mezzogiorno con forze equivalenti e quasi uguali prospettive di successo

Quando poi la fatica e il calore costrinsero i Galli dal corpo molle e grasso e poco resistente alla sete ad abbandonare il combattiruento, i Romani attaccarono i pochi restanti, li dispersero e li respinsero nel loro campo
Signum inde receptui ab consule datum est; ad quod pars maior receperunt sese, pars certaminis studio et spe potiundi castris hostium perstitit ad vallum

Eorum paucitate contempta Galli universi ex castris eruperunt: fusi inde Romani quae imperio consulis noluerant suo pavore ac terrore castra repetunt

Ita varia hinc atque illinc nunc fuga, nunc victoria fuit; Gallorum tamen ad undecim milia, Romanorum quinque milia sunt occisa

Galli recepere in intima finium sese, consul Placentiam legiones duxit

[48] Scipionem alii coniuncto exercitu cum collega per Boiorum Ligurumque agros populantem isse, quod progredi silvae paludesque passae sint, scribunt, alii nulla memorabili re gesta Romam comitiorum causa redisse
Il console diede poi il segnale della ritirata; allora la maggior parte si ritirò, una parte invece rimase presso i trinceramenti per desiderio di lotta e per la speranza di impadronirsi del campo nemico

Disprezzando quel piccolo numero i Galli fecero in massa una sortita; sbaragliati, i Romani che non avevano voluto raggiungere il campo per ordine del console lo fecero costretti dalla paura e dal terrore

Così ci fu alternativamente, dalluna e dallaltra parte, ora la fuga ora la vittoria; i Galli ebbero però undicimila caduti, i Romani cinquemila

I Galli si ritirarono allinterno del loro territorio, il console portò le legioni a Piacenza

[48] Quanto a Scipione alcuni scrivono che congiunse il suo esercito con quello del collega ed avanzò nel territorio dei Boi e del Liguri, mettendolo a sacco, fin dove i boschi e le paludi gli permisero di spingersi, altri che senza aver compiuto nulla di memorabile tornò a Roma per i comizi

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 36; 26 - 30

Eodem hoc anno T Quinctius Elatiae, quo in hiberna reduxerat copias, totum hiemis tempus iure dicundo consumpsit mutandisque iis quae aut ipsius Philippi aut praefectorum eius licentia in civitatibus facta erant, cum suae factionis hominum vires augendo ius ac libertatem aliorum deprimerent

Veris initio Corinthum conuentu edicto venit

Ibi omnium civitatium legationes in contionis modum circumfusas est adlocutus, orsus ab inita primum Romanis amicitia cum Graecorum gente et imperatorum qui ante se in Macedonia fuissent suisque rebus gestis

Omnia cum adprobatione ingenti sunt audita, praeterquam cum ad mentionem Nabidis ventum esset: id minime conueniens liberanti Graeciam videbatur tyrannum reliquisse non suae solum patriae grauem sed omnibus circa ciuitatibus metuendum, haerentem visceribus nobilissimae civitatis
In questo medesimo anno Tito Quinzio a Elazia, dove aveva ricondotto le truppe nei quartieri di invcrno, trascorse tutta la stagione invernale ad amministrare la giustizia e a correggere gli abusi commessi nella città per la licenza di Filippo o dei suoi luogotenenti, quando per accrescere il potere degli uomini della loro parte opprimevano il diritto e la libertà degli altri

Allinizio della primavera venne a Corinto dove aveva convocato unassemblea

Qui si rivolse alle delegazioni di tutte le città riunite intorno a lui come in una pubblica assemblea, cominciando dallamicizia conclusa tra i Romani e il popolo greco e dalle imprese dei comandanti che erano stati prima in Macedonia e sue

Tutte le sue parole furono accolte da vive approvazioni, ad eccezione di quando passò a parlare di Nabide: sembrava davvero poco conveniente, per chi aveva restituito la libertà alla Grecia, lasciare infisso nelle viscere di una città nobilissima un tiranno che non solo opprimeva la sua patria ma era anche motivo di timore per tutte le città vicine
[49] Nec ignarus huius habitus animorum Quinctius, si sine excidio Lacedaemonis fieri potuisset, fatebatur pacis cum tyranno mentionem admittendam auribus non fuisse: nunc, cum aliter quam ruina gravissimae civitatis opprimi non posset, satius visum esse tyrannum debilitatum ac totis prope viribus ad nocendum cuiquam ademptis relinqui quam intermori vehementioribus quam quae pati possit remediis civitatem sinere, in ipsa vindicta libertatis perituram [49] Non ignorando queste stato danimo Quinzio ammetteva che non si sarebbe dovuto parlare di pace col tiranno se fosse stato possibile senza la rovina di Sparta; ora però che non poteva essere tolto di mezzo in altro modo che con la rovina di una città così importante, era sembrato meglio lasciare il tiranno indebolito e pressoché privo di ogni capacità di nuocere a qualcuno piuttosto che far morire la città con lapplicazione di rimedi troppo gravi perché potesse sopportarli, così che sarebbe morta nellatto stesso di riacquistare la libertà

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 38; 31 - 35

Praeteritorum commemorationi subiecit proficisci sibi in Italiam atque omnem exercitum deportare in animo esse: Demetriadis Chalcidisque praesidia intra decimum diem audituros deducta, Acrocorinthum ipsis extemplo videntibus vacuam Achaeis traditurum, ut omnes scirent utrum Romanis an Aetolis mentiri mos esset, qui male commissam libertatem populo Romano sermonibus distulerint et mutatos pro Macedonibus Romanos dominos

Sed illis nec quid dicerent nec quid facerent quicquam unquam pensi fuisse; reliquas civitates monere ut factis, non ex dictis amicos pensent intellegantque quibus credendum et a quibus cavendum sit

Libertate modice utantur: temperatam eam salubrem et singulis et civitatibus esse, nimiam et aliis gravem et ipsis qui habeant praecipitem et effrenatam esse
Dopo aver ricordato gli avvenimenti passati aggiunse che aveva interi rnpl zione di partire per litalia e di riportarvi tutto lesercito: avrebbero saputo entro dieci giorni del ritiro delle guarnigioni di Demetriade e di Calcide, avrebbe consegnato immediatamente, sotto i loro occhi, lAcrocorinto privo di truppe agli Achei, perché tutti sapessero se avevano labitudine di mentire i Romani o gli Etoli, i quali andavano dicendo dappertutto che si era fatto male ad affidare la libertà (della Grecia) al popolo romano e che, passando dai Macedoni ai Romani, avevano cambiato padrone

Ma essi non avevano mai pesato molto né quello che dicevano né quello che facevano; lui invitava le altre popolazioni a valutare gli amici dai fatti, non dalle parole, e a distinguere bene di chi fidarsi e da chi guardarsi

Godessero con misura della libertà: se moderata essa è salutare sia per i singoli che per le comunità, se eccessiva è molesta agli altri, altamente rovinosa per coloro che la posseggono

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